ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli 1, commi 1
e  3;  1-ter  comma 2;  1-sexies,  commi 1,  2,  3,  4, 5, 6 e 8, del
decreto-legge  29 agosto  2003,  n. 239  (Disposizioni urgenti per la
sicurezza  e  lo  sviluppo  del  sistema elettrico nazionale e per il
recupero   di   potenza   di   energia   elettrica),  convertito  con
modificazioni  nella  legge 27 ottobre 2003, n. 290, promossi con due
ricorsi  rispettivamente  della  Regione  Toscana  e  della Provincia
autonoma  di  Trento, notificati il 27 dicembre 2003 e il 30 dicembre
2003,  entrambi  depositati  in  cancelleria  il  2 gennaio  2004  ed
iscritti  ai  nn. 1  e  2  del  registro  ricorsi  2004; dell'art. 1,
comma 2,  lettera c);  comma 4, lettere c) e f); comma 7, lettere g),
h) e i); comma 8, lettera a), punto 3 e punto 7; comma 8, lettera b),
punto  3;  comma 24,  lettera a),  il quale sostituisce l'art. 1-ter,
comma 2,  del  decreto-legge  29 agosto 2003, n. 239; comma 26, nella
parte   in   cui   sostituisce   il  comma 1  dell'art. 1-sexies  del
decreto-legge  29 agosto  2003,  n. 239,  introducendovi  altresi'  i
commi 4-bis e 4-ter; comma 33; comma 56; comma 57; comma 58; commi da
77  a 84; comma 121, della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del
settore  energetico, nonche' delega al Governo per il riassetto delle
disposizioni vigenti in materia di energia), promossi con due ricorsi
rispettivamente  della  Regione Toscana e della Provincia autonoma di
Trento,   notificati   l'11 novembre  2004  e  il  15 novembre  2004,
depositati  in  cancelleria il 17 novembre 2004 e il 18 novembre 2004
ed iscritti ai nn. 107 e 109 del registro ricorsi 2004.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri, nonche' gli atti di intervento dell'ENEL S.p.a.
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  24 maggio  2005  il  giudice
relatore Ugo De Siervo.
    Uditi  gli  avvocati  Giuseppe  de  Vergottini per l'ENEL S.p.a.,
Fabio  Lorenzoni  per  la Regione Toscana, Giandomenico Falcon per la
Provincia autonoma di Trento e l'avvocato dello Stato Glauco Nori per
il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  La  Regione Toscana, con ricorso notificato il 27 dicembre
2003,  depositato  il  2 gennaio 2004 e iscritto al n. 1 del registro
ricorsi   del   2004,   ha   impugnato   l'art. 1,  commi 1  e  3,  e
l'art. 1-sexies,  commi 1,  2  e 8, del decreto-legge 29 agosto 2003,
n. 239  (Disposizioni  urgenti  per  la  sicurezza  e lo sviluppo del
sistema  elettrico  nazionale e per il recupero di potenza di energia
elettrica),  convertito,  con  modificazioni,  nella legge 27 ottobre
2003, n. 290, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost., nonche' del
principio di leale collaborazione.
    Premette  la  ricorrente  che  l'art. 1, commi 1 e 3, del decreto
impugnato  attribuisce  al  Ministro  delle  attivita' produttive, di
concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
la  competenza  ad  autorizzare  l'esercizio  temporaneo  di  singole
centrali termoelettriche di potenza termica superiore a 300 MW, anche
in  deroga  sia  ai  normali valori delle emissioni in atmosfera e di
qualita'  dell'aria  sia  ai  limiti  di  temperatura  degli scarichi
termici,  al  fine  di  garantire  la  sicurezza di funzionamento del
sistema elettrico nazionale, fino al 30 giugno 2005.
    Sostiene  la  Regione  che  l'accentramento in capo allo Stato di
tali  competenze  violerebbe  l'art. 117 Cost., il quale riserva alla
potesta'  legislativa  concorrente  la  disciplina della «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», nonche' l'art. 118
Cost.,   il  quale  imporrebbe  che  fosse  la  Regione  ad  allocare
l'esercizio delle funzioni amministrative in tale materia.
    Peraltro,  aggiunge  la  ricorrente,  anche  qualora  si  dovesse
ritenere  che esigenze unitarie impongano un esercizio unitario delle
funzioni  in tale materia, la disposizione censurata sarebbe comunque
incostituzionale, in quanto non prevede alcuna forma di intesa con le
Regioni,   cosi'   violando  il  principio  di  leale  collaborazione
individuato  da  questa  Corte  quale presupposto per l'attrazione in
capo allo  Stato  di  una  funzione  amministrativa  insieme a quella
legislativa nelle materie attribuite alla competenza regionale.
    La  ricorrente  censura altresi' l'art. 1-sexies, commi 1 e 2, in
quanto  attribuirebbero  allo  Stato  la  competenza  a rilasciare le
autorizzazioni per la costruzione e l'esercizio di tutti gli impianti
della  rete  nazionale  di  trasporto  dell'energia,  lasciando  alle
Regioni  solo  le  funzioni  concernenti  gli impianti non rientranti
nella  rete  nazionale.  Tali  previsioni  non terrebbero conto delle
nuove  attribuzioni affidate alle Regioni dall'art. 117, terzo comma,
Cost.  in  materia  di  energia,  il  quale non esclude la competenza
regionale  per  la  rete  nazionale.  Inoltre, risulterebbero violate
anche   le  competenze  regionali  nelle  materie  del  «governo  del
territorio»  e della «tutela della salute», anch'esse attribuite alla
potesta' legislativa concorrente.
    Ancora,   secondo   la   ricorrente,  le  disposizioni  impugnate
contrasterebbero   con   l'art. 118   Cost.,  perche'  nelle  materie
attribuite  alla  potesta'  concorrente  l'allocazione delle funzioni
amministrative,  nel  rispetto  dei principi fondamentali determinati
dallo Stato, spetterebbe alle Regioni.
    In  ogni  caso,  anche  ove si ravvisassero esigenze di esercizio
unitario al livello statale delle funzioni amministrative, la mancata
previsione   di   un'intesa   con  le  Regioni  renderebbe  la  norma
incostituzionale.  Non  sarebbe  infatti  sufficiente  la  previsione
dell'art. 1-sexies,  comma 6,  di acquisizione di un semplice parere,
comunque  contemplato  non  per tutti i procedimenti autorizzativi ma
solo  per quelli relativi alle opere inserite nel programma triennale
di sviluppo che interessino il territorio di piu' Regioni.
    L'art.  1-sexies,  comma 2, del decreto-legge n. 239 del 2003, il
quale  prevede  specificamente che con successivo d.P.R., su proposta
del  Ministro  delle  attivita'  produttive,  siano emanate norme sul
procedimento  e siano individuate le autorita' competenti al rilascio
dell'autorizzazione,   nonche'   gli   atti   che   sono   sostituiti
dall'autorizzazione  medesima,  violerebbe altresi' l'art. 117, sesto
comma,  Cost.  Esso,  infatti,  attribuirebbe  ad  un atto statale di
natura  regolamentare  il compito di dettare norme in una materia che
non rientra nella potesta' legislativa esclusiva dello Stato.
    Infine, la Regione Toscana impugna il comma 8 dell'art. 1-sexies,
il  quale  disciplina  il procedimento preordinato alla costruzione e
all'esercizio   degli   impianti  di  energia  elettrica  di  potenza
superiore  a  300 MW, stabilendo che si applicano le disposizioni del
decreto-legge  7 febbraio 2002, n. 7 (Misure urgenti per garantire la
sicurezza   del   sistema   elettrico   nazionale),  convertito,  con
modificazioni,  nella  legge  9 aprile  2002, n. 55. Tale disciplina,
prevedendo  il  rilascio di un'autorizzazione unica di competenza del
Ministero  delle  attivita' produttive, ponendo termini perentori per
la   definizione   del   procedimento  e  sospendendo  le  norme  che
disciplinano  le  modalita'  tecniche per la redazione degli studi di
impatto  ambientale, inciderebbe sulla potesta' legislativa regionale
in  materia  di  energia,  in  violazione dell'art. 117, terzo comma,
Cost.  Essa,  infatti, regolerebbe direttamente la materia attraverso
norme   di   dettaglio,  interferendo  cosi'  illegittimamente  sulla
potesta' legislativa regionale.
    La  normativa  in  questione,  inoltre,  inciderebbe  anche sulla
materia  del  «governo  del  territorio»,  per  l'impatto delle opere
sull'assetto  urbanistico,  vanificando  la legislazione regionale in
materia,  anche  in  relazione  alle funzioni attribuite ai comuni, i
quali dovrebbero limitarsi ad esprimere un parere la cui mancanza non
impedisce  la  conclusione  del  procedimento  istruttorio  entro  il
termine perentorio di 180 giorni.
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  la  quale  ha eccepito innanzitutto la inammissibilita' delle
censure  rivolte  contro le disposizioni del decreto-legge n. 239 del
2003  non  modificate  in  sede di legge di conversione. Tali censure
risulterebbero, infatti, tardive.
    Nel   merito,   l'Avvocatura   dello  Stato  ritiene  le  censure
infondate.
    Sostiene  infatti  la difesa erariale che costituirebbe principio
fondamentale della materia quello enunciato nell'art. 1, comma 2, del
d.lgs.  16 marzo  1999,  n. 79 (Attuazione della direttiva 96/1992/CE
recante  norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica),
il  quale  affida al Ministro dell'industria il compito di assicurare
l'efficienza  del  sistema  elettrico nazionale, nonche' la sicurezza
del  medesimo al fine di salvaguardare la continuita' della fornitura
e la sua economicita'.
    L'efficienza  del  sistema  elettrico  nazionale  atterrebbe,  ad
avviso  dell'Avvocatura  dello Stato, all'ordine pubblico, e pertanto
si  tratterebbe  di  materia che rientra nella competenza legislativa
esclusiva  statale  di  cui  all'art. 117, secondo comma, lettera h),
Cost.  Essa  atterrebbe,  inoltre, alla competenza legislativa di cui
alla  lettera m)  del medesimo secondo comma dell'art. 117, in quanto
la  continuita'  dell'erogazione  di  energia  garantirebbe i livelli
essenziali  delle  prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
che  devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Tra le
prestazioni di carattere sociale rientrerebbe infatti, secondo questa
prospettazione,  anche  la fornitura di energia elettrica, necessaria
all'esercizio  di  servizi  pubblici  e  a  far  fronte alle esigenze
fondamentali  di  vita; pertanto, dovrebbe ritenersi indubbio che nel
potere  di determinazione spettante allo Stato sia compreso «non solo
il  potere,  ma  il dovere di assicurarne la prestazione quando, come
nel  caso in esame, si tratta di una prestazione da eseguirsi in modo
uniforme su tutto il territorio nazionale».
    Spetterebbe  dunque  solo  allo Stato la potesta' legislativa per
intervenire  sul  sistema  elettrico  nazionale,  il  cui  equilibrio
garantisce   l'ordine  pubblico  e  assicura  i  livelli  essenziali.
Inoltre,  la  competenza  statale  conseguirebbe  alla  struttura del
sistema  elettrico che si configura come un sistema a rete per la cui
efficienza  sarebbe  necessario  che  ogni iniziativa sia in grado di
incidere su tutto il territorio nazionale.
    Per  tali  ragioni,  la potesta' legislativa regionale in materia
potrebbe  essere esercitata solo nei limiti dei principi fondamentali
e   «solo   in   quegli   ambiti   che   non   incidono  sul  sistema
disarticolandolo».  In  definitiva,  lo  Stato,  «esercitando  la sua
legislazione   esclusiva»,   avrebbe   previsto   competenze   e   un
procedimento  in  grado  di consentire la realizzazione di «interessi
unitari che sono alla base e giustificano quella sua legislazione».
    Le  disposizioni  censurate  sarebbero  poi  conformi, secondo la
difesa  erariale,  anche all'art. 118 Cost., in quanto il solo organo
«adeguato»  a  garantire  l'esercizio delle funzioni e ad intervenire
sull'intero  sistema  elettrico, evitando articolazioni regionali che
ne  comprometterebbero  la  funzionalita'  e  la  sicurezza,  sarebbe
l'organo  a  competenza nazionale. Cio' che verrebbe in gioco sarebbe
l'interesse nazionale, il quale si imporrebbe necessariamente «quando
si  tratta  di  sistemi  rivolti  alla  produzione  di  energia» alle
medesime condizioni su tutto il territorio nazionale.
    D'altra  parte,  prosegue  l'Avvocatura,  la leale collaborazione
dovrebbe  portare le autonomie costituzionali a non interferire nelle
materie  attribuite  alla  potesta'  esclusiva dello Stato; e in ogni
caso,  le norme censurate prevederebbero espressamente l'acquisizione
del  parere  delle  Regioni  per  le  opere  inserite  nel  programma
triennale di sviluppo della rete.
    3.  -  La  Regione Toscana ha depositato una memoria nella quale,
oltre  a  ribadire  le proprie censure, richiama la sentenza n. 6 del
2004,  nella  quale  questa  Corte ha affermato la necessita' che sia
prevista  un'intesa con le Regioni ai fini della legittima attrazione
a livello statale delle funzioni amministrative in materia di energia
contemplate nelle disposizioni legislative allora impugnate. L'art. 1
del  decreto-legge  n. 239 del 2003 non prevederebbe alcun meccanismo
di  tipo  concertativo,  nonostante  incida  su molteplici competenze
regionali,  di  talche'  sarebbe  confermata  la  sua  illegittimita'
costituzionale.
    Con   specifico  riguardo  all'art.  1-sexies  del  decreto-legge
impugnato,  la  Regione  da'  atto  che esso sarebbe stato modificato
dall'art. 1,  comma 26,  della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino
del  settore  energetico,  nonche' delega al Governo per il riassetto
delle  disposizioni  vigenti in materia di energia), avverso la quale
la Regione riferisce di aver proposto autonoma impugnazione.
    4.  -  Anche  l'Avvocatura  dello Stato ha depositato una memoria
nella  quale sostiene che l'art. 1 del decreto-legge n. 239 del 2003,
il  quale  consente  alle  centrali esistenti di superare i limiti di
emissione   in   atmosfera,  sarebbe  giustificato  dall'esigenza  di
assicurare  un  incremento  della produzione di energia elettrica ove
quella  disponibile  non  fosse  piu' sufficiente per fronteggiare il
fabbisogno  nazionale. Proprio la dimensione nazionale delle esigenze
poste  a  base  della  norma  escluderebbe  un  coinvolgimento  delle
Regioni, che non avrebbero la necessaria visione di insieme. Inoltre,
vi  sarebbe  una  evidente  difficolta'  ad  individuare  la  Regione
interessata  e,  d'altra parte, quella nel cui ambito territoriale si
trovi  la  centrale  avrebbe  un  interesse  solo  ambientale;  ma la
disciplina  della  tutela  dell'ambiente,  fa osservare l'Avvocatura,
spetterebbe alla legislazione esclusiva dello Stato.
    In sostanza, dunque, la competenza in materia non potrebbe essere
che   statale  sia  in  forza  della  sussidiarieta',  sia  ai  sensi
dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera s), Cost. L'intervento delle
Regioni   aggraverebbe   il   procedimento  e  non  consentirebbe  di
fronteggiare l'urgenza della situazione.
    Le   censure   rivolte   contro  l'art.  1-sexies,  comma 1,  del
decreto-legge  n. 239  del  2003 sarebbero da ritenere superate dalla
previsione dell'intesa contenuta nella legge n. 239 del 2004.
    5.  -  Con  ricorso notificato il 30 dicembre 2003, depositato il
2 gennaio  2004  e iscritto al n. 2 del registro ricorsi del 2004, la
Provincia  autonoma  di Trento ha impugnato la legge 27 ottobre 2003,
n. 290  (Conversione  in  legge, con modificazioni, del decreto-legge
29 agosto 2003, n. 239, recante disposizioni urgenti per la sicurezza
del  sistema  elettrico  nazionale  e  per  il recupero di potenza di
energia  elettrica.  Deleghe  al  Governo in materia di remunerazione
della  capacita'  produttiva di energia elettrica e di espropriazione
per pubblica utilita), nella parte in cui introduce nel decreto-legge
n. 239 del 2003 gli artt. 1-ter, comma 2, e 1-sexies, commi da 1 a 6,
per   violazione  dell'art. 117,  terzo  e  sesto  comma,  Cost.,  in
correlazione  con  l'art. 10  della  legge  costituzionale 18 ottobre
2001,   n. 3  (Modifiche  al  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione),  nonche'  dell'art. 8,  numeri  5,  6,  17,  19 e 22 e
dell'art. 16  dello statuto speciale di cui al d.P.R. 31 agosto 1972,
n. 670  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi costituzionali
concernenti  lo  statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige), degli
artt. 2  e  4  del  d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione
dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige concernenti il
rapporto   tra   atti   legislativi   statali  e  leggi  regionali  e
provinciali,   nonche'   la   potesta'   statale   di   indirizzo   e
coordinamento),  degli  artt. 95,  terzo comma, e 97, primo e secondo
comma,   Cost.   e   dei   principi  di  sussidiarieta'  e  di  leale
cooperazione, anche in relazione a quanto stabilito nella sentenza di
questa Corte n. 303 del 2003.
    Premette  la  ricorrente  che la legge n. 290 del 2003 interviene
nella  materia della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia»,  materia  nella quale la Provincia autonoma di Trento,
oltre  ad  avere  specifici  poteri  riconosciuti dal d.P.R. 26 marzo
1977,  n. 235  (Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale della
regione  Trentino-Alto Adige in materia di energia), avrebbe generale
potesta' legislativa concorrente ai sensi dell'art. 117, terzo comma,
Cost.,   che   l'art. 10  della  legge  cost.  n. 3  del  2001  rende
applicabile  ad  essa in quanto preveda forme di autonomia piu' ampie
rispetto  a  quelle  previste dallo statuto speciale e dalle relative
norme di attuazione.
    La   legge   impugnata   inciderebbe  altresi'  sull'assetto  del
territorio  e  sulla  materia  urbanistica  che l'art. 8, n. 5, dello
statuto  speciale  attribuisce  alla  competenza legislativa primaria
della  Provincia  autonoma,  cosi'  come  le  materie  del  paesaggio
(art. 8, n. 6), dei lavori pubblici di interesse provinciale (art. 8,
n. 17),  dell'assunzione diretta di servizi pubblici (art. 8, n. 19),
dell'espropriazione per pubblica utilita' (art. 8, n. 22).
    Sostiene  la  ricorrente  che  l'applicabilita'  della  normativa
censurata  alla  Provincia di Trento dovrebbe desumersi sia dal fatto
che  non  vi  sarebbe  nessuna salvaguardia espressa delle competenze
provinciali,  sia  dal fatto che la Provincia farebbe valere non solo
le  attribuzioni  ad  essa  derivanti  dallo  statuto,  ma  anche  le
prerogative  stabilite  dall'art. 117,  terzo  comma,  Cost.  per  le
Regioni  ordinarie.  Inoltre, il carattere delle opere e gli scopi di
rilevanza   nazionale  perseguiti  dal  legislatore,  indurrebbero  a
ritenere  che  le  disposizioni  censurate  si  applichino anche alla
Provincia di Trento.
    La  ricorrente censura innanzitutto l'art. 1-sexies, commi da 1 a
6,  del  decreto-legge  n. 239  del 2003 quale convertito dalla legge
n. 290  del  2003,  per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.,
dal   momento  che  esso  non  solo  disciplinerebbe  direttamente  e
compiutamente l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di
produzione,  trasporto e distribuzione di energia ma, ai commi 1 e 2,
attribuirebbe tali funzioni direttamente alle amministrazioni statali
anziche' alle Regioni.
    Tali  disposizioni,  infatti,  disciplinano  il  procedimento  di
autorizzazione   alla   costruzione  ed  esercizio  di  elettrodotti,
oleodotti  e gasdotti facenti parte della rete nazionale di trasporto
dell'energia,    individuandone    la    competenza    in   capo alle
amministrazioni statali.
    Secondo   la   Provincia  di  Trento  tale  normativa  ricadrebbe
nell'ambito  di  una  materia  di  potesta'  legislativa concorrente,
cosicche'  lo  Stato  avrebbe  dovuto  limitarsi a dettare i principi
fondamentali,  lasciando alle Regioni la potesta' legislativa su ogni
rimanente   profilo,   nonche'   la  potesta'  regolamentare  di  cui
all'art. 117,  sesto  comma,  Cost.  Peraltro, secondo la ricorrente,
affermare  la  competenza  regionale non significherebbe certo negare
carattere di unitarieta' della rete di distribuzione dell'energia.
    Anche  laddove si dovesse ritenere giustificata la allocazione al
livello  statale  delle  funzioni  amministrative  in questione, cio'
dovrebbe  avvenire  in  base  al  principio  di sussidiarieta' di cui
all'art. 118  Cost. e secondo i criteri affermati da questa Corte con
la sentenza n. 303 del 2003.
    Le  disposizioni  censurate,  invece,  non  rispetterebbero  tali
criteri,   dal   momento   che   non   prevedono  alcun  processo  di
concertazione  tra  Stato,  Regioni e Province autonome. Infatti, gli
accordi  previsti dal comma 6 dell'art. 1-sexies avrebbero ad oggetto
non  le  decisioni  da  assumere ma solo le modalita' organizzative e
procedimentali   per   l'acquisizione  di  un  parere  della  Regione
relativamente  ai  procedimenti relativi alle sole opere inserite nei
piani  triennali  di sviluppo. Le norme in questione sarebbero dunque
illegittime nella parte in cui prevedono l'esercizio della competenza
statale  al di fuori di una procedura di intesa sia con la Conferenza
Stato-Regioni  «per  i  profili  indivisibili»,  sia  con  le singole
Regioni  interessate per «i profili di conformazione e localizzazione
territoriale che coinvolgono la singola specifica comunita».
    Il  comma 2,  nella parte in cui prevede che le norme concernenti
il procedimento per il rilascio dell'autorizzazione siano emanate con
d.P.R.,  violerebbe  altresi' l'art. 117, terzo e sesto comma, Cost.,
in  quanto  lo  Stato  non  potrebbe  dettare  norme regolamentari in
materie di competenza legislativa concorrente.
    Anche  laddove si volesse ritenere che in virtu' del principio di
sussidiarieta'  sia  possibile  derogare al riparto costituzionale in
materia   di   normazione   secondaria,   la   disposizione   sarebbe
illegittima,  in  quanto  non  prevede  che  «i  poteri cosi' portati
eccezionalmente  al  centro  siano  esercitati  insieme  alle Regioni
mediante lo strumento dell'accordo o dell'intesa».
    Lo  stesso  comma 2  violerebbe inoltre la riserva di legge posta
dagli  artt. 95,  terzo comma, e 97, primo e secondo comma, Cost., in
quanto  prevede  che  un atto di normazione secondaria non solo detti
norme  procedimentali,  ma  anche individui le autorita' competenti e
stabilisca  i  provvedimenti sostitutivi delle autorizzazioni, in tal
modo  incidendo  sia  «nelle sfere di competenza e nelle attribuzioni
degli organi», sia «nella delimitazione fondamentale del rapporto tra
le  pubbliche  autorita'  e  le  liberta'  dei  soggetti»,  campi che
sarebbero riservati alla legge.
    La  Provincia  di  Trento censura specificamente anche il comma 5
dell'art.  1-sexies,  il  quale affida alle Regioni la disciplina dei
procedimenti  di  autorizzazione  alla costruzione ed esercizio delle
reti  di  «competenza  regionale»  in  conformita'  ai  principi e ai
termini  temporali  indicati  dalla norma, prevedendo che nel caso in
cui   le   opere   ricadano   sul   territorio   di   piu'   Regioni,
l'autorizzazione  debba  essere  rilasciata  d'intesa  tra le Regioni
interessate. In caso di inerzia o di mancata definizione dell'intesa,
e'  poi  previsto  che  lo  Stato  eserciti  il potere sostitutivo ex
art. 120 Cost.
    Illegittima    sarebbe    la    limitazione    della   competenza
autorizzatoria  regionale  alle  reti  di  carattere  non  nazionale.
Inoltre,  la  disposizione  vincolerebbe  le competenze regionali non
solo  ai  principi  posti  dall'art.  1-sexies  ma  anche  ai termini
temporali da essa stabiliti e che non costituiscono principi.
    Ad  avviso  della  ricorrente sarebbe inoltre incostituzionale la
previsione  del  potere  sostitutivo  statale, in quanto esso sarebbe
esteso  ben  oltre  le ipotesi tassative previste dall'art. 120 Cost.
Peraltro,  in  relazione  alla  Provincia  autonoma,  le  ipotesi  di
esercizio  del  potere sostitutivo statale andrebbero individuate non
nell'art. 120  Cost.,  ma  nelle disposizioni statutarie, dal momento
che «la previsione di un potere sostitutivo non realizza certo quelle
piu'  ampie  condizioni di autonomia rispetto a quanto previsto dallo
statuto  speciale» cosi' come disposto dall'art. 10 della legge cost.
n. 3 del 2001.
    La  ricorrente impugna altresi' l'art. 1-ter, comma 2, introdotto
nel  decreto-legge  n. 239 del 2003 dalla legge di conversione n. 290
del  2003,  il  quale  stabilisce  che  «il  Ministro delle attivita'
produttive  emana  gli indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali
di  trasporto  di  energia  elettrica  e  di gas naturale e approva i
relativi  piani  di  sviluppo  predisposti,  annualmente, dai gestori
delle reti di trasporto».
