LA CORTE DEI CONTI

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza n. 266/2005 nel giudizio di
pensione  civile  iscritto  al  n. 27230  del  registro di segreteria
promosso  ad  istanza  di Marino Nicola, rappresentato e difeso dagli
avv.   Paolo   e   Maurizio   Guerra,  nei  confronti  del  Ministero
dell'economia e delle finanze.
    Visto  l'atto  introduttivo  del  giudizio depositato il 6 agosto
2002.
    Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale.
    Uditi  alla pubblica udienza del 18 aprile 2005 l'avv. Alessandro
Maggio,  su  delega  dell'avv. Paolo Guerra, per il ricorrente, ed il
dott.  Pietro  Di  Giovanni  per  il  Ministero dell'economia e delle
finanze.

                              F a t t o

    L'odierno ricorrente, titolare di pensione privilegiata tabellare
n. 4082652  concessa  dal  Ministero  della  difesa  ed  erogata  dal
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,  con  atto depositato il
6 agosto  2002  ha  lamentato  la  mancata  attribuzione, da parte di
quest'ultimo,  sul  predetto  trattamento di quiescenza, in godimento
dal  1°  febbraio  1979,  dell'indennita'  integrativa speciale nella
misura  intera e della 13ª mensilita' per il periodo di contemporaneo
svolgimento  di  attivita'  lavorativa  presso IA.N.I.C. di Gela, dal
3 marzo 1975 sino al 31 gennaio 2003, data di collocamento a riposo.
    Il  ricorso,  per  quanto riguarda la sola indennita' integrativa
speciale, ha fatto seguito ad una prima istanza amministrativa del 20
marzo 1993, rigettata con nota n. 3634 del 20 marzo 1993.
    Nessuna  istanza  risulta  presentata per la corresponsione della
13ª mensilita', prima del ricorso proposto innanzi a questa Corte.
    L'Amministrazione   si   e'   costituita  in  giudizio  con  atto
depositato il 24 marzo 2005 ed ha rilevato come per la 13ª mensilita'
il  presunto  diritto  scaturisca  dalla  sentenza n. 232/1992 del 27
maggio  1992  della  Corte  costituzionale  -  la quale ha dichiarato
costituzionalmente  illegittimo  l'art.  97,  primo  comma, d.P.R. 29
dicembre  1973,  n. 1092,  nella parte in cui non determina la misura
della  retribuzione,  oltre  la  quale  non  compete  la  tredicesima
mensilita'  -  eccependo  che  il  ricorrente  «non avendo esercitato
nell'arco dei 5 anni decorrenti da tale data, non puo' vantare alcuna
pretesa  in  ordine  alle  somme  maturate  nel  periodo precedente»,
eccependo, pertanto, entro tali limiti la relativa prescrizione.
    Per  quanto  riguarda  l'indennita' integrativa speciale, poi, la
prescrizione  e'  stata  eccepita in modo generico - dopo pero' avere
svolto  le argomentazioni di cui sopra riferite alla 13ª mensilita' -
per  cui,  radicandosi il diritto nella sentenza n. 566/1989 la quale
ha  dichiarato illegittimo, per violazione dell'art. 36 Cost., l'art.
99,  quinto  comma,  d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in
cui  dispone  la sospensione dell'indennita' integrativa speciale nei
confronti  dei  pensionati  che  prestino  opera retribuita presso lo
Stato,  le  amministrazioni  pubbliche e gli enti pubblici, in quanto
non  stabilisce il limite dell'emolumento per le attivita' alle quali
si  riferisce,  dovendosi  ritenere  ammissibile, al di sotto di tale
limite,   il   cumulo   integrale  fra  trattamento  pensionistico  e
retribuzione, senza che sia sospesa la corresponsione dell'indennita'
integrativa   -   e   dovendosi   applicare  gli  stessi  criteri  di
perimetrazione     dell'eccezione     di     prescrizione    indicati
dall'amministrazione per la precedente fattispecie, dovrebbero essere
dichiarati prescritti i ratei maturati prima del 22 dicembre 1989.
    Alla  pubblica  udienza  del  18 aprile  2005  l'avv.  Alessandro
Maggio,  su  delega  dell'avv.  Paolo  Guerra,  per il ricorrente, ha
insistito  per  l'accoglimento del ricorso, mentre il dott. Pietro Di
Giovanni ha confermato le richieste di cui all'atto scritto.

