ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
sorto  a seguito del decreto del Ministro dell'interno 6 maggio 2004,
prot.  n. 1004/100  -  1158,  che  ha  apposto  il  segreto  di Stato
sull'area  denominata  «Villa  La  Certosa», in localita' Punta della
Volpe  (Olbia), in locazione all'attuale Presidente del Consiglio dei
ministri  (decreto  a  sua  volta  segretato con nota 2 ottobre 2004,
prot.  n. 1004/110 - 1933/2 del Ministero dell'interno, Gabinetto del
Ministro,  Segreteria  speciale);  della  nota del Sottosegretario di
Stato  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei ministri del 23 dicembre
2004,  prot.  n. 6000.2.4.1/66279/STP,  che  -  in  forza  di  delega
conferitagli dal Presidente del Consiglio dei ministri il 21 dicembre
2004  - ha confermato l'esistenza del segreto di Stato su detta area,
promosso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tempio
Pausania, in persona del suo Procuratore capo, con ricorso depositato
il  15 gennaio 2005 ed iscritto al n. 282 del registro ammissibilita'
conflitti;
    Visto  l'atto  di  intervento  dell'associazione  «Friends of the
earth  international  -  Amici  della Terra» - Delegazione Sardegna e
dell'associazione «Gruppo di intervento giuridico»;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 25 maggio 2005 il giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Ritenuto  che,  con  ricorso  depositato  il  15 gennaio 2005, la
Procura  della  Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania, in
persona   del   suo  Procuratore  capo,  ha  sollevato  conflitto  di
attribuzione  tra poteri dello Stato nei confronti del Presidente del
Consiglio  dei  ministri e del Governo della Repubblica, in relazione
al   decreto   del   Ministro   dell'Interno 6 maggio   2004,   prot.
n. 1004/101158,   che  ha  disposto  l'assoggettamento  dell'area  in
localita'  Punta  della  Volpe,  denominata  «Villa La Certosa», alle
previsioni  di  cui  all'art. 12  della legge 24 ottobre 1997, n. 801
(Istituzione  e  ordinamento  dei  servizi  per  le informazioni e la
sicurezza   e   disciplina  del  segreto  di  Stato),  interdicendone
l'accesso  «allo  scopo  di preservare la conoscibilita' dei luoghi»,
nonche'  in  relazione  alla  nota  del sottosegretario di Stato alla
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  in data 23 dicembre 2004,
prot. n. 6000.2.4.1/66279/STP,  che  - a cio' delegato dal Presidente
del Consiglio dei ministri - ha confermato l'esistenza del segreto di
Stato sulla predetta area;
        che,  premette  il  ricorrente,  la  Procura della Repubblica
presso  il  Tribunale  di  Tempio  Pausania  aveva avviato, in base a
notizie  giornalistiche  e successive relazioni del Corpo forestale e
di  vigilanza ambientale, un procedimento penale, prima nei confronti
di   persone   da  individuare,  e,  successivamente,  nei  confronti
dell'amministratore  della  societa'  proprietaria  di  un'area di 50
ettari   in  localita'  Punta  Lada-Porto  Rotondo,  nella  quale  si
ipotizzava  la  realizzazione  di  opere  edilizie  in  assenza della
prescritta  concessione e/o in difformita' dalle autorizzazioni a suo
tempo rilasciate, in violazione delle prescrizioni di cui al d.P.R. 6
giugno 2001,  n. 380  (Testo  unico  delle disposizioni legislative e
regolamentari  in  materia edilizia), nonche' all'art. 163 del d.lgs.