    In  proposito,  la Provincia autonoma osserva che «trattandosi di
materia  di  potesta'  legislativa  concorrente,  eventuali  funzioni
amministrative   statali   potrebbero   essere  ritenute  ammissibili
soltanto  nei  termini e alle condizioni stabiliti» nella sentenza di
questa Corte n. 303 del 2003.
    Quanto alla necessita' e alla proporzionalita' di tali poteri, in
relazione   agli   indirizzi   previsti  dalla  norma  impugnata,  la
ricorrente   ritiene  difficilmente  comprensibile  la  loro  ragione
rispetto  al «programma triennale di sviluppo della rete elettrica di
trasmissione  nazionale  e  delle  opere  di rilevante importanza che
interessano  il  territorio  di piu' Regioni» gia' previsto dall'art.
1-sexies,  comma  6,  del  decreto-legge  in questione; in relazione,
invece,   all'approvazione   dei  progetti  da  parte  dell'autorita'
nazionale,  essa sarebbe palesemente in contrasto con il principio di
sussidiarieta',  dal  momento  che i progetti di sviluppo, di regola,
dovrebbero  investire  tratte  collocate  all'interno  delle  singole
Regioni  e  la  coerenza  di  tali progetti al programma ben potrebbe
essere verificata in sede regionale.
    Anche  volendo  ritenere  che la previsione di poteri statali sia
ammissibile,  ad  avviso  della Provincia di Trento, la norma sarebbe
comunque  incostituzionale  per  violazione  del  principio  di leale
collaborazione,  in  quanto non prevede l'intesa con le Regioni o con
le  Regioni  interessate, come invece stabilito dalla citata sentenza
n. 303 del 2003.
    6. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che il ricorso sia dichiarato inammissibile ovvero
infondato.
    Rileva  innanzitutto la difesa erariale che nel momento in cui la
Provincia  autonoma  invoca  a  fondamento  delle  proprie censure la
violazione  dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  e  della  potesta'
legislativa  concorrente  in  materia  di  «produzione,  trasporto  e
distribuzione  nazionale  dell'energia», ritenuto ad essa applicabile
in   forza  dell'art. 10  della  legge  cost.  n. 3  del  2001,  essa
renderebbe «ininfluente ed inammissibile» ogni richiamo allo Statuto.
    Inammissibili   sarebbero   inoltre   le   censure  semplicemente
enunciate  ma non argomentate, di violazione delle norme statutarie e
delle  relative  norme  di attuazione in materia urbanistica ed altre
connesse.
    Inammissibile  sarebbe altresi' la censura sollevata in relazione
agli artt. 95 e 97 Cost., in quanto non atterrebbe alla lesione della
sfera  di  attribuzioni  costituzionalmente  tutelata della Provincia
autonoma.
    Nel  merito,  l'Avvocatura,  con  argomentazioni  sostanzialmente
identiche  a  quelle  svolte  in  relazione  al ricorso della Regione
Toscana (n. 1 del 2004), ritiene che il ricorso sarebbe infondato.
    Con  specifico  riguardo  alla  censura  concernente  il  comma 8
dell'art. 1-sexies, la difesa erariale sostiene che sarebbe generica,
oltre  che  in contraddizione con il richiamo all'art. 10 della legge
cost.  n. 3  del  2001,  la  invocata  limitazione dell'esercizio del
potere sostitutivo statale previsto dalla disposizione impugnata alle
sole   ipotesi  previste  delle  norme  statutarie.  Inoltre,  l'art.
1-sexies  ne limiterebbe la previsione alle medesime ipotesi previste
dall'art. 120 Cost.
    7. - La Provincia di Trento ha depositato una memoria nella quale
da'  conto  delle modifiche apportate alla disciplina censurata dalla
legge n. 239 del 2004, la quale ha provveduto al riordino complessivo
e alla riforma del settore energetico.
    Innanzitutto,   l'art. 1,   comma 24,  della  suddetta  legge  ha
sostituito  l'art. 1-ter, comma 2, del decreto-legge n. 239 del 2003,
disponendo  che  il  Ministro  delle  attivita'  produttive (anziche'
«approvare»)  «verifica  la  conformita»  dei  piani di sviluppo agli
indirizzi  ministeriali.  Si  tratterebbe  di  una  modifica in senso
riduttivo  del  potere ministeriale, che tuttavia non eliminerebbe le
ragioni di censura, sia in relazione «agli istituti sostanziali», sia
al difetto di coinvolgimento delle Regioni nella determinazione degli
indirizzi  e  nella mancata attribuzione alle stesse della competenza
alla  verifica  o, in subordine, nella mancata previsione dell'intesa
regionale su tale verifica.
    La  Provincia  da' atto di aver impugnato il nuovo art. 1-ter con
separato ricorso.
    Quanto  all'art.  1-sexies,  la Provincia rileva che anch'esso e'
stato  modificato  dalla  legge  n. 239  del 2004. In particolare, il
nuovo   comma 1  prevede  che  la  costruzione  e  l'esercizio  degli
elettrodotti  facenti  parte  della  rete nazionale siano soggetti ad
un'unica  autorizzazione  rilasciata  dalle autorita' statali «previa
intesa   con   la   Regione  o  le  Regioni  interessate».  La  nuova
disposizione  accoglierebbe la prospettiva della ricorrente e sarebbe
compatibile  con i principi enunciati da questa Corte con le sentenze
n. 6  del  2004  e  n. 303  del  2003. Pertanto, la Provincia ritiene
cessata  la  materia  del  contendere  in relazione ai commi 1, 3 e 4
dell'art.  1-sexies.  Essa, tuttavia, da' atto di avere impugnato con
distinto  ricorso  i  nuovi commi 4-bis e 4-ter, i quali prevedono un
meccanismo  di  sostituzione dell'intesa Stato-Regioni per il caso in
cui essa non venga raggiunta.
    La  ricorrente ritiene altresi' cessata la materia del contendere
in  relazione  alle censure concernenti il comma 2 dell'art. 1-sexies
in quanto, a seguito delle modifiche della legge n. 239 del 2004, non
e'  piu'  previsto  il  potere  ministeriale  di  emanare  norme  sul
procedimento.
    Al   contrario,  non  inciderebbero  sulle  censure  proposte  le
modifiche  introdotte  al comma 5, le quali si limitano a restringere
il  campo  di  applicazione  della  norma  alle sole reti elettriche,
anziche' alle reti energetiche in generale.
    Quanto al comma 6 dell'art. 1-sexies, la ricorrente rileva che la
legge  n. 239  del 2004 ha soppresso il parere cui la disposizione fa
riferimento,  prevedendo  al contrario la necessita' di un'intesa. Si
dovrebbe dunque ritenere che il comma 6 sia rimasto privo di oggetto,
ma  poiche' esso e' stato espressamente modificato dalla stessa legge
n. 239  del  2004,  se  ed  in  quanto la norma «continui ad avere un
senso», la Provincia mantiene ferma la propria censura.
    In ordine alle argomentazioni svolte dall'Avvocatura dello Stato,
la  ricorrente  osserva l'impossibilita' di disconoscere il fatto che
le   competenze   da  essa  fatte  valere  e  ritenute  incise  dalle
disposizioni   impugnate   abbiano  un  fondamento  almeno  in  parte
statutario (come sarebbe espressamente riconosciuto dalla clausola di
salvaguardia  contenuta  nella legge n. 239 del 2004), ferma restando
la  generale potesta' concorrente in materia di produzione, trasporto
e  distribuzione  nazionale  dell'energia  di cui all'art. 117, terzo
comma, Cost.
    Quanto  al merito, la Provincia di Trento ritiene che i tentativi
della  difesa  erariale  di  ricondurre  la disciplina censurata alle
materie  di  cui  al  secondo  comma  dell'art. 117  Cost. si scontri
inevitabilmente  con  il  dato  testuale del terzo comma del medesimo
articolo,  il  quale assegna alla potesta' legislativa concorrente la
materia    «produzione,    trasporto    e   distribuzione   nazionale
dell'energia».
    Inaccettabile  poi  sarebbe  la lettura dell'ordine pubblico data
dall'Avvocatura,  dal  momento  che  una cosa sarebbero i problemi di
ordine  pubblico  che  la mancanza di energia puo' determinare, altra
cosa  sarebbe  invece  la  disciplina  del settore. Quanto ai livelli
essenziali delle prestazioni, sostiene la Provincia autonoma, sarebbe
da considerare riservata allo Stato solo la loro determinazione e non
certo la loro gestione ed erogazione.
    8.  -  Anche  l'Avvocatura  dello Stato ha depositato una memoria
nella quale puntualizza le proprie argomentazioni.
    Essa  afferma  di  non  contestare  che  si  versi  in materia di
«produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale  di energia», ma
ritiene  che si debba verificare se «sull'attribuzione della potesta'
legislativa  non incida la sussidiarieta» e a tale proposito sostiene
che gli indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali debbano essere
di    competenza    dello    Stato,   per   garantire   l'unitarieta'
dell'intervento,  e che statale debba essere la legge che attribuisce
tale competenza.
    Le  censure  concernenti  la  approvazione  dei piani di sviluppo
sarebbero da ritenere superate dalle modifiche introdotte dalla legge
n. 239   del   2004,  cosi'  come  quelle  relative  alla  previsione
dell'autorizzazione  unica  per il cui rilascio sarebbe oggi prevista
la  necessita'  dell'intesa.  Allo  stesso  modo,  dovrebbero  essere
considerati  superati  i  rilievi  mossi  ai commi 2, 3 e 4 dell'art.
1-sexies.
    Con  riguardo  al  comma 5 di tale articolo, osserva l'Avvocatura
che  la  determinazione dei tempi per lo svolgimento dei procedimenti
costituirebbe un principio fondamentale in quanto volto ad assicurare
la  tempestivita' degli interventi e la loro efficacia. Inoltre, essa
realizzerebbe un intervento statale giustificato in base al titolo di
competenza  esclusiva  relativo  alla  «tutela  della concorrenza» in
quanto  i  ritardi nella esecuzione delle opere, provocati da ritardi
nel rilascio delle autorizzazioni, pregiudicherebbero la posizione di
parita' tra produttori.
    Infine,  il  potere  sostitutivo  previsto  dalla  norma  sarebbe
essenziale  per  salvaguardare  le  esigenze  di  tutela  dell'unita'
economica  e  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni ove questi
possano  essere  messi  in  pericolo  dalla inerzia delle Regioni. La
correttezza  dell'intervento sostitutivo dovrebbe poi essere valutata
di volta in volta, in considerazione della situazione concreta.
    9.  -  Con  ricorso  notificato l'11 novembre 2004, depositato il
successivo  17 novembre e iscritto al n. 107 del registro ricorsi del
2004,  la  Regione  Toscana  ha  sollevato  questioni di legittimita'
costituzionale  in  relazione  a  numerose  disposizioni  della legge
23 agosto  2004,  n. 239  (Riordino  del  settore energetico, nonche'
delega  al  Governo  per  il  riassetto delle disposizioni vigenti in
materia di energia).
    La  Regione  ricorrente, dopo aver premesso una ricostruzione del
quadro  normativo  (comunitario  ed  interno) previgente, e dopo aver
richiamato  le direttive comunitarie n. 2003/54/CE del 26 giugno 2003
(Direttiva  del  Parlamento  europeo e del Consiglio relativa a norme
comuni  per il mercato interno dell'energia elettrica e che abroga la
direttiva  96/1992/CE)  e n. 2003/55/CE del 26 giugno 2003 (Direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a norme comuni per il
mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 98/30/CE),
osserva  preliminarmente che le attivita' ricomprese nella nozione di
energia configurano un complesso assetto di competenze legislative ed
amministrative,  in parte interferente con competenze statali di tipo
c.d.  «trasversale»  (come  la «determinazione dei livelli essenziali
delle  prestazioni  concernenti i diritti civili e sociali che devono
essere  garantiti  su  tutto  il  territorio nazionale», o la «tutela
della  concorrenza»),  e  in parte soggetto alla potesta' legislativa
concorrente   (per  quanto  attiene  alla  «produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia», alla «tutela della salute», in
relazione  alla  gestione degli impianti, e - in relazione al profilo
della   localizzazione   delle   infrastrutture  -  al  «governo  del
territorio»   ed   alla   «valorizzazione   dei   beni  culturali  ed
ambientali»).
    Alcuni  profili della materia sarebbero inoltre soggetti, secondo
la ricorrente, alla potesta' legislativa residuale delle Regioni.
    La  Regione  richiama quindi la sentenza di questa Corte n. 6 del
2004,   in  relazione  all'affermazione,  in  essa  contenuta,  della
necessaria  previsione di meccanismi di cooperazione e di accordo fra
Stato  e  Regioni, ogni qual volta l'allocazione a livello statale di
funzioni  amministrative,  relative  a  materie  od  attivita' non di
competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato, sia giustificata da
esigenze unitarie, in applicazione del principio di sussidiarieta'.
    Tanto  premesso,  la  normativa  impugnata  presenterebbe  alcuni
profili  di  illegittimita'  costituzionale,  che  la Regione Toscana
individua,  in  via  generale,  nell'assenza  di  adeguati meccanismi
d'intesa, e nell'aggettivazione - e conseguente qualificazione - come
«nazionale»  dell'attivita'  di  distribuzione di energia (laddove la
previgente  legislazione  statale  e l'attuale disciplina comunitaria
imprimerebbero   alla   distribuzione  dell'energia  e  del  gas  una
connotazione locale).
    Questo  ultimo  rilievo,  in  particolare,  comporterebbe che «la
`distribuzione  locale' dell'energia» dovrebbe considerarsi rientrare
nell'ambito  della potesta' legislativa residuale regionale, ai sensi
dell'art. 117, quarto comma, Cost.
    Sulla  base  di  tali  premesse  di  ordine  generale, la Regione
ricorrente   sostiene,   in   primo  luogo,  che  l'art. 1,  comma 2,
lettera c),  della  legge  n. 239 del 2004 violerebbe gli artt. 117 e
118 Cost.
    L'indicata   disposizione   stabilisce   che   «le  attivita'  di
distribuzione  di  energia  elettrica  e  gas  naturale  a  rete,  di
esplorazione,  coltivazione,  stoccaggio  sotterraneo di idrocarburi,
nonche'  di  trasmissione  e dispacciamento di energia elettrica sono
attribuite in concessione secondo le disposizioni di legge».
    Ad  avviso  della ricorrente, «la distribuzione locale e' materia
affidata  alla potesta' legislativa residuale delle Regioni»; dal che
conseguirebbe la competenza esclusiva regionale nel disciplinare tale
attivita',   anche   sotto  il  profilo  della  individuazione  della
concessione   come   strumento   di   regolazione  dell'accesso  alla
distribuzione di energia.
    In  secondo  luogo,  la  ricorrente assume che l'art. 1, comma 4,
lettera c),  della  legge  n. 239 del 2004 violerebbe gli artt. 117 e
118 Cost.
    La  disposizione censurata prevede che «lo Stato e le Regioni, al
fine  di  assicurare  su  tutto  il  territorio  nazionale  i livelli
essenziali  delle  prestazioni  concernenti l'energia nelle sue varie
forme  e in condizioni di omogeneita' sia con riguardo alle modalita'
di  fruizione sia con riguardo ai criteri di formazione delle tariffe
e  al  conseguente  impatto sulla formazione dei prezzi, garantiscono
[...]  l'assenza  di  oneri  di  qualsiasi specie che abbiano effetti
economici  diretti  o  indiretti  ricadenti  al  di fuori dell'ambito
territoriale delle autorita' che li prevedono».
    Ad  avviso della ricorrente, l'ampiezza della nozione di «effetto
economico   indiretto»,  impedirebbe  «ogni  politica  regionale  nel
settore   energetico»,   con  conseguente  lesione  delle  competenze
legislative ed amministrative regionali in materia di energia.
    Risulterebbe   violato,   altresi',   l'art. 119  Cost.,  perche'
l'indeterminatezza  della  nozione  di  «effetto economico indiretto»
«puo'  diventare  uno  strumento  per  limitare  anche l'autonomia di
entrata  e  di  spesa  riconosciuta  alle  Regioni dalla citata norma
costituzionale».
    Come  ulteriore censura, la ricorrente deduce la violazione degli
artt. 117 e 118 Cost., anche in relazione agli artt. 3 e 97 Cost., da
parte dell'art. 1, comma 4, lettera f), della legge n. 239 del 2004.
    Tale  disposizione prevede che «lo Stato e le Regioni, al fine di
assicurare  su  tutto  il  territorio  nazionale i livelli essenziali
delle  prestazioni  concernenti  l'energia nelle sue varie forme e in
condizioni   di  omogeneita'  sia  con  riguardo  alle  modalita'  di
fruizione  sia  con riguardo ai criteri di formazione delle tariffe e
al  conseguente  impatto  sulla  formazione  dei prezzi, garantiscono
[...]  l'adeguato  equilibrio territoriale nella localizzazione delle
infrastrutture    energetiche,    nei    limiti    consentiti   dalle
caratteristiche  fisiche  e  geografiche delle singole Regioni» e, in
particolare,  esclude  gli «impianti alimentati da fonti rinnovabili»
dalla   previsione   di  «eventuali  misure  di  compensazione  e  di
riequilibrio ambientale e territoriale qualora esigenze connesse agli
indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali
di   attivita',   impianti   e   infrastrutture  ad  elevato  impatto
territoriale».
    Questa  esclusione violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost., sotto il
profilo  della  violazione  delle  competenze regionali in materia di
«governo  del territorio», in quanto anche gli impianti alimentati da
fonti  rinnovabili  potrebbero avere, ad avviso della ricorrente, una
incidenza sul territorio tale da giustificare la necessita' di misure
di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale.
    Essa,   inoltre,   secondo  la  Regione  ricorrente,  sarebbe  in
contrasto  con gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto, ove la disposizione
in  esame  fosse considerata principio fondamentale della materia, si
tratterebbe di un principio illogico ed irrazionale per disparita' di
trattamento,  nonche' lesivo del canone di buona amministrazione, sul
presupposto   della   equivalenza,  almeno  potenziale,  dell'impatto
territoriale  degli impianti alimentati da fonti rinnovabili rispetto
a  quelli  alimentati  da  fonti  non  rinnovabili,  e  dunque  della
ingiustificata  esclusione  generalizzata  dei primi dalla disciplina
prevista per i secondi.
    La  Regione Toscana prospetta poi l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 7, lettere g) e h), della legge n. 239 del 2004.
    Questa  disposizione  prevede  che  «sono esercitati dallo Stato,
anche  avvalendosi  dell'Autorita' per l'energia elettrica e il gas»,
le   funzioni   ed   i   compiti   amministrativi   in   materia   di
«identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio
nazionale,  con riferimento all'articolazione territoriale delle reti
infrastrutturali  energetiche  dichiarate  di  interesse nazionale ai
sensi  delle leggi vigenti», nonche' in materia di «programmazione di
grandi  reti  infrastrutturali  energetiche  dichiarate  di interesse
nazionale ai sensi delle leggi vigenti».
    Essa  non  prevede, tuttavia, che l'esercizio di dette competenze
avvenga  previa  intesa con la Conferenza Stato-Regioni ovvero con la
Conferenza unificata.
    Questa   mancata   previsione   comporterebbe,  ad  avviso  della
ricorrente, la violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio
di  leale  collaborazione,  in  quanto  le Regioni risulterebbero del
tutto  escluse  «dalla  programmazione  delle  reti  infrastrutturali
energetiche   di  interesse  nazionale  e  dalla  loro  articolazione
territoriale»,   benche'   l'esercizio   di   tali   funzioni  incida
incontestabilmente  sulle competenze regionali in materia di energia,
nonche'   di   governo   del   territorio,   tutela  della  salute  e
valorizzazione  dei beni culturali ed ambientali. Cio' avrebbe dovuto
comportare,  secondo  quanto chiarito da questa Corte con le sentenze
n. 6  del  2004  e n. 303 del 2003, la necessita' della previsione di
un'intesa  con  la  Conferenza Stato-Regioni ovvero con la Conferenza
unificata.
    A  sostegno  del proprio assunto, la ricorrente evidenzia che, in
fattispecie  del tutto analoghe, l'art. 1 in esame ha invece previsto
tali  forme di intesa: per il settore del gas, al successivo comma 8,
lettera b), punto 2, e per il settore degli oli minerali, al medesimo
comma 8, lettera c), punto 6.
    La  ricorrente  impugna,  inoltre, l'art. 1, comma 7, lettera i),
della legge n. 239 del 2004.
    Tale disposizione prevede che «sono esercitati dallo Stato, anche
avvalendosi  dell'Autorita'  per  l'energia  elettrica  e il gas», le
funzioni  ed  i  compiti amministrativi in materia di «individuazione
delle  infrastrutture e degli insediamenti strategici, ai sensi della
legge  21 dicembre  2001,  n. 443»  (Delega  al Governo in materia di
infrastrutture   ed   insediamenti  produttivi  strategici  ed  altri
interventi  per  il  rilancio  delle  attivita'  produttive),  «e del
decreto  legislativo  20 agosto 2002, n. 190» (Attuazione della legge
21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e
degli  insediamenti  produttivi strategici e di interesse nazionale),
«al  fine  di  garantire  la sicurezza strategica, ivi inclusa quella
degli  approvvigionamenti  energetici  e  del  relativo  utilizzo, il
contenimento  dei costi dell'approvvigionamento energetico del Paese,
lo sviluppo delle tecnologie innovative per la generazione di energia
elettrica   e   l'adeguamento  della  strategia  nazionale  a  quella
comunitaria per le infrastrutture energetiche».
    L'esercizio  di  tali  poteri  statali  non e' accompagnato dalla
previsione di un'intesa con le Regioni interessate.
    Ad    avviso   della   ricorrente,   la   classificazione   delle
infrastrutture  come  opere  ultraregionali,  l'individuazione  delle
opere  strategiche,  la  loro  localizzazione  e  l'approvazione  dei
relativi  progetti  ai sensi della legge n. 443 del 2001 e del d.lgs.
n. 190  del  2002,  dovrebbero invece essere disposte d'intesa con la
Regione  interessata,  secondo quanto affermato da questa Corte nella
sentenza n. 303 del 2003.
    La  mancata  previsione  dell'intesa,  pertanto, comporterebbe la
violazione  degli  artt. 117  e  118  Cost.  e del principio di leale
collaborazione.
    La  Regione Toscana deduce ancora l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 1,  comma 8,  lettera a),  punto  3, della legge n. 239 del
2004.
    Tale  disposizione  stabilisce  che  lo  Stato,  con  particolare
riguardo  al  settore elettrico, anche avvalendosi dell'Autorita' per
l'energia  elettrica e il gas, esercita compiti e funzioni in materia
di   «approvazione   degli   indirizzi  di  sviluppo  della  rete  di
trasmissione  nazionale,  considerati  anche  i  piani  regionali  di
sviluppo del servizio elettrico».
    L'esercizio  di  tali  poteri  statali  non e' accompagnato dalla
previsione di un adeguato coinvolgimento regionale.
    Ad   avviso   della  ricorrente,  la  programmazione  della  rete
nazionale e gli indirizzi di sviluppo della rete stessa inciderebbero
sulle   competenze   regionali,  a  causa  dell'interferenza  con  le
attribuzioni  della  Regione  in  materia di «produzione, trasporto e
distribuzione  nazionale dell'energia», nonche' con quelle in materia
di   «governo   del   territorio»,   di  «tutela  della  salute»,  di
«valorizzazione  dei  beni  culturali  ed ambientali» e di «turismo»,
senza  la  previsione  di  un'intesa con la Conferenza Stato-Regioni,
ovvero con la Conferenza unificata, che invece si configurerebbe come
necessaria,  secondo  quanto affermato da questa Corte nelle sentenze
n. 303 del 2003 e n. 6 del 2004).
    La  mancata  previsione  dell'intesa,  pertanto, comporterebbe la
violazione  degli  artt. 117  e  118  Cost.  e del principio di leale
collaborazione.
    La  ricorrente  prospetta  anche  l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 1,  comma 8,  lettera a),  punto  7, della legge n. 239 del
2004.
    Tale  disposizione  stabilisce  che  lo  Stato,  con  particolare
riguardo  al  settore elettrico, anche avvalendosi dell'Autorita' per
l'energia  elettrica e il gas, esercita compiti e funzioni in materia
di  «definizione  dei  criteri  generali  per le nuove concessioni di
distribuzione  dell'energia  elettrica  e  per  l'autorizzazione alla
costruzione  e all'esercizio degli impianti di generazione di energia
elettrica  di  potenza  termica  superiore  ai  300  MW,  sentita  la
Conferenza  unificata  e  tenuto conto delle linee generali dei piani
energetici regionali».
    Questa  disposizione e' censurata dalla Regione ricorrente per il
fatto  che  non  distingue  fra  concessioni  nazionali e concessioni
locali,  per  il  fatto  che  consente all'Amministrazione statale di
dettare  criteri  per  l'esercizio  di  funzioni  amministrative  non
trattenute  in capo allo Stato e che la legge regionale deve allocare
e disciplinare, nonche' per il fatto di disporre che i poteri statali
da  essa  previsti  siano  esercitati  con  il  semplice  parere  non
vincolante   della   Conferenza  unificata  anziche'  sulla  base  di
un'intesa «forte» con la Conferenza Stato-Regioni.
