ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 637, primo
comma,  del  codice  di  procedura civile, promosso con ordinanza del
27 luglio  2004  dal  Tribunale  di  Genova,  nel procedimento civile
vertente  tra  s.p.a.  Lindt  &  Sprungli e Duemme S.r.l. iscritta al
n. 988  del  registro  ordinanze  2004  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale   della  Repubblica  italiana  n. 50,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella camera di consiglio del 28 settembre 2005 il giudice
relatore Romano Vaccarella.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel  corso  di  un  procedimento  per  decreto ingiuntivo,
promosso  dalla Lindt & Sprungli s.p.a., con sede ad Induno Olona, in
Provincia  di  Varese,  per ottenere la condanna della Duemme S.r.l.,
con  sede a Verona, al pagamento di euro 3.084,26 quali corrispettivi
non  saldati per forniture di prodotti dolciari eseguite nel 2003, il
giudice  designato  del  Tribunale di Genova, con ordinanza emessa il
27 luglio 2004, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 637,  primo  comma,  del  codice  di  procedura civile, per
contrasto  con gli artt. 24 e 111, secondo comma, della Costituzione,
«nella parte in cui - secondo il consolidato orientamento della Corte
di  cassazione - esclude la rilevabilita' d'ufficio dell'incompetenza
per territorio oltre i casi dell'art. 28 cod. proc. civ.».
    Il  giudice  a  quo  riferisce,  in  punto  di  fatto,  che, alla
richiesta di chiarimenti in ordine alla competenza per territorio del
tribunale  adito,  manifestamente  non  coincidente  con  alcun  foro
generale, alternativo o convenzionale, la ricorrente, pur senza nulla
dedurre  circa  l'eventuale competenza del Tribunale di Genova, aveva
replicato  richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale,
di cui e' esempio Cass. 9 aprile 1982, n. 2001 (recte, 2201), secondo
cui solo la parte convenuta puo' eccepire l'incompetenza territoriale
fuori  dei casi di competenza inderogabile previsti dall'art. 28 cod.
proc. civ.
    Il   rimettente,   pertanto,  con  riguardo  alla  non  manifesta
infondatezza  della  questione,  pur premettendo che la lettera della
norma denunciata («per l'ingiunzione e' competente il giudice di pace
o,  in  composizione monocratica, il tribunale che sarebbe competente
per   la   domanda   proposta  in  via  ordinaria»)  non  esclude  la
rilevabilita'  d'ufficio  dell'incompetenza  territoriale «semplice»,
osserva  tuttavia  che  al  consolidato  orientamento  negativo della
giurisprudenza  di  legittimita'  sopra  richiamato,  risalente  alla
sentenza  del  6 febbraio  1969, n. 400 della Cassazione, si aggiunge
anche  la  sentenza  [recte, l'ordinanza] n. 218 del 1996 della Corte
costituzionale che ha dichiarato la manifesta infondatezza di analoga
questione sollevata con riferimento all'art. 25 Cost.
    Ad  opinione  del  giudice a quo, comunque, la nuova formulazione
dell'art. 111, secondo comma, Cost., in combinato con l'art. 24 della
Carta  fondamentale,  avrebbe  determinato  un  mutamento  del quadro
costituzionale tale da consentire la riproposizione della questione.
    In   particolare,   il   secondo   comma   dell'art. 111   Cost.,
nell'elevare  il contraddittorio a valore costituzionale fondante del
processo,  non  consentirebbe  piu' di prevedere «un procedimento che
ignori  il  contraddittorio come essenziale suo presupposto e che non
ponga  il  giudice  in  condizioni  di  operare da subito come organo
decisorio  imparziale»;  ragion per cui il procedimento monitorio, il
quale  non puo' dirsi incostituzionale per il solo fatto di prevedere
una  prima  fase  inaudita  altera  parte,  potrebbe  tuttavia essere
valutato  compatibile  col  nuovo  precetto  costituzionale  solo «in
quanto  il  deficit di contraddittorio sia controbilanciato da poteri
officiosi»,   necessariamente   piu'   penetranti  che  nel  processo
ordinario,  i  quali  consentano al giudice un effettivo controllo su
«fondamentali scelte attinenti al rito» che, altrimenti, rimarrebbero
«unilateralmente rimesse per la prima fase senza contraddittorio alla
parte».
    Ritiene,   inoltre,   il  rimettente  che  sussista  un  evidente
conflitto tra il consolidato orientamento interpretativo richiamato e
l'art. 24  Cost., nella parte in cui il primo valuta in modo identico
nel  processo  ordinario  ed  in  quello  per  decreto  ingiuntivo le
conseguenze   della   esclusione  del  potere  di  rilievo  officioso
dell'incompetenza per territorio derogabile.