29 ottobre  1999,  n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative
in  materia  di  beni  culturali  e  ambientali,  a norma della legge
8 ottobre  1997,  n. 352)  e  ora  all'art. 142 del d.lgs. 22 gennaio
2004,  n. 42  (Codice  dei  beni  culturali e del paesaggio, ai sensi
dell'art. 10  della legge 6 luglio 2002, n. 137), trattandosi di area
sottoposta a vincoli paesaggistici;
        che,  al  fine  di  verificare  lo  stato  dei  luoghi,  e la
sussistenza  di  eventuali  reati,  la Procura di Tempio Pausania, in
data  11 maggio  2004,  aveva disposto un'ispezione all'Interno della
proprieta' «Villa La Certosa»;
        che, a seguito della notifica di questo decreto di ispezione,
il  difensore  del  proprietario dell'area segnalava, con una lettera
del  26 maggio  2004,  la  circostanza  che  una  parte dei lavori in
oggetto  era  stata coperta da segreto di Stato, pregando altresi' il
magistrato   inquirente   di   voler   «soprassedere   dall'eventuale
disposizione di ispezioni o sopralluoghi»;
        che la Procura veniva incontro a tale richiesta del difensore
sino  alla  indiretta conoscenza della nota del Capo di gabinetto del
Ministero dell'interno, 8 giugno 2004, prot. n. 1004/1101102/4, nella
quale  si  affermava  che  l'area in questione era stata assoggettata
alle previsioni dell'art. 12 della legge n. 801 del 1997;
        che,  a  seguito  di  tale informativa, la Procura ricorrente
richiedeva  -  con  nota  riservata  del  27 agosto  2004  diretta al
Ministero  dell'Interno e al Comitato per i servizi di informazione e
sicurezza  (CESIS)  -  la  collaborazione di questi ultimi al fine di
«consentire  l'espletamento  dell'attivita'  ispettiva, sottolineando
peraltro  la  non opponibilita', in sede di ispezione dei luoghi, del
decreto di apposizione del segreto di Stato sull'area in questione»;
        che, in data 7 settembre 2004, la Procura adottava un secondo
decreto  di  ispezione  di luoghi, con riferimento alle pertinenze di
Villa La Certosa;
        che,   in   data   9   e   10 settembre  2004,  il  Ministero
dell'Interno, Gabinetto del Ministro, Segreteria speciale, comunicava
alla Procura che l'area di Villa La Certosa era stata dichiarata, con
decreto  del  Ministro dell'Interno del 6 maggio 2004, «soggetta alla
previsioni di cui all'art. 12 della legge n. 801 del 1997» e che, «in
applicazione  del  citato d.m., e' espressamente interdetto l'accesso
all'area  in  oggetto, allo scopo di preservare la conoscibilita' dei
luoghi»;
        che il tentativo della Procura della Repubblica di procedere,
in  data  14 settembre  2004, alla surrichiamata ispezione dei luoghi
veniva reso impossibile dalla affermazione da parte di rappresentanti
ministeriali  che,  in  base  al  d.m.  6 maggio  2004  del  Ministro
dell'Interno,  «tali  luoghi  e  fabbricati  ivi  esistenti  non sono
conoscibili ne' ispezionabili neppure dall'Autorita' giudiziaria»;
        che,   successivamente,   perveniva   alla  Procura  la  nota
2 ottobre  2004, prot. n. 1004/110-1933/2 del Ministero dell'interno,
Gabinetto  del  Ministro  -  Segreteria  speciale,  con  la  quale si
trasmetteva  il  decreto con cui il ministro aveva apposto il segreto
di  Stato,  precisandosi  pero' che il documento, inviato a soli fini
processuali, avrebbe dovuto, una volta consultato e visionato, essere
restituito, senza essere riprodotto;
        che  il  ricorrente,  con  nota  riservata in data 3 novembre
2004, richiedeva al Presidente del Consiglio, di «comunicare entro il
termine   di  60  giorni,  cosi'  come  analogamente  previsto  dagli
artt. 202  e  256  cod.  proc.  pen., l'esistenza e la attualita' del
segreto»;
        che,  con  la  nota  impugnata,  in data 23 dicembre 2004, il
sottosegretario  di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri,
su  delega  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, confermava
«l'esistenza  del  segreto  di  Stato  sull'area ubicata in localita'
Punta  di  Volpe  detta  «Villa  La  Certosa»,  in  quanto rientrante
nell'oggetto  di  tutela indicato dall'art. 12 della legge n. 801 del
1997»:  cio'  in quanto l'area in questione sarebbe stata individuata
quale  «sede alternativa di massima sicurezza» per «l'incolumita' del
Presidente del Consiglio, dei suoi familiari e dei suoi collaboratori
e  per  la  continuita'  dell'azione  di Governo», nell'ambito di una
«pianificazione  nazionale  antiterrorismo  che, tra l'altro, prevede
particolari modalita' di tutela per la alte cariche dello Stato»;
        che,  cio' premesso in fatto, la Procura ricorrente espone le
ragioni   di   diritto   a   sostegno   del  sollevato  conflitto  di
attribuzione, rilevando, quanto alla ammissibilita' del ricorso sotto
il   profilo  soggettivo,  che  secondo  la  costante  giurisprudenza
costituzionale  il pubblico ministero sarebbe legittimato a sollevare
conflitto  di  attribuzione  tra  i  poteri  dello  Stato  «in quanto
titolare   diretto  ed  esclusivo  -  ai  sensi  dell'art. 112  Cost.