    Sostiene    la    ricorrente   che   la   «distribuzione   locale
dell'energia», non essendo contemplata fra le funzioni riservate allo
Stato,  ne' fra quelle di competenza legislativa concorrente, sarebbe
materia  riservata alla potesta' legislativa residuale delle Regioni,
e  in  essa dovrebbe essere fatta rientrare anche la disciplina delle
relative  concessioni  di  distribuzione, di talche' la previsione di
poteri  statali  per  la  determinazione  dei criteri di esercizio di
funzioni amministrative non attratte dallo Stato in sussidiarieta' ma
spettanti  alla  potesta'  allocativa  e  regolativa  delle  Regioni,
violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost. Analogo rilievo varrebbe poi per
cio'  che  attiene  alle  concessioni  e autorizzazioni relative alla
«distribuzione  nazionale  dell'energia»,  affidata alla legislazione
concorrente.
    In  subordine,  per  l'ipotesi  in cui si dovesse ritenere che il
sistema  costituzionale  di  riparto  delle  competenze consenta allo
Stato  di  dettare criteri per l'esercizio di funzioni amministrative
che devono essere disciplinate dalla legge regionale, ad avviso della
ricorrente   i  relativi  poteri  statali  dovrebbero  almeno  essere
esercitati  sulla base di un'intesa di tipo «forte» con la Conferenza
Stato-Regioni, in ossequio al principio di leale collaborazione.
    A  sostegno  del proprio assunto, la ricorrente evidenzia che, in
fattispecie  del  tutto analoga, in materia di oli minerali, l'art. 1
in  esame  -  al  comma 8,  lettera c),  punto 5 - ha invece previsto
l'intesa con la Conferenza unificata.
    Come    ulteriore   censura,   la   Regione   ricorrente   deduce
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 1,  comma 8,  lettera b),
punto  3,  della  legge  n. 239  del 2004, il quale stabilisce che lo
Stato,  con  particolare  riguardo al settore del gas naturale, anche
avvalendosi dell'Autorita' per l'energia elettrica e il gas, esercita
compiti   e   funzioni  relativi  alle  «determinazioni  inerenti  lo
stoccaggio di gas naturale in giacimento».
    Questa  disposizione  violerebbe  gli  art. 117  e  118 Cost., in
quanto  l'attivita'  di  stoccaggio  di  gas naturale in giacimento e
l'allocazione  delle  relative  funzioni  amministrative, non potendo
essere  ricondotte  alle  materie  di competenza legislativa statale,
rientrerebbero nell'ambito della potesta' legislativa residuale delle
Regioni.
    In  via subordinata, la ricorrente deduce la violazione anche del
principio   di   leale  collaborazione,  in  quanto  l'attrazione  in
sussidiarieta'  in  capo allo  Stato delle funzioni contemplate dalla
norma  non  sarebbe accompagnata dalla previsione di un'intesa con le
Regioni,   benche'   l'esercizio  delle  funzioni  previste  comporti
«pesanti ricadute sul territorio regionale».
    La  ricorrente  prospetta inoltre l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 1,  comma 24,  lettera a), della legge n. 239 del 2004, che
ha sostituito il comma 2 dell'articolo 1-ter del decreto-legge n. 239
del  2003, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 290
del  2003,  con  la  previsione  secondo  la quale «il Ministro delle
attivita'  produttive  emana gli indirizzi per lo sviluppo delle reti
nazionali  di  trasporto  di  energia  elettrica  e di gas naturale e
verifica   la   conformita'   dei   piani  di  sviluppo  predisposti,
annualmente,  dai  gestori  delle reti di trasporto con gli indirizzi
medesimi».
    Questa  previsione  violerebbe  gli  artt. 117  e  118 Cost. e il
principio  di leale collaborazione, in quanto la programmazione della
rete  nazionale  e  gli  indirizzi  di  sviluppo  della  rete  stessa
inciderebbero  sulle  competenze regionali in materia di «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», nonche' con quelle
in  materia  di  «governo  del  territorio»,  senza  la previsione di
un'intesa  con  la  Conferenza Stato-Regioni ovvero con la Conferenza
unificata,  secondo  quanto  affermato  dalle  piu'  volte richiamate
sentenze n. 303 del 2003 e n. 6 del 2004).
    La    Regione   ricorrente   deduce   altresi'   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 26, della legge n. 239 del 2004, il
quale  sostituisce  i  commi 1,  2,  3  e  4  dell'art.  1-sexies del
decreto-legge  n. 239  del  2003,  relativamente  al  procedimento di
autorizzazione delle reti di trasporto di energia e degli impianti di
energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici.
    In particolare, la disposizione in esame e' censurata nella parte
in  cui  modifica  l'assetto  delle  competenze introdotto dal d.lgs.
31 marzo   1998,   n. 112   (Conferimento   di   funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione  del  capo I  della  legge  15 marzo 1997, n. 59), fondato
sulla   potenza  degli  impianti  e  sulla  tensione  delle  reti  di
trasporto,  sostituendolo  con  il  criterio dell'appartenenza o meno
degli impianti da autorizzare alla «rete nazionale di trasporto».
    Secondo  la ricorrente, infatti, per un verso la nozione di «rete
nazionale  di trasporto» sarebbe molto «elastica», per altro verso il
criterio  discretivo  fra  competenze statali e competenze regionali,
quanto  al  procedimento di autorizzazione delle reti di trasporto di
energia  e degli impianti di energia elettrica, verrebbe rimesso alla
scelta  dello Stato, dal momento che l'ambito della rete nazionale di
trasporto  e'  determinato, ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. n. 79 del
1999,   con   decreto   del   Ministro  dell'industria,  senza  alcun
coinvolgimento regionale.
    La ricorrente censura poi specificamente la disposizione in esame
anche  nella  parte  in cui prevede il potere sostitutivo statale, di
cui  al  nuovo  comma 4-bis  dell'articolo 1-sexies del decreto-legge
n. 239   del   2003,  da  esercitarsi  -  per  l'ipotesi  di  mancata
definizione dell'intesa con la Regione o le Regioni interessate - con
decreto  del  Presidente  della  Repubblica, su proposta del Ministro
delle   attivita'   produttive,   previo  concerto  con  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio.
    Secondo  la  Regione  ricorrente, tale previsione non conterrebbe
una  adeguata  definizione  dei presupposti sostanziali e procedurali
che legittimano e regolano l'esercizio di detto potere.
    Essa,  inoltre,  non  rispetterebbe  comunque  i presupposti ed i
limiti  fissati  dall'art. 120  Cost.,  in  quanto consentirebbe allo
Stato  di  superare  non  soltanto  l'inerzia,  ma  anche il motivato
dissenso  della Regione interessata. Cio' comporterebbe, peraltro, un
declassamento dello strumento di raccordo, da intesa di tipo forte ad
intesa  di  tipo debole, come tale non idonea a garantire il rispetto
del  principio  di leale collaborazione, anche nell'ipotesi in cui si
riconduca  il  fondamento  del  potere  sostitutivo  al  principio di
sussidiarieta',  considerata  l'interferenza  con ambiti materiali di
competenza regionale.
    La  disciplina in esame, infine, non rispetterebbe il rapporto di
proporzionalita'  fra  i  presupposti  legittimanti  l'esercizio  del
potere   sostitutivo  ed  il  contenuto  e  l'estensione  del  potere
medesimo,   per  l'indeterminatezza  dell'indicazione  normativa  dei
presupposti  e  per  la conseguente ampiezza dei fattori legittimanti
l'attivazione   dell'intervento  in  sostituzione  (ogni  ipotesi  di
mancata intesa).
    Lo  stesso comma 26 dell'art. 1 e' oggetto di specifica censura -
«per  gli  stessi  motivi»  -  anche  nella  parte in cui stabilisce,
introducendo  il  comma 4-ter  del  citato  articolo 1-sexies, che le
disposizioni del predetto art. 1-sexies «si applicano, su istanza del
proponente,  anche  ai  procedimenti in corso alla data di entrata in
vigore della presente disposizione eccetto i procedimenti per i quali
sia  completata  la procedura di VIA, ovvero il relativo procedimento
risulti in fase di conclusione».
    La  Regione Toscana impugna anche l'art. 1, comma 33, della legge
n. 239  del  2004,  il  quale  stabilisce  che  «sono  fatte salve le
concessioni  di  distribuzione  di  energia  elettrica in essere, ivi
compresa,  per  quanto  riguarda  l'attivita'  di  distribuzione,  la
concessione   di  cui  all'articolo 14,  comma 1,  del  decreto-legge
11 luglio  1992,  n. 333»  (Misure  urgenti  per il risanamento della
finanza   pubblica),   convertito,  con  modificazioni,  nella  legge
8 agosto 1992, n. 359, e che «il Ministro delle attivita' produttive,
sentita  l'Autorita'  per l'energia elettrica e il gas, anche al fine
di  garantire  la  parita'  di  condizioni, puo' proporre modifiche e
variazioni delle clausole contenute nelle relative convenzioni».
    Questa  disposizione,  secondo  la ricorrente, contrasterebbe con
gli  art. 117  e  118  Cost.,  in  quanto,  competendo  alla potesta'
legislativa  residuale  delle  Regioni la materia della distribuzione
locale  dell'energia,  spetterebbe  alle Regioni legiferare in merito
alle  concessioni  di  distribuzione in essere ed esercitare i poteri
relativi ai rapporti in atto con le imprese di distribuzione, purche'
nel rispetto dell'affidamento del concessionario.
    Il   congelamento   della   situazione   in  atto  comporterebbe,
viceversa, la sostanziale vanificazione delle competenze regionali in
materia di concessioni, previste dalla legge di riordino, almeno fino
al 31 dicembre 2030.
    In  via  subordinata,  la  ricorrente  deduce  la  violazione del
principio  di  leale  collaborazione, in quanto la disciplina di tali
poteri  non  contempla  comunque  la  previsione  di un'intesa con la
Regione interessata.
    La  Regione Toscana deduce ancora l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 1, commi 56, 57 e 58, della legge n. 239 del 2004.
    Le  disposizioni censurate riguardano le attivita' di lavorazione
e  stoccaggio  di  oli  minerali,  introducendo  una  disciplina  che
individua  le  attivita' soggette a regime autorizzatorio, affermando
la  competenza  delle  Regioni  nel  rilascio delle autorizzazioni ed
individuando   i   parametri  alla  stregua  dei  quali  deve  essere
esercitato il potere autorizzatorio.
    Secondo  la  ricorrente, questa disciplina contrasterebbe con gli
art. 117  e 118 Cost., in quanto, non essendo ricomprese le attivita'
di lavorazione e stoccaggio di oli minerali nell'ambito delle nozioni
di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», la
loro  disciplina  competerebbe  alla  potesta'  legislativa residuale
delle Regioni.
    La spettanza regionale della competenza legislativa in materia si
giustificherebbe,  secondo  la  ricorrente,  oltre  che  per  il dato
testuale,  anche  in  considerazione della maggiore capacita' di tale
livello di governo nel saper cogliere e gestire le esigenze correlate
alle  attivita'  considerate  e,  al  contrario, nella difficolta' di
recepire tali istanze da parte dello Stato.
    In   via   esemplificativa,  la  Regione  evidenzia  la  ritenuta
illogicita'   della   previsione   contenuta  nell'art. 1,  comma 56,
lettera d),   che   include   fra  le  attivita'  soggette  a  regime
autorizzatorio,  «la  variazione  di  oltre  il  30  per  cento della
capacita' complessiva autorizzata di stoccaggio di oli minerali».
    Ad  avviso della ricorrente, tale disposizione avrebbe «contenuto
illogico»,  in  quanto  la  percentuale  individuata  come  soglia di
determinazione  delle  attivita'  soggette  al  regime autorizzatorio
«nella   sua   assolutezza,  non  ha  significato,  perche'  andrebbe
rapportata  alle  dimensioni  dell'impianto.  Le  Regioni,  che hanno
conoscenza    della   realta'   territoriale,   potrebbero   valutare
l'incidenza  della  variazione  e, quindi, se assoggettarla o meno ad
autorizzazione».
    In  via subordinata, la ricorrente sostiene che l'esercizio della
eventuale   competenza   statale,   connessa   all'ambito   materiale
«produzione,   trasporto  e  distribuzione  nazionale  dell'energia»,
permetterebbe  allo Stato l'emanazione dei soli principi fondamentali
della  materia, spettando invece alle Regioni la valutazione di quali
attivita'  sottoporre  ad  autorizzazione, in ragione delle peculiari
situazioni territoriali.
    Sempre in via subordinata, con specifico riferimento al comma 57,
la  Regione afferma l'illegittimita' costituzionale dell'elenco delle
disposizioni  fatte  salve  (come  limiti  al potere autorizzatorio),
nella  parte  in cui tale elenco non richiama anche il rispetto delle
normative  in  materia  di  «governo  del  territorio»; in relazione,
invece,  al  comma 58,  l'affermazione  della  libera modificabilita'
degli  oleodotti  e  dei  relativi tracciati senza specificazioni ne'
limiti,  sarebbe  costituzionalmente illegittima per contrasto con le
competenze  regionali  in  materia  di  «energia»  e  di «governo del
territorio».
    La  ricorrente prospetta altresi' l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 1, commi 77, 78, 79, 80, 81, 82 e 83 della legge n. 239 del
2004.
    Le   disposizioni   censurate  disciplinano  il  procedimento  di
rilascio   del   permesso   di  ricerca  e  della  concessione  degli
idrocarburi  e  stabiliscono,  in  particolare,  che  i provvedimenti
adottati  in  base  a  tali  disposizioni costituiscono titolo per la
costruzione degli impianti e delle opere necessarie; sostituiscono ad
ogni effetto autorizzazioni, permessi, concessioni ed atti di assenso
comunque  denominati;  e, qualora le opere comportino variazioni agli
strumenti urbanistici, producono l'effetto della variante.
    Non si prevede, tuttavia, che tali provvedimenti vengano adottati
in conformita' ad una previa intesa con la Regione interessata.
    La   Regione   ricorrente   esclude   che   a   tale   disciplina
procedimentale   possa  estendersi  la  generale  previsione  di  cui
all'art. 1,  comma 7, lettera n), della stessa legge n. 239 del 2004,
ritenendo pertanto che la disciplina in esame violerebbe gli art. 117
e  118  Cost.  e  il  principio  di  leale  collaborazione, in quanto
lederebbe  le  competenze  regionali  in  materia  di  «energia» e di
«governo  del  territorio»,  nella  parte  in  cui non prevede che la
concessione  di  coltivazione  degli  idrocarburi in terraferma ed il
permesso  di  ricerca  siano  rilasciati previa intesa con la Regione
interessata.
    La  Regione  Toscana  censura,  ancora, l'art. 1, comma 84, della
legge  n. 239 del 2004, che disciplina il contributo compensativo per
il  mancato uso del territorio dovuto alla Regione e agli enti locali
da  parte  dei titolari di concessioni di coltivazione di idrocarburi
in terraferma, stabilendo, in particolare, che «il valore complessivo
delle misure stabilite, a seguito di specifici accordi tra la Regione
e  gli  enti  locali  interessati  ed  i  titolari  di concessioni di
coltivazione  di  idrocarburi  in  terraferma  non  ancora entrate in
produzione  alla  data  di  entrata in vigore della presente legge, a
titolo  di contributo compensativo per il mancato uso alternativo del
territorio  dovuto  alla  costruzione  degli  impianti  e delle opere
necessarie,  agli  interventi di modifica, alle opere connesse e alle
infrastrutture  indispensabili  all'esercizio,  non  puo' eccedere il
valore complessivo del 15 per cento di quanto comunque spettante alla
Regione  e  agli  enti  locali  per  le  aliquote  di  prodotto della
coltivazione».
    Ad  avviso della ricorrente, questa disciplina contrasterebbe con
gli  artt. 117 e 118 Cost, in quanto, pur investendo ambiti materiali
di   potesta'  legislativa  concorrente,  («produzione,  trasporto  e
distribuzione  nazionale  dell'energia»;  «governo  del territorio»),
detterebbe  una  disciplina  incompatibile  con  una  legislazione di
principi.
    Inoltre,  la  Regione  si  troverebbe illegittimamente privata di
strumenti  giuridicamente  efficaci,  volti  al  perfezionamento  del
procedimento  che presuppone la sottoscrizione di accordi relativi al
contributo  compensativo,  a causa della ulteriore previsione secondo
cui  «la  mancata sottoscrizione degli accordi non costituisce motivo
per  la  sospensione  dei lavori necessari per la messa in produzione
dei  giacimenti  di  idrocarburi  o  per  il rinvio dell'inizio della
coltivazione».
    La    Regione   ricorrente,   infine,   deduce   l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 1,  comma 121, della legge n. 239 del 2004,
che  delega  il  Governo  ad  adottare  uno o piu' testi unici per il
riassetto  delle disposizioni vigenti in materia di energia, ai sensi
e  secondo  i  principi  e criteri di cui all'articolo 20 della legge
15 marzo  1997,  n. 59  (Delega  al  Governo  per  il conferimento di
funzioni  e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della
Pubblica  Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), e
successive modificazioni.
    La  disposizione censurata contrasterebbe con l'art. 76 Cost., in
quanto  i principi e criteri direttivi indicati dalla norma di delega
sarebbero  eccessivamente  generici, nonche' con l'art. 117 Cost., in
quanto lo Stato potrebbe esercitare competenze legislative in materia
di energia solo dettando principi fondamentali nella disciplina delle
attivita'  di  produzione,  trasporto  e  distribuzione nazionale. Di
talche',  l'esercizio  della  delega  in  questione  potrebbe  essere
considerato costituzionalmente legittimo solo attraverso la redazione
di testi unici meramente ricognitivi.
    10.  -  Si  e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  la  quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile o respinto perche' infondato.
    In   relazione   alla   censura   relativa  all'art. 1,  comma 2,
lettera c),  della  legge n. 239 del 2004, la difesa erariale osserva
che  la  disposizione  censurata  andrebbe letta in coordinamento con
quella  di cui al comma precedente, che fissa i principi fondamentali
in materia di energia, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.
    Anche  con  riferimento  alla  disposizione  di  cui  all'art. 1,
comma 4,   lettera c),   l'Avvocatura   dello  Stato  suggerisce  una
interpretazione  sistematica, rimarcando, in particolare, che «quando
si tratta di effetti economici, sono soprattutto quelli indiretti che
vanno  tenuti  in  considerazione,  effetti che hanno una particolare
incidenza   negativa   sulla  struttura  concorrenziale  del  mercato
(lettera a)  e sulla libera circolazione dell'energia all'interno del
territorio nazionale e dell'Unione europea (lettera b)».
    La   difesa   erariale,   in   relazione  alla  censura  relativa
all'art. 1, comma 4, lettera f), della legge n. 239 del 2004, osserva
che  essa  colpisce tale disposizione solo nella parte in cui esclude
le   misure   di   compensazione   e  di  riequilibrio  ambientale  e
territoriale  per  gli  impianti alimentati da fonti rinnovabili; non
essendo   invece   censurata   la   parte   della   disposizione  che
costituirebbe il presupposto applicativo dell'intera disciplina, vale
a   dire   la   previsione  stessa  di  misure  di  compensazione  di
riequilibrio ambientale e territoriale, non potrebbe «pertanto essere
messa  in  dubbio nemmeno la norma consequenziale, quella che esclude
la  compensazione  per  la  presenza  di impianti alimentati da fonti
rinnovabili,  che  hanno  un  ridotto  impatto  ambientale.  Viene  a
mancare,  in  questo  caso,  uno  degli effetti richiesti dalla norma
primaria».
    Quanto  alla  censura  relativa all'art. 1, comma 7, lettere g) e
h),  della  legge  n. 239 del 2004, l'Avvocatura erariale osserva che
tali  disposizioni attribuiscono allo Stato le funzioni relative alle
attivita'  di «identificazione» delle linee fondamentali dell'assetto
del  territorio  nazionale,  e  di  «programmazione»  di  grandi reti
infrastrutturali   energetiche  dichiarate  di  interesse  nazionale;
nessuna di tali attivita' avrebbe riguardo alla «progettazione» delle
reti  energetiche,  ma piuttosto solo ad una indicazione territoriale
di massima circa la loro localizzazione sul territorio nazionale.
    Cosi' inteso l'ambito materiale delle funzioni disciplinate dalle
disposizioni   censurate,   le  stesse  non  sarebbero  lesive  degli
interessi  della  Regione  ricorrente,  «se non quando, passando alla
fase    operativa,   viene   individuata   la   esatta   collocazione
territoriale».
    La  difesa  erariale  osserva  poi - in relazione alla denunciata
illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 7, lettera i), della
legge  n. 239 del 2004 - che tale censura, incentrata sul richiamo ai
principi espressi nella sentenza di questa Corte n. 303 del 2003, non
puo'  ritenersi  fondata  in relazione alla norma impugnata, giacche'
quest'ultima   disciplina   l'attivita'   di  «individuazione»  delle
infrastrutture  e  degli  insediamenti  strategici, laddove la citata
pronuncia  aveva  riguardo  alla  disciplina della «realizzazione» di
tali infrastrutture.
    Una  conferma  di  tale  ricostruzione  si  ricaverebbe,  secondo
l'Avvocatura  dello  Stato, dal fatto che la sentenza n. 303 del 2003
sancisce  la  necessita'  dell'intesa  fra  lo  Stato  e  la  Regione
interessata;   l'uso   del  singolare  implicherebbe  un  riferimento
limitato  all'attivita'  di  realizzazione  (e,  dunque, non anche di
individuazione), giacche' «la singola Regione puo' essere individuata
solo quando si provvede alla realizzazione delle opere».
    Infondata  sarebbe anche la censura relativa all'art. 1, comma 8,
lettera a),  punto  3), della legge n. 239 del 2004, incentrata sulla
ritenuta  necessita'  di  un'intesa  con le Regioni nell'approvazione
degli  indirizzi di sviluppo della rete di trasmissione nazionale: ad
avviso dell'Avvocatura dello Stato, non puo' essere condivisa la tesi
secondo  la  quale  «per  far  fronte  ad  interessi  nazionali,  che
richiedono una visione globale dei problemi, ci si dovrebbe rimettere
alla   volonta'  concorrente  di  tutte  le  Regioni  e  le  Province
autonome».
    Secondo  l'Avvocatura  dello  Stato,  sarebbe  infondata anche la
questione   di   legittimita'  costituzionale  dell'art. 1,  comma 8,
lettera a), punto 7, della legge n. 239 del 2004, in materia di nuove
concessioni di distribuzione di energia elettrica e di autorizzazioni
alla  costruzione  e  all'esercizio  degli impianti di generazione di
energia  elettrica  di potenza termica superiore ai 300 MW. Il limite
di  potenza  indicato  dalla  norma  coinciderebbe  con  il  criterio
discretivo  che  identifica  la  rete  nazionale  e, in ogni caso, la
stessa  norma attribuirebbe allo Stato unicamente «la definizione dei
criteri generali, in conformita' all'art. 117, terzo comma, Cost.».
    La  difesa  erariale  contesta  poi  la  fondatezza della censura
relativa all'art. 1, comma 8, lettera b), punto 3, della legge n. 239
del 2004, sostenendo che la norma censurata «disciplina lo stoccaggio
del  gas  naturale  in  giacimento,  quindi  proprio nella fase della
produzione»:   conseguentemente,   non   si  tratterebbe  di  materia
innominata,  come tale rimessa alla potesta' residuale delle Regioni,
ma  di una disciplina volta ad assicurare «che in tutto il territorio
operino  norme uniformi per prevenire incidenti provocati da fughe di
gas»  e  che,  come tale, potrebbe «di volta in volta rientrare nella
tutela  dell'ambiente,  nella  protezione  civile,  negli esplosivi e
nella sicurezza». Secondo questa impostazione, le «determinazioni non
possono   che   essere   riservate  allo  Stato  in  quanto  principi
fondamentali che debbono operare in tutto il territorio».
    Quanto  alla  censura  relativa all'art. 1, comma 24, lettera a),
della  legge  n. 239  del  2004,  avente  un  oggetto  connesso  alla
disciplina della programmazione della rete nazionale ed allo sviluppo
della  stessa, l'Avvocatura dello Stato rinvia agli «argomenti svolti
in contrario» a proposito di tali censure.
    In   relazione  alla  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1,  comma 26,  della  legge  n. 239  del  2004,  la  difesa
erariale  osserva  che  la previsione del potere sostitutivo statale,
per  l'ipotesi  di  mancato raggiungimento dell'intesa con la Regione
interessata,  troverebbe  il  suo fondamento nella tutela dell'unita'
economica, espressamente richiamata dall'art. 120 Cost.
    Inoltre,  la  censura  in esame non sarebbe condivisibile neppure
nella  parte  in  cui  ritiene  che «la disciplina del potere sarebbe
indeterminata  e, quindi, senza limiti. Sono richiamati i principi di
sussidiarieta' e di leale collaborazione».
    La  difesa  erariale osserva ancora, sul punto, che i presupposti
legittimanti  l'esercizio  del  potere  sostitutivo  non potevano che
essere  individuati  «in forma generale», non potendosi accedere alla
tesi  della  Regione  ricorrente  che condurrebbe, nell'ottica di una
maggiore specificazione, ad una «elencazione».
    Rimarrebbe  comunque  impregiudicata  la tutela delle prerogative
regionali   di  fronte  ai  singoli  atti  di  esercizio  del  potere
sostitutivo   che  fossero  ritenuti  concretamente  lesivi  di  tali
prerogative.
    L'Avvocatura  contesta  inoltre  la fondatezza della questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 33, della legge n. 239
del  2004,  che disciplina le concessioni di distribuzione di energia
gia'  in  essere,  ed i poteri (statali) di modificarne e variarne le
relative clausole.
