IL TRIBUNALE

    Nel  procedimento  contro Panella Fabrizio, imputato come in atti
del delitto di cui agli artt. 216 e 223 legge fallimentare, consumati
in Udine l'undici gennaio 1996;
    Sentite le parti,

                            O s s e r v a

    L'udienza  preliminare  in questione e' stata fissata con decreto
del  10  giugno  1997  e  nel  corso  della relativa fase processuale
l'imputato ha presentato, oltre ad un paio di istanze di ricusazione,
quattro richieste di rimessione ex art. 45 c.p.p.
    La  penultima  istanza,  depositata  l'otto  luglio 2003, risulta
dichiarata inammissibile dalla Corte di cassazione il 6 novembre 2003
come da fax inviato a questo ufficio il giorno 11 novembre 2003.
    Il  giorno  stesso  di  tale  comunicazione  e'  stata presentata
ulteriore   istanza   di   rimessione   fondata   su  motivi,  almeno
formalmente,   diversi  dai  precedenti,  il  che  implica  ai  sensi
dell'art. 47,  comma  2  e  3  c.p.p.  come  modificati dalla legge 7
novembre  2002,  n. 248,  che  il processo debba essere sospeso prima
della  discussione  e che non possano essere pronunciati, allo stato,
ne' il decreto che dispone il giudizio ne' la sentenza di non luogo a
procedere.
    Dovendo,   dunque,   questo   giudice   applicare  nuovamente  la
sospensione di cui all'art. 47 c.p.p. risulta rilevante, nel processo
in  corso  avanti  a questa autorita' giudiziaria, la questione se il
relativo disposto sia coerente con le norme costituzionali.
    Di  tale  coerenza  si  dubita  alla luce dell'insegnamento della
Corte  costituzionale  che  nel riconoscere il contrasto con l'art. 3
della  Costituzione del previgente testo dell'art. 47 c.p.p. rilevava
come  «Contrariamente  a  quanto  prevedeva  il  precedente codice di
procedura penale, secondo il quale il procedimento per rimessione non
sospendeva l'istruzione o il giudizio, salvo ordinanza di sospensione
della  Corte  di  cassazione,  il vigente codice ha disposto che, nel
caso di rimessione, l'effetto sospensivo si produca automaticamente e
che al momento della decisione del processo operi una preclusione per
il  giudice  del dibattimento. Questa innovazione non ha pero' tenuto
conto   che  la  riproposizione  di  una  richiesta  gia'  dichiarata
inammissibile  o rigettata dalla Cassazione puo' dar luogo ad abusi e
ad  un  uso  dilatorio della richiesta stessa, basata su motivi anche
solo  in  apparenza  nuovi,  finalizzato  ad allontanare nel tempo la
decisione  di merito, con l'effetto di una probabile prescrizione dei
reati    e   di   inevitabili   riflessi   negativi   sull'efficienza
dell'amministrazione della giustizia.
    Nella  disciplina del codice, quindi, l'equilibrio fra i principi
di economia processuale e di terzieta' del giudice e' solo apparente,
dato  che  il  possibile  abuso processuale determina la paralisi del
procedimento,   tanto   da   compromettere   il  bene  costituzionale
dell'efficienza   del   processo   e  il  canone  fondamentale  della
razionalita' delle norme processuali.
    Invero il legislatore, pur essendo libero nella costruzione delle
scansioni  processuali,  non  puo' tuttavia scegliere un percorso che
possa   comportare,   sia   pure   in   casi   estremi,  la  paralisi
dell'attivita' processuale» (sentenza 14-22 ottobre 1996).
    Il  legislatore  con  l'innovazione introdotta, successivamente a
tale  pronuncia,  dalla  legge  7 novembre  2002,  n. 248,  oltre  ad
aumentare   le   fasi   in  cui  opera  la  sospensione,  ha  escluso
l'automatica sospensione solo nel caso di riproposizione dei medesimi
motivi  formulati  in  altra  istanza  gia'  rigettata  o  dichiarata
inammissibile,  ma  cosi'  non si e' fatto carico della necessita' di
prevenire possibili abusi dello strumento, secondo quanto evidenziato
dalla Corte costituzionale nella citata sentenza.
    L'argine  della  «novita»  dei  motivi, come gia' segnalato dalla
Corte  costituzionale,  essendo  rimesso  alle  capacita' dialettiche
della  parte  interessata,  e'  inidoneo,  vieppiu' ora che i casi di
rimessione  richiamano  anche  nozioni  generiche  come  il legittimo
sospetto.
    Se, in parte, i problemi connessi alla possibile prescrizione del
reato, sono risolti dal comma 4, dell'art. 47 c.p.p. permane evidente
la possibilita' che la sistematica riproposizione di una richiesta di
rimessione,   basata   su  motivi  anche  solo  in  apparenza  nuovi,
comprometta  irragionevolmente  l'efficienza  del  processo e conduca
alla sua possibile paralisi.
    Queste  considerazioni  sono ancor piu' pregnanti in virtu' della
modifica  dell'art. 111  della  Costituzione  che  avendo  imposto al
legislatore  di  assicurare  tempi  ragionevoli  al processo, obbliga
quest'ultimo  ad  evitare  qualsiasi disciplina processuale in cui vi
sia  un incongruo bilanciamento fra interesse tutelato ed effetti sul
processo della norma di tutela.
    Poiche'    l'accoglimento    della    richiesta   di   rimessione
travolgerebbe  comunque, seppur ex post, il provvedimento assunto dal
giudice  a  quo  (Cass.,  s.u.,  12 maggio  1995  -  16  giugno 1995,
n. 6925),  puo'  dubitarsi  che  sia  ragionevole,  in  tale  ottica,
ammettere  una  sospensione  tendenzialmente indefinita del processo,
anche  dopo  che  la  Corte  di  cassazione  abbia  gia'  verificato,
nell'esaminare  una prima istanza, la situazione ambientale in cui il
processo  si  sta  svolgendo (cfr., Corte cost. ord. 10 gennaio 1997,
n. 5).
    La  Corte costituzionale ha gia' ritenuto che anche l'esigenza di
assicurare  un giudizio che sia e appaia indiscutibilmente imparziale
non  puo'  essere  perseguita ad ogni costo, ma va contemperata con i
concorrenti  interessi  alla  speditezza  e  ragionevole  durata  dei
processi (Corte cost. sent. 1-21 marzo 2002, n. 78).