IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso in appello n. 1265/99, proposto da Fiorica Pietro, Incardona Angelo, Incardona Pietro e Cottone Giuseppe, rappresentati e difesi dall'avv. Salvatore Pensabene Lionti, con domicilio eletto in Palermo, via G. Giusti, 45 presso lo studio dello stesso; Contro l'Assessorato dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione della Regione Siciliana, in persona dell'assessore pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, in via Alcide De Gasperi, 81 e' per legge domiciliato; per l'annullamento della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sede di Palermo, (sez. I) n. 271 del 1° febbraio 1999. Visto il ricorso, con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato per l'assessorato appellato; Vista la decisione n. 565/05 del 2 novembre 2001; Visto l'atto di riassunzione del 5 novembre 2002; Visti gli atti tutti del giudizio; Relatore, alla pubblica udienza del 24 febbraio 2005, il consigliere Ermanno de Francisco; Uditi, altresi', l'avv. S. Pensabene Lionti per gli appellanti e l'avv. dello Stato Caserta per l'assessorato appellato; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. F a t t o Viene in decisione l'appello avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha respinto il ricorso di primo grado per l'annullamento del decreto del 20 aprile 1995. con il quale l'Assessorato regionale ai beni culturali e ambientali sottoponeva a vincolo di temporanea immodificabilita' la fascia costiera del territorio del Comune di Realmonte (AG) - decreto poi integrato, con avviso pubblicato nella G.U.R.S. del 24 febbraio 1996, in quanto originariamente mancante della necessaria planimetria - nel cui ambito ricadeva una porzione immobiliare dei ricorrenti relativamente alla quale, in favore di questi ultimi, erano state rilasciate due concessioni edilizie. Questo Consiglio si e' pronunziato sul presente appello con precedente ordinanza 2 novembre 2001, n. 565, con cui: 1) e' stato dichiarato inammissibile e infondato il quarto motivo di appello (censurante l'irregolare composizione della Commissione provinciale per le bellezze naturali relativamente al numero di esperti presenti ed alla loro nomina), per omessa impugnazione degli atti di nomina degli esperti adottati dalla regione (l'ordinanza, in parte qua, mostra di avere natura di sentenza, avendo definitivamente statuito su un capo di domanda); 2) e' stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 31 del d.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805, per contrasto con l'art. 128 della Costituzione per lesione dell'autonomia dei comuni, nella parte in cui non include tra i componenti della predetta Commissione provinciale il sindaco del comune interessato - oltre che nella premessa dell'insussistenza di un vizio di violazione di legge per la mancata previsione della partecipazione del sindaco ai lavori della commissione, essendosi ritenuto tacitamente abrogato dal citato d.P.R. l'art. 2 della legge n. 1497/1939 (anche in parte qua l'ordinanza denota natura di sentenza) - perche' l'ambiente e' stato qualificato come valore costituzionalmente garantito in se' e sottratto, come tale, alla specifica competenza dell'ente territoriale; 3) e' stata, invece, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale relativa, sotto altro profilo, allo stesso art. 31 del d.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805, per l'eccesso di delega conseguente al sospettato contrasto con l'art. 76 Cost. dell'art. 2, comma 2, della legge 29 gennaio 1975, n. 5, che, nel delegare il Governo «a disciplinare la struttura degli uffici per il definitivo assetto funzionale del Ministero [per i beni culturali e ambientali] ed a riorganizzare gli organi consultivi relativi alle materie trasferite» ai sensi del comma 1 dello stesso art. 2, omette di prefissare al legislatore delegato qualsiasi principio o criterio direttivo cui il Governo si sarebbe dovuto attenere; 4) conseguentemente, e' stata disposta la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. La Corte costituzionale, con ordinanza 9 luglio 2002, n. 330, ha tuttavia dichiarato la questione manifestamente inammissibile, per non avere il giudice remittente specificamente valutato se le modificazioni (di cui appresso) intervenute nel quadro normativo gia' anteriormente all'ordinanza di rimessione avessero inciso, in senso negativo, sulla perdurante rilevanza della questione sollevata. Sul punto la Corte costituzionale aveva, in particolare,«considerato che, anteriormente all'ordinanza di rimessione, il d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, ... con l'art. 166 ha abrogato la legge 29 giugno 1939, n. 1497, recando una diversa disciplina dei beni soggetti a tutela e fissando, altresi', una nuova composizione della Commissione provinciale (art. 140), che vede la partecipazione, tra gli altri, dei sindaci dei comuni interessati», e «che, inoltre, l'art. 17 del d.P.R. 29 dicembre 2000, n. 441, ... ha abrogato, tra gli altri, il d.