IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 1553/2003,
proposto  da  Centro  Analisi  «E4»  S.r.l.,  in  persona  del legale
rappresentante  pro  tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maria
Cristina  Lenoci  e  Fabrizio  Lofoco, con domicilio eletto presso lo
studio dell'avv. Noemi Carnevale, in Lecce, via G. Oberdan, 107;
    Contro  Regione  Puglia,  in  persona del presidente della giunta
regionale  pro  tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Pier Luigi
Portaluri e Luciano Ancora, con domicilio eletto presso lo studio del
primo,  in  Lecce, via Imbriani, 24; Azienda USL TA/1, in persona del
direttore  generale pro tempore rappresentata e difesa dall'avv. Pier
Luigi  Portaluri, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo,
in  Lecce,  via  Imbriani,  24; e nei confronti di Laboratorio Medico
d'Analisi «S. Luca» del dott. Giuseppe Racugno S.r.l., in persona del
legale    rappresentante    pro    tempore,   non   costituito,   per
l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione:
        della  deliberazione  del  D.G. dell'AUSL TA/1 n. 916 in data
15 maggio 2003, comunicata in data 5-6 giugno 2003, avente ad oggetto
«Determinazione  tetti  di  spesa  per  l'anno  2003  per  assistenza
medico-specialistica ambulatoriale erogata da parte di professionisti
e strutture provvisoriamente accreditate»;
        del  contratto  relativo alle prestazioni della specialistica
ambulatoriale  esterna,  recante  l'applicazione  dei  tetti di spesa
relativi  all'esercizio  2003; di ogni atto connesso, presupposto e/o
consequenziale,   ivi   compresa   la   nota  della  Regione  Puglia,
Assessorato  alla  sanita',  prot. n. 24/1293/2 del 4 marzo 2003, mai
comunicata;
        ove  occorra, della deliberazione di giunta regionale n. 1073
del 16 luglio 2002, della delibera ARES n. 20 del 7 marzo 2002, della
deliberazione  di giunta regionale n. 1392 del 15 ottobre 2001, della
deliberazione di giunta regionale n. 2087 del 27 dicembre 2001, della
deliberazione  di  giunta  regionale n. 310 dell'8 aprile 2002, della
deliberazione  di  giunta  regionale  n. 2242  del  23 dicembre 2002;
nonche'  per  l'annullamento  e/o  la  declaratoria  di  nullita' del
contratto relativo alle prestazioni sanitarie relative all'anno 2003,
sottoscritto con riserva, e per il risarcimento dei danni.
    B)  Sui  motivi  aggiunti  al  predetto ricorso, notificati dalla
struttura  ricorrente  in  data  14 ottobre 2003 e in data 3 dicembre
2003,  per  l'annullamento,  previa  sospensione, della deliberazione
della  giunta  regionale  pugliese  4 settembre 2003 n. 1326 (recante
«Documento  di  indirizzo  economico-funzionale del SSR per il 2003 e
triennale  2003-2005»),  della  deliberazione del d.g. dell'AUSL TA/1
14 ottobre  2003,  n. 2129 («Rideterminazione dei tetti di spesa anno
2003  per  assistenza  medico-specialistica  ambulatoriale erogata da
parte  di  professionisti e strutture provvisoriamente accreditate»),
nonche'  di ogni altro atto presupposto, connesso, consequenziale e/o
comunque  collegato,  ed  in  particolare  del  contratto  aggiuntivo
stipulato  fra  le  parti  in  esecuzione  della citata deliberazione
n. 2129.
    Visto il ricorso, i relativi allegati e tutti gli atti di causa;
    Vista   la   domanda   di   sospensione   della   esecuzione  dei
provvedimenti   impugnati,   presentata   in  via  incidentale  dalla
struttura ricorrente;
    Visto  l'atto  di costituzione in giudizio della Regione Puglia e
dell'Azienda USL TA/1;
    Viste  le  ordinanze  19  gennaio  2004,  n. 107  e 108, con cui,
rispettivamente,  e'  stata respinta la domanda cautelare ed e' stata
disposta la sospensione del giudizio;
    Vista la sentenza della Corte costituzionale n. 111 del 2005;
    Vista  l'ordinanza presidenziale 28 maggio 2005, n. 1751, con cui
e' stata disposta istruttoria;
    Uditi nella pubblica udienza del 13 luglio 2005 il relatore, ref.
Tommaso  Capitanio  e,  per  le  parti  costituite,  gli avv. Lenoci,
Lofoco, Ancora e Portaluri.