dell'attivita'  di  indagine  finalizzata  all'esercizio obbligatorio
dell'azione penale»;
        che  «uguale  legittimazione» dovrebbe riconoscersi «sul lato
passivo» sia al Presidente del Consiglio dei ministri, sia al Governo
della  Repubblica  nel  suo  complesso:  il  primo,  infatti, sarebbe
l'organo deputato a dichiarare definitivamente la volonta' del potere
cui  appartiene, in relazione alla tutela, apposizione, opposizione e
conferma  del  segreto  di  Stato; il secondo, dal canto suo, sarebbe
comunque   il   soggetto   «cui   l'atto   impugnato  deve  ritenersi
imputabile»;
        che, dal punto di vista oggettivo, non vi sarebbe dubbio che,
nel caso concreto, si controverta in ordine alla «delimitazione della
sfera  di  attribuzioni  determinata  per  i  vari  poteri  da  norme
costituzionali»,   dal   momento   che   si   lamenta  «l'illegittima
apposizione  del segreto di Stato da parte del potere esecutivo, tale
da  determinare  una  menomazione delle competenze costituzionalmente
spettanti al pubblico ministero»;
        che,  in  relazione  al merito, il ricorrente afferma che gli
atti  impugnati  gli  impedirebbero  di  procedere «all'ispezione dei
luoghi  e  delle cose ai fini della individuazione dei fatti di reato
per  i  quali (...) procede» e dunque di svolgere le attivita' che il
codice  di  procedura penale configura come preordinate all'eventuale
esercizio dell'azione penale;
        che,  nella  specie,  la opposizione del segreto di Stato, da
parte  del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, in forza di
puntuale  delega  del  Presidente  del  Consiglio,  sia  da parte del
Ministro    dell'interno,    sarebbe   da   ritenere   «assolutamente
illegittima»;
        che  tale  illegittimita'  deriverebbe,  quanto  al  Ministro
dell'interno,  dalla  circostanza  che la determinazione in questione
sarebbe  stata  adottata  «al  di fuori di qualsiasi (...) previsione
legislativa  di  competenza»; e, quanto al Ministro dell'interno e al
sottosegretario alla Presidenza, perche' adottata «con riferimento ad
un'ipotesi  (l'ispezione  dei luoghi) non rientrante nella disciplina
della legge 24 ottobre 1977, n. 801»;
        che,  in  ogni  caso,  la  illegittimita'  dipenderebbe dalla
circostanza che gli atti in questione sarebbero stati posti in essere
«al  di  fuori  delle  ipotesi  previste dalla disciplina vigente del
segreto  di  Stato»,  cosi'  come  emergerebbe  anche alla luce della
giurisprudenza costituzionale sul punto;
        che,  in  relazione  al primo di tali aspetti, nel ricorso si
afferma come «la sicurezza dello Stato sia attribuita dal legislatore
esclusivamente  al  Presidente del Consiglio dei ministri», e non «al
Governo nella sua collegialita' o a singoli Ministri»;
        che, in relazione al secondo aspetto, invece, si osserva come
le  ispezioni,  le  perquisizioni  e  gli  altri mezzi processuali di
ricerca   della  prova  non  conoscerebbero  «limitazione  alcuna  in
dipendenza  della  normativa  speciale  sul  segreto  di  Stato», dal
momento  che limitazioni sussisterebbero solo per la testimonianza ed
il  sequestro,  ai  sensi  rispettivamente  degli artt. 202 e 256 del
codice  di  rito, non essendo in vigore analoga normativa concernente