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805, ed in precedenza - sempre in data anteriore all'ordinanza di rimessione - il d.lgs. 20 ottobre 1998, n. 368, in luogo del Ministero per i beni culturali e ambientali, ha istituito il Ministero per i beni e le attivita' culturali». Dopo la comunicazione dell'ordinanza di inammissibilita' della Corte, il presente giudizio e' stato riassunto dalla parte appellante, la quale ha insistito per l'accoglimento dell'appello, «previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, della legge n. 5 del 1975 e dell'art. 31, comma 6, del d.P.R. n. 805 del 1975». All'odierna udienza la causa e' stata trattenuta in decisione. D i r i t t o Alla stregua di quanto esposto nella narrativa in fatto che precede, il Collegio e' chiamato a rivalutare la rilevanza della questione di costituzionalita' gia' sottoposta alla Corte costituzionale e da quest'ultima dichiarata manifestamente inammissibile con ordinanza 9 luglio 2002, n. 330, «in mancanza di ogni argomentazione al riguardo»; ferme peraltro restando le statuizioni gia' rese e le valutazioni gia' compiute dalla succitata ordinanza n. 565/01, di questo Consiglio di giustizia amministrativa. Orbene, in ordine alla perdurante rilevanza della questione di costituzionalita' dell'art. 31 del d.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805, per eccesso di delega conseguente al contrasto con l'art. 76 Cost. dell'art. 2, comma 2, della legge 29 gennaio 1975, n. 5 - che, nel delegare il Governo «a disciplinare la struttura degli uffici per il definitivo assetto funzionale del Ministero [per i beni culturali e ambientali] ed a riorganizzare gli organi consultivi relativi alle materie trasferite» ai sensi del comma 1 dello stesso art. 2, omette nel comma 2 (al contrario che nel comma 1) di prefissare al legislatore delegato qualsiasi principio o criterio direttivo cui il Governo si sarebbe dovuto attenere nell'esercizio della delega - il Collegio, in attuazione della ricevuta sollecitazione al riesaminare della rilevanza della questione de qua, ritiene di poter osservare quanto appresso. Nel presente giudizio di impugnazione di atti amministrativi si controverte della legittimita' del decreto del 20 aprile 1995, con il quale l'Assessorato regionale ai beni culturali e ambientali sottoponeva a vincolo di temporanea immodificabilita' la fascia costiera del territorio del Comune di Realmonte (AG); decreto poi integrato, con avviso pubblicato nella G.U.R.S. del 24 febbraio 1996, in quanto originariamente mancante della necessaria planimetria. In tali date era vigente l'art. 31, comma 6, del citato d.P.R. n. 805/1975, emanato in forza dell'art. 2, comma 2, della citata legge n. 5/1975. Ne consegue, in forza del principio tempus regit actum, che la legittimita' o meno del provvedimento amministrativo impugnato - cioe' cio' di cui si controverte nel presente giudizio e, dunque, il relativo esito - non puo' che essere valutata con riferimento a detti parametri normativi per quali vigenti, nell'ordinamento giuridico, all'epoca in cui venne emanato il provvedimento qui impugnato. Con il corollario che, ove fosse fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, della legge n. 5 del 1975, andrebbe ritenuto invalidamente emanato anche l'art. 31, comma 6, del citato d.P.R. n. 805 del 1975, con conseguente difetto di composizione della commissione ivi disciplinata (in quanto diversa da quella anteriormente prevista in forza del previgente art. 2 della legge n. 2497 del 1939) ed illegittimita' derivata del procedimento all'esito del quale e' stato adottato il provvedimento amministrativo qui impugnato; correlativamente, il ricorso dovrebbe in quest'ipotesi essere accolto, laddove invece dovrebbe essere respinto nell'opposta ipotesi di infondatezza della suddetta questione di legittimita' costituzionale. Ne' sembrano dispiegare rilievo, nel caso di specie, le circostanze - ampiamente riferite nella narrativa in fatto che precede - cui ha fatto riferimento la Corte costituzionale nell'ord. n. 330 del 2002, in ordine alle quali questo giudice a quo effettivamente non ha inizialmente motivato (implicitamente assumendo, a quanto e' dato supporre, che il giudizio sull'atto amministrativo si debba svolgere alla stregua del parametro costituito dalle norme vigenti al momento dell'adozione di tale atto e, percio', anche alla stregua della legittimita' costituzionale di esse a tale data, indipendentemente dalla loro successiva abrogazione: salvo il caso, che pero' non ricorre nel caso di specie, di loro caducazione con effetto retroattivo). In tal guisa rinnovata ed esplicitata, come richiesto dalla richiamata ordinanza della Corte costituzionale, la valutazione sulla (perdurante) sua rilevanza, non ci si puo' pertanto esimere dal riproporre, con la presente ordinanza, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, della legge 29 gennaio 1975, n. 5, e, derivativamente, dell'art. 31 (con particolare riferimento al relativo comma 6) del d.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805, per contrasto con l'art. 76 Cost., in quanto detto comma 2, nel delegare il Governo «a disciplinare la struttura degli uffici per il defmitivo assetto funzionale del Ministero [per i beni culturali e ambientali] ed a riorganizzare gli organi consultivi relativi alle materie trasferite» ai sensi del comma 1 dello stesso art. 2, omette nel comma 2 (al contrario che nel comma 1) di prefissare al legislatore delegato qualsiasi principio o criterio direttivo cui il Governo si sarebbe dovuto attenere nell'esercizio della delega; con il corollario o della radicale illegittimita' sia della norma delegante sia di quella delegata, ovvero di quest'ultima nella parte in cui, nel riscontrato difetto di parametri-guida, ha travalicato il minimale potere di riassetto della materia delegata innovando, al di la' dei limiti consentiti da un mero riassetto della materia, al sistema legislativo previgente. E' riservato al merito ogni profilo in rito, nel merito e sulle spese.