                           Fatto e diritto

    1.  -  Con  il  ricorso  introduttivo,  la struttura sanitaria in
epigrafe  (provvisoriamente accreditata con il SSN per l'erogazione -
con  oneri  a  carico  del Fondo sanitario regionale - di prestazioni
comprese nella branca di patologia clinica) ha impugnato gli atti e i
provvedimenti  con cui la Regione Puglia e l'AUSL TA/1 - ciascuna per
la   parte   di   rispettiva   competenza   -  hanno  proceduto  alla
determinazione,  per  l'anno  2003,  del tetto di spesa relativo alle
prestazioni   sanitarie   di   cui   sopra,   in  applicazione  delle
disposizioni     regionali     che     disciplinano     la    materia
dell'accreditamento provvisorio delle strutture sanitarie private.
    Le  numerose censure articolate nel ricorso e nei motivi aggiunti
concernono, in sintesi, i seguenti aspetti principali:
        assenza   della   pianificazione   regionale  a  monte  delle
determinazioni dell'AUSL (c.d. piano annuale preventivo);
        mancato  coinvolgimento delle associazioni di categoria nella
fase   di  determinazione  delle  scelte  relative  al  volume  delle
prestazioni da acquistare;
        violazione del principio di libera scelta del medico da parte
degli assistiti;
        illegittima retroattivita' dei tetti di spesa (fissati in una
fase avanzata dell'esercizio finanziario);
        violazione del principio di corretta ripartizione, in base ad
una valutazione dei costi e della qualita', delle risorse finanziarie
fra le strutture sanitarie che costituiscono il SSN;
        violazione  del  principio  del  compenso  predeterminato  (a
tariffa) a fronte delle prestazioni rese.
    2.  -  In relazione a tali profili del ricorso (ed in particolare
alla   censura  relativa  all'asserita  violazione,  da  parte  delle
Amministrazioni  intimate,  del  principio  di  corretta ripartizione
delle  risorse  finanziarie  fra  le  strutture  sanitarie  di cui si
compone  il  SSN)  peraltro  analoghi  a quelli sollevati da numerose
altre strutture sanitarie private provvisoriamente accreditate con la
Regione  Puglia,  con  l'AUSL  TA/1 e con altre AUSL pugliesi, questo
tribunale ha investito la Corte costituzionale (ordinanze 19 dicembre
2003,  n. 8968,  19  gennaio  2004, n. 64, e 29 gennaio 2004, n. 155)
della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 30, comma 4,
della l.r. pugliese 7 marzo 2003, n. 4 (il quale dispone che «A norma
dell'articolo   8-quinquies,   comma   1,   lettera  d),  del  d.lgs.
n. 502/1992,  ove  le  strutture  pubbliche e private abbiano erogato
volumi  di  prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato,
fissato  in  misura  corrispondente  a  quelli erogati nel 1998, e il
relativo  limite  di spesa a carico del servizio sanitario regionale,
detti  volumi  sono  remunerati con le regressioni tariffarie fissate
dalla  giunta  regionale»), sospendendo nel frattempo tutti i giudizi
pendenti   (e  fra  questi  anche  il  presente)  rispetto  alla  cui
definizione   la   decisione   della   Consulta   acquistava  rilievo
pregiudiziale e dirimente.
    3.  - Con sentenza 18 marzo 2005, n. 111, la Corte costituzionale
(dopo aver cosi' delimitato i profili di incostituzionalita' ritenuti
non  manifestamente  infondati  dal  tribunale: «... il primo attiene
alla  ingiustificata disparita' di trattamento che la norma regionale
impugnata  avrebbe  creato  tra  le  strutture accreditate di sanita'
privata  e  quelle  di  sanita'  pubblica,  quale  si desumerebbe, in
particolare,  dal  differente  modo  in  cui  le  une e le altre sono
finanziate.  Il  secondo  concerne,  specificamente,  il  riferimento
all'anno  1998  ai  fini  della quantificazione, per l'anno 2003 (nel
corso   del   quale   le   prestazioni  di  assistenza  specialistica
ambulatoriale   sono  state  erogate),  del  c.d.  "tetto  montante",
ignorando  cosi'  l'effettivo  andamento della domanda di prestazioni
sanitarie  proveniente  dall'utenza nel periodo intercorso tra le due
annualita' indicate...» ha ritenuto in parte inammissibile e in parte
infondata  la  questione di legittimita' costituzionale sollevata dal
tribunale, sul duplice presupposto che:
        per  quanto  concerne  il  primo profilo, il giudice a quo ha
dato  alla  norma impugnata un significato che essa non ha, in quanto
nella stessa non si rinviene l'affermazione secondo cui il sistema di