le ispezioni;
        che, peraltro, secondo il ricorrente, il segreto di Stato non
potrebbe  essere  apposto  su «luoghi», non potendosi interpretare in
tal  senso il riferimento ad «ogni altra cosa» contenuto nell'art. 12
della  legge  n. 801  citata,  sia  in  quanto  non sarebbe possibile
identificare  «un  luogo  con una cosa», sia in quanto la apposizione
del segreto sarebbe finalizzata ad evitare il rischio derivante dalla
diffusione del contenuto di atti, documenti o notizie, nonche' «dalle
informazioni  desumibili  da  una  cosa», e percio' stravolgerebbe il
dettato  normativo «estendere il concetto di diffusione fino al punto
di  ricomprendervi  anche  i  luoghi,  intesi  in  senso strettamente
materiale»;
        che, d'altronde, come ribadito anche dalla sentenza n. 86 del
1977  di  questa Corte, al principio di segretezza sarebbe consentito
«incidere  (...)  su  valori  parimenti  rilevanti dal punto di vista
costituzionale,  quali  quelli tutelati dal potere giudiziario», solo
nei  casi  tassativamente  previsti  dalla  legge,  tra  i  quali non
rientrerebbe il caso in questione;
        che,   ad   ulteriore   sostegno  delle  tesi  sostenute,  il
ricorrente  richiama  le sentenze di questa Corte n. 410 e n. 110 del
1998,  nelle  quali  si  afferma  che  «onde  evitare  un'alterazione
dell'equilibrio   dei  rapporti  tra  potere  esecutivo  e  autorita'
giudiziaria,  l'esistenza  del  segreto di Stato non puo' impedire al
pubblico  ministero  di  indagare  sui  fatti  a  cui si riferisce la
notitia  criminis,  e di esercitare, se del caso, l'azione penale, ma
ha  il  solo effetto di inibire la utilizzazione di prove coperte dal
segreto, ove illegittimamente acquisite»;
        che,  inoltre,  la  Procura  ricorrente  evidenzia come - per
effetto  dei provvedimenti che hanno dato causa al conflitto - l'area
in  questione  risulterebbe  «sottratta  a  qualsivoglia controllo di
legalita», determinandosi in tal modo la conseguenza secondo la quale
il  Presidente  del Consiglio, i suoi familiari, i suoi collaboratori
ed  i  suoi  ospiti  godrebbero  in  essa  di una sorta di «immunita'
territoriale»,   estesa   anche   a   fatti   ed  atti  non  connessi
all'esercizio     delle     funzioni     istituzionali     creandosi,
conseguentemente,  «un  regime  differenziato  riguardo all'esercizio
della giurisdizione, in particolare quella penale»;
        che,   ancora,   la  apposizione  del  segreto  non  potrebbe
giustificarsi neppure con la necessita', affermata nella nota in data
23 dicembre  2004  del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio,
di salvaguardare l'incolumita' del Presidente del Consiglio, dei suoi
familiari  e  dei suoi collaboratori, in quanto cio' giustificherebbe
la  predisposizione di un adeguato e specifico apparato di sicurezza,
anche  a  presidio  dei  luoghi  in cui egli dimora o transita ma non
«l'assoggettamento  a  segreto  di Stato di un'intera area privata in
maniera stabile e permanente»;
        che,  da  ultimo,  la  apposizione  del  segreto, nel caso in
questione,  non  potrebbe  giustificarsi in relazione all'esigenza di
«preservare  la  conoscibilita'  dei  luoghi»,  in considerazione del
fatto  che  «una  dettagliata  descrizione  - corredata di fotografie