                            D i r i t t o

    La giurisprudenza di questa Corte e' ormai assolutamente costante
e  consolidata,  in  termini tali da potersi ormai parlare di diritto
vivente,  nel  senso della fondatezza della domanda di corresponsione
dell'I.I.S.  nella  misura  intera  in  costanza  di  cumulo  tra  un
trattamento pensionistico ed un trattamento di attivita' di servizio,
cosi'  come  anche quella afferente la 13ª mensilita' (cfr. Corte dei
conti,  ss.rr.  n. 14/QM/03;  Idem,  sez. giurisdiz. d'appello per la
Regione  Siciliana; nn.190/A e 188/A del 22 dicembre 2000; Idem, sez.
giurisdiz.  Sicilia,  19  maggio  1998, n. 151; Idem, sez. giurisdiz.
Lazio, 27 agosto 1997, n. 445).
    Ne  consegue  che  il  ricorso,  nel  merito,  deve  considerarsi
manifestamente  fondato  e  da  cio'  deriva  anche  il  diritto alla
corresponsione  degli  arretrati ed accessori di legge, dalla data di
maturazione di ogni singolo rateo di pensione.
    Ma  proprio  su quest'ultimo aspetto, quello del diritto ai ratei
arretrati,  l'Amministrazione  ha sollevato eccezione di prescrizione
quinquennale.   Per  quanto  riguarda  la  13ª  mensilita'  e'  stata
formulata  eccezione di prescrizione quinquennale con la precisazione
che  sono  da  considerarsi  prescritti  i ratei maturati prima della
sentenza  n. 232/1992 della Corte costituzionale, mentre per quel che
riguarda   la   prescrizione   quinquennale   sui   ratei  di  I.I.S.
l'Amministrazione  si  e'  limitata  ad una generica eccezione, dopo,
pero', avere svolto le suddette argomentazioni.
    Orbene,   l'accertamento   in   ordine   alla   rituatita'  della
proposizione   dell'eccezione   di   prescrizione  costituisce,  come
l'interpretazione   del   contenuto   del  ricorso  introduttivo  del
giudizio,  oggetto  di  una indagine di fatto del giudice del merito,
non  soggetto  a  sindacato  di  legittimita'  tranne che per vizi di
motivazione,  ed in tale operazione ermeneutica il giudice deve tener
conto,  ai  sensi  degli  art. 1362  e ss. c.c., della volonta' della
parte  in  relazione  al  diritto  fatto  valere  per  il quale viene
eccepita  la prescrizione, tenendo conto, tra gli altri, del criterio
secondo  cui, ove l'eccezione riguardi una specifica prescrizione, il
giudice  non  puo'  applicarne  d'ufficio  una  diversa  e che per la
ritualita' dell'eccezione non e' necessaria ne' l'adozione di formule
rituali,  ne'  l'indicazione  della  disposizione  di legge invocata,
occorrendo  peraltro  che la parte manifesti chiaramente l'intenzione
di  avvalersi  della  prescrizione  dando  le  indicazioni  di  fatto
necessarie  per  rendere  comprensibile  ed individuabile la relativa
eccezione (Cass. civ., sez. lav., 2 marzo 1995, n. 2412).
    Alla  luce di tali canoni ermeneutica l'eccezione di prescrizione
proposta   dall'Amministrazione   deve   intendersi   come  estintiva
quinquennale  e  riferita,  per  la 13ª mensilita', come testualmente
indicato,  ai soli ratei maturati prima della sentenza costituzionale
n. 232/1992  (e quindi, con prescrizione dei ratei maturati prima del
27 maggio 1992).
    Si  tratta,  in  quest'ultimo  caso,  di una rinuncia tacita alla
prescrizione  per  incompatibilita' assoluta tra il comportamento del
debitore  e  la  volonta'  del  medesimo  di  avvalersi  della  causa
estintiva del diritto altrui: cioe' nel comportamento del debitore e'
necessariamente   insita,   senza   possibilita'   di   una   diversa
interpretazione, l'inequivocabile volonta' di rinunciare alla (parte)
della  prescrizione  gia'  maturata  e,  quindi,  di considerare come
tuttora esistente e azionabile quel diritto che si era invece estinto
(Cass. civ., sez. III, 22 ottobre 2002, n. 14909).