    Mentre  la  valutazione  relativa alla perdurante validita' delle
concessioni  gia'  rilasciate,  secondo l'Avvocatura dello Stato, non
puo'  che  spettare allo Stato «essendo statale la nuova disciplina»,
la  previsione di un potere di modifica delle condizioni del rapporto
concessorio  troverebbe  il proprio fondamento nel fine di «garantire
la parita' di condizioni» e dunque nella «tutela della concorrenza».
    L'Avvocatura  dello Stato osserva poi - in relazione alla censura
che  investe  i  commi 56, 57 e 58 dell'art. 1 della legge n. 239 del
2004  -  per  un  verso  che l'affermazione della Regione ricorrente,
secondo  la quale la disciplina in parola (relativa alle attivita' di
lavorazione e stoccaggio di oli minerali) sarebbe estranea all'ambito
materiale   considerato   dall'art. 117,   terzo  comma,  Cost.,  non
troverebbe alcun riscontro normativo; per altro verso, che la censura
proposta  in  via subordinata, con la quale si fa valere il carattere
eccessivamente  dettagliato  dei  principi  fissati  dalla disciplina
statale,  sarebbe  smentita  dalla  necessita' di individuare in modo
uniforme  la  soglia  di  rilevanza delle variazioni (della capacita'
complessiva   autorizzata   di   stoccaggio   di   oli  minerali)  da
assoggettare  ad  autorizzazione,  in  quanto potenzialmente idonee a
«squilibrare   la   rete  nazionale  alterando  anche  le  condizioni
concorrenziali del mercato».
    In   relazione  alle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, commi 77, 78, 79, 80, 81, 82 e 83 della legge n. 239 del
2004,  la  difesa erariale eccepisce che tali censure si fonderebbero
«su  di  un dubbio interpretativo della Regione», mirando il ricorso,
«in tutta evidenza, ad una sentenza interpretativa».
    Quanto  alla  censura che investe l'art. 1, comma 84, della legge
n. 239  del  2004,  l'Avvocatura  dello  Stato  afferma  che la norma
impugnata  enuncerebbe  «solo  principi  fondamentali  in  materia di
legislazione concorrente, come tale riconosciuta anche dalla Regione»
e   che  la  fissazione  di  un  limite  massimo  per  il  contributo
compensativo   troverebbe   la   sua   ragione  nella  «tutela  della
concorrenza».
    Infine, la difesa erariale contesta la fondatezza della questione
di legittimita' costituzionale sollevata dalla Regione ricorrente con
riferimento  all'art. 1,  comma 121,  della legge n. 239 del 2004, in
quanto  le  finalita'  della  delega - elencate ai punti da a) a d) -
coinvolgerebbero «solo materie di legislazione statale esclusiva».
    11.  -  Nel giudizio e' intervenuta la S.p.a. ENEL, chiedendo che
il ricorso sia dichiarato improponibile, inammissibile e infondato.
    12.  -  Con ricorso notificato il 15 novembre 2004, depositato il
successivo  18 novembre e iscritto al n. 109 del registro ricorsi del
2004, anche la Provincia autonoma di Trento ha sollevato questioni di
legittimita' costituzionale di alcune disposizioni della legge n. 239
del  2004,  per violazione dell'art. 117, terzo e quarto comma, 118 e
120  Cost.,  in collegamento con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del
2001,  nonche'  dell'art. 8,  nn. 1, 5, 6, 17, 19 e 22 e dell'art. 16
dello  statuto  speciale  di  cui  al  d.P.R.  n. 670 del 1972, delle
relative  norme  di attuazione e, in particolare, del d.P.R. 22 marzo
1974,  n. 381  (Norme  di  attuazione  dello  statuto speciale per la
Regione  Trentino-Alto  Adige  in  materia  di  urbanistica  ed opere
pubbliche),  del d.P.R. n. 235 del 1977 e del d.lgs. n. 266 del 1992,
dei  principi  di  sussidiarieta'  e  di leale cooperazione, anche in
relazione  a  quanto  stabilito nelle sentenze di questa Corte n. 303
del 2003 e n. 6 del 2004).
    In  particolare,  dopo  aver  premesso  di  avere  in  precedenza
impugnato anche la disciplina introdotta dal decreto-legge n. 239 del
2003,  quale  convertito,  con  modificazioni, nella legge n. 290 del
2003,  la  Provincia  autonoma  ricorrente  precisa che il ricorso in
esame  e'  rivolto avverso quelle disposizioni della successiva legge
di riordino del settore che, a suo avviso, presenterebbero profili di
illegittimita'  costituzionale  analoghi a quelli gia' denunciati con
il precedente ricorso.
    La  Provincia  da'  conto  del fatto che l'art. 1, comma 1, della
legge  impugnata  salvaguarda  espressamente la particolare autonomia
delle  Regioni  a  statuto  speciale  e  delle  Province autonome; la
ricorrente,   tuttavia,   ritiene  che  la  semplice  salvezza  delle
attribuzioni  statutarie  non assicurerebbe la pienezza delle proprie
attribuzioni  costituzionali,  in quanto non garantirebbe il rispetto
della   potesta'   legislativa  concorrente.  Pertanto,  dichiara  di
proporre   ricorso  non  per  contestare  il  principio  del  sistema
elettrico nazionale, bensi' per assicurare, nel funzionamento di tale
sistema,   il  rispetto  del  ruolo  costituzionale  delle  autonomie
territoriali.
    La  Provincia  di Trento impugna innanzitutto l'art. 1, comma 26,
della  legge  n. 239  del  2004,  nella parte in cui ha introdotto il
comma 4-bis  all'interno  dell'art. 1-sexies del decreto-legge n. 239
del  2003,  relativo  al procedimento di autorizzazione delle reti di
trasporto di energia e degli impianti di energia elettrica di potenza
superiore a 300 MW termici.
    Tale  disposizione  prevede  un  potere  sostitutivo  statale per
l'ipotesi  di  mancata  definizione  dell'intesa  con la Regione o le
Regioni  interessate, da esercitarsi con decreto del Presidente della
Repubblica,  su  proposta  del  Ministro  delle  attivita' produttive
previo  concerto  con  il  Ministro  dell'ambiente e della tutela del
territorio.
    Ad  avviso  della  ricorrente,  questa disciplina contrasterebbe,
sotto  vari  profili, con l'art. 120 Cost., in quanto l'esercizio del
potere  sostitutivo,  a  causa dell'affidamento diretto al Presidente
della  Repubblica,  sarebbe  sottratto alla competenza collegiale del
Governo,  laddove sarebbe «invece pacifico che la collegialita' della
sede  governativa  costituisce  garanzia  indispensabile del rapporto
Stato-Regioni».
    Inoltre, essa introdurrebbe una nuova ipotesi di sostituzione, al
di  fuori  di  quelle indicate dal parametro costituzionale, il quale
consentirebbe  una  integrazione  legislativa  solo in relazione agli
aspetti  procedimentali  dell'esercizio  del  potere  e non anche con
riferimento a profili sostanziali.
    Secondo  la  ricorrente,  «o  lo  Stato  puo' ricorrere al potere
sostitutivo  in  quanto  ricorrano  i  presupposti dell'art. 120 - ed
allora la previsione e' inutile - o lo Stato puo' ricorrere al potere
sostitutivo  anche  in  assenza  di  tali  presupposti,  ed allora la
previsione e' illegittima».
    Ancora,  la  disposizione  censurata,  nella  individuazione  dei
presupposti,  consente  l'esercizio  del potere sostitutivo a seguito
della  mera  scadenza  di un termine, senza richiedere che il mancato
raggiungimento   dell'intesa   dipenda   da   un   difetto  di  leale
collaborazione  da  parte  della  Regione  o che il diniego esplicito
appaia ingiustificato.
    Infine,  oggetto  del  potere  sostitutivo  previsto  dalla norma
impugnata  non  sarebbe  un  atto  appartenente alla competenza della
Regione  o  della  Provincia  autonoma  sostituita,  bensi' la stessa
intesa  con  lo Stato sull'autorizzazione, cioe' un atto di esercizio
di  autonomia,  come  tale  non  sostituibile da un atto statale, che
trasformerebbe  la struttura dell'intesa da bilaterale a unilaterale.
Sotto  questo profilo, deduce la ricorrente che il potere sostitutivo
previsto  dall'art. 120 Cost. si dovrebbe riferire «ad atti finali di
competenza propria regionale, e non certo ad atti di partecipazione a
procedimenti statali».
    La  disciplina in esame, peraltro, contrasterebbe anche con tutti
gli altri parametri sopra evocati, in quanto lo strumento di raccordo
fra  Stato  e  Regioni,  imposto dallo spostamento verso il centro di
attribuzioni  amministrative  in funzione di sussidiarieta', verrebbe
trasformato  da  meccanismo  di  consenso  necessario a meccanismo di
consenso eventuale.
    Come  ulteriore  censura, la Provincia autonoma ricorrente deduce
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 1,  comma 26, della legge
n. 239  del  2004,  nella  parte  in cui ha introdotto il comma 4-ter
all'interno  dell'art. 1-sexies  del  decreto-legge  n. 239 del 2003,
relativo al procedimento di autorizzazione delle reti di trasporto di
energia  e degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a
300 MW termici, ed ha in particolare previsto che le disposizioni del
predetto  articolo 1-sexies «si applicano, su istanza del proponente,
anche  ai  procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della
presente   disposizione  eccetto  i  procedimenti  per  i  quali  sia
completata  la  procedura  di  VIA,  ovvero  il relativo procedimento
risulti in fase di conclusione».
    Ad  avviso della ricorrente, anche tale disposizione violerebbe i
parametri  invocati,  in  quanto  l'indicata  disciplina  transitoria
lederebbe  la posizione costituzionale delle Regioni e delle Province
autonome,   impedendo   l'esercizio  delle  funzioni  loro  spettanti
rispetto  ai  procedimenti  in  corso  ed  alterando  le regole sulla
successione  di  leggi nel tempo, con una previsione che rimetterebbe
all'arbitrio  del  soggetto  che  ha  richiesto  l'autorizzazione  il
rispetto delle attribuzioni costituzionali delle Regioni (riferite ai
procedimenti in corso).
    La   Provincia   di   Trento  prospetta  infine  l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 1, comma 24, lettera a), della legge n. 239
del  2004,  il  quale, nel riformulare il comma 2 dell'art. 1-ter del
decreto-legge n. 239 del 2003, ha mantenuto in capo al Ministro delle
attivita'  produttive  il  potere  di  emanare  gli  indirizzi per lo
sviluppo  delle reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di
gas  naturale,  sostituendo  al  potere  di  «approvazione» quello di
«verifica   di   conformita»   dei  piani  di  sviluppo  predisposti,
annualmente,  dai  gestori  delle reti di trasporto con gli indirizzi
medesimi,  senza  la  previsione  di  un'intesa  con  la Regione o la
Provincia autonoma interessata.
    In  proposito,  la  ricorrente, ribadisce testualmente i medesimi
argomenti  di censura gia' dedotti con riferimento all'art. 1-ter del
decreto-legge n. 239 del 2003.
    13.  -  Si  e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  la  quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile o respinto perche' infondato.
    In  particolare,  la difesa erariale contesta la fondatezza della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 26, della
legge   n. 239   del   2004,   che   ha   aggiunto   il   comma 4-bis
all'art. 1-sexies  del  decreto-legge  n. 239  del  2003, relativo al
potere  sostitutivo  statale nel procedimento di autorizzazione delle
reti di trasporto di energia e degli impianti di energia elettrica di
potenza   superiore  a  300  MW  termici.  In  ordine  alla  asserita
sottrazione  del  potere  in  esame  alla  competenza  collegiale del
Consiglio  dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, richiamandosi alla
giurisprudenza  di  questa  Corte, afferma che il ricorso proposto ai
sensi dell'art. 127 Cost. puo' riguardare solo la ritenuta lesione di
sfere di attribuzioni della Regione o della Provincia ricorrente.
    In  ogni  caso,  secondo  la  difesa  erariale, il riferimento al
«Governo», contenuto nella norma censurata, quale titolare del potere
di  cui  si controverte, escluderebbe, secondo l'esegesi dell'art. 92
Cost.,  la fondatezza del presupposto interpretativo su cui poggia la
censura  in  esame,  dal  momento  che  tale  disciplina escluderebbe
l'esercizio  di  competenze  da parte di singoli ministri, prevedendo
piuttosto  l'emanazione  di  atti  di  concerto fra ministri (che non
costituiscono provvedimenti individuali).
    Quanto  al  fatto  che  la censura in esame avrebbe riguardo alla
ritenuta  introduzione di una nuova ipotesi di potere sostitutivo, ad
avviso   della   difesa   erariale   tale  affermazione  non  sarebbe
argomentata e, comunque, le materie cui dovrebbe essere ricondotta la
fattispecie  in  esame  sarebbero  quelle  della  tutela  dell'unita'
economica   e  quella  della  tutela  dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
    In  particolare, secondo l'Avvocatura dello Stato, il secondo dei
richiamati  titoli  di  legittimazione  comporterebbe  la  riserva al
legislatore statale della determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni    e    la   previsione   del   potere   sostitutivo   si
giustificherebbe con l'esigenza di predisporre le «condizioni perche'
sia assicurata sempre ed a tutti l'energia sufficiente per far fronte
ai bisogni quotidiani essenziali».
    Quanto  ai  limiti di compatibilita' strutturale della previsione
del potere sostitutivo, che la Provincia autonoma ricorrente vorrebbe
riferiti  ai  soli  atti  finali  di  competenza  propria regionale e
provinciale,  ad  avviso  della  difesa erariale tale censura sarebbe
priva  di un fondamento letterale nell'art. 120 Cost. ed inoltre, sul
piano sistematico, sarebbe smentita dal rilievo che l'invasivita' del
potere  sostitutivo  sarebbe  maggiore nel caso di atti di competenza
propria regionale e provinciale, piuttosto che nel caso di intese.
    Secondo  l'Avvocatura  dello  Stato, inoltre, la censura in esame
non  potrebbe  avere  riguardo alla previsione legislativa del potere
sostitutivo,  ma dovrebbe semmai dirigersi, nelle forme del conflitto
di  attribuzione,  nei  confronti  di  quelle applicazioni del potere
stesso  che,  in  concreto,  risultassero  lesive  delle attribuzioni
regionali  e  provinciali,  in  particolare  sotto  il  profilo della
violazione  del  principio  di leale collaborazione (in proposito, la
difesa erariale richiama le sentenze di questa Corte n. 6 e n. 27 del
2004).
    La  difesa  erariale  contesta  poi  la  fondatezza della censura
relativa  all'art. 1,  comma 26,  della legge n. 239 del 2004, che ha
aggiunto  il  comma 4-ter  all'art. 1-sexies del decreto-legge n. 239
del  2003  ed  avente  ad  oggetto l'applicazione della disciplina ai
procedimenti in corso.
    Secondo  l'Avvocatura  dello  Stato,  la  questione sarebbe stata
posta   senza   tentare   una   interpretazione   adeguatrice   della
disposizione  impugnata,  che  peraltro  sarebbe  suggerita dalla sua
formulazione  letterale;  in  particolare, la disciplina censurata si
limiterebbe  a  fissare  la competenza in merito all'assunzione della
iniziativa  tendente  alla  ripetizione  -  in conformita' alla nuova
disciplina  -  di una fase, gia' svolta, di un procedimento in corso.
La prospettazione della Regione ricorrente si fonderebbe dunque su di
una interpretazione dubbia.
    Infine, la difesa erariale contesta la fondatezza della questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1,  comma 24, lettera a),
della  legge  n. 239  del  2004.  Secondo  l'Avvocatura  dello Stato,
l'eventuale  perdita  di  rilievo del programma triennale di sviluppo
della   rete   elettrica   di  trasmissione  nazionale,  per  effetto
dell'esercizio  delle  competenze  previste  dalla  norma  impugnata,
sarebbe  una  conseguenza naturale della (legittima) previsione di un
potere  statale  nel  sistema  di riparto delle attribuzioni, che non
inciderebbe  sui  profili  di  legittimita'  costituzionale,  ma  che
assumerebbe rilievo sul piano pratico.
    La  difesa  erariale contesta comunque la premessa interpretativa
secondo la quale la previsione censurata pregiudicherebbe la funzione
ed  il  ruolo  del  citato  programma  triennale,  dal momento che si
tratterebbe  di  attivita'  rilevanti  su piani diversi («la coerenza
degli interventi che si susseguono nel tempo», nel caso del programma
triennale;  gli  indirizzi di sviluppo delle reti nazionali, nel caso
dei   poteri  statali  censurati,  aventi  carattere  necessariamente
unitario  e,  come  tali,  non  riducibili  alla  «somma di indirizzi
regionali,  per  il  cui  coordinamento  mancherebbe  anche  una sede
appropriata»).
    L'Avvocatura  dello  Stato  evidenzia poi come il potere previsto
dalla  norma  in esame avrebbe riguardo alla «verifica di conformita'
dei piani agli indirizzi» e non alla loro «approvazione». Considerata
la  natura  «tecnica»  degli  indirizzi,  alla  cui  stregua andrebbe
valutata  la  conformita'  ad  essi dei piani, l'attivita' in parola,
secondo  la  difesa  erariale,  non  comporterebbe  una  «valutazione
discrezionale degli interessi coinvolti», intesa come «determinazione
di  volonta'  del  soggetto» agente, bensi' un mero controllo di tipo
tecnico, al quale «non puo' che provvedere l'autore degli indirizzi».
    14.  -  Anche  in  questo giudizio e' intervenuta la S.p.a. ENEL,
chiedendo  che il ricorso sia dichiarato improponibile, inammissibile
e infondato.
    15. - Nell'imminenza dell'udienza pubblica, la Regione Toscana ha
presentato due memorie, con le quali ha replicato alle argomentazioni
della difesa erariale.
    Nella  memoria  presentata  a sostegno del ricorso n. 1 del 2004,
quanto   alle   censure   relative   all'art. 1,  commi 1  e  3,  del
decreto-legge  n. 239  del  2003,  la  Regione  Toscana ribadisce che
l'oggetto  delle  norme impugnate deve essere ricondotto alla materia
«produzione,   trasporto  e  distribuzione  nazionale  dell'energia»,
rimessa  alla  potesta' legislativa concorrente; conseguentemente, lo
Stato   potrebbe   soltanto  dettare  principi  fondamentali  ma  non
disciplinare   in   dettaglio   il  procedimento  autorizzatorio  per
l'esercizio  di centrali termoelettriche di potenza termica superiore
a  300MW  ed il potere di deroga rispetto ai limiti delle emissioni e
degli  scarichi termici, che invece le norme impugnate riconoscono in
capo allo Stato.
    Inoltre,  ad  avviso  della  Regione  Toscana, le disposizioni in
esame  violerebbero altresi' l'art. 118 della Costituzione, in quanto
dalla  competenza legislativa concorrente, nella materia considerata,
dovrebbe  discendere  la competenza regionale ad allocare le relative
funzioni amministrative, o quanto meno la necessita' di rispettare le
garanzie  procedimentali  che  la  giurisprudenza  costituzionale  ha
individuato  per  l'ipotesi  di  attrazione  allo Stato di competenze
amministrative  per  esigenze  unitarie riconducibili al principio di
sussidiarieta'.
    La   Regione   Toscana  contesta  l'argomentazione  della  difesa
erariale  secondo la quale le norme censurate troverebbero il proprio
titolo  di legittimazione nella materia della «tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema»,  non  foss'altro  -  secondo la ricorrente - per il
fatto che esse introducono deroghe ai limiti previsti per scarichi ed
emissioni  e  dunque  non  possono  avere  una  finalita'  di  tutela
ambientale ma semmai un effetto opposto.
    Nel  richiamarsi  alle  sentenze  n. 6  e n. 7 del 2004 di questa
Corte,  la  Regione  Toscana esclude che possano sussistere ulteriori
titoli legittimanti la competenza statale.
    Quanto  alle censure relative all'art. 1-sexies del decreto-legge
n. 239  del  2003, la ricorrente conferma l'attualita' dell'interesse
al  ricorso, in ragione della norma di diritto transitorio introdotta
-  come comma 4-ter dell'art. 1-sexies - dalla legge n. 239 del 2004,
nonche'  del  fatto  che l'originaria formulazione delle disposizioni
censurate  continua  a trovare applicazione «per tutti i procedimenti
per  i  quali  sia  stata  completata  la  procedura di VIA ovvero il
relativo procedimento risulti in fase di conclusione».
    La  Regione insiste inoltre per la declaratoria di illegittimita'
costituzionale  di quelle parti della disposizione non modificate (in
particolare,  i  primi  due commi dell'art. 1-sexies), per le ragioni
indicate  nel  ricorso  introduttivo del giudizio, non superate dalla
previsione  dell'accordo  di programma contenuta nel comma 6 (che non
troverebbe  applicazione  per  le  «molteplici  e  rilevanti funzioni
amministrative di cui al primo comma», ma solo per le «opere inserite
nei piani triennali di sviluppo»).
    Quanto  alle  censure  mosse  nei  confronti del comma ottavo, ad
avviso  della  Regione  Toscana  esse  sarebbero state gia' esaminate
nella sentenza della Corte costituzionale n. 6 del 2004.
    Nella  memoria presentata a sostegno del ricorso n. 107 del 2004,
la  Regione  Toscana insiste nelle proprie argomentazioni in punto di
inquadramento    materiale    delle    competenze    legislative   ed
amministrative  nel  settore  energetico, richiamandosi alle sentenze
n. 6  e  n. 7  del  2004  di  questa  Corte  e replicando alle difese
dell'Avvocatura dello Stato.
    In particolare, secondo la ricorrente, dovrebbe escludersi che le
competenze   statali   in   materia   di  programmazione  delle  reti
energetiche  dichiarate  di  interesse  nazionale,  di  articolazione
territoriale  delle  stesse,  di  indirizzi di sviluppo della rete di
trasmissione   nazionale   e   delle   reti  nazionali  di  trasporto
dell'energia  elettrica e del gas naturale, nonche' di verifica della
conformita'  a  tali  indirizzi  dei  piani  di  sviluppo annualmente
predisposti  dai  gestori  delle  reti,  possano  ritenersi incidenti
unicamente su interessi di livello statale.
    Sarebbero  infatti  implicate,  senza dubbio, anche le competenze
regionali  in  materia  di  governo del territorio, di grandi reti di
trasporto e di distribuzione dell'energia, di tutela della salute, di
valorizzazione dei beni culturali ed ambientali e di turismo.
    Ne  deriverebbe  che,  contrariamente  a  quanto  sostenuto dalla
difesa  erariale,  e secondo quanto risulterebbe invece dalla lettura
della  sentenza  n. 303  del  2003 di questa Corte, il coinvolgimento
regionale  non  dovrebbe  risultare  limitato alla sola progettazione
delle  opere, ma andrebbe esteso anche alla fase della individuazione
e programmazione delle stesse (come, del resto, e' stato previsto per
il settore del gas e per quello degli oli minerali).
    La  Regione  Toscana  insiste nelle proprie censure relative alla
disciplina della distribuzione locale dell'energia, che apparterrebbe
alla competenza regionale residuale, come peraltro si ricaverebbe dal
fatto  che  l'attivita'  di  distribuzione  e'  distinta da quella di
«trasmissione»  dell'energia, essendo la prima rivolta al consumatore
finale, e la seconda ai soggetti operanti sulla rete interconnessa ad
alta tensione.
    La Regione Toscana contesta poi l'eccezione della difesa erariale
relativa alle censure proposte avverso la disciplina del procedimento
autorizzatorio  per  la  costruzione e l'esercizio degli elettrodotti
facenti   parte   della  rete  nazionale  di  trasporto  dell'energia
elettrica,  secondo  la  quale  la  Regione  ricorrente  non  avrebbe
indicato   un   meccanismo,   alternativo  all'esercizio  del  potere
sostitutivo, tale da superare il mancato raggiungimento dell'intesa.
    Ad  avviso  della Regione, il mancato raggiungimento dell'intesa,
qualificata  come  di  tipo  «forte»,  impone la ricerca di soluzioni
alternative    comunque   improntate   al   principio   della   leale
collaborazione  (secondo  quanto indicato dalle sentenze n. 6 e n. 27
del 2004), e non gia' soluzioni unilaterali.
    La  Regione  Toscana  ribadisce  inoltre  le  proprie censure con
riferimento   alla   modalita'   di  individuazione  della  normativa
applicabile  ai  procedimenti in corso alla data di entrata in vigore
della   disciplina   in   esame   (art. 1-sexies,   comma 4-ter,  del
decreto-legge  n. 239  del  2003,  introdotto  dall'art. 1, comma 26,
della  legge  n. 239  del 2004) e alla ritenuta eccessiva genericita'
della  nozione di «effetto economico indiretto», che illegittimamente
comprimerebbe  la  potesta'  impositiva  regionale  nella  materia in
esame.
    La     ricorrente     eccepisce,    infine,    l'inammissibilita'
dell'intervento in giudizio di ENEL S.p.a, trattandosi di giudizio di
legittimita'  costituzionale  in  via  di  azione  e conformemente al
consolidato orientamento di questa Corte.
    16.  -  Anche  la  Provincia  autonoma  di Trento, nell'imminenza
dell'udienza  pubblica,  ha  presentato  due memorie, con le quali ha
replicato alle argomentazioni della difesa erariale.