dell'attuale   residenza   secondaria»  dell'attuale  Presidente  del
Consiglio» sarebbe gia' stata divulgata da alcune pubblicazioni;
        che,  in  data  21 febbraio  2005,  hanno  depositato atto di
intervento   ad  adiuvandum  l'associazione  «Friends  of  the  earth
international  -  Amici  della  Terra»  associazione  non governativa
ambientalista,  riconosciuta  con  d.m.  20 febbraio 1987, ex art. 13
della   legge   n. 349   del  1986,  nonche'  l'associazione  «Gruppo
d'intervento  giuridico», associazione ambientalista non riconosciuta
ex artt. 36 e ss. cod. civ;
        che,   successivamente,   il  ricorrente  ha  depositato  una
memoria, nella quale, oltre ad insistere nel ricorso, chiede a questa
Corte   di  ordinare  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri
l'esibizione  del  decreto  del  Ministro dell'interno 6 maggio 2004,
nonche'  del  verbale di sopralluogo che sarebbe stato compiuto nella
zona  oggetto del segreto da una non precisata autorita' e di cui era
stato disposto il divieto di divulgazione;
        che,  con  nota 13 maggio 2005, n. 10041110-963/4, il Capo di
gabinetto  del  Ministro  dell'interno  informava  la  Procura  della
Repubblica  di  Tempio  Pausania  che il Presidente del Consiglio dei
ministri aveva comunicato al Ministro, con lettera 10 maggio 2005, la
sua  volonta'  di  consentire, avvalendosi delle prerogative previste
dal   decreto  in  data  6 maggio  2004,  n. 10041110-115812  (5047),
l'accesso all'area «in questione» «ai fini di procedere all'ispezione
richiesta» dalla Procura;
        che,  a seguito di tale atto, il ricorrente ha depositato una
nuova  memoria,  nella  quale  insiste  nel  ricorso  affermando  che
l'assenso  all'accesso  alla  localita'  Punta  della  Volpe  e  alla
effettuazione  dell'ispezione dei luoghi non potrebbe equivalere alla
revoca del decreto che illegittimamente aveva apposto il segreto;
        che,  in  data  16 luglio  2005,  l'Avvocatura generale dello
Stato, riferendo di aver ricevuto la notifica dell'atto di intervento
in  giudizio  di  «Friends  of  the earth international - Amici della
Terra»,  ha fatto pervenire a questa Corte il verbale di ispezione ex
art. 244  e  ss.  cod.  proc.  pen.  dell'area  di «Villa La Certosa»
eseguita  dalla Procura della Repubblica di Tempio Pausania il 20, 22
e  23  giugno 2005,  nonche'  il verbale del sopralluogo sui medesimi
luoghi  svolto l'11 luglio 2005 dal direttore del Servizio tutela del
paesaggio di Sassari della Regione autonoma della Sardegna;
        che  il ricorrente ha depositato una ulteriore memoria, nella
quale,  pur  dando  atto  della  effettuazione dell'ispezione, di cui
viene depositato il relativo verbale, ribadisce le proprie richieste,
escludendo  che  l'assenso  all'accesso  sui  luoghi  e  la effettiva
ispezione   degli   stessi   possano  determinare  una  pronuncia  di
cessazione  della  materia  del  contendere,  dal  momento che alcuni
effetti  giuridici  si  sarebbero  comunque  prodotti  e residuerebbe
l'interesse  del  ricorrente a ottenere una decisione sulla spettanza
delle  attribuzioni in contestazione, che rappresenterebbe «l'oggetto
principale  del  giudizio  di questa Corte, in base all'art. 38 della
legge n. 87 del 1953».