    Tale  rinuncia,  pero',  a  parita'  di  condizioni  normative  e
fattuali,  non  puo'  non  ritenersi  implicita  anche  per  quel che
riguarda   i   ratei   dell'I.I.S.,   essendo   chiara   l'intenzione
dell'Amministrazione  di  rinunciare alla prescrizione per quei ratei
maturati  dopo  le  sentenze  di  incostituzionalita' ma non prima e,
poiche'   nel   caso   dell'I.I.S.  la  sentenza  e'  intervenuta  il
22 dicembre  1989,  si  sarebbe  invece  realizzata la condizione che
l'amministrazione ha evidenziato non essersi concretizzata per la 13ª
mensilita'   e,   cioe',  la  proposizione  di  una  domanda  in  via
amministrativa  entro  il  quinquennio  successivo  alla  sentenza di
incostituzionalita' (e precisamente il 20 marzo 1993), cosi' che tale
idoneo  atto interruttivo sarebbe, in ipotesi, sufficiente a radicare
il  diritto  agli  arretrati sin dal 3 marzo 1975, attesa la rinuncia
agli  effetti  della prescrizione, da parte dell'Amministrazione, per
tutti i ratei maturati dopo la sentenza di incostituzionalita'.
    Si  pone,  quindi,  il  problema  di  stabilire la decorrenza del
termine prescrizionale, se, cioe', esso debba decorrere dalla data di
pubblicazione  della  sentenza n. 566/1989 della Corte costituzionale
per  tutti i ratei maturati in data antecedente (ed in questo caso la
rinuncia   operata  dall'amministrazione  determinerebbe,  alla  luce
dell'istanza  del 1993, il diritto ai ratei arretrati sin dal 3 marzo
1975)  o  se,  a  prescindere  dalla  suddetta  sentenza,  esso debba
decorrere per ogni rateo comunque dalla data di maturazione, anche se
precedente  alla  citata sentenza (ed in questo caso sussisterebbe il
diritto  ai ratei arretrati dal 20 marzo 1988, quinquennio precedente
all'istanza del 1993).
    Va  a  tal  proposito  sin  da  subito evidenziato che la vicenda
(nella  fattispecie  assai  complessa per l'esegesi sull'eccezione di
prescrizione  formulata  dall'Amministrazione  in termini di parziale
rinuncia  agli effetti medesimi della prescrizione) e' solo una delle
tantissime  che  (in presenza di regolari e tempestivi atti periodici
interrottivi  della prescrizione) ha investito questa giurisdizione a
seguito  delle  citate  sentenze di incostituzionalita' e, da ultimo,
per  quel che riguarda la Regione Siciliana, della n. 516/2000 e che,
alla  luce  di  un  ormai  consolidato orientamento giurisprudenziale
della  Sezione  giurisdizionale d'appello per la Regione Siciliana di
questa  Corte, rischiano seriamente (per la quantita' del contenzioso
e  gli importi ad essi relativi) di alterare i gia' precari equilibri
finanziari dei bilanci statale e regionale.
    Nel  merito,  la  Corte  suprema  di  cassazione ha ripetutamente
affermato  il principio che il vizio di illegittimita' costituzionale
non ancora dichiarato dalla Corte costituzionale, non determinando un
impedimento  legale  all'esercizio  del diritto, ma ponendo in essere
una  mera  difficolta'  di  fatto,  non incide sulla decorrenza della
prescrizione  che,  pertanto,  ha inizio dal giorno in cui il diritto
stesso  poteva  essere  fatto  valere, pur con il necessario giudizio
incidentale  di legittimita' costituzionale (Cass. civ., sez. lav., 3
giugno 2000, n. 7437; Cass. civ., sez. lav., 1° giugno 2000, n. 7289;
Cass., 11 febbraio 1985, n. 1165).