    Nella memoria presentata a sostegno del ricorso n. 2 del 2004, la
Provincia   di   Trento   osserva   che  dall'ultimo  atto  difensivo
dell'Avvocatura  dello  Stato emergerebbe il riconoscimento del fatto
che  l'ambito materiale implicato dalla disciplina in esame e' quello
della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»,
e  che il presupposto giustificativo delle competenze attribuite allo
Stato   dalla   legge   impugnata  sarebbe  da  ravvisare  unicamente
nell'art. 118, primo comma, Cost.
    La  Provincia  autonoma osserva, in proposito, che in relazione a
tale  profilo  il  ricorso - con riferimento all'art. 1-ter, comma 2,
del  decreto-legge  impugnato - contesta l'assenza dell'intesa con la
Conferenza Stato-Regioni.
    Quanto  al  rapporto  fra  gli  «indirizzi» ed il «programma», la
Provincia di Trento replica alle argomentazioni della difesa erariale
osservando  che «gli atti amministrativi non rientrano a priori nella
competenza  statale»,  ma  solo  in  presenza  dei presupposti di cui
all'art. 118,  primo  comma,  Cost.,  oltretutto  secondo i canoni di
proporzionalita'  e  ragionevolezza  indicati  da  questa Corte nella
sentenza n. 6 del 2004.
    Sotto  questo  profilo,  nella  memoria si insiste sulla asserita
irragionevolezza  della  disciplina  censurata,  che  non definirebbe
adeguatamente  la  funzione  delle  due  figure  programmatorie ed il
rapporto tra di esse.
    Quanto  alla censura rivolta contro l'art. 1-sexies, comma 5, del
decreto-legge  impugnato,  la  Provincia di Trento, in relazione alle
deduzioni  della  difesa  erariale,  precisa  che  il ricorso «non ha
contestato  la  necessaria esistenza di un termine per la conclusione
del  procedimento  autorizzatorio,  ma  solo  il  vincolo  ai termini
previsti  dall'art. 1-sexies  per  il procedimento statale, in quanto
quegli  specifici  termini  concretano,  indubbiamente,  una norma di
dettaglio».
    Inoltre,  si  contesta  nella  memoria che la fissazione di detto
termine  possa giustificarsi invocando, come titolo di legittimazione
statale,  la «tutela della concorrenza», in quanto, come affermato da
questa  Corte  nella  sentenza n. 6 del 2004, la disciplina impugnata
«non  e'  affatto  caratterizzata  dagli  istituti  e dalle procedure
tipiche di questa particolare materia».
    Anche  in  relazione  alle  deduzioni dell'Avvocatura dello Stato
concernenti  la  disciplina  del  potere  sostitutivo, che secondo la
difesa erariale troverebbe titolo nella tutela dei livelli essenziali
delle  prestazioni  concernenti  i  diritti  sociali, la Provincia di
Trento  replica invocando l'applicazione dei principi affermati nella
sentenza  n. 6 del 2004, nel senso della necessaria predeterminazione
legislativa  di  tali  livelli  e,  comunque, dell'avvenuto esercizio
della potesta' esclusiva statale quale presupposto dell'esercizio del
potere   sostitutivo,   per   l'ipotesi   in  cui  il  fondamento  di
quest'ultimo venga ricondotto ai predetti livelli essenziali.
    Ad avviso della Provincia autonoma, l'interpretazione adeguatrice
dell'art. 1-sexies,  comma 5,  del  decreto-legge  impugnato proposta
dall'Avvocatura dello Stato, si risolverebbe «in un rinvio ai casi in
cui   l'intervento   sostitutivo   statale   e'   possibile  in  base
all'art. 120  Cost.»;  in  tal  modo,  tuttavia,  si  eliminerebbe la
lesivita'  della disposizione, ma solo privando la stessa di un reale
contenuto normativo.
    Nella  memoria presentata a sostegno del ricorso n. 109 del 2004,
la   Provincia   di   Trento  contesta  innanzitutto  l'eccezione  di
inammissibilita',  sollevata  dalla  difesa erariale, con riferimento
alla  censura concernente la competenza ministeriale - in luogo della
competenza  collegiale  del  Consiglio  dei  ministri - in materia di
esercizio  del  potere  sostitutivo,  in  quanto  con tale censura la
Provincia  autonoma  ricorrente  non  avrebbe  denunciato una lesione
della propria sfera di competenza.
    Secondo  la  Provincia  di  Trento,  l'eccezione  non  sarebbe da
condividere,  in  quanto  la  competenza collegiale del Consiglio dei
ministri,  organo responsabile dell'indirizzo politico-amministrativo
statale,  costituirebbe  «una  garanzia  per  l'autonomia regionale e
provinciale».
    Nel  merito  della  censura,  la ricorrente afferma che un indice
normativo  della  competenza  collegiale  del  Governo, in materia di
esercizio  del  potere  sostitutivo, si ricaverebbe anche dall'art. 8
della  legge  5  giugno 2003,  n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento
dell'ordinamento   della   Repubblica   alla   legge   costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3).
    In  relazione  ai titoli di legittimazione del potere sostitutivo
in  esame,  individuati  dall'Avvocatura  dello  Stato  nella «tutela
dell'unita'  economica»  e nella «tutela dei livelli essenziali delle
prestazioni  concernenti  i  diritti  civili e sociali», la Provincia
autonoma ribadisce le argomentazioni gia' esposte negli altri scritti
difensivi,  sottolineando altresi' l'incompatibilita' strutturale del
potere sostitutivo con i procedimenti di intesa, rispetto ai quali lo
strumento  di  tutela  degli interessi statali sarebbe costituito non
dalla   sostituzione,   ma  dal  «conflitto  di  attribuzioni  contro
l'ingiustificato rifiuto di intesa».
    Altrettanto  infondata  sarebbe  l'eccezione  secondo la quale la
previsione  di un potere sostitutivo per l'ipotesi di un mero decorso
del  termine  non  potrebbe,  di per se', configurare una lesione del
principio  di  leale  collaborazione,  ma una simile censura potrebbe
essere  rivolta  solo  contro  i  concreti atti di esercizio di detto
potere.
    L'eccezione  sarebbe  infondata  in  quanto e' lo stesso art. 120
Cost. ad imporre alla legge la previsione di procedure collaborative.
    Sempre  in  tema  di  potere  sostitutivo, la Provincia di Trento
replica alla difesa erariale che in ipotesi di mancato raggiungimento
di  un'intesa  di  tipo  «forte»,  per  «prassi  applicative  che non
risultassero    in   concreto   rispettose   della   doverosa   leale
collaborazione  fra  Stato e Regioni « (come richiesto dalla sentenza
n. 6   del  2004),  il  meccanismo  risolutivo  non  potrebbe  essere
costituito  dalla  trasformazione  in intesa di tipo «debole», bensi'
nel  conflitto  di  attribuzione,  nel quale si chieda la valutazione
della   «correttezza  costituzionale  del  comportamento  degli  enti
interessati.
    In  relazione  all'art. 1-sexies,  comma 4-ter, del decreto-legge
n. 239 del 2003, introdotto dalla legge n. 239 del 2004, la Provincia
di  Trento  contesta  l'interpretazione  adeguatrice  proposta  dalla
difesa  erariale,  secondo  la  quale la norma si sarebbe limitata ad
indicare il soggetto tenuto ad assumere l'iniziativa per dar corso al
procedimento  di  intesa, in quanto in base a tale interpretazione un
procedimento   di  intesa  fra  Stato  e  Regioni,  configurato  come
necessario,  verrebbe  a  dipendere  dall'iniziativa  del proponente,
peraltro   in   assenza  di  meccanismi  che  sanzionino  il  mancato
adempimento dell'obbligo in tal senso prefigurato.
    In ogni caso, la difesa erariale non avrebbe replicato alla parte
della   censura   rivolta  alla  norma  che  esclude  dall'ambito  di
applicazione  della  disposizione  «i  procedimenti  per  i quali sia
completata  la  procedura  di  VIA,  ovvero  il relativo procedimento
risulti in fase di conclusione».
    Infine,   in  relazione  alla  censura  relativa  all'art. 1-ter,
comma 2,  del  decreto-legge  n. 239  del  2003, nel testo introdotto
dalla  legge  n. 239  del  2004, in replica alle argomentazioni della
difesa  erariale,  la  Provincia di Trento osserva che nel ricorso si
contesta  solo  in  via  subordinata  la  mancanza di un'intesa sulla
verifica  della  conformita'  dei piani agli indirizzi, mentre in via
principale  la  doglianza  e'  rivolta  a  rivendicare «la competenza
diretta a compiere la verifica».
    Nel  merito,  la  ricorrente  deduce  che  il  presunto carattere
meramente  tecnico  della  verifica  non imporrebbe certo l'esercizio
unitario  della  competenza,  ma  ne  escluderebbe  al  contrario  la
necessita',  potendo i criteri tecnici essere applicati anche in sede
locale.
    L'interpretazione  della  difesa erariale, tendente a configurare
in  chiave «riduttiva» i poteri ministeriali, secondo la Provincia di
Trento  non  sarebbe  suffragata  da elementi chiari ed idonei e, ove
disattesa,  determinerebbe  la  necessita', riconosciuta dalla stessa
Avvocatura  dello Stato, del coinvolgimento della Provincia autonoma,
«che  dovrebbe valere non solo per l'atto di verifica ma anche per la
determinazione degli indirizzi, come richiesto nel ricorso».
    17. - Anche l'Avvocatura dello Stato, in prossimita' dell'udienza
pubblica, ha presentato due memorie.
    Nella prima, relativa ai ricorsi n. 1 e n. 107 del 2004, proposti
dalla  Regione  Toscana,  la  difesa erariale rileva anzitutto che la
Regione  ricorrente,  con legge 24 febbraio 2005, n. 39 (Disposizioni
in  materia  di  energia),  ha  proceduto alla disciplina del settore
energetico,  con  disposizioni  a  suo  avviso simmetriche rispetto a
quelle statali impugnate con i predetti ricorsi.
    Essendo stata tale legge regionale fatta oggetto, a sua volta, di
impugnativa  statale,  la difesa erariale evidenzia l'opportunita' di
una trattazione congiunta dei ricorsi.
    Sempre  in  via preliminare, l'Avvocatura dello Stato afferma che
il  ricorso  proposto  contro  il decreto-legge n. 239 del 2003, come
risultante  dalla legge di conversione, sarebbe «superato nelle parti
rivolte contro norme abrogate prima che trovassero attuazione».
    Nel  merito,  la difesa erariale, dopo aver richiamato i principi
posti a fondamento della sentenza di questa Corte n. 6 del 2004, pone
in  evidenza la circostanza che la disciplina di un «sistema a rete»,
quale  quello energetico, considerata la necessaria unitarieta' della
rete  elettrica  nazionale,  «non  disarticolabile territorialmente»,
comporterebbe   la   conclusione   che   «la   competenza,  ai  sensi
dell'art. 118  Cost.,  non  puo'  essere  che  dello  Stato nella cui
legislazione esclusiva la materia viene a rientrare».
    Nel  merito  delle  singole  censure,  la  difesa erariale espone
ulteriori  controdeduzioni  ai  motivi posti a fondamento dei ricorsi
considerati.
    In  particolare, quanto alle censure relative all'art. 1, commi 1
e  3,  del  decreto-legge  n. 239  del 2003, l'Avvocatura dello Stato
ribadisce   che   il  titolo  della  competenza  statale  sarebbe  da
ricondurre alla materia della tutela dell'ambiente.
    Anche nei ricorsi n. 2 e n. 109 del 2004 l'Avvocatura dello Stato
ha  presentato  una memoria unitaria, deducendo in primo luogo che le
rivendicazioni   della   Provincia  di  Trento  non  possono  trovare
fondamento  ne' in base alle invocate disposizioni del titolo V della
Costituzione,   ne'   facendo   riferimento  alla  supposta  maggiore
autonomia  consentita  dalle  norme statutarie (in particolare, dagli
artt. 8  e  9  dello  statuto  speciale), ai sensi dell'art. 10 della
legge cost. n. 3 del 2001.
    Quanto  al titolo di competenza riferibile alle previsioni di cui
agli  articoli 4,  5  e  6  dello statuto, osserva l'Avvocatura dello
Stato  che  tali  disposizioni individuano una competenza regionale e
non  provinciale,  sicche'  le  censure fondate su di esse dovrebbero
considerarsi inammissibili.
    Inoltre,  la difesa erariale afferma che la disciplina introdotta
dalla legge n. 239 del 2004, «avendo previsto l'intesa con la Regione
o  le  Regioni  interessate»,  sarebbe  da  considerare  migliorativa
rispetto  a  quella  precedente,  per  cui  dovrebbe conseguentemente
ritenersi  che  «la  Provincia  non  intenda  coltivare ulteriormente
contestazioni sollevate col ricorso precedente».
    Quanto  alla  censura  relativa  alla  mancata  previsione  della
competenza  collegiale  del  Governo  in tema di esercizio del potere
sostitutivo, l'Avvocatura dello Stato deduce l'inammissibilita' della
questione,  richiamandosi  alla  sentenza  n. 236  del 2004 di questa
Corte,  per  non  essere state adottate le relative norme attuative e
comunque  perche'  la  Provincia  autonoma  ricorrente  «non denuncia
alcuna lesione della sua sfera di competenza».
    La  questione  sarebbe  comunque  infondata nel merito, potendosi
ricavare  una interpretazione adeguatrice della disciplina censurata,
secondo  la  quale  il  potere sostitutivo potrebbe essere esercitato
solo ricorrendo i presupposti di cui all'art. 120 Cost.
    Tale  potere sostitutivo, poi, troverebbe fondamento nella tutela
dell'unita'  giuridica  ed  economica  dello Stato e nella tutela dei
livelli  essenziali  delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali.
    Richiamandosi  ancora  una  volta  alle sentenze n. 6 e n. 27 del
2004, la difesa erariale esclude che i procedimenti di intesa possano
risultare  incompatibili  con la previsione di un potere sostitutivo,
osservando  che  eventuali  prassi  applicative, che non risultassero
garanti   delle  prerogative  delle  Regioni  per  difetto  di  leale
collaborazione,   potrebbero   essere   censurate   nella  forma  del
«conflitto di attribuzione contro il singolo atto».
    18.    -    Ha   infine   depositato   due   memorie,   relative,
rispettivamente,  al  ricorso n. 107 del 2004 e al ricorso n. 109 del
2004,  la  S.p.a.  ENEL,  la  quale ha concluso per l'infondatezza di
entrambi  i  ricorsi,  preliminarmente  argomentando circa la propria
legittimazione ad intervenire del giudizio.
    Ad  avviso della societa' interveniente, tale giudizio, ancorche'
proposto  in  via d'azione, «sembra andare ben oltre gli ambiti delle
incertezze  definitorie  circa  i  confini fra competenze legislative
regionali  e  statali»,  implicando  invece  la  partecipazione della
predetta   societa',   la   quale,   in  qualita'  di  concessionario
dell'attivita'  di  distribuzione  dell'energia  elettrica in base al
d.m.   13 ottobre   2003   (Conferma   della   concessione   ad  ENEL
Distribuzione  S.p.a.  dell'attivita'  di  distribuzione  di  energia
elettrica  nei  comuni di cui agli allegati 1, 2 e 3, gia' attribuita
ad  ENEL  S.p.a.  con  d.m.  28 dicembre  1995,  e  adeguamento della
relativa  convenzione), «assume le funzioni di indirizzo strategico e
di   coordinamento   dell'assetto   industriale   e  delle  attivita'
esercitate   dalle   societa'   da   essa   controllate»,   ai  sensi
dell'art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 79 del 1999.
    La  legittimazione  ad  intervenire  nel  giudizio si fonderebbe,
inoltre,  sulla necessita' di assicurare «una esauriente acquisizione
di   elementi   oggettivi  di  giudizio»,  anche  in  relazione  alla
necessita'  di garantire il rispetto dei principi comunitari recepiti
dalla legislazione impugnata.
    Conseguentemente,  ad  avviso  della  societa'  interveniente, un
eventuale  accoglimento  del  ricorso lederebbe il proprio diritto di
liberta'  di iniziativa economica (art. 41 Cost.), nonche' il proprio
diritto  di  difesa  (art. 24  Cost.),  ove  essa  non  avesse potuto
interloquire sulle questioni dedotte.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Regione Toscana e la Provincia autonoma di Trento, con
distinti   ricorsi,   hanno   impugnato   alcune   disposizioni   del
decreto-legge  29 agosto  2003,  n. 239  (Disposizioni urgenti per la
sicurezza  e  lo  sviluppo  del  sistema elettrico nazionale e per il
recupero  di  potenza  di  energia  elettrica), quale convertito, con
modificazioni,  nella legge 27 ottobre 2003, n. 290, nonche' numerose
disposizioni della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore
energetico,   nonche'  delega  al  Governo  per  il  riassetto  delle
disposizioni vigenti in materia di energia).
    Le  prospettazioni contenute nei ricorsi introduttivi dei giudizi
sollevano  rilievi  di  costituzionalita'  sostanzialmente analoghi e
sintetizzabili  nella  asserita  violazione  dei  seguenti  parametri
costituzionali,   integrati  -  in  relazione  alle  doglianze  della
Provincia  autonoma  di  Trento  -  dal riferimento all'art. 10 della
legge  costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3 (Modifiche al titolo V
della parte seconda della Costituzione), in combinato disposto con il
regime  di  autonomia  speciale  delineato  dagli  artt. 8 e 16 dello
statuto  di  cui  al  d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del
testo   unico  delle  leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto
speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige)  e  dalle  relative norme di
attuazione   di  cui  al  d.P.R.  22 marzo  1974,  n. 381  (Norme  di
attuazione  dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige
in  materia  di  urbanistica  ed opere pubbliche), al d.P.R. 26 marzo
1977,  n. 235  (Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale della
regione Trentino-Alto Adige in materia di energia), nonche' al d.lgs.
16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per
il  Trentino-Alto  Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi
statali  e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale
di indirizzo e coordinamento); in particolare, sono invocati:
        a) l'art. 117,  terzo comma, Cost., in quanto sarebbe lesa la
sfera  di  competenza  regionale  in materie affidate alla competenza
legislativa concorrente.
    Questo  gruppo  di questioni investe le seguenti disposizioni del
decreto-legge  n. 239  del 2003, quale convertito, con modificazioni,
nella legge n. 290 del 2003:
        l'art.  1,  commi  1  e  3, e l'art. 1-sexies, commi 1, 2 e 8
(Regione Toscana); l'art. 1-ter, comma 2, e l'art. 1-sexies, commi da
1 a 6 (Provincia di Trento);
investe inoltre le seguenti disposizioni della legge n. 239 del 2004:
        l'art. 1,   comma 4,  lettere c)  e  f);  l'art. 1,  comma 7,
lettere g),  h)  e  i);  l'art. 1,  comma 8,  lettera a), punti 3 e 7
(Regione  Toscana); l'art. 1, comma 24, lettera a) (Regione Toscana e
Provincia di Trento); l'art. 1, comma 26 (Regione Toscana e Provincia
di  Trento);  l'art. 1, commi 56, 57, 58, 77, 78, 79, 80, 81, 82, 83,
84 e 121 (Regione Toscana);
        b) l'art. 117, quarto comma, Cost., in quanto sarebbe violata
la competenza legislativa residuale delle Regioni:
            in  materia  di  «distribuzione  locale dell'energia», in
relazione  alle  seguenti  disposizioni  della legge n. 239 del 2004:
l'art. 1,  comma 2,  lettera c); l'art. 1, comma 8, lettera a), punto
7; l'art. 1, comma 33 (Regione Toscana);
            in materia di «stoccaggio di gas naturale in giacimento»,
in  relazione  all'art. 1,  comma 8, lettera b), punto 3, della legge
n. 239 del 2004 (Regione Toscana);
            in materia di «lavorazione e stoccaggio di oli minerali»,
in  relazione  all'art. 1,  commi 56, 57 e 58, della legge n. 239 del
2004 (Regione Toscana);
        c) l'art. 118  Cost.,  sotto  il  profilo della insussistenza
delle  esigenze  unitarie  che  possono giustificare l'avocazione, da
parte dello Stato, di funzioni amministrative.
    Questa  tipologia di censure investe le seguenti disposizioni del
decreto-legge  n. 239  del 2003, quale convertito, con modificazioni,
nella legge n. 290 del 2003:
        l'art. 1, commi 1 e 3 e l'art. 1-sexies, commi 1 e 2 (Regione
Toscana);  l'art. 1-ter,  comma 2  e  l'art. 1-sexies, commi da 1 a 6
(Provincia di Trento);
investe inoltre le seguenti disposizioni della legge n. 239 del 2004:
        l'art. 1,   comma 4,  lettere c)  e  f);  l'art. 1,  comma 8,
lettera a),  punto  7,  e  lettera b),  punto  3  (Regione  Toscana);
l'art. 1,  comma 24,  lettera a)  e  l'art. 1, comma 26 (Provincia di
Trento); l'art. 1, commi 33 e 84 (Regione Toscana);
        d) il  combinato  disposto  degli  artt. 117  e 118 Cost., in
relazione  al  fatto  che  l'intervento del legislatore statale nella
allocazione  di  funzioni  amministrative  presso  organi dello Stato
sarebbe  avvenuto  al  di  fuori dell'ambito delle materie di propria
competenza  esclusiva,  in  assenza  dei  presupposti  indicati dalla
sentenza  n. 303  del 2003 (specificati nella sentenza n. 6 del 2004)
e,  comunque,  senza  la  previsione  di  strumenti di collaborazione
regionale  adeguati  (e, particolarmente, di forme di intesa in senso
«forte»)  rispetto  all'esercizio in concreto delle suddette funzioni
amministrative.
    Tali   questioni   investono   le   seguenti   disposizioni   del
decreto-legge  n. 239  del 2003, quale convertito, con modificazioni,
nella legge n. 290 del 2003:
        l'art.  1,  commi  1  e  3,  e  l'art.  1-sexies, commi 1 e 2
(Regione Toscana); l'art. 1-ter, comma 2, e l'art. 1-sexies, commi 1,
2, 3, 4 e 6 (Provincia di Trento);
investono  inoltre  le  seguenti  disposizioni della legge n. 239 del
2004:
        l'art. 1,  comma 7,  lettere g),  h) e i); l'art. 1, comma 8,
lettera a),  punti  3  e  7;  l'art. 1,  comma 8, lettera b), punto 3
(Regione Toscana); l'art. 1, comma 24, lettera a), (Regione Toscana e
Provincia di Trento); l'art. 1, comma 26 (Regione Toscana e Provincia
di  Trento);  l'art. 1,  commi 33,  77, 78, 79, 80, 81, 82 e 83 della
legge n. 239 del 2004 (Regione Toscana);
        e) l'art. 117, sesto comma, Cost., in quanto l'art. 1-sexies,
comma 2,  del  decreto-legge  n. 239  del 2003, quale convertito, con
modificazioni,  nella  legge  n. 290  del  2003,  avrebbe previsto un
potere  sostanzialmente  regolamentare  nell'ambito di materie non di
competenza legislativa esclusiva statale (Regione Toscana e Provincia
di Trento);
        f) l'art. 119 Cost., sotto il profilo della asserita lesione,
da  parte  dell'art. 1,  comma 4,  lettera c), della legge n. 239 del
2004, dell'autonomia finanziaria delle Regioni (Regione Toscana);
        g) l'art. 120  Cost.,  in  relazione  alla  previsione  di un
potere  sostitutivo  statale in affermato contrasto con i presupposti
costituzionali per l'attribuzione e l'esercizio di un simile potere.
    Tali    questioni   investono   l'art. 1-sexies,   comma 5,   del
decreto-legge  n. 239  del 2003, quale convertito, con modificazioni,
nella  legge  n. 290  del  2003  (Provincia  di  Trento), e l'art. 1,
comma 26, della legge n. 239 del 2004 (Regione Toscana e Provincia di
Trento);
        h) lo    statuto   speciale   della   Regione   Trentino-Alto
Adige/Südtirol  di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione
del  testo  unico  delle  leggi costituzionali concernenti lo statuto
speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige),  e  alcune  disposizioni di
attuazione  dello  stesso, sotto il profilo della lesione «autonoma»,
id  est  non  riferita  alla  applicazione  della  maggiore autonomia
riconosciuta  dalle  disposizioni  del  Titolo  V della Costituzione,
delle  competenze  statutarie  della  Provincia  di  Trento, da parte
dell'art. 1-sexies, comma 5, del decreto-legge n. 239 del 2003, quale
convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  n. 290  del  2003, in
relazione  al regime dei poteri sostitutivi statali applicabile nella
Provincia autonoma;
        i) gli  artt. 95,  terzo  comma, e 97, primo e secondo comma,
Cost., sotto il profilo della asserita lesione delle riserve di legge
in    materia   di   attribuzioni   degli   organi   della   pubblica
amministrazione   e  di  delimitazione  del  rapporto  tra  autorita'
pubbliche  e  liberta'  dei  soggetti,  in  relazione alle previsioni
contenute  nell'art.  1-sexies, comma 2, del decreto-legge n. 239 del
2003,  quale  convertito,  con  modificazioni, nella legge n. 290 del
2003 (Provincia di Trento);
        j) gli  artt. 3  e  97  Cost.,  in  relazione  alla affermata
violazione   del   canone   di  buona  amministrazione  -  anche  con
riferimento   alla   ritenuta  illogicita'  ed  irrazionalita'  della
disciplina  censurata  -  da  parte dell'art. 1, comma 4, lettera f),
della legge n. 239 del 2004 (Regione Toscana);
        k) l'art. 76   Cost.,   sotto   il   profilo   dell'eccessiva
genericita'   dei   principi  e  criteri  direttivi  contenuti  nella
disposizione  di  delega  di  cui  all'art. 1, comma 121, della legge
n. 239 del 2004 (Regione Toscana).