    Considerato   che   in   questa   fase   del  giudizio,  a  norma
dell'art. 37,  terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87
(Norme   sulla   costituzione   e   sul   funzionamento  della  Corte
costituzionale),  questa Corte e' chiamata a decidere, con ordinanza,
se  il  ricorso sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra
le  parti,  se  sussistano  i  requisiti soggettivi e oggettivi di un
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato;
        che,  in relazione alla sussistenza dei requisiti soggettivi,
in  conformita'  alla  costante  giurisprudenza di questa Corte, deve
essere   riconosciuta   la   legittimazione   del  Procuratore  della
Repubblica  presso  il  Tribunale  di  Tempio  Pausania  a  sollevare
conflitto  di  attribuzione,  in quanto organo direttamente investito
delle  funzioni  previste  dall'art. 112  della Costituzione e dunque
gravato  dell'obbligo di esercitare l'azione penale e le attivita' di
indagine a questa finalizzate;
        che,  ancora,  dal  punto  di vista soggettivo, nessun dubbio
puo' sussistere sulla legittimazione del Presidente del Consiglio dei
ministri  a  resistere  al  conflitto,  in quanto organo competente a
dichiarare  definitivamente  la volonta' del potere cui appartiene in
ordine  alla  tutela, apposizione, opposizione e conferma del segreto
di  Stato,  non solo sulla base della legge n. 801 del 1977, ma, come
questa  Corte  ha  gia' piu' volte chiarito, anche alla stregua delle
disposizioni   costituzionali   che  ne  delimitano  le  attribuzioni
(sentenze  n. 410 e n. 110 del 1998, n. 86 del 1977; ordinanza n. 426
del 1997);
        che,  con  riferimento  ai presupposti oggettivi, il ricorso,
che  ha come oggetto l'asserita menomazione dei poteri dell'autorita'
giudiziaria  in  conseguenza  degli  atti  ministeriali impugnati, e'
indirizzato  alla garanzia della sfera di attribuzioni determinata da
norme  costituzionali, in quanto la lesione lamentata dal Procuratore
della   Repubblica   ricorrente   concerne   funzioni   riconducibili
all'art. 112 della Costituzione;
        che,  peraltro, nelle more dell'attuale fase del giudizio, e'
intervenuta  la nota del Ministero dell'interno n. 1004/110-96314 del
13 maggio  2005,  con  la  quale,  rappresentandosi  espressamente la
volonta'  del Presidente del Consiglio dei ministri, si e' consentito
al  Procuratore  della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di  Tempio
Pausania  di  accedere  all'area  gia'  oggetto  del provvedimento di
apposizione  del segreto di Stato «ai fini di procedere all'ispezione
richiesta»,  e  che tale ispezione e' stata pienamente effettuata, in
attuazione  del relativo decreto, nelle date 20, 22 e 23 giugno 2005,
alla presenza del difensore dell'indagato e di funzionari del CESIS;
        che,   su   proposta   degli  stessi  funzionari  del  CESIS,
l'ispezione  si  e' estesa anche a «siti non menzionati espressamente
nel  decreto  di ispezione datato 7 settembre 2004» ed in particolare
alle «opere di piu' recente realizzazione», nell'asserito «spirito di
leale  collaborazione  tra  i  poteri dello Stato e nell'ottica della
sempre   piu'   ampia   collaborazione  con  l'autorita'  giudiziaria
procedente» (secondo quanto risulta dal relativo verbale);
        che,  di  conseguenza, il compimento dell'ispezione, ai sensi
dell'art. 244  e  seguenti  del  codice di procedura penale, da parte
dell'autorita' giudiziaria ricorrente ha rimosso l'ostacolo frapposto
all'esercizio  del  potere d'indagine spettante alla stessa autorita'
giudiziaria,  cosi'  da  far  venir  meno,  allo stato, l'oggetto del
conflitto;
        che,  in  relazione ai lamentati possibili effetti sui poteri
dell'autorita'   ricorrente   derivanti  dal  trascorrere  del  tempo
relativo  allo  svolgimento  della  vicenda,  si  tratta  di una mera
situazione  di fatto, comunque non rimediabile anche a seguito di una
ipotetica pronuncia di questa Corte sul merito del conflitto;
        che  questa  Corte,  in  sede di risoluzione dei conflitti di
attribuzione  tra i poteri dello Stato, e' chiamata a giudicare, come
confermato   dalla  costante  giurisprudenza  (cfr.,  per  tutte,  la
sentenza  n. 420 del 1995), su conflitti non astratti o ipotetici, ma
attuali e concreti;
        che,  conseguentemente,  essendo  venuta  meno la materia del
contendere,  il  conflitto  deve  essere dichiarato inammissibile per
difetto del requisito oggettivo.