    Sulla  stessa linea si e' da tempo attestata la giurisprudenza di
questa  Corte,  la quale ha ritenuto che al fine di stabilire la data
di   decorrenza   della   prescrizione  dei  ratei  pensionistici  da
attribuire   all'avente  diritto  a  seguito  della  declaratoria  di
incostituzionalita' di una disposizione di legge, debba ritenersi che
il  vizio  di  illegittimita'  costituzionale  non  ancora dichiarato
costituisca  una  mera difficolta' di fatto all'esercizio del diritto
assicurato  dalla norma depurata dall'incostituzionalita', e pertanto
non   impedisce  il  decorso  della  prescrizione  (art. 2935  c.c.),
restando   esclusa  la  possibilita'  di  far  decorrere  il  termine
prescrizionale     dalla    pubblicazione    della    pronunzia    di
incostituzionalita',  atteso che anche tale sentenza non e' creatrice
di  una  nuova  norma,  ma solo liberatrice di un contenuto normativo
gia'  presente,  sia  pure  in  nuce,  nella  disposizione dichiarata
costituzionalmente  illegittima;  e,  pertanto, la data di insorgenza
oggettiva  del  diritto ai maggiori assegni pregressi, da attribuirsi
al   personale   in   pensione,   a  seguito  della  declaratoria  di
incostituzionatita'  di una disposizione di legge, viene a coincidere
con  quella,  diversa  da  caso a caso, del giorno in cui ogni avente
titolo,  con la presentazione della propria richiesta, ha consolidato
il  diritto alla riliquidazione del proprio trattamento pensionistico
ed  al  suo  quantum,  ed  e'  quindi  da  tale  data che deve essere
computato,  a  ritroso,  il  quinquennio prescrizionale, dato che con
essa - e da essa - sorge il subordinato diritto alla liquidazione dei
maggiori  assegni  arretrati (Corte dei conti, Friuli-Venezia Giulia,
sez. giurisdiz, 17 aprile 1996, n. 49).
    Nello  stesso  senso  si  sono  pronunciate le sezioni riunite di
questa  Corte, investite per definizione di questione di massima, con
sentenze n. 8/2000/QM e n. 16/2003/QM.
    Tuttavia,  la  sezione  giurisdizionale d'appello della Corte dei
conti   per   la   Regione   Siciliana,   con   giurisprudenza  ormai
assolutamente costante (tra le tante vedi Corte dei conti, sez. giur.
d'appello   Sicilia,  nn.  218/2004,  219/2004,  227/2004,  2/2005  e
4/2005),  disattendendo  sia  l'orientamento  della  suprema Corte di
cassazione,  sia quello delle sezioni riunite che delle altre sezioni
d'appello  centrali  della  Corte  dei conti, e' dell'avviso che tale
tesi  non possa trovare immediato ingresso in materia pensionistica e
che  il termine prescrizionale debba, quindi, decorrere dalla data di
pubblicazione  della  sentenza  di  dichiarazione dell'illegittimita'
costituzionale,  con conseguenti oneri finanziari per l'erario di non
trascurabile  entita':  basti solo rilevare come il ricorrente di cui
al  presente  giudizio,  in  caso  di  accoglimento  della tesi fatta
propria   dai  giudici  d'appello  siciliani,  avrebbe  diritto  alla
percezione di oltre 30 anni di arretrati, a decorrere dal marzo 1975.
    Ad  avviso dei giudici d'appello l'istituto pensionistico sarebbe
configurabile come una situazione giuridica complessa, nella quale la
realizzazione   del   diritto   risulta  necessariamente  subordinata
all'emanazione  di un provvedimento amministrativo o ad una specifica
disposizione  di  legge  che  esplicitamente  attribuisca  il diritto
stabilendone misura e modalita' di erogazione.
    Conclusivamente,  i  giudici  d'appello  affermano che, mentre la
norma non ancora dichiarata incostituzionale che vieta l'attribuzione
di   una   prestazione   pensionistica,   in   assenza  dei  suddetti
presupposti,    impedisce   la   realizzazione   del   diritto,   con
l'intervenuta  declaratoria  di  incostituzionalita'  della  norma la
pretesa  patrimoniale  viene a concreta esistenza, con la conseguenza
che  solo  allora,  divenendo  concretamente  azionabile  il diritto,
possono decorrere i termini prescrizionali.
    Orbene,   tale  interpretazione  offerta  dai  giudici  d'appello
siciliani,  per  la  stessa  struttura  del processo innanzi a questa
Corte  che  non  prevede  ulteriori gravami alle sezioni riunite, sia
pure  solo per motivi di diritto, ne' l'efficacia vincolante in punto
di  diritto  delle sentenze emesse dalle sezioni riunite su questioni
di  massima  nell'esercizio  della  loro funzione nomofilattica, deve
ritenersi  che  abbia  acquisito,  sia  pure limitatamente ai giudizi
pensionistici relativi ai ricorrenti residenti in Sicilia e che nella
sezione   giurisdizionale   d'appello   per   la   Regione  Siciliana
individuano il giudice d'appello precostituito per legge, la dignita'
e  le  caratteristiche  del  c.d.  diritto  vivente, del quale questo
giudice  non puo' non prendere atto ai fini della pronuncia sul punto
controverso,  atteso  che ogni eventuale decisione di segno contrario
verrebbe inevitabilmente gravata di appello dalla parte interessata e
conseguentemente cassata dai giudici del gravame.