    2.  -  Considerata l'identita' di materia, nonche' la sostanziale
analogia  delle  questioni  prospettate,  i  giudizi  possono  essere
riuniti  per  essere  affrontati  congiuntamente  e  decisi con unica
sentenza.
    3.  -  Con  ordinanza  letta nella pubblica udienza del 24 maggio
2005  e  allegata  alla presente sentenza, in conformita' al costante
orientamento di questa Corte, sono stati dichiarati inammissibili gli
interventi  spiegati  da  ENEL  S.p.a.  nei  giudizi introdotti con i
ricorsi n. 107 e n. 109 del 2004.
    4.  - Il ricorso della Provincia autonoma di Trento n. 2 del 2004
risulta notificato al Presidente del Consiglio dei ministri presso la
Presidenza  del  Consiglio  oltre  il  termine perentorio di sessanta
giorni  di cui all'art. 32, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87
(Norme   sulla   costituzione   e   sul   funzionamento  della  Corte
costituzionale),   a  motivo  della  documentata  impossibilita'  del
destinatario a ricevere l'atto nei termini (24 dicembre 2003), per la
chiusura  dell'Ufficio  protocollo  della  Presidenza  del Consiglio,
mentre  risulta  notificato  nei  termini  presso  l'Avvocatura dello
Stato.  Sebbene  questa Corte, con la sentenza n. 295 del 1993, abbia
dichiarato l'inammissibilita' del ricorso in un caso in parte analogo
(ma allora la tardivita' della notifica era da imputare all'ufficiale
giudiziario   e   non   al  destinatario),  il  ricorso  deve  essere
considerato ammissibile in forza dell'orientamento della piu' recente
giurisprudenza  costituzionale (cfr. sentenze n. 28 del 2004 e n. 477
del  2002,  nonche'  ordinanza  n. 97  del 2004), che ha affermato il
principio  di  scissione  fra il momento in cui la notificazione deve
intendersi  perfezionata  nei  confronti  del  notificante  -  e  che
coincide  con  il  momento  della  consegna  dell'atto  all'ufficiale
giudiziario  -  rispetto  al momento in cui essa si perfeziona per il
destinatario dell'atto.
    5.   -   Parimenti   ammissibili  devono  essere  considerate  le
specifiche  censure  formulate dalla Regione Toscana nel ricorso n. 1
del  2004 avverso l'art. 1, commi 1 e 3, del decreto-legge n. 239 del
2003,  quale  convertito,  con  modificazioni, dalla legge n. 290 del
2003.  Non  puo'  essere accolta, infatti, l'eccezione del Presidente
del  Consiglio dei ministri di tardivita' dell'impugnazione in quanto
effettuata  solo  dopo l'entrata in vigore della legge di conversione
del  decreto  legge  nei  confronti di disposizioni non modificate in
sede  di  conversione.  La giurisprudenza di questa Corte e' costante
nel riconoscere la tempestivita' della impugnazione dei decreti legge
successivamente  alla  loro  conversione,  la  quale ne stabilizza la
presenza  all'interno dell'ordinamento (cfr. sentenze n. 62 del 2005,
n. 287 del 2004, n. 25 del 1996, n. 192 del 1970 e n. 113 del 1967).
    6.  -  Deve  invece essere dichiarata inammissibile la censura di
cui  al  precedente  par.  1,  sub f), concernente l'art. 1, comma 4,
lettera c),  della  legge  n. 239  del  2004, formulata dalla Regione
Toscana  nel  ricorso  n. 107  del  2004.  La ricorrente, infatti, si
limita  a  prospettare  -  in  termini  ipotetici  e  comunque troppo
generici   -   la   violazione   dell'art. 119   Cost.,   in   quanto
l'indeterminatezza  della  nozione  di  «effetto economico indiretto»
contemplata  nella  disposizione  impugnata  potrebbe  «diventare uno
strumento per limitare l'autonomia di entrata e di spesa riconosciuta
alle Regioni dalla norma costituzionale».
    7.  -  Anche  la  censura  di  cui  al precedente par. 1, sub h),
formulata  dalla  Provincia  di Trento e concernente l'art. 1-sexies,
comma 5,  del  decreto-legge  n. 239  del 2003, quale convertito, con
modificazioni,  nella  legge  n. 290 del 2003, in relazione al regime
dei  poteri sostitutivi statali applicabile nella Provincia autonoma,
deve  essere  dichiarata  inammissibile. Nel ricorso si sostiene che,
con riguardo alla Provincia autonoma, «le clausole giustificatrici di
un  eventuale  potere  sostitutivo  statale  andrebbero ricercate non
nell'art. 120, secondo comma, Cost., ma nelle specifiche disposizioni
statutarie»,  dal  momento  che  la  previsione di un tale potere non
realizzerebbe   «quelle   piu'  ampie  condizioni  di  autonomia»  in
relazione   alle   quali  la  legge  cost.  n. 3  del  2001  consente
l'applicazione delle proprie norme anche alle Regioni speciali e alle
Province autonome di Trento e di Bolzano.
    Una  simile  prospettazione non puo' essere condivisa. Tali enti,
infatti,  non  possono  rivendicare  - come fa invece la ricorrente -
forme  e  condizioni  di  autonomia  riconosciute  dal titolo V della
Costituzione  in  base all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 e,
contestualmente,  affermare  altresi'  la  perdurante  vigenza, nella
stessa  materia,  del  particolare regime individuato nello statuto e
nelle relative norme di attuazione allo scopo di delimitare o ridurre
i  poteri  statali previsti dalla disciplina costituzionale ordinaria
della  quale  si sostiene l'applicabilita'. Cio' non appare possibile
soprattutto  a causa della assoluta specialita' della norma contenuta
nel  citato  art. 10,  che  rende estensibile alle Regioni speciali e
alle  Province  autonome di Trento e di Bolzano le disposizioni della
legge  cost.  n. 3  del  2001 che riconoscano forme di autonomia piu'
ampie,  sulla  base  di una valutazione necessariamente complessiva e
pertanto  comprensiva  sia  dei nuovi poteri che dei relativi limiti,
espressi od impliciti, contenuti nel nuovo titolo V.
    Proprio  in  relazione  al  potere  sostitutivo, peraltro, questa
Corte  ha  gia'  affermato  che  esso  «fa [...] sistema con le norme
costituzionali di allocazione delle competenze, assicurando comunque,
nelle  ipotesi patologiche, un intervento di organi centrali a tutela
di   interessi   unitari.   E   tale   sistema  non  potrebbe  essere
disarticolato,  in  applicazione  della  "clausola  di  favore",  nei
confronti  delle  Regioni  ad autonomia differenziata, dissociando il
titolo  di  competenza  dai meccanismi di garanzia ad esso immanenti»
(cfr. sentenza n. 236 del 2004).
    8.   -   Deve  essere  altresi'  esclusa  l'ammissibilita'  delle
questioni di legittimita' costituzionale di cui al precedente par. 1,
sub  i),  sollevate  dalla  Provincia  di Trento e concernenti l'art.
1-sexies,   comma 2,   del   decreto-legge  n. 239  del  2003,  quale
convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  n. 290  del  2003, in
relazione  agli  artt. 95,  terzo comma, e 97, primo e secondo comma,
Cost.  Come  questa  Corte  ha  costantemente  affermato,  le Regioni
possono  far  valere  nei  giudizi in via principale il contrasto con
norme costituzionali diverse da quelle contenute negli artt. 117, 118
e  119  «soltanto  se esso si risolva in una esclusione o limitazione
dei poteri regionali [...], senza che possano aver rilievo denunce di
illogicita'  o  di  violazione  di  principi  costituzionali  che non
ridondino  in lesioni delle sfere di competenza regionale» (cosi', da
ultimo, la sentenza n. 50 del 2005, ma cfr. anche le sentenze n. 287,
n. 286,  n. 280,  e  n. 196  del  2004, n. 303 del 2003). Nel caso di
specie,  la  ricorrente  si  limita  a  rilevare  che la disposizione
censurata violerebbe le riserve di legge contemplate negli artt. 95 e
97  Cost., in ragione della «incidenza» che l'emanazione dell'atto di
normazione  secondaria  ivi  previsto  (per  la  disciplina  di norme
procedimentali  e  l'individuazione sia delle autorita' competenti al
rilascio  dell'autorizzazione unica sia degli atti sostituiti da tale
autorizzazione)  determinerebbe  «nelle  sfere  di competenza e nelle
attribuzioni degli organi», nonche' «nella delimitazione fondamentale
del  rapporto tra le pubbliche autorita' e le liberta' dei soggetti».
Nella prospettazione della censura manca dunque qualunque riferimento
argomentativo al fatto che dalla invocata violazione delle riserve di
legge  indicate  possa  derivare  una  compressione  dei poteri della
ricorrente  e cio' impedisce senz'altro di affrontare il merito della
questione.
    9.   -   Per   le   medesime  ragioni  devono  essere  dichiarate
inammissibili  le  censure  di cui al precedente par. 1, sub j) e sub
k),  formulate dalla Regione Toscana e concernenti l'art. 1, comma 4,
lettera f),  e  l'art. 1,  comma 121, della legge n. 239 del 2004, in
relazione  alla asserita violazione - rispettivamente - degli artt. 3
e  97  Cost.,  sotto  il profilo del contrasto con il canone di buona
amministrazione  anche  con  riferimento alla ritenuta illogicita' ed
irrazionalita'  della disciplina prevista nella prima disposizione, e
dell'art. 76  Cost.,  per  la  genericita'  dei  principi  e  criteri
direttivi   della   delega   legislativa   contenuta   nella  seconda
disposizione.  Anche  in  questi  casi,  infatti,  la  ricorrente non
argomenta  in  alcun  modo  circa  la  connessione tra tali vizi e la
asserita compressione dei propri poteri.
    10. - Deve essere dichiarata cessata la materia del contendere in
relazione  alle  questioni  sollevate,  da  entrambe  le  ricorrenti,
avverso  l'art. 1-sexies, commi 1, 2, 3 e 4, del decreto-legge n. 239
del 2003, quale convertito, con modificazioni, nella legge n. 290 del
2003,   per   violazione   dell'art. 117,  terzo  e  sesto  comma,  e
dell'art. 118 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione.
    Successivamente  alla proposizione dei ricorsi, infatti, il testo
originario  dei  commi  da 1 a 4 dell'art. 1-sexies del decreto-legge
n. 239 del 2003, e' stato abrogato e sostituito ad opera dell'art. 1,
comma 26,  della  legge  n. 239  del  2004  (a  sua  volta oggetto di
specifiche  censure,  che  peraltro  concernono profili diversi delle
nuove  disposizioni  del suddetto art. 1-sexies rispetto alle ragioni
di doglianza qui considerate: cfr., infra, paragrafi 29, 30 e 31), il
quale, per la parte che qui rileva, individua le autorita' competenti
al   rilascio   dell'autorizzazione  nel  Ministero  delle  attivita'
produttive,  che provvede di concerto con il Ministero dell'ambiente,
previa  intesa  con  la  Regione  o le Regioni interessate, indicando
inoltre    il   contenuto   dell'autorizzazione,   disciplinando   il
procedimento per il suo rilascio e fissando il termine entro il quale
esso deve essere concluso.
    L'introduzione  della  necessita'  dell'intesa  con la Regione ai
fini  del  rilascio dell'autorizzazione alla costruzione ed esercizio
degli  elettrodotti  facenti  parte della rete nazionale di trasporto
dell'energia elettrica, nonche' la soppressione del rinvio ad un atto
regolamentare   statale   per   la   disciplina  del  procedimento  e
l'individuazione  delle autorita' competenti, sono tali da far venire
meno  le originarie ragioni di doglianza prospettate dalle ricorrenti
in  relazione  alle  disposizioni dell'art. 1-sexies, commi da 1 a 4,
del  decreto-legge  n. 239  del  2003,  nel  testo  risultante  dalla
conversione nella legge n. 290 del 2003.
    Poiche'  la  formulazione originaria delle disposizioni impugnate
non  e'  attualmente  piu' in vigore, considerata la mancanza di atti
applicativi  nel periodo della loro vigenza, viene meno la necessita'
di una pronuncia di questa Corte.
    11.  -  Similmente, deve essere dichiarata cessata la materia del
contendere  in  relazione  alle  questioni  sollevate dalla Provincia
autonoma    di   Trento   avverso   l'art. 1-sexies,   comma 6,   del
decreto-legge  n. 239  del 2003, quale convertito, con modificazioni,
nella  legge  n. 290  del  2003,  per violazione dell'art. 117, terzo
comma,   e  dell'art. 118  Cost.,  nonche'  del  principio  di  leale
collaborazione.
    La disposizione, nel suo testo originario, prevedeva che lo Stato
e  le  Regioni  interessate  stipulassero accordi di programma «con i
quali  sono  definite le modalita' organizzative e procedimentali per
l'acquisizione  del  parere  regionale  nell'ambito  dei procedimenti
autorizzativi   delle  opere  inserite  nel  programma  triennale  di
sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale e delle opere
di rilevante importanza che interessano il territorio di piu' Regioni
anche  per  quanto  attiene al trasporto nazionale del gas naturale e
degli oli minerali».
    La  successiva legge n. 239 del 2004, all'art. 1, comma 27, si e'
limitata  ad  introdurre  una  modifica  non  rilevante  ai  fini del
presente giudizio, sopprimendo il riferimento al «trasporto nazionale
del  gas  naturale e degli oli minerali» e cosi' lasciando il comma 6
dell'art. 1-sexies  del  decreto-legge n. 239 del 2003 formalmente in
vigore.  Tuttavia, in ragione del fatto che la previsione del «parere
regionale»   per   l'autorizzazione   delle   opere   indicate  dalla
disposizione in esame e' da considerare implicitamente abrogata dalla
piu'  generale  previsione  dell'«intesa  con la Regione o le Regioni
interessate»  -  di  cui  al  gia'  citato nuovo comma 1 dello stesso
art. 1-sexies  per  l'autorizzazione  alla  costruzione  ed esercizio
degli  elettrodotti  facenti  parte della rete nazionale di trasporto
dell'energia   elettrica,   si  deve  ritenere  che  la  disposizione
censurata sia rimasta priva di qualunque contenuto normativo.
    Anche  in  questo  caso,  pertanto,  in  assenza  di  una qualche
applicazione  medio  tempore  della norma impugnata, occorre prendere
atto  del  venir  meno  della  necessita'  di una pronuncia di questa
Corte.
    12. - Prima di trattare il merito delle altre questioni sollevate
dalle  ricorrenti, si pone in via logicamente preliminare il problema
di  quali  siano  gli ambiti materiali individuati dal titolo V della
Costituzione   a   cui  possano  essere  ricondotte  le  disposizioni
impugnate.
    Non vi e' dubbio che esse siano agevolmente riconducibili, almeno
nella  loro grande maggioranza, alla materia «produzione, trasporto e
distribuzione   nazionale   dell'energia»,  di  cui  al  terzo  comma
dell'art. 117  Cost;  cio'  e'  riconosciuto dallo stesso legislatore
nazionale,  che nell'art. 1-sexies del decreto-legge n. 239 del 2003,
quale  convertito  nella  legge n. 290 del 2003, prevede anche alcuni
poteri  regionali  relativi  ai  procedimenti  di autorizzazione alla
costruzione   e  all'esercizio  di  reti  energetiche  di  competenza
regionale,  nonche',  soprattutto,  dall'art. 1, comma 1, della legge
n. 239   del   2004,   che  qualifica  espressamente  come  «principi
fondamentali  in  materia  energetica,  ai sensi dell'art. 117, terzo
comma, della Costituzione, quelli posti dalla presente legge» (seppur
poi  riferendosi  anche  all'incidenza in alcuni ambiti di materie di
competenza esclusiva statale).
    D'altra  parte, la prevalente riferibilita' alla suddetta materia
di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. e' confermata anche da quanto
questa Corte ha espressamente affermato nella sentenza n. 6 del 2004,
in  relazione  al decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 (Misure urgenti
per   garantire   la  sicurezza  del  sistema  elettrico  nazionale),
convertito  nella  legge  9 aprile 2002, n. 55, il cui oggetto appare
riconducibile   al   medesimo   ambito  materiale  cui  afferisce  la
disciplina  legislativa in esame, in quanto concernente la disciplina
del  procedimento  amministrativo  di  modifica e ripotenziamento dei
maggiori  impianti  di  produzione di energia elettrica, ed al quale,
non  a  caso,  espressamente  rinvia  l'art. 1-sexies,  comma 8,  del
decreto-legge n. 239 del 2003.
    Priva di fondamento deve ritenersi la pretesa delle ricorrenti di
utilizzare come autonomo parametro del giudizio sulla legislazione in
oggetto la competenza regionale o provinciale in tema di «governo del
territorio»   o  di  «urbanistica».  Questa  Corte  ha  ripetutamente
affermato  che  la  disciplina del governo del territorio deve essere
considerata   «ben   piu'   ampia»   dei   profili   tradizionalmente
appartenenti  all'urbanistica e all'edilizia, in quanto «comprensiva,
in  linea  di  principio,  di  tutto  cio'  che  attiene  all'uso del
territorio   e   alla   localizzazione  di  impianti  o  attivita»  e
riconducibile, in definitiva, all'«insieme delle norme che consentono
di  identificare  e  graduare  gli interessi in base ai quali possono
essere  regolati  gli  usi ammissibili del territorio» (cfr. sentenze
n. 196  del  2004,  n. 362,  n. 331,  n. 307  e  n. 303 del 2003). La
competenza   legislativa   regionale   in  materia  di  «governo  del
territorio»  ha  dunque un ambito oggettivo assai esteso, ma non puo'
arrivare   a   comprendere   tutta   la   disciplina  concernente  la
programmazione,  la  progettazione  e  la realizzazione delle opere o
l'esercizio  delle  attivita'  che,  per  loro  natura,  producono un
inevitabile impatto sul territorio.
    L'ambito  materiale  cui  ricondurre  le  competenze  relative ad
attivita'  che  presentano  una  diretta  od  indiretta  rilevanza in
termini di impatto territoriale, va ricercato non secondo il criterio
dell'elemento materiale consistente nell'incidenza delle attivita' in
questione   sul   territorio,   bensi'   attraverso   la  valutazione
dell'elemento   funzionale,  nel  senso  della  individuazione  degli
interessi  pubblici  sottesi  allo  svolgimento  di quelle attivita',
rispetto  ai quali l'interesse riferibile al «governo del territorio»
e   le   connesse   competenze  non  possono  assumere  carattere  di
esclusivita',  dovendo  armonizzarsi  e coordinarsi con la disciplina
posta a tutela di tali interessi differenziati.
    Non  puo',  altresi',  essere  condivisa  la tesi dell'Avvocatura
generale  dello  Stato,  specialmente  nelle  memorie precedenti alla
sentenza  n. 6 del 2004, volta a rivendicare in materia una esclusiva
competenza  legislativa dello Stato sulla base dell'art. 117, secondo
comma,   lettera h),   Cost.,  in  quanto  l'efficienza  del  sistema
elettrico   nazionale   atterrebbe   alla  «sicurezza  ed  all'ordine
pubblico»,   nonche'   sulla   base   dell'art. 117,  secondo  comma,
lettera m),  Cost.,  in  quanto  la  continuita'  dell'erogazione  di
energia   garantirebbe   i   livelli   essenziali  delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale.
    Come  gia' chiarito nella citata sentenza n. 6 del 2004, relativa
proprio  alla  produzione  e  distribuzione  dell'energia, la materia
«ordine  pubblico  e sicurezza» di cui al secondo comma dell'art. 117
Cost.  riguarda,  per  ormai costante giurisprudenza di questa Corte,
solo  gli  interventi  finalizzati  alla  prevenzione  dei reati e al
mantenimento  dell'ordine  pubblico  (cfr.  sentenze n. 407 del 2002,
n. 6,  n. 162,  n. 428  del  2004  e  n. 95  del 2005) e non certo la
sicurezza tecnica o la sicurezza dell'approvvigionamento dell'energia
elettrica,   mentre   eventuali  turbative  dell'ordine  pubblico  in
conseguenza  di  gravi  disfunzioni del settore energetico potrebbero
semmai legittimare l'esercizio da parte del Governo dei poteri di cui
all'art. 120, secondo comma, Cost.
    Del  pari,  improprio  e'  il  riferimento  all'art. 117, secondo
comma,   lettera m),  Cost.,  poiche'  il  potere  di  predeterminare
eventualmente  -  sulla  base  di  apposite disposizioni di legge - i
«livelli  essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali»,  anche  nelle  materie  che  la  Costituzione  affida  alla
competenza  legislativa  delle  Regioni,  non puo' trasformarsi nella
pretesa  dello  Stato  di  disciplinare e gestire direttamente queste
materie,  escludendo o riducendo radicalmente il ruolo delle Regioni.
In ogni caso, tale titolo di legittimazione puo' essere invocato solo
«in  relazione  a  specifiche  prestazioni  delle  quali la normativa
nazionale definisca il livello essenziale di erogazione», mentre esso
non   e'   utilizzabile   «al   fine  di  individuare  il  fondamento
costituzionale  della  disciplina,  da  parte  dello Stato, di interi
settori materiali» (cfr., da ultimo, la sentenza n. 285 del 2005).
    13.  -  Le considerazioni appena svolte consentono di affrontare,
prima  delle  altre, le questioni sollevate dalla Regione Toscana con
riferimento  ad  alcune  disposizioni della legge n. 239 del 2004, in
relazione alla asserita violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost.
(cfr.  par. 1, sub b). La tesi della ricorrente e' che il legislatore
statale avrebbe illegittimamente disciplinato alcuni ambiti materiali
che  sarebbero  da  considerare  estranei  alla  materia «produzione,
trasporto  e  distribuzione  nazionale dell'energia», di cui al terzo
comma  dell'art. 117  Cost;  si  tratterebbe,  in  particolare, della
«distribuzione locale di energia», dello «stoccaggio del gas naturale
in  giacimento»  e  della «lavorazione e stoccaggio di oli minerali»,
che   costituirebbero   autonome  materie  affidate  alla  competenza
legislativa  residuale  delle  Regioni,  ai  sensi  del  quarto comma
dell'art. 117 Cost.
    Tali questioni non sono fondate.
    La tesi sostenuta nel ricorso, infatti, non puo' essere condivisa
per  due  diversi  ordini  di  motivi:  in primo luogo, l'espressione
utilizzata   nel  terzo  comma  dell'art. 117  Cost.  deve  ritenersi
corrispondere  alla nozione di «settore energetico» di cui alla legge
n. 239  del  2004,  cosi'  come  alla nozione di «politica energetica
nazionale» utilizzata dal legislatore statale nell'art. 29 del d.lgs.
31 marzo   1998,   n. 112   (Conferimento   di   funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione  del  capo I  della  legge  15 marzo 1997, n. 59), che era
esplicitamente comprensiva di «qualunque fonte di energia». Su questa
premessa,  la  legge  n. 239  del  2004, riordinando l'intero settore
energetico  e  determinandone  i  principi fondamentali, si riferisce
espressamente  nell'art. 1,  comma 2, lettere a), b) e c), anche alle
attivita'  relative  agli  oli  minerali  ed al gas naturale, nonche'
genericamente alla distribuzione dell'energia elettrica.
    In  secondo  luogo,  la  «distribuzione  locale  dell'energia» e'
nozione  utilizzata  dalla normativa comunitaria e nazionale, ma solo
come   possibile  articolazione  a  fini  gestionali  della  rete  di
distribuzione   nazionale  (cfr.  il  d.lgs.  16 marzo  1999,  n. 79:
«Attuazione  della  direttiva  96/1992/CE recante norme comuni per il
mercato  interno  dell'energia elettrica»; si veda, altresi', il d.m.
25  giugno 1999  «Determinazione  dell'ambito della rete elettrica di
trasmissione  nazionale»);  per di piu' essa e' determinata nella sua
consistenza dagli organi e attraverso le procedure operanti a livello
nazionale  e comunque sottoposta alla legislazione nazionale e ad una
normativa tecnica unitaria. Si tratta quindi di una nozione rilevante
a  livello  amministrativo  e gestionale, ma che non puo' legittimare
l'individuazione  di  una  autonoma materia legislativa sul piano del
riparto costituzionale delle competenze fra Stato e Regioni.
    14.  - Deve a questo punto essere affrontato il problema relativo
alla  possibilita' per la Provincia autonoma di Trento di rivendicare
i  poteri  legislativi  ed  amministrativi nella materia «produzione,
trasporto  e  distribuzione  nazionale  dell'energia» che il titolo V
della  Costituzione  riconosce  alle  Regioni ad autonomia ordinaria,
sulla base di quanto previsto dall'art. 10 della legge costituzionale
n. 3 del 2001.
    La  Provincia  autonoma  di  Trento,  nel  ricorso n. 2 del 2004,
impugna alcune disposizioni della legge n. 290 del 2003, adducendo la
violazione della «generale potesta' legislativa concorrente, ai sensi
del  terzo  comma  dell'art. 117  Cost.  (che  l'art. 10  della legge
costituzionale  n. 3  del  2001  rende  applicabile  anche ad essa in
quanto,  come  in  questo  caso, ne risultino forme di autonomia piu'
ampie  rispetto a quelle gia' previste dallo statuto speciale e dalle
relative norme di attuazione)», nonche' dell'autonomia amministrativa
riconosciuta  sulla  base  del  principio  di  sussidiarieta'  di cui
all'art. 118  Cost  e dei principi affermati nella sentenza di questa
Corte  n. 303  del  2003  in  relazione  all'allocazione  di funzioni
amministrative in capo allo Stato.