remunerazione   delle  prestazioni  rese  dalle  strutture  sanitarie
pubbliche  sarebbe  diverso da quello relativo alle strutture private
accreditate.  Per  cui,  riferendosi  la  norma  sia  alle  strutture
pubbliche  che  a  quelle  private,  essa  non  e' stata giudicata in
contrasto con gli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione. Peraltro, pur
potendosi  intuire  dalle  suddette  ordinanze  di rimessione che, in
realta',   il  Tribunale  amministrativo  regionale  dubitasse  della
legittimita'  costituzionale  del  sistema  complessivamente  vigente
nella   Regione   Puglia,   ossia   che  coinvolgesse  nelle  proprie
prospettazioni  anche norme diverse da quella censurata (nonche' atti
amministrativi  applicativi della predetta normativa regionale), tali
norme  -  pur  menzionate nelle ordinanze - non sono state oggetto di
rimessione,  per  cui  di  esse  la  Corte ha ritenuto di non potersi
occupare;
        per  quanto concerne il secondo profilo, invece, premesso che
la  norma  impugnata deve, secondo la Corte, «... essere interpretata
nel  senso  che,  ai  fini  della  remunerazione  per intero a valori
attuali (riferiti cioe' all'anno in cui effettivamente le prestazioni
siano  state  rese), i volumi delle prestazioni medesime, vale a dire
la  loro  quantita'  e,  correlativamente,  la spesa complessiva, non
possono  essere  superiori  a  quelli  del  1998...»,  il riferimento
dell'art. 30,  comma  4, «... ai predetti volumi e limiti di spesa si
presenta  come  il frutto, da parte del legislatore regionale, di una
scelta  discrezionale  di  politica sanitaria e di contenimento della
spesa,  la  quale,  tenuto  conto  della  ristrettezza  delle risorse
finanziarie dirette a soddisfare le esigenze del settore, non risulta
viziata  da  intrinseca irragionevolezza. Non ricorre, dunque, quella
evenienza  che,  sola,  puo' giustificare l'intervento sulla norma da
parte   di  questa  Corte,  in  applicazione  del  parametro  di  cui
all'art. 3 della Costituzione...».
    4.  -  L'odierno  Collegio  (sulla base di quanto affermato dalla
Corte  in ordine alle ragioni di carattere economico che giustificano
la  fissazione  di  un limite di spesa globale) non ritiene che nelle
citate ordinanze di rimessione siano stati esauriti tutti i possibili
profili  di  contrasto  fra il quadro normativo regionale oggetto del
presente  giudizio  e le norme costituzionali di riferimento, per cui
si  rende  necessario  adire  nuovamente  la  Consulta,  specificando
naturalmente  sotto  quale  nuovo  aspetto  l'art. 30, comma 4, della
legge regionale pugliese 7 marzo 2003, n. 4 appare confliggere con la
Carta fondamentale.
    Innanzitutto,  pero', occorre dare conto della ritenuta rilevanza
della   questione   e,  a  tal  riguardo,  si  deve  evidenziare  che
l'illegittimita'  dei provvedimenti amministrativi che della norma in
questione  hanno fatto applicazione puo' essere ritenuta solo laddove
la  norma  medesima  venga  dichiarata  incostituzionale. Infatti, le
amministrazioni  intimate  (come sara' evidenziato infra) nel fissare
alla struttura ricorrente il tetto di spesa «montante» (relativo alla
remunerazione  delle  prestazioni  corrispondendo  il 100% del valore
tariffario)  per  l'anno  2003  hanno  applicato  fedelmente la norma
censurata,  per  cui gli atti impugnati sono da ritenere legittimi in
parte  qua  fintantoche'  la  prefata disposizione non sia cancellata
dall'ordinamento con effetto ex tunc.
    4.1.  -  Naturalmente,  nell'adire  ancora  una  volta  la  Corte
costituzionale,  l'odierno  Collegio tiene ferme le conclusioni a cui
la  Consulta  e'  pervenuta  nella  sentenza  n. 111/2005,  ossia che
l'art. 30,  comma  4,  della legge regionale n. 4/2003, per i profili
esaminati  dalla  Corte,  non  confligge  ne'  con l'art. 3 Cost. (in
quanto  esso  fa  riferimento sia alle strutture sanitarie pubbliche,
sia  a  quelle private), ne' con l'art. 97 Cost. (in quanto la scelta
del  Legislatore  regionale  di  ancorare  il  volume  globale  delle
prestazioni  sanitarie  acquistabili  dal  SSR e remunerabili al 100%
della  tariffa  al  dato  storico  del  1998  e'  stata giudicata non
irragionevole dalla Consulta), ne', conseguentemente, con l'art. 117,
comma  3,  Cost.  (nella  parte in cui stabilisce che la legislazione
regionale concorrente deve rispettare i principi fondamentali fissati
dalla legislazione nazionale di principio).