    Ed  infatti,  ad  avviso  del giudice a quo, il creditore che nel
procedimento    monitorio    adisca    deliberatamente   un   giudice
territorialmente  incompetente,  radicato in una sede «disagiata» per
la   controparte,   puo'   sempre  fare  affidamento  sul  fatto  che
quest'ultima,   piuttosto  che  sopportare  alti  costi  processuali,
preferisca   rinunciare   all'opposizione,   con  la  conseguenza  di
stabilizzare  il  titolo monitorio, a differenza di quanto accade per
il caso di contumacia del debitore convenuto nel giudizio ordinario.
    Ne'  tale inconveniente viene risolto dalla condanna alle spese e
al    risarcimento   dei   danni   per   responsabilita'   aggravata,
rispettivamente  previste  dagli artt. 91 e 96 cod. proc. civ. in una
fase  nella  quale  «la  compromissione  della possibilita' di difesa
effettiva e' gia' maturata».
    Il  rimettente  ritiene  infine la questione rilevante nella fase
procedimentale in cui e' chiamato a decidere, in quanto, alla stregua
della  tradizionale lettura dell'art. 637 cod. proc. civ. richiamata,
non  gli  e'  consentito rilevare d'ufficio «l'eclatante incompetenza
per territorio» derogabile riscontrata.
    2.  -  E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, il quale ha osservato come l'art. 637, primo comma, cod. proc.
civ.,  nel  disporre  che  la  competenza del giudice investito della
domanda  d'ingiunzione si determina in base alle norme generali sulla
competenza  dettate  per  il  giudizio  ordinario, rende operante nel
procedimento monitorio anche il disposto dell'art. 38, secondo comma,
cod.   proc.   civ.  che  sancisce  la  non  rilevabilita'  d'ufficio
dell'incompetenza per territorio derogabile, eccepibile pertanto solo
dall'ingiunto con l'opposizione di cui all'art. 645 cod. proc. civ.
    Ha  rilevato  inoltre  l'Avvocatura  come la Corte costituzionale
abbia  piu' volte dichiarato manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale degli articoli 38, secondo comma, e 637,
primo  comma,  cod. proc. civ., sollevata con riferimento all'art. 25
Cost., affermando che «la garanzia del giudice naturale precostituito
per  legge  non  viene  in gioco con riguardo alla ripartizione della
competenza  territoriale  tra  giudici dettata da normativa nel tempo
anteriore  alla  istituzione del giudice stesso» (sentenza n. 251 del
1986 e ordinanze n. 218 del 1996 e n. 434 del 1993).
    La   deducente   osserva  infine  che  le  difficolta'  derivanti
all'ingiunto  dall'onere di costituirsi innanzi ad un giudice diverso
da  quello  territorialmente  competente non sono dissimili da quelle
che  deve  affrontare qualsiasi convenuto in un giudizio a cognizione
ordinaria,  ed  anzi il primo conseguirebbe, rispetto a quest'ultimo,
l'ulteriore  risultato per cui con la pronuncia di incompetenza viene
ad essere revocato il decreto pronunciato dal giudice incompetente.

                       Considerato in diritto

    1.   -  Il  Tribunale  di  Genova  dubita,  in  riferimento  agli
articoli 24   e   111,   comma   secondo  della  Costituzione,  della
legittimita'  costituzionale  dell'art. 637,  primo comma, cod. proc.
civ., «nella parte in cui - secondo il consolidato orientamento della
Corte   di   cassazione   -   esclude   la   rilevabilita'  d'ufficio
dell'incompetenza per territorio oltre i casi dell'art. 28 cod. proc.
civ.»  nella  fase senza contraddittorio del procedimento per decreto
ingiuntivo.
    Il  giudice  rimettente, dopo aver rilevato che l'art. 637, comma
primo,  cod.  proc.  civ.  «nel suo letterale tenore, non esclude per
vero  la  rilevabilita'  d'ufficio  dell'incompetenza  per territorio
«semplice»,  nei  casi diversi dall'art. 28 cod. proc. civ.», osserva
che, tuttavia, esiste «un consolidato insegnamento giurisprudenziale,
risalente  gia'  alla sentenza n. 400 della Cassazione resa nel 1969,
secondo  cui  spetta  soltanto all'ingiunto sottoporre l'eccezione di
incompetenza  per  territorio  derogabile,  con il successivo atto di
opposizione, indicando nel contempo il giudice ritenuto competente».