    Analogamente  la Provincia di Trento argomenta nel ricorso n. 109
del  2004,  in  riferimento ad alcune disposizioni della legge n. 239
del  2004,  -  e cio' malgrado che l'art. 1, comma 1, di questa legge
faccia  espressamente  «salve  le  competenze delle Regioni a statuto
speciale   e   delle  Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano»,  -
aggiungendo  che esse «provvedono alle finalita' della presente legge
ai  sensi  dei  rispettivi statuti speciali e delle relative norme di
attuazione».  In realta', a tale formula di salvaguardia non puo' che
essere  data  una interpretazione conforme al sistema costituzionale,
dovendosi   ritenere  che  le  competenze  statutarie  delle  Regioni
speciali e delle Province autonome restino ferme solo per le parti in
cui dal titolo V della Costituzione non possano essere ricavate forme
e condizioni piu' ampie di autonomia.
    Nel  caso  di  specie,  le  competenze  statutarie  in materia di
energia sono sicuramente meno ampie rispetto a quelle riconosciute in
tale  materia  alle  Regioni dall'art. 117, terzo comma, Cost. Non vi
sono  dubbi,  pertanto,  che la Provincia di Trento possa, sulla base
dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, rivendicare una propria
competenza  legislativa  concorrente nella materia della «produzione,
trasporto  e  distribuzione nazionale dell'energia» identica a quella
delle Regioni ad autonomia ordinaria (cfr. sentenza n. 8 del 2004), e
quindi  anche  una  potesta'  amministrativa  piu'  ampia - in quanto
fondata  sui principi dell'art. 118 Cost. - rispetto a quella ad essa
spettante sulla sola base del d.P.R. n. 235 del 1977, quale integrato
dal  d.lgs.  11 novembre  1999,  n. 463  (Norme  di  attuazione dello
statuto  speciale  della  Regione  Trentino-Alto  Adige in materia di
demanio  idrico,  di  opere  idrauliche  e  di  concessioni di grandi
derivazioni  a  scopo  idroelettrico,  produzione  e distribuzione di
energia  elettrica)  e  dal  d.lgs.  15 aprile 2003, n. 118 (Norme di
attuazione  dello  statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige
che  integrano e modificano disposizioni in materia di concessioni di
grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico).
    15.  - Il problema fondamentale che ricorre nel presente giudizio
attiene alla relazione intercorrente fra le disposizioni impugnate ed
i  modelli  di  rapporto fra Stato e Regioni configurabili in base al
titolo  V  della Costituzione, nella conseguita consapevolezza - come
visto  al  par. 12 - che la disciplina legislativa oggetto di censura
e'  riferibile  prevalentemente alla materia «produzione, trasporto e
distribuzione   nazionale   dell'energia»,  di  cui  al  terzo  comma
dell'art. 117 Cost.
    Le  norme  legislative  oggetto  del  presente  giudizio sembrano
essere  il  frutto, per cio' che riguarda il decreto-legge n. 239 del
2003  e  la  relativa  legge  di  conversione  n. 290 del 2003, di un
intervento  normativo  originato  da  alcune  urgenti  necessita'  di
sviluppo  del  sistema  elettrico nazionale e di recupero di potenza,
con  una  considerazione  solo  parziale  del  ruolo delle Regioni in
materia,  peraltro  accresciuta nella fase della conversione in legge
dell'originario decreto legge. La legge n. 239 del 2004 si configura,
invece,  come  una  legge  di  generale  riordino dell'intero settore
energetico,   necessaria   anche  per  dare  attuazione  allo  stesso
art. 117,  terzo  comma, Cost. in un settore in precedenza largamente
di  competenza statale (cfr., ad esempio, l'art. 29 del d.lgs. n. 112
del 1998) e con il quale si intersecano anche alcuni profili inerenti
a  materie  di  sicura  competenza  esclusiva  statale  (cio' e' reso
evidente  altresi' dalle numerose disposizioni della legge n. 239 del
2004 non impugnate dalle ricorrenti).
    In  tutte  queste  norme, per l'area appartenente alla competenza
legislativa  regionale  di  tipo  concorrente, il legislatore statale
dispone  la  «chiamata  in  sussidiarieta»  di  una buona parte delle
funzioni   amministrative  concernenti  il  settore  energetico,  con
l'attribuzione  di  rilevanti  responsabilita'  ad  organi  statali e
quindi  con  la parallela disciplina legislativa da parte dello Stato
di  settori che di norma dovrebbero essere di competenza regionale ai
sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost.
    D'altra  parte,  cio'  emerge  espressamente  anche  dallo stesso
art. 1,  comma 1,  della  legge n. 239 del 2004, il quale afferma che
«gli  obiettivi  e  le  linee  della  politica  energetica nazionale,
nonche'   i   criteri  generali  per  la  sua  attuazione  a  livello
territoriale,  sono  elaborati  e  definiti dallo Stato che si avvale
anche  dei  meccanismi di raccordo e di cooperazione con le autonomie
regionali previsti dalla presente legge».
    Questa  Corte, nella sentenza n. 6 del 2004, ha preso atto che in
un  segmento  di  questa  materia  si  e' gia' di recente intervenuti
tramite  il  decreto-legge  n. 7  del 2002, convertito in legge dalla
legge  n. 55  del  2002, in termini giustificabili dal punto di vista
costituzionale solo per una allocazione in capo ad organi dello Stato
di alcune funzioni amministrative relative alla ridefinizione in modo
unitario  ed  a  livello nazionale dei «procedimenti di modifica o di
ripotenziamento  dei  maggiori  impianti  di  produzione dell'energia
elettrica,  in  base  all'evidente  presupposto  della  necessita' di
riconoscere  un ruolo fondamentale agli organi statali nell'esercizio
delle corrispondenti funzioni amministrative».
    In quella occasione la valutazione da parte di questa Corte della
effettiva sussistenza dei presupposti che giustificassero la chiamata
in  sussidiarieta'  dell'amministrazione  statale  fu positiva, sulla
base  del  riconoscimento  della  preminente  esigenza  di evitare il
pericolo  di  interruzione  della  fornitura dell'energia elettrica a
livello  nazionale,  attraverso  una  accentuata  semplificazione del
procedimento  necessario  per  «la  costruzione  e  l'esercizio degli
impianti di energia elettrica di potenza superiore ai 300 MW termici»
ed opere connesse.
    Esigenze  analoghe  sono  sicuramente  individuabili anche per le
impugnate  disposizioni  del  decreto-legge  n. 239  del  2003, quale
convertito  nella  legge  n. 290  del  2003 (si veda, in particolare,
l'art.  1-sexies,  nella  parte  in  cui  si riferisce alla riforma e
semplificazione  del procedimento di «autorizzazione alla costruzione
ed  all'esercizio  degli elettrodotti, degli oleodotti, dei gasdotti,
facenti parti delle reti nazionali di trasporto dell'energia»).
    Quanto  alla  legge  n. 239  del  2004,  il  riordino dell'intero
settore energetico, mediante una legislazione di cornice, ma anche la
nuova   disciplina  dei  numerosi  settori  contermini  di  esclusiva
competenza  statale,  appare  caratterizzato,  sul  piano del modello
organizzativo  e  gestionale,  dalla attribuzione dei maggiori poteri
amministrativi  ad  organi  statali, in quanto evidentemente ritenuti
gli  unici  a  cui naturalmente non sfugge la valutazione complessiva
del  fabbisogno  nazionale  di  energia e quindi idonei ad operare in
modo  adeguato  per  ridurre  eventuali situazioni di gravi carenze a
livello nazionale.
    Se  dunque  non sembrano esservi problemi al fine di giustificare
in  linea  generale disposizioni legislative come quelle in esame dal
punto di vista della ragionevolezza della chiamata in sussidiarieta',
in capo ad organi dello Stato, di funzioni amministrative relative ai
problemi  energetici  di  livello nazionale, al fine di assicurare il
loro  indispensabile  esercizio  unitario, resta invece da verificare
analiticamente   se   sussistano   le   altre   condizioni   che   la
giurisprudenza di questa Corte ha individuato come necessarie perche'
possa    essere    costituzionalmente   ammissibile   un   meccanismo
istituzionale   del   genere,   che  oggettivamente  incide  in  modo
significativo sull'ambito dei poteri regionali.
    In particolare, come questa Corte ha gia' chiarito nella sentenza
n. 6   del  2004,  e'  necessario  che  la  legislazione  «detti  una
disciplina  logicamente  pertinente,  dunque  idonea alla regolazione
delle suddette funzioni, e che risulti limitata a quanto strettamente
indispensabile  a tal fine»; inoltre, «essa deve risultare adottata a
seguito  di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di
governo  coinvolti  attraverso  strumenti  di leale collaborazione o,
comunque,  deve  prevedere  adeguati  meccanismi  di cooperazione per
l'esercizio  concreto  delle  funzioni  amministrative  allocate agli
organi   centrali».   Infatti,   nella  perdurante  assenza  di  ogni
innovazione   nei   procedimenti   legislativi   statali  diretta  ad
assicurare   il   necessario   coinvolgimento   delle   Regioni,   la
legislazione  statale  che preveda e disciplini il conferimento delle
funzioni  amministrative  a  livello  centrale nelle materie affidate
alla  potesta'  legislativa  regionale  «puo'  aspirare a superare il
vaglio  di  legittimita'  costituzionale  solo  in  presenza  di  una
disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le
attivita'  concertative  e di coordinamento orizzontale, ovverosia le
intese,  che  devono  essere condotte in base al principio di lealta»
(sentenza n. 303 del 2003).
    Cio'  tanto  piu'  in riferimento ad una legislazione come quella
oggetto   del  presente  scrutinio,  che  spesso  si  riferisce  alla
dimensione  «nazionale»  (unilateralmente  definita)  di  fenomeni od
attrezzature,  da  cui  sembra  che  spesso  si vogliano escludere le
Regioni,  malgrado  l'esplicito  riferimento  alla  stessa dimensione
«nazionale»  che  e'  contenuto  nella  denominazione  della  materia
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» di cui
al terzo comma dell'art. 117 Cost.
    Dovendosi    quindi    individuare    un   organo   adeguatamente
rappresentativo  delle  Regioni,  ma  anche degli enti locali, a loro
volta  titolari  di  molteplici  funzioni amministrative senza dubbio
condizionate   od   incise   dalle   diverse  politiche  del  settore
energetico,  emerge come naturale organo di riferimento la Conferenza
unificata,  di  cui  all'art. 8  del  d.lgs.  28 agosto  1997, n. 281
(Definizione  ed  ampliamento  delle  attribuzioni  della  Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome  di  Trento  e  Bolzano ed unificazione, per le materie ed i
compiti  di  interesse  comune  delle  regioni,  delle province e dei
comuni,  con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali). D'altra
parte,  ad  essa fa gia' riferimento la stessa legge n. 239 del 2004,
allorche' prevede in questa materia alcune forme di collaborazione di
Regioni  ed  enti  locali  con  lo Stato (limitandosi ai commi 7 ed 8
dell'art. 1  di  questa legge, cfr., nel comma 7, le lettere o) e p);
nel  comma 8, la lettera a), punti 4 e 7, la lettera b), punti 2 e 4,
la lettera c), punti 5 e 6).
    16.  -  Sulla  base  delle premesse fin qui esposte, le rimanenti
censure  prospettate  dalle  ricorrenti  possono essere esaminate nel
merito, con riferimento alle singole disposizioni impugnate.
    17  -  La  Regione  Toscana impugna i commi 1 e 3 dell'art. 1 del
decreto-legge  n. 239  del 2003, quale convertito, con modificazioni,
nella  legge  n. 290  del  2003,  nella parte in cui attribuiscono al
Ministro  delle  attivita'  produttive,  di  concerto con il Ministro
dell'ambiente,  la competenza ad autorizzare, al fine di garantire la
sicurezza   di   funzionamento   del   sistema  elettrico  nazionale,
l'esercizio temporaneo di singole centrali termoelettriche di potenza
termica  superiore  a  300  MW, anche in deroga sia ai normali valori
delle  emissioni  in atmosfera e di qualita' dell'aria, sia ai limiti
di  temperatura  degli  scarichi  termici.  Queste  disposizioni, sul
presupposto  della loro riconducibilita' alla materia di legislazione
concorrente   «produzione,   trasporto   e   distribuzione  nazionale
dell'energia»,   violerebbero  l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  in
quanto,  attribuendo  il  potere di deroga dei limiti di emissione in
atmosfera  e  degli  scarichi  termici  allo  Stato,  priverebbero le
Regioni   della   potesta'   di   esercitare  le  proprie  competenze
legislative in materia.
    Sarebbe  altresi'  violato  l'art. 118  Cost., sotto due profili:
innanzitutto   perche',   trattandosi  di  materia  rientrante  nella
competenza legislativa concorrente, spetterebbe alla Regione allocare
l'esercizio  delle  funzioni  amministrative,  mentre le disposizioni
impugnate  operano  esse  stesse  tale  allocazione  direttamente  in
capo all'amministrazione  centrale.  In  secondo  luogo, anche ove si
ritenessero   sussistenti   esigenze   unitarie  tali  da  consentire
l'attrazione  delle funzioni in capo allo Stato, non sarebbe prevista
alcuna  forma  di  intesa,  in  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione.
    Le questioni non sono fondate.
    I previsti poteri di deroga temporanei ineriscono, contrariamente
a   quanto   ritiene   la  ricorrente,  alla  materia  della  «tutela
dell'ambiente» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.,
con  la  conseguenza  che  la  loro  previsione  e la loro disciplina
spettano  alla  potesta' legislativa esclusiva dello Stato, senza che
ricorra   la   necessita'   di   quegli   specifici   meccanismi   di
collaborazione   con   le   Regioni  che  questa  Corte  ha  ritenuto
indispensabili nelle ipotesi della «chiamata in sussidiarieta» cui si
e' fatto riferimento nel precedente par. 15. Quanto poi alla concreta
allocazione   in   capo ad   organi  statali  dei  poteri  di  deroga
contemplati  dalle  norme impugnate, va osservato che i citati poteri
risultano   indissolubilmente   connessi  con  il  potere  principale
attribuito  al  Ministro  di  autorizzare  «l'esercizio temporaneo di
singole  centrali  termoelettriche di potenza superiore a 300 MW» per
le  finalita' di «garantire la sicurezza di funzionamento del sistema
elettrico  nazionale,  assicurando la produzione in misura necessaria
alla  copertura del fabbisogno nazionale». Anche sulla base di quanto
gia'  rilevato  nella  sentenza  n. 6  del 2004, risulta pertanto non
implausibile l'attribuzione di tali poteri ad organi statali ad opera
delle   norme   impugnate.   Stara'   poi  al  normale  ed  opportuno
coordinamento fra le diverse istituzioni che sono chiamate ad operare
nei   medesimi   settori,   pur  nella  diversita'  delle  rispettive
competenze,   la   creazione   di   idonei   strumenti  di  reciproca
informazione, in questo caso fra Ministero e Regione interessata.
    18.  -  La  Provincia  autonoma  di  Trento impugna l'art. 1-ter,
comma 2,  del  decreto-legge  n. 239  del  2003, nel testo risultante
dalla  conversione  nella  legge n. 290 del 2003, il quale stabilisce
che  «il  Ministro delle attivita' produttive emana gli indirizzi per
lo  sviluppo delle reti nazionali di trasporto dell'energia elettrica
e di gas naturale e approva i relativi piani di sviluppo predisposti,
annualmente,  dai  gestori  delle  reti  di trasporto». La ricorrente
lamenta  che  la  riserva  allo  Stato  delle funzioni previste dalla
disposizione   censurata   e,  comunque,  la  mancata  previsione  di
un'intesa  con  le  Regioni  o  la Regione interessata violerebbero i
principi  di sussidiarieta' e di proporzionalita' di cui all'art. 118
Cost.,  nonche' il principio di leale collaborazione, dal momento che
sarebbe  necessario il rispetto quanto meno delle condizioni previste
nella sentenza n. 303 del 2003 di questa Corte.
    Successivamente alla proposizione del ricorso, la disposizione in
esame  e' stata abrogata e sostituita ad opera dell'art. 1, comma 24,
lettera a),   della   legge  n. 239  del  2004,  cosicche'  il  testo
attualmente   vigente  dell'art. 1-ter,  comma 2,  del  decreto-legge
n. 239  del  2003 dispone che «il Ministro delle attivita' produttive
emana gli indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali di trasporto
di  energia elettrica e di gas naturale e verifica la conformita' dei
piani di sviluppo predisposti, annualmente, dai gestori delle reti di
trasporto con gli indirizzi medesimi».
    Al  di la' del carattere satisfattivo o meno della sopravvenienza
normativa   rispetto   alle   pretese   della  ricorrente  (la  nuova
disposizione e' stata specificamente impugnata sia dalla Provincia di
Trento,  sia  dalla  Regione  Toscana:  cfr., infra, par. 28), appare
determinante  in  questa sede il fatto che l'art. 1-ter, comma 2, del
decreto-legge n. 239 del 2003, nel suo testo originario, risulta aver
avuto  una  qualche  concreta  applicazione  nel  periodo  della  sua
vigenza,  di  talche'  questa  Corte  e'  chiamata a pronunciarsi sul
merito delle censure prospettate.
    Le questioni sono in parte fondate.
    Sulla  base  di  quanto  argomentato ai paragrafi 12 e 15, non e'
dubbio  che  la  disposizione  impugnata intervenga nell'ambito della
materia    «produzione,    trasporto    e   distribuzione   nazionale
dell'energia»,   ma   che,   al   tempo   stesso,   la  «chiamata  in
sussidiarieta»  da  parte  dello  Stato del potere di determinare gli
indirizzi puo' essere giustificata sulla base della necessita' che in
questa  materia  sia  assicurata  una  visione  unitaria per l'intero
territorio nazionale. Peraltro, la rilevanza del potere di emanazione
degli  indirizzi  per  lo  sviluppo delle reti nazionali di trasporto
dell'energia  elettrica  e di gas naturale sulla materia energetica e
la  sua  sicura  indiretta  incidenza  sul  territorio  e  quindi sui
relativi  poteri  regionali,  rende  costituzionalmente  obbligata la
previsione  di  un'intesa  in senso forte fra gli organi statali e il
sistema   delle  autonomie  territoriali  rappresentato  in  sede  di
Conferenza  unificata.  Al contrario, l'attivita' di approvazione dei
piani  di  sviluppo  annuali dei gestori delle reti di trasporto, nel
contesto   della   disposizione   in   esame,  deve  essere  ritenuta
necessariamente  finalizzata a verificare la conformita' dei suddetti
piani   agli   indirizzi   in   materia,   e  dunque  -  risolvendosi
sostanzialmente  nell'esercizio di un potere di controllo, a limitata
discrezionalita',  che si esplica a valle dell'attivita' di selezione
e disciplina degli interessi pubblici operata in sede di elaborazione
congiunta   tra  Stato  ed  autonomie  di  quegli  indirizzi  -  puo'
ritenersene  giustificata  l'attribuzione  al  solo Ministro preposto
alla gestione amministrativa del settore.
    Va   pertanto   dichiarata   la   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 1-ter,  comma 2,  del  decreto-legge  n. 239  del 2003, nel
testo  risultante  dalla  conversione  in  legge  operata dalla legge
n. 290   del   2003,   limitatamente   alla  mancata  previsione  che
l'emanazione  da parte del Ministro per le attivita' produttive degli
indirizzi  per  lo  sviluppo  delle  reti  nazionali  di trasporto di
energia   elettrica   e   di  gas  naturale  debba  essere  preceduta
dall'intesa  con la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs.
28 agosto 1997, n. 281.
    19.    -    La   Provincia   di   Trento   impugna   il   comma 5
dell'art. 1-sexies  del  decreto-legge  n. 239  del  2003,  nel testo
risultante dalla conversione nella legge n. 290 del 2003, nella parte
in  cui  stabilisce  che  «le  Regioni disciplinano i procedimenti di
autorizzazione  alla costruzione ed all'esercizio di reti energetiche
di  competenza  regionale  in  conformita'  ai  principi e ai termini
temporali  di  cui al presente articolo, prevedendo che, per le opere
che  ricadono nel territorio di piu' Regioni, le autorizzazioni siano
rilasciate   d'intesa   tra   le  Regioni  interessate».  Secondo  la
ricorrente,  tale  previsione  contrasterebbe  con  l'art. 117, terzo
comma,  e con l'art. 118 Cost., in quanto limiterebbe la competenza a
disciplinare   il   potere  autorizzatorio  regionale  alle  reti  di
carattere   non  nazionale  ed  inoltre  in  quanto  vincolerebbe  le
competenze   regionali  anche  ai  limiti  temporali  previsti  dalla
normativa   statale   e   cioe'   a   previsioni  normative  che  non
costituiscono principi fondamentali.
    La  disposizione  in questione ha subito una parziale modifica ad
opera  dell'art. 1,  comma 27,  della  legge  n. 239 del 2004, che ha
sostituito  il  riferimento  alle  «reti  energetiche»  con  il  piu'
limitato  riferimento alle «reti elettriche», ma tale modifica non e'
in  grado  di  assumere  alcun  rilievo in ordine alla sostanza delle
censure formulate nel ricorso.
    Entrambi i profili di censura non sono fondati.
    Quanto   alla   limitazione   delle   competenze   regionali  sui
procedimenti  autorizzatori  alle  reti  di  carattere non nazionale,
valgono  le considerazioni svolte nel precedente par. 15, dal momento
che  la  «chiamata  in  sussidiarieta»  in capo allo Stato dei poteri
autorizzatori  concernenti  le  reti  nazionali e' giustificata dalla
sussistenza delle esigenze unitarie gia' evidenziate.
    Quanto  al secondo profilo, la previsione di un termine entro cui
il  procedimento  deve  concludersi puo' senz'altro qualificarsi come
principio   fondamentale   della  legislazione  in  materia,  essendo
espressione  di una generale esigenza di speditezza volta a garantire
uniformemente  su tutto il territorio nazionale il celere svolgimento
del procedimento autorizzatorio (cfr. sentenza n. 336 del 2005).
    20.  -  La  Provincia di Trento impugna l'art. 1-sexies, comma 5,
del decreto-legge n. 239 del 2003 anche specificamente nella parte in
cui   prevede   che   «in  caso  di  inerzia  o  mancata  definizione
dell'intesa» (che deve intervenire fra le diverse Regioni interessate
ad  adottare  le  autorizzazioni  alla costruzione ed esercizio delle
reti di competenza regionale allorche' le relative opere ricadono nel
territorio di piu' Regioni), «lo Stato esercita il potere sostitutivo
ai  sensi  dell'art. 120 della Costituzione». In tal modo, secondo la
ricorrente,  si  estenderebbe il potere sostitutivo statale al di la'
delle ipotesi previste dalla norma costituzionale.
    La questione non e' fondata.
    Occorre    considerare,   anzitutto,   che   il   secondo   comma
dell'art. 120 Cost. individua una serie di situazioni che legittimano
l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Governo per garantire
taluni  interessi  essenziali,  situazioni  entro  le  quali potrebbe
essere ricondotta - nell'ambito di specifici contesti definiti in via
legislativa  - la situazione di mancato conseguimento dell'intesa fra
le  Regioni  cui  si  riferisce  il  comma 5  dell'art. 1-sexies.  La
disposizione censurata non pone un obbligo generalizzato di esercizio
del  potere  governativo  e  proprio  attraverso  l'esplicito  rinvio
all'art. 120  Cost.  non configura una autonoma e diversa fattispecie
di  potere sostitutivo. L'esercizio in concreto di tale potere dovra'
dunque  fondarsi  su  una  specifica  verifica  della sussistenza dei
presupposti   sostanziali  contemplati  nella  norma  costituzionale,
nonche'   sul   rispetto  delle  condizioni  procedimentali  previste
dall'art. 8  della  legge  5  giugno 2003,  n. 131  (Disposizioni per
l'adeguamento    dell'ordinamento   della   Repubblica   alla   legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).
    21.  -  La  Regione  Toscana  impugna  specificamente  il comma 8
dell'art. 1-sexies  del  decreto-legge  n. 239  del  2003,  il  quale
prevede  che «per la costruzione e l'esercizio di impianti di energia
elettrica  di  potenza  superiore  a  300  MW termici si applicano le
disposizioni del decreto legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con
modificazioni,  dalla  legge  9 aprile  2002,  n. 55», per violazione
dell'art. 117,  terzo comma, Cost. La disposizione censurata, secondo
quanto affermato dalla ricorrente, detterebbe una disciplina puntuale
e  dettagliata dell'intera materia, cosi' interferendo sulla potesta'
legislativa  regionale. Essa, inoltre, violerebbe la competenza della
Regione  in  materia  di  «governo  del territorio», dal momento che,
nonostante  che la costruzione di impianti di potenza superiore a 300
MW    interferisca   sull'assetto   del   territorio,   non   sarebbe
salvaguardata la legislazione regionale in materia.
    Tali  questioni  non  sono fondate, per le ragioni illustrate nel
precedente  par.  15,  nonche'  in  relazione a quanto gia' deciso da
questa Corte con la sentenza n. 6 del 2004.