    Cosi'  pure  il  tribunale  non  ritiene  che sussista, a livello
normativo,  una  diversificazione  nel  finanziamento delle strutture
pubbliche e di quelle private, atteso che il sistema di finanziamento
previsto dall'art. 8 della legge regionale n. 38/1994 e' da ritenersi
superato  per  effetto  della  legislazione successiva (si vedano, ad
esempio:  l'art. 7  della  legge  regionale  n. 32/2001,  che  impone
chiaramente alle aziende ospedaliere la redazione di un bilancio, nel
quale  fra  i ricavi va iscritta, fra le altre, la minor somma tra il
tetto  di  remunerazione  fissato  per  l'anno 2001 e il valore delle
prestazioni   effettivamente   erogate,   anche  determinate  in  via
provvisoria;  o l'art. 12 della medesima l.r. n. 32/2001, che obbliga
le  AA.UU.SS.LL.  a  garantire  l'equilibrio  economico  dei  presidi
ospedalieri da esse gestiti «determinando il valore delle prestazioni
erogate sulla base delle tariffe agli stessi riconosciute»).
    4.2.  -  Sulla  base dell'insegnamento della Corte costituzionale
relativo  alla legittimita', in ragione delle esigenze economiche, di
un  limite  di  spesa  globale  (nella  specie  ancorato al volume di
prestazioni rese nel 1998) il Collegio rileva che l'art. 30, comma 4,
della  legge  regionale  pugliese  n. 4/2003 appare confliggere con i
principi  fondamentali fissati dalla legge statale nella parte in cui
non  impone  alle  amministrazioni competenti (Regione e AA.UU.SS.LL.
territoriali)  di  procedere ad una valutazione e ad una comparazione
dei  costi  e  della  qualita'  delle prestazioni erogate dalle varie
strutture sanitarie, nonche' al monitoraggio del flusso della domanda
(e   di   altre   situazioni  rilevanti),  prima  di  procedere  alla
ripartizione   delle   risorse  finanziarie  stanziate  nel  FSR  per
l'acquisto delle prestazioni sanitarie per cui e' causa.
    Infatti,  stabilendo  semplicemente  che  «...  ove  le strutture
pubbliche  e  private abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti
il  programma preventivo concordato, fissato in misura corrispondente
a quelli erogati nel 1998, e il relativo limite di spesa a carico del
servizio  sanitario  regionale,  detti  volumi sono remunerati con le
regressioni  tariffarie  fissate  dalla  giunta  regionale...», cioe'
stabilendo  un limite di spesa al tempo stesso globale ed individuale
(per  ogni  struttura)  pari al valore attuale delle prestazioni rese
nel  1998,  l'art. 30,  comma  4,  della  l.r.  n. 4/2003  appare  in
contrasto  con  i principi stabiliti dal d.lgs. n. 502/1992 e s.m.i.,
in quanto non prevede un sistema (oggettivo e trasparente) in base al
quale  sia  possibile  verificare  se  la  ripartizione delle risorse
finanziarie  e'  fatta  in  maniera  efficiente (pur nei limiti delle
disponibilita' di bilancio).
    In  effetti,  mentre  in generale il complesso delle disposizioni
legislative  che nella Regione Puglia disciplinano la materia oggetto
del  presente giudizio appare rispettosa dei principi stabiliti dalla
legislazione  statale  (tanto  e' vero che lo stesso comma 1 del piu'
volte  citato art. 30 stabilisce che «La Regione Puglia garantisce la
libera  scelta  dei  cittadini  ai fini dell'accesso alle prestazioni
sanitarie    nell'ambito    della    programmazione    regionale    e
dell'organizzazione  dei  servizi  del  sistema  sanitario regionale,
comprendente  tutte  le  strutture pubbliche e private accreditate ex
articolo  8-quater  del  decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502
(Riordino della disciplina in materia sanitaria a norma dell'articolo
1  della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modificazioni, e
nell'ambito   degli   accordi   e   contratti   di  cui  all'articolo
8-quinquies»),  la  norma  di  cui  al  quarto  comma, riguardando il
momento  cruciale  dell'intera  vicenda  amministrativa  (id  est, la
ripartizione  delle  risorse  finanziarie),  tradisce  lo spirito del
sistema.
