ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 10, 11 e 12 della delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 22 febbraio 2005 (disegno di legge n. 792), recante «Interventi per la rimozione delle carcasse di animali morti in allevamenti o abbandonati. Misure finanziarie urgenti e norme per l'assetto idrogeologico», promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, notificato il 2 marzo 2005, depositato in cancelleria il 9 marzo 2005 ed iscritto al n. 36 del registro ricorsi 2005; Udito nella camera di consiglio del 28 settembre 2005 il giudice relatore Paolo Maddalena; Ritenuto che, con ricorso notificato il 2 marzo 2005 e depositato il successivo 9 marzo, il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha promosso questione di legittimita' costituzionale degli articoli 10, 11 e 12 della delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 22 febbraio 2005 (disegno di legge n. 792), recante «Interventi per la rimozione delle carcasse di animali morti in allevamenti o abbandonati. Misure finanziarie urgenti e norme per l'assetto idrogeologico»; che, secondo il ricorrente, l'art. 10 del disegno di legge n. 792, attraverso il quale viene esclusa l'applicabilita' in Sicilia dell'art. 3, comma 9, ultimo capoverso, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modifiche ed integrazioni, violerebbe gli artt. 3 e 97 della Costituzione, giacche' consentirebbe la contestuale titolarita' ed esercizio, in capo al medesimo soggetto, della carica di direttore generale di una Azienda USL operante nel territorio siciliano e di un rapporto di lavoro dipendente, ancorche' in regime di aspettativa senza assegni, con la stessa USL; che, ad avviso del Commissario dello Stato, la sola esistenza di un contestuale rapporto di lavoro dipendente, seppure interrotto temporaneamente dall'aspettativa, costituisce una potenziale menomazione dell'imparzialita' richiesta per l'esercizio di una funzione di cosi' elevata responsabilita' quale quella di direttore generale, con inevitabili influenze sul suo corretto esercizio; che, peraltro, sussisterebbe disparita' di trattamento rispetto ai dipendenti delle Aziende sanitarie locali delle altre Regioni italiane, per i quali rimarrebbe applicabile l'incompatibilita' prevista dal decreto legislativo n. 502 del 1992, in assenza, peraltro, di qualsivoglia motivazione circa la peculiarita' della situazione siciliana; che, quanto alla denuncia dell'art. 11 della medesima delibera legislativa, la disposizione, nell'estendere al coniuge convivente l'indennita', prevista dall'art. 7 della legge regionale 1° agosto 1990, n. 20 (Interventi in materia di talassemia) a favore dei talassemici, in caso di morte del beneficiario, violerebbe gli articoli 3 e 97 della Costituzione, in quanto supererebbe i «limiti oggettivi connaturati alla materia disciplinata»; che, difatti, l'art. 7 della legge regionale n. 20 del 1990 prevede l'erogazione di un'indennita' vitalizia in favore del portatore di talassemia, indipendentemente dal reddito posseduto dallo stesso, quale contributo di solidarieta' per le spese derivanti dalle cure mediche e ristoro per i disagi e gli inconvenienti connessi a queste ultime; che, pertanto, la concessione di tale beneficio al coniuge superstite convivente in caso di decesso del titolare non corrisponderebbe alle finalita' perseguite dall'originario intervento legislativo, in quanto si risolverebbe in una «incondizionata» estensione del vitalizio, il quale, per sua natura, e' «strettamente connesso allo stato di malattia e alle precarie condizioni di vita del destinatario»; che, del resto, neppure dai lavori parlamentari si evincerebbero particolari ragioni a giustificazione della concessione di un nuovo vitalizio in favore di un soggetto (il coniuge superstite) che, fino a prova contraria, non e' affetto da talassemia; che, inoltre, lo stesso art. 11 contrasterebbe anche con l'art. 81, comma quarto, della Costituzione, perche' l'introduzione di una nuova potenziale categoria di beneficiari dell'indennita' comporterebbe «una nuova maggiore spesa che non trova nella disposizione ne' quantificazione ne' copertura»; che, infine, il Commissario dello Stato denuncia, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, l'art. 12 della stessa delibera legislativa, il quale sostituisce l'espressione «distanti oltre 20 chilometri», contenuta nel comma terzo dell'art. 7 della legge regionale n. 20 del 1990, con la parola «diversi»; che, secondo il ricorrente, tale modifica rimetterebbe alla discrezionalita' dell'amministrazione la corresponsione dell'indennita' chilometrica ai talassemici soggetti a cure in localita' diverse da quella di residenza; che, inoltre, la mancata indicazione di un termine certo per acquisire il diritto all'indennita' potrebbe vanificare l'intento originario del legislatore, rimettendone la soddisfazione alla valutazione di elementi non direttamente connessi alla titolarita' del diritto stesso, svuotandolo del suo contenuto, rendendolo difficilmente esercitabile. Considerato che il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha promosso, in riferimento agli articoli 3, 81, quarto comma, e 97 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli articoli 10, 11 e 12 della delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 22 febbraio 2005 (disegno di legge n. 792), recante «Interventi per la rimozione delle carcasse di animali morti in allevamenti o abbandonati. Misure finanziarie urgenti e norme per l'assetto idrogeologico»; che, successivamente all'impugnazione, la predetta delibera legislativa e' stata promulgata e pubblicata come legge della Regione Siciliana 9 marzo 2005, n. 3, con omissione di tutte le disposizioni oggetto di censura; che l'intervenuto esaurimento del potere promulgativo, che si esercita necessariamente in modo unitario e contestuale rispetto al testo deliberato dall'Assemblea regionale, preclude definitivamente la possibilita' che le parti della legge impugnate ed omesse in sede di promulgazione acquistino o esplichino una qualche efficacia, privando cosi' di oggetto il giudizio di legittimita' costituzionale (sentenza n. 351 del 2003); che pertanto, in conformita' alla giurisprudenza di questa Corte (ordinanze n. 32 e n. 131 del 2004; ordinanze n. 169 e n. 293 del 2005), deve dichiararsi cessata la materia del contendere.