    22.  -  La Regione Toscana impugna l'art. 1, comma 4, lettera c),
della  legge  n. 239  del  2004  il  quale, nel prevedere che Stato e
Regioni  assicurano  l'omogeneita'  delle  modalita' di fruizione dei
livelli  essenziali  delle  prestazioni  concernenti  l'energia e dei
criteri  di  formazione  delle  tariffe  e  dei  prezzi  conseguenti,
stabilisce  che essi garantiscono - tra l'altro - «l'assenza di oneri
di qualsiasi specie che abbiano effetti economici diretti o indiretti
ricadenti al di fuori dell'ambito territoriale delle autorita' che li
prevedono».  La  disposizione  contrasterebbe con gli artt. 117 e 118
Cost.,  in quanto la nozione di «effetto economico indiretto» sarebbe
cosi'  ampia  e  vaga da impedire ogni politica regionale nel settore
energetico;  tale  previsione,  quindi,  bloccherebbe  o  limiterebbe
fortemente l'esercizio delle competenze legislative ed amministrative
della Regione in materia di energia.
    Le questioni non sono fondate.
    Sul  piano  della potesta' legislativa, la disposizione censurata
(peraltro  riferita  sia  allo  Stato  che alle Regioni) si configura
senz'altro   come   un   principio   fondamentale   di  per  se'  non
irragionevole,  ne'  tale  da limitare in modo eccessivo i poteri del
legislatore regionale.
    Se   dunque   lo  Stato  ha  legittimamente  posto  un  principio
fondamentale  della  materia,  l'asserita illegittima limitazione dei
poteri  amministrativi della Regione potrebbe derivare soltanto da un
illegittimo  esercizio  in  concreto  delle competenze amministrative
spettanti  agli organi dello Stato; quest'ultima evenienza, tuttavia,
rappresenta un rischio al momento solo eventuale, e, nell'ipotesi che
si   concretizzasse   in   termini   ritenuti   contrastanti  con  le
disposizioni  costituzionali  in  tema  di  autonomia  regionale, non
mancherebbero  alle Regioni interessate idonee forme di tutela, anche
in sede giurisdizionale.
    23.  -  La Regione Toscana impugna l'art. 1, comma 4, lettera f),
della  legge  n. 239  del  2004,  il quale, nel prevedere che Stato e
Regioni   assicurano   l'adeguato   equilibrio   territoriale   nella
localizzazione   delle  infrastrutture  energetiche,  stabilisce  che
possano  essere  previste  «eventuali  misure  di  compensazione e di
riequilibrio  ambientale  e  territoriale,  qualora esigenze connesse
agli   indirizzi   strategici   nazionali  richiedano  concentrazioni
territoriali  di  attivita',  impianti  ed  infrastrutture ad elevato
impatto  territoriale,  con  esclusione  degli impianti alimentati da
fonti  rinnovabili».  La  ricorrente  asserisce che l'ultima parte di
tale  disposizione  lederebbe  le  competenze  regionali  di cui agli
artt. 117  e  118  Cost.  in  materia di «governo del territorio», in
quanto  anche gli impianti alimentati da fonti rinnovabili potrebbero
avere sul territorio una incidenza tale da giustificare la necessita'
di   misure   di   compensazione   e  di  riequilibrio  ambientale  e
territoriale.
    La censura e' fondata.
    La   disposizione   in   questione  si  risolve,  infatti,  nella
imposizione  al  legislatore  regionale  di un divieto di prendere in
considerazione una serie di differenziati impianti, infrastrutture ed
attivita'  per  la produzione energetica, ai fini di valutare il loro
impatto  sull'ambiente  e  sul  territorio regionale (che, in caso di
loro  concentrazione sul territorio, puo' anche essere considerevole)
solo  perche'  alimentati  da  fonti  energetiche  rinnovabili.  Tale
previsione  eccede  il  potere  statale  di  determinare  soltanto  i
principi  fondamentali  della  materia,  ai  sensi  del  terzo  comma
dell'art. 117  Cost.,  determinando  una  irragionevole  compressione
della potesta' regionale di apprezzamento dell'impatto che tali opere
possono   avere   sul   proprio   territorio,   in  quanto  individua
puntualmente  ed  in modo analitico una categoria di fonti di energia
rispetto  alle quali sarebbe preclusa ogni valutazione da parte delle
Regioni    in    sede   di   esercizio   delle   proprie   competenze
costituzionalmente garantite.
    Va    pertanto    dichiarata    l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 1,  comma 4,  lettera f),  della  legge  n. 239  del  2004,
limitatamente  alle  parole «con esclusione degli impianti alimentati
da fonti rinnovabili».
    24.  - La Regione Toscana impugna le lettere g) e h) dell'art. 1,
comma 7,  della legge n. 239 del 2004, che, nell'elencare i compiti e
le funzioni amministrative spettanti allo Stato (il quale vi provvede
«anche  avvalendosi  dell'Autorita'  per  l'energia  elettrica  ed il
gas»),  indica  la competenza in tema di «identificazione delle linee
fondamentali  dell'assetto  del territorio nazionale, con riferimento
all'articolazione    territoriale    delle    reti   infrastrutturali
energetiche  dichiarate  di  interesse nazionale ai sensi delle leggi
vigenti» e in tema di «programmazione di grandi reti infrastrutturali
energetiche  dichiarate  di  interesse nazionale ai sensi delle leggi
vigenti».
    Tali  disposizioni,  secondo  la prospettazione della ricorrente,
violerebbero  gli  artt. 117  e  118  Cost.  ed il principio di leale
collaborazione,  dal momento che escluderebbero «del tutto le Regioni
dalla  programmazione  delle  reti  infrastrutturali  energetiche  di
interesse nazionale e dalla loro articolazione territoriale», benche'
l'esercizio  di  tali  funzioni  incida sulle competenze regionali in
materia  di  energia, nonche' di governo del territorio, tutela della
salute  e  valorizzazione  dei  beni  culturali  ed  ambientali. Cio'
avrebbe  dovuto  comportare,  secondo quanto chiarito da questa Corte
con  le sentenze n. 303 del 2003 e n. 6 del 2004, la necessita' della
previsione di un'intesa con la Conferenza Stato-Regioni ovvero con la
Conferenza  unificata.  D'altra  parte,  come  si  fa  osservare  nel
ricorso,  disposizioni di questo tipo sarebbero invece previste nella
stessa  legge  n. 239 del 2004 all'art. 1, comma 8, lettera b), punto
2,  in  relazione  alla  rete  nazionale  dei gasdotti, e all'art. 1,
comma 8,  lettera c), punto 6, in relazione alla rete nazionale degli
oleodotti.
    La  censura  e'  fondata, in relazione alla mancata previsione di
adeguate forme di leale collaborazione.
    Se,  come visto al par. 15, appare in generale giustificabile una
chiamata  in  sussidiarieta'  da  parte  dello Stato dei fondamentali
poteri   amministrativi   nella   materia  «produzione,  trasporto  e
distribuzione   nazionale  dell'energia»  che  esigono  una  unitaria
visione a livello nazionale ed un loro efficace coordinamento con gli
altri  connessi poteri in materie di esclusiva competenza legislativa
dello  Stato  (come quelli, ad esempio, previsti dallo stesso art. 1,
comma 7,  della legge n. 239 del 2004 e che non sono stati oggetto di
impugnazione),  appare  peraltro  costituzionalmente  necessario  che
l'esercizio  dei poteri che determinano le linee generali di sviluppo
dell'articolazione    territoriale    delle   reti   infrastrutturali
energetiche   nazionali,   nonche'   la  loro  programmazione,  venga
ricondotto  a  moduli  collaborativi  con  il sistema delle autonomie
territoriali  nella  forma  dell'intesa in senso forte fra gli organi
statali e la Conferenza unificata.
    Va   pertanto   dichiarata   la   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 1,  comma 7,  lettere g) e h), della legge n. 239 del 2004,
nella  parte  in cui non stabilisce che i poteri statali ivi previsti
siano  esercitati  previa  intesa  con la Conferenza unificata di cui
all'art. 8 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281.
    25. - La Regione Toscana impugna anche la lettera i) dell'art. 1,
comma 7, della legge n. 239 del 2004, che prevede la competenza dello
Stato  in  tema  di  «individuazione  delle  infrastrutture  e  degli
insediamenti  strategici,  ai  sensi  della  legge  21 dicembre 2001,
n. 443,  e del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, al fine di
garantire   la   sicurezza   strategica,  ivi  inclusa  quella  degli
approvvigionamenti   energetici   e   del   relativo   utilizzo,   il
contenimento  dei costi dell'approvvigionamento energetico del Paese,
lo sviluppo delle tecnologie innovative per la generazione di energia
elettrica   e   l'adeguamento  della  strategia  nazionale  a  quella
comunitaria per le infrastrutture energetiche».
    Ad  avviso della ricorrente sarebbero violati gli artt. 117 e 118
Cost.  ed  il  principio  di  leale  collaborazione,  per  la mancata
previsione  dell'intesa  con  le  Regioni  interessate  che,  invece,
dovrebbe  essere  considerata  necessaria secondo quanto affermato da
questa Corte con la sentenza n. 303 del 2003.
    La questione e' fondata.
    La  disposizione impugnata si limita ad un generico richiamo alla
disciplina  contenuta nella legge n. 443 del 2001 e nel d.lgs. n. 190
del  2002, indicando peraltro finalita' solo in parte coincidenti con
quelle  contenute  nell'art. 1,  comma 1, della suddetta legge n. 443
del   2001,   nel   testo   risultante   dalle  modifiche  introdotte
dall'art. 13,   comma 3,   della   legge   1°   agosto  2002,  n. 166
(Disposizioni   in  materia  di  infrastrutture  e  trasporti).  Tale
richiamo,  nei  termini in cui e' formulato, non consente di ritenere
che  la  previsione  in  questione salvaguardi l'indispensabile ruolo
spettante   alle   autonomie   regionali   nell'individuazione  delle
infrastrutture   e   degli   insediamenti  strategici  necessari  per
garantire il soddisfacimento delle esigenze del settore energetico e,
in  particolare,  che  assicuri  che  anche  tale  individuazione sia
effettuata   d'intesa   con   le   Regioni  e  le  Province  autonome
interessate,  cosi'  come  espressamente  dispone  il citato comma 1,
dell'art. 1,  della  legge  n. 443 del 2001 gia' scrutinato da questa
Corte  nella  sentenza  n. 303  del  2003.  La  predisposizione di un
programma  di  grandi  infrastrutture per le finalita' indicate dalla
disposizione impugnata implica necessariamente una forte compressione
delle  competenze  regionali  non  soltanto nel settore energetico ma
anche nella materia del governo del territorio, di talche', come gia'
sottolineato  nel  par.  15,  e'  condizione  imprescindibile  per la
legittimita'   costituzionale  dell'attrazione  in  sussidiarieta'  a
livello  statale  di  tale  funzione amministrativa, la previsione di
un'intesa  in  senso  forte con le Regioni nel cui territorio l'opera
dovra' essere realizzata.
    Deve  pertanto  essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 1,  comma 7, lettera i), della legge n. 239 del 2004, nella
parte  in cui non prevede che l'individuazione delle infrastrutture e
degli insediamenti strategici ivi contemplata avvenga d'intesa con le
Regioni e le Province autonome interessate.
    26.  -  La Regione Toscana impugna l'art. 1, comma 8, lettera a),
punto  3,  della  legge  n. 239  del  2004, il quale, nell'elencare i
compiti  e  le  funzioni  amministrative di competenza dello Stato in
particolare  nel  settore  elettrico,  gli  attribuisce  il potere di
approvare  gli  «indirizzi  di  sviluppo  della  rete di trasmissione
nazionale,  considerati  anche  i  piani  regionali  di  sviluppo del
servizio   elettrico».   Tale  disposizione  confliggerebbe  con  gli
artt. 117   e   118   Cost.,   nonche'  con  il  principio  di  leale
collaborazione,  perche',  stante  la  connessione  e  l'incidenza di
questi  poteri  con  molteplici  materie  di  competenza  legislativa
concorrente,  sarebbe  stato necessario, in applicazione dei principi
elaborati  dalla giurisprudenza costituzionale, prevedere che il loro
esercizio  avvenisse  d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni ovvero
con la Conferenza unificata.
    La  ricorrente  censura  altresi'  l'art. 1, comma 8, lettera a),
punto  7,  il  quale  attribuisce allo Stato il compito di definire i
«criteri   generali   per   le  nuove  concessioni  di  distribuzione
dell'energia  elettrica  e  per  l'autorizzazione  alla costruzione e
all'esercizio  degli  impianti di generazione di energia elettrica di
potenza  termica superiore ai 300 MW, sentita la Conferenza unificata
e  tenuto conto delle linee generali dei piani energetici regionali».
Tale disposizione, nella parte in cui si riferisce alla distribuzione
nazionale dell'energia, prevedendo criteri statali per l'esercizio di
funzioni  amministrative attinenti a materie di competenza regionale,
violerebbe  gli  artt. 117  e  118 Cost., i quali non consentirebbero
allo   Stato   «di   dettare  criteri  per  l'esercizio  di  funzioni
amministrative   che   la   legge   regionale   dovrebbe  allocare  e
disciplinare».  In  ogni  caso,  l'illegittimita'  della disposizione
impugnata  conseguirebbe  alla  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione, per la mancata previsione di un'intesa «forte» con la
Conferenza Stato-Regioni.
    Le questioni sono in parte fondate.
    Sulla  base di quanto in precedenza argomentato ai paragrafi 12 e
15,  non  vi  e' dubbio che le disposizioni impugnate ineriscano alla
materia    «produzione,    trasporto    e   distribuzione   nazionale
dell'energia»  e  che  la  chiamata  in sussidiarieta' da parte dello
Stato   dei  poteri  amministrativi  di  determinazione  delle  linee
generali   di   sviluppo   della   rete   di  trasmissione  nazionale
dell'energia  elettrica debba essere accompagnata dalla previsione di
idonei  moduli  collaborativi  nella forma dell'intesa in senso forte
fra  gli  organi  statali  e la Conferenza unificata, rappresentativa
dell'intera pluralita' degli enti regionali e locali. Analogamente si
deve  ritenere per i poteri statali concernenti la determinazione dei
criteri   generali   per   le   nuove  concessioni  di  distribuzione
dell'energia   elettrica  e  per  il  rilascio  delle  autorizzazioni
relative  alle  grandi  centrali  di produzione, per i quali non puo'
essere  ritenuto  sufficiente  il  semplice  parere  della Conferenza
unificata previsto dalla norma impugnata.
    Va    pertanto    dichiarata    l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 1,  comma 8,  lettera a),  punto  3, della legge n. 239 del
2004,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  i poteri statali ivi
contemplati   siano   esercitati  previa  intesa  con  la  Conferenza
unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281.
    Deve  inoltre  essere dichiarata la illegittimita' costituzionale
dell'art. 1,  comma 8,  lettera a),  punto  7, della legge n. 239 del
2004  nella parte in cui prevede che la Conferenza unificata sia solo
sentita e non debba, invece, essere coinvolta nella forma dell'intesa
sui  «criteri  generali  per  le  nuove  concessioni di distribuzione
dell'energia  elettrica  e  per  l'autorizzazione alla costruzione ed
all'esercizio  degli  impianti di generazione di energia elettrica di
potenza termica superiore ai 300 MW».
    27.  -  La Regione Toscana impugna l'art. 1, comma 8, lettera b),
punto  3,  della legge n. 239 del 2004, il quale prevede che lo Stato
assuma  le  «determinazioni inerenti lo stoccaggio di gas naturale in
giacimento». La disposizione censurata violerebbe gli artt. 117 e 118
Cost.  e il principio di leale collaborazione, in quanto l'attrazione
in  sussidiarieta'  di questa funzione in capo allo Stato non sarebbe
accompagnata  dalla  previsione  di un'intesa con le Regioni, benche'
l'esercizio  delle  funzioni  previste comporti «pesanti ricadute sul
territorio regionale».
    La questione e' fondata.
    Sulla  base di quanto in precedenza argomentato ai paragrafi 12 e
15,  non  vi  e'  dubbio  che  si  opera  nell'ambito  della  materia
«produzione,  trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e che
la  chiamata  in  sussidiarieta'  da parte dello Stato di un delicato
potere  amministrativo, per di piu' connesso con una molteplicita' di
altre  funzioni regionali, quanto meno in tema di tutela della salute
e   di   governo  del  territorio,  deve  essere  accompagnato  dalla
previsione  di  un'intesa  in senso forte fra gli organi statali e le
Regioni e le Province autonome direttamente interessate.
    Va    pertanto    dichiarata    l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 1,  comma 8,  lettera b),  punto  3, della legge n. 239 del
2004,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che il potere statale ivi
contemplato sia esercitato previa intesa con le Regioni e le Province
autonome direttamente interessate.
    28.  -  La  Regione  Toscana  e  la  Provincia autonoma di Trento
impugnano entrambe l'art. 1, comma 24, lettera a), della legge n. 239
del   2004,   che,   sostituendo   il   comma 2  dell'art. 1-ter  del
decreto-legge  n. 239  del  2003,  quale  modificato  dalla  legge di
conversione n. 290 del 2003, ha mantenuto al Ministro delle attivita'
produttive  l'emanazione  degli «indirizzi per lo sviluppo delle reti
nazionali  di  trasporto  di  energia  elettrica  e di gas naturale»,
disponendo inoltre che il Ministro «verifica la conformita' dei piani
di  sviluppo  predisposti,  annualmente,  dai  gestori  delle reti di
trasporto con gli indirizzi medesimi».
    Secondo  la  nuova  formulazione,  mentre e' rimasto invariato il
potere  del  Ministro di emanare gli indirizzi di sviluppo delle reti
nazionali di trasporto dell'energia elettrica e del gas, l'originario
compito di approvazione dei piani di sviluppo predisposti dai gestori
delle  reti  risulta sostituito con quello di semplice verifica della
conformita' di tali piani con gli indirizzi elaborati dal Ministero.
    Queste disposizioni, ad avviso delle ricorrenti, violerebbero gli
artt. 117  e 118 Cost., nonche' il principio di leale collaborazione,
dal  momento che, ai fini dell'esercizio dei poteri ministeriali, non
sarebbe  prevista  la  necessita'  di  un'intesa  con  la  Conferenza
Stato-Regioni  o  con  la Conferenza unificata, oppure con la Regione
interessata.  La  sola  Provincia  di  Trento  lamenta  anche  che la
previsione  dei  poteri statali in questione violerebbe i principi di
sussidiarieta' e proporzionalita', per l'insussistenza delle esigenze
unitarie   che   possono   giustificare   l'avocazione   di  funzioni
amministrative da parte dello Stato.
    Le questioni sono in parte fondate.
    Come   si  e'  gia'  chiarito  nel  par.  18  a  proposito  della
formulazione  originaria  dell'art. 1-ter, comma 2, del decreto-legge
n. 239  del  2003, sulla base di quanto argomentato ai paragrafi 12 e
15,   non   e'   dubbio  che  la  disposizione  impugnata  intervenga
nell'ambito  della  materia  «produzione,  trasporto  e distribuzione
nazionale  dell'energia»,  ma  che,  al tempo stesso, la «chiamata in
sussidiarieta»  da  parte  dello  Stato del potere di determinare gli
indirizzi puo' essere giustificata sulla base della necessita' che in
questa  materia  sia  assicurata  una  visione  unitaria per l'intero
territorio nazionale. Peraltro, la rilevanza del potere di emanazione
degli  indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali di trasporto di
energia elettrica e di gas naturale sulla materia energetica, nonche'
la  sua  sicura  indiretta  incidenza  sul  territorio  e  quindi sui
relativi  poteri  regionali,  rende  costituzionalmente  obbligata la
previsione  di  un'intesa  in senso forte fra gli organi statali e il
sistema   delle  autonomie  territoriali  rappresentato  in  sede  di
Conferenza  unificata.  Al  contrario,  la mera attivita' di verifica
della  conformita'  dei  piani  di sviluppo annuali dei gestori delle
reti  di  trasporto,  in  conformita' agli indirizzi in materia, puo'
essere   esercitata   dal   solo   Ministro  preposto  alla  gestione
amministrativa  del  settore, trattandosi dell'esercizio di un potere
di  controllo,  a  limitata  discrezionalita', che si esplica a valle
dell'attivita'  di  selezione  e  disciplina degli interessi pubblici
operata  in sede di elaborazione - congiunta tra Stato ed autonomie -
di quegli indirizzi cui i suddetti piani debbono conformarsi.
    Va   pertanto   dichiarata   la   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 1, comma 24, lettera a), della legge n. 239 del 2004, nella
parte   in   cui,   sostituendo   il  comma 2,  dell'art. 1-ter,  del
decreto-legge  n. 239  del  2003,  non prevede che lo Stato emani gli
indirizzi  per  lo  sviluppo  delle  reti  nazionali  di trasporto di
energia  elettrica  e di gas naturale previa intesa con la Conferenza
unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281.
    29.  -  La  Regione  Toscana  e  la  Provincia autonoma di Trento
impugnano,  sotto  diversi  profili,  l'art. 1, comma 26, della legge
n. 239   del   2004,   che   ha   sostituito   i   commi  da  1  a  4
dell'art. 1-sexies   del   decreto-legge   n. 239   del  2003,  quale
convertito  in  legge,  con  modificazioni, dalla legge 290 del 2003,
introducendovi altresi' i nuovi commi 4-bis, 4-ter e 4-quater.
    La  Regione Toscana censura, per violazione degli artt. 117 e 118
Cost.  e  del  principio  di  leale  collaborazione, il nuovo comma 1
dell'art. 1-sexies, poiche' modificherebbe l'assetto delle competenze
introdotto  dal  d.lgs.  n. 112 del 1998, fondato sulla potenza degli
impianti  e sulla tensione delle reti di trasporto, sostituendolo con
il  criterio  dell'appartenenza  o  meno  degli  impianti  alla «rete
nazionale di trasporto dell'energia elettrica», cosi' rimettendo alla
discrezionalita'  del  Ministro  -  cui l'art. 3 del d.lgs. n. 79 del
1999   affida   l'individuazione   dell'ambito  di  tale  rete  -  la
determinazione  del  confine  fra  la  competenza  regionale e quella
statale, senza che sia previsto alcun coinvolgimento delle Regioni in
questa fase.
    La questione non e' fondata.
    Proprio  l'adozione  della  legge n. 239 del 2004 ha provveduto a
riordinare  l'intero  settore energetico ed al suo interno il settore
elettrico,  ivi  compresi  gli  atti  che determinano i confini delle
diverse   reti   di   interesse   nazionale:  in  questo  ambito,  in
particolare,  rilevano  le  previsioni  di  cui  all'art. 1, comma 7,
lettere g),  h),  e  i),  nonche',  con specifico riguardo al settore
elettrico,  le  previsioni  di  cui  all'art. 1, comma 8, lettera a),
punto  3,  disposizioni  queste  che,  sulla base di quanto deciso in
questa  stessa  pronuncia (cfr. i paragrafi 24, 25 e 26), contemplano
tutte  la presenza di adeguati strumenti di codecisione paritaria tra
lo Stato e il sistema delle autonomie regionali.
    30.  -  La  Regione  Toscana  e  la  Provincia autonoma di Trento
impugnano l'art. 1, comma 26, della legge n. 239 del 2004 anche nella
parte   in   cui  introduce  il  comma 4-bis  dell'art. 1-sexies  del
decreto-legge  n. 239  del  2003,  disponendo  che in caso di mancato
conseguimento dell'intesa con la Regione o le Regioni interessate nel
termine   prescritto   per   il   rilascio  dell'autorizzazione  alla
costruzione  ed  esercizio  degli elettrodotti, «lo Stato esercita il
potere  sostitutivo  ai  sensi  dell'art. 120 della Costituzione, nel
rispetto  dei  principi  di  sussidiarieta' e leale collaborazione ed
autorizza  le  opere  di  cui  al comma 1, con decreto del Presidente
della   Repubblica,   su  proposta  del  Ministro  per  le  attivita'
produttive  previo  concerto  con  il  Ministro dell'ambiente e della
tutela  del  territorio».  Questa  disposizione,  secondo  la Regione
Toscana,  contrasterebbe con l'art. 120 Cost. e il principio di leale
collaborazione,  in quanto prevederebbe e disciplinerebbe una ipotesi
di   potere   sostitutivo   statale   al  di  fuori  dei  presupposti
costituzionali.  Tale  potere,  inoltre, ad avviso della Provincia di
Trento,  non  sarebbe attribuito al Governo nella sua collegialita' e
comunque  -  secondo entrambe le ricorrenti - sarebbe inadeguatamente
definito  da  una  semplice  legge  ordinaria.  Ancora, le ricorrenti
sostengono   che   i  presupposti  per  il  suo  esercizio  sarebbero
individuati  non  solo  nella  paralisi  procedimentale imputabile ad
inerzia  della  Regione  ma  anche  in  ogni  tipo di dissenso, anche
pienamente  motivato,  con  un conseguente declassamento dei rapporti
fra  Regioni e Stato dal livello delle intese in senso forte a quello
delle  intese  in  senso  debole, come tali non idonee a garantire il
rispetto  del principio di leale collaborazione. Infine, fa osservare
la Provincia di Trento, oggetto della sostituzione sarebbe un atto di
autonomia  politica,  come  tale non sostituibile da un atto statale,
con la conseguenza che una predeterminazione del genere farebbe venir
meno la spinta a ricercare effettivamente l'intesa.
    La censura e' fondata.