    Ricordato,  poi,  che  questa  Corte  «si  e'  gia'  espressa  al
riguardo,  ritenendo  non  fondata  la questione di costituzionalita'
dell'art. 637  cod.  proc.  civ.,  per la non rilevabilita' d'ufficio
dell'incompetenza    per   territorio,   sollevata   in   riferimento
all'art. 25  della  Costituzione»  (ordinanza  n. 218  del  1996), il
rimettente  sostiene  che «la nuova formulazione dell'art. 111, comma
secondo,    della   legge   fondamentale   introdotta   dalla   legge
costituzionale  n. 2  del  1999, da leggersi unitamente al precedente
art. 24,   abbia   significativamente   spostato   i   termini  della
questione»:  in sostanza, l'essere divenuto «il contraddittorio [...]
valore  fondante  costituzionale  del  processo»  implicherebbe  che,
laddove  la  legge  (come  nel procedimento monitorio) legittimamente
prevede   un   «deficit  di  contraddittorio»,  questo  debba  essere
«controbilanciato  da  poteri  officiosi, che non possono essere solo
quelli  del  rito ordinario in punto di verifica della competenza per
territorio, ma che devono essere necessariamente piu' penetranti».
    2. - La questione non e' fondata nei sensi di seguito precisati.
    2.1.   -   Esponendo   le   ragioni  per  le  quali  ritiene  non
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale,
il  giudice  rimettente osserva che non persuade «il parallelismo con
il   contenzioso  ordinario,  su  cui  [...]  riposa  il  consolidato
orientamento di legittimita' [...] perche' nel procedimento monitorio
una  sagace  (e  strumentale) scelta del giudice adito ha effetti ben
piu'  penalizzanti,  rispetto  all'effettivo esercizio del diritto di
difesa  del  destinatario del provvedimento, di quanto non accada nel
rito ordinario».
    Questa  Corte  ha  ripetutamente  affermato - e tale affermazione
merita,  in  se', di essere qui ribadita - che la possibilita' che il
creditore  scelga,  per  agire  in  monitorio, una sede disagiata per
l'ingiunto  facendo «affidamento» - cosi' l'ordinanza di rimessione -
«sul  fatto  che  la  controparte, preoccupata dalla lievitazione dei
costi  processuali  indotta  dalla  «difesa  fuori campo», preferisca
piuttosto  rinunciare  all'opposizione»,  da' luogo ad «inconvenienti
fattuali  e  abusi  applicativi,  che  [...] non incidono, proprio in
quanto  tali,  sulla  legittimita' della norma denunciata» (ordinanza
n. 218  e,  sulla  sua  scia,  ordinanze  n. 320  e n. 394 del 1996);
sicche'   non  e'  sotto  questo  profilo  che  puo'  contestarsi  il
«parallelismo   con   il  rito  ordinario»,  dal  momento  che  anche
quest'ultimo  consente  all'attore  di  adire un giudice incompetente
confidando che il convenuto opti per la contumacia a fronte dei costi
da   sopportare   per  difendersi  in  una  sede  disagiata  (ipotesi
considerata  da  questa  Corte  quando  ha  dichiarato non fondata la
questione  di  legittimita' costituzionale della norma che, anche nel
caso  di contumacia del convenuto, esclude la rilevabilita' d'ufficio
dell'incompetenza territoriale derogabile: sentenza n. 251 del 1986).
Ed e' con riferimento a questa ipotesi - e non certamente in assoluto
(cfr.  la  citata  sentenza  n. 251  del  1986) - che questa Corte ha
escluso  (con  le ordinanze citate sopra) che la garanzia del giudice
naturale  precostituito per legge (art. 25 Cost.) abbia attinenza con
la questione (allora) sollevata relativamente all'art. 637 cod. proc.
civ.
    In  realta',  come  osserva anche il rimettente, il «parallelismo
con il rito ordinario» e' improponibile se si considerano gli effetti
che  discendono  ex lege dal mancato esercizio del diritto di difesa,
conseguente  al  doverlo  praticare  in una sede disagiata: mentre il
convenuto  con  il  rito  ordinario,  che  resti  contumace,  si vede
preclusa  soltanto  l'eccezione di incompetenza ma non subisce alcuna
automatica conseguenza pregiudizievole quanto al merito - equivalendo
la  contumacia  ad  integrale contestazione dei fatti costitutivi del
diritto   azionato   dall'attore   -,  l'ingiunto  che  non  proponga
tempestiva  opposizione  e'  irreparabilmente pregiudicato nel merito
dalla  irretrattabilita'  dell'efficacia  esecutiva  -  originaria ex
art. 642  cod.  proc.  civ.,  ovvero acquisita ex art. 647 cod. proc.
civ. - del decreto ingiuntivo.