    Cosi'  come,  peraltro,  costituisce diritto vivente nel restante
territorio  nazionale  l'interpretazione opposta, offerta dalla Corte
suprema  di  cassazione  e  valida  per i crediti di lavoro (alla cui
tutela  si  ispira  quella  dei  crediti  pensionistici), sia per gli
stessi  crediti  pensionistici,  cosi' come prospettato dalla unanime
giurisprudenza della Corte dei conti con l'eccezione qui indicata.
    Tale   situazione,   pero',   genera  una  palese  disparita'  di
trattamento,  sotto  un  duplice profilo, l'uno intrinseco alla norma
interpretata e l'altro che potremmo definire «di sistema».
    Sotto  il  primo profilo deve rilevarsi come l'art. 2, commi e 4,
del   r.d.l.   19 gennaio  1939,  n. 295,  secondo  l'interpretazione
costituente  diritto  vivente per questo giudice, farebbero decorrere
il  termine  di  prescrizione  quinquennale, nell' ipotesi di credito
sorgente    da   una   sentenza   di   illegittimita'   della   Corte
costituzionale, dalla data di pubblicazione della sentenza medesima.
    Si  tratta,  come  di tutta evidenza, di una condizione del tutto
singolare  ed  eccezionale rispetto ai principi generali fatti propri
dalla  giurisprudenza  di tutte le giurisdizioni sul punto e relativi
ad  ogni  altro  tipo  di  credito,  ivi  inclusi  quelli  da  lavoro
dipendente  (oltre a quelli sempre pensionistici ma di competenza, in
sede  di  appello,  delle  altre sezioni della Corte dei conti) per i
quali   opera   il   principio  diametralmente  opposto  secondo  cui
l'incostituzionalita'  della norma non costituisce impedimento legale
all'esercizio del diritto.
    Tale  eccezione  non  trova  alcuna  ragionevole giustificazione,
creando, invece, una palese condizione di disparita' di trattamento a
discapito  di  tutti gli altri crediti di ogni natura, inclusi quelli
da  lavoro  dipendente  e  previdenziali, per i quali la norma non si
applica, con violazione, quindi, dell'art. 3 della Costituzione.
    Sotto  altro  profilo,  che  si e' gia' definito «di sistema», il
sopravvivere  di  questo diritto vivente nei termini sopra descritti,
fondato    su    basi   territoriali   liberamente   predeterminabili
dall'interessato  (la  competenza  territoriale  di  primo  grado  e'
determinata  solo sulla base della residenza del ricorrente alla data
di   proposizione  del  ricorso),  comporta  un'irragionevole  quanto
ingiustificata disparita' di trattamento fra i cittadini italiani che
in   relazione   al   giudice  d'appello  (da  essi  stessi  peraltro
opzionabile  attraverso  lo  spostamento  di  residenza al momento di
proposizione  del  ricorso)  si  vedono  applicati due diversi quanto
contrastanti  diritti viventi, con palese violazione dell'art.3 della
Costituzione.
    Non  appare, quindi, palesemente infondata, in relazione all'art.
3  della  Costituzione,  la  questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  2,  commi 2 e 4, del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295, nella
parte  in  cui prevede, secondo l'interpretazione costituente diritto
vivente nell'ambito della giurisdizionale contabile siciliana, che il
termine  prescrizionale  per i ratei dell'indennita' di contingenza o
altre   analoghe  da  corrispondersi  sui  trattamenti  pensionistici
decorra,  se  impedita dalla legge, dalla data di pubblicazione delle
sentenze di illegittimita' della Corte costituzionale.
    La   questione   e'  rilevante  al  fine  del  decidere,  poiche'
dall'accoglimento  o dal rigetto della questione di costituzionalita'
nei termini qui prospettati deriverebbe una notevole diversificazione
nel diritto agli arretrati dei ricorrenti.
    Il  processo deve, pertanto, essere sospeso ai sensi dell'art. 23
della  legge  11  marzo  1953,  n. 87  e  gli atti rimessi alla Corte
costituzionale per il giudizio di competenza.