    L'«inconveniente  fattuale», che subisce il convenuto con il rito
ordinario,  e'  di  ben  altro  rilievo  per  l'ingiunto, il quale e'
costretto - se vuole evitare la definitiva soccombenza nel merito - a
proporre  opposizione  davanti  al giudice funzionalmente competente,
arbitrariamente scelto dall'attore in monitorio. Da cio' discende che
la  situazione  dell'ingiunto  e' assimilabile, piu' che a quella del
convenuto  nel  rito  ordinario,  a  quella  del  convenuto straniero
davanti   al   giudice  italiano  che  sia  privo  di  giurisdizione:
situazione,  quest'ultima,  disciplinata  (sia dall'abrogato art. 37,
comma  secondo,  cod. proc. civ., sia dal vigente art. 11 della legge
31 maggio  1995,  n. 218)  nel  senso  che, in caso di contumacia, il
difetto di giurisdizione e' rilevabile d'ufficio.
    Se in entrambi i casi - dell'ingiunto e del convenuto straniero -
sussiste  la  medesima  esigenza  (della rilevabilita' ex officio, al
fine)  di  non  imporre una onerosa costituzione in giudizio solo per
far  valere  la  violazione di norme attinenti all'individuazione del
giudice  (atteso  il  pregiudizio  che,  altrimenti, ne deriverebbe),
sotto  altro  profilo  la  situazione dell'ingiunto e' assimilabile a
quella  di  chi  e'  destinatario  di  un'istanza  cautelare: e dalla
disciplina   del   procedimento   cautelare   uniforme  in  punto  di
incompetenza  del  giudice  adito ante causam (art. 669-septies, cod.
proc.  civ.)  si  ricava  l'esigenza  della  rilevabilita'  d'ufficio
dell'incompetenza - di qualsiasi natura - per cio' solo che esiste la
possibilita' (art. 669-sexies, comma secondo, cod. proc. civ.) che la
misura   cautelare   venga  concessa  inaudita  altera  parte  e  che
l'intimato   debba   subire,  per  contestarne  la  legittimita',  la
competenza  funzionale  del giudice arbitrariamente scelto dall'altra
parte.
    Non  a  caso,  peraltro, il procedimento monitorio prevede che il
giudice  provveda  al  rigetto  della domanda d'ingiunzione solo dopo
aver  fatto  presente  alla  parte istante quanto a suo giudizio osta
all'emissione   del  decreto  (e,  quindi,  nel  pieno  rispetto  del
principio  ispiratore dell'art. 183, comma terzo, cod. proc. civ.) ed
averla  sollecitata  a  fornire  elementi  utili  per superare quelle
osservazioni:  sicche'  non  soltanto  l'attore in monitorio puo' far
valere  compiutamente  le  sue  ragioni ma anche, alla pari di quanto
prevede  il  procedimento  cautelare  uniforme (art. 669-septies), il
provvedimento   di   rigetto   non   pregiudica   in  alcun  modo  la
riproposizione,  anche davanti al medesimo ufficio giudiziario, della
domanda (art. 640 cod. proc. civ.).
    2.2.  -  Correttamente  il  rimettente  osserva  che  la  lettera
dell'art. 637  -  specie  se  letta,  deve  aggiungersi, in relazione
all'art. 640    -    «non    esclude   la   rilevabilita'   d'ufficio
dell'incompetenza   territoriale   «semplice»,   nei   casi   diversi
dall'art. 28  cod.  proc.  civ.»,  ma  ritiene che a questa lettura -
l'unica  compatibile  con  i principi costituzionali - si opponga «un
consolidato   insegnamento  giurisprudenziale,  risalente  gia'  alla
sentenza n. 400 della Cassazione resa nel 1969».
    Osserva in proposito la Corte che non puo' certamente parlarsi di
un  orientamento  giurisprudenziale tale, per costanza ed univocita',
da  giustificare la dichiarazione di illegittimita' costituzionale di
una  disposizione (l'art. 637 cod. proc. civ.) la cui formulazione e'
compatibile con una interpretazione conforme a Costituzione.
    In  realta',  l'unica  decisione  expressis  verbis dedicata alla
questione  in  esame  e'  costituita  dalla sentenza n. 400 del 1969,
pronunciata  dalla  Corte  di cassazione in relazione ad una sentenza
d'appello  che aveva accolto una domanda di revocazione, ex art. 395,
n. 2,  cod. proc. civ., fondata sulla falsita' del luogo di emissione
di  una cambiale per la quale era stato chiesto decreto ingiuntivo ad
un giudice (altrimenti) territorialmente incompetente.
    Questa   Corte   -  non  essendo  ne'  necessario  ne'  opportuno
soffermarsi  sul criterio di giudizio adottato per decidere una cosi'
peculiare  fattispecie  -  deve  limitarsi  a constatare che la ratio
decidendi  di  quella  isolata  pronuncia  non  impedisce  al giudice
rimettente  di  adottare una interpretazione dell'art. 637 cod. proc.
civ.  rispettosa  dei  principi  costituzionali  e,  in  particolare,
dell'art. 24 Cost.