    Peraltro  occorre  evidenziare che, nel caso di specie, non viene
in  evidenza un problema di parita' fra strutture sanitarie pubbliche
e  private  (e,  del  resto,  nella  sentenza n. 111/2005 la Corte ha
ritenuto  insussistente  il  contrasto  fra  l'art. 30,  comma  4,  e
l'art. 3  Cost.),  visto  che  le  doglianze  articolate nel presente
ricorso  (e  in altri analoghi pendenti di fronte a questo tribunale)
riguardano la parte della norma in cui si prevede che il volume delle
prestazioni  erogabili nel 2003 e' fissato in misura corrispondente a
quello  erogato  nel  1998 ad ogni struttura, in quanto e' proprio il
riferimento  fisso  ed  immutabile  a tale dato storico che penalizza
asseritamente  le  strutture  private  ricorrenti, non importa se nei
confronti di altre strutture private o di strutture pubbliche.
    Ne' il tribunale dubita del fatto che la programmazione regionale
in  subiecta  materia  debba  tenere conto dell'entita' delle risorse
finanziarie  disponibili,  il problema essendo costituito dal modo in
cui le (limitate) risorse sono impiegate.
    In  sostanza, prendendo a base per la determinazione del tetto di
spesa  valevole  per  il 2003 per ogni struttura solo il dato storico
riferito  al  1998  e non prevedendo alcuna valutazione ne' sui costi
sopportati   dalle   strutture  interessate  per  l'erogazione  delle
prestazioni   sanitarie  ne'  sul  flusso  della  domanda,  la  norma
cristallizza in modo irragionevole la situazione del mercato, laddove
una   corretta  ed  efficiente  gestione  delle  risorse  finanziarie
imporrebbe di acquistare le prestazioni dalle strutture - non importa
se   pubbliche  o  private  -  piu'  efficienti,  che  dimostrano  di
incontrare  il  favore  dell'utenza  erogando prestazioni di migliore
qualita'  o  che producono a costi minori (di talche' il contrasto e'
ravvisabile  sia  con  riguardo  al  principio costituzionale di buon
andamento della p.a. sia con il principio di uguaglianza).
    Giova  evidenziare a tale riguardo che, con ordinanza istruttoria
presidenziale  28 maggio 2005, n. 1751, il tribunale ha ordinato alla
Regione Puglia di depositare il seguente materiale probatorio:
        atti  e  documenti  relativi  alla  determinazione  dei costi
sopportati   dal   SSR   nel   2003   per  prestazioni  ambulatoriali
specialistiche  rese  dalle  strutture pubbliche (distinte fra quelle
erogate ai pazienti «interni» e a quelli «esterni»);
        atti  e  documenti  relativi  alla  determinazione  dei costi
sopportati   dal   SSR   nel   2003   per  prestazioni  ambulatoriali
specialistiche rese da strutture private;
        atti  e  documenti relativi alle valutazioni comparative che,
in  vista  dell'adozione  della  deliberazione  di  giunta  regionale
n. 1326/2003, la regione ha compiuto sui dati predetti.
    In  esecuzione  di  tale  ordinanza, la regione ha depositato tre
tabulati   che   riguardano,   rispettivamente,   le  prestazioni  di
assistenza     specialistica     ambulatoriale    privata,    interna
(poliambulatori  delle AUSL) e ospedaliera; ciascuno dei tre tabulati
riporta,  per  ciascuna AUSL, il numero di ricette redatte, il numero
di prestazioni erogate, il numero degli assistiti, il numero medio di
ricette  per  assistito,  il  valore  calcolato secondo il tariffario
lordo e l'ammontare del c.d. ticket.
    Non  e' stato invece fornito al tribunale alcun chiarimento circa
le  valutazioni  che l'amministrazione regionale ha compiuto sui dati
predetti  in vista della determinazione definitiva dei tetti di spesa
relativi   al  2003,  di  modo  che  il  tribunale  dubita  che  tali
valutazioni siano state effettivamente svolte.
    Ma,  del  resto,  tale  omissione  e'  giustificata  proprio  dal
disposto   di   cui  all'art. 30,  comma  4,  della  legge  regionale
n. 4/2003,  che  consente  di fare riferimento esclusivamente al dato
del  1998  (seppure  la  consistenza  complessiva della parte del FSR
destinata   all'acquisto   delle   prestazioni  specialistiche  venga
incrementata  annualmente  dalla giunta regionale in sede di adozione
del  DIEF), per cui l'illegittimita' dei provvedimenti amministrativi
che  della  norma  in  questione hanno fatto applicazione puo' - come
detto  -  essere  ritenuta  solo  laddove  la  norma  medesima  venga
dichiarata incostituzionale.
    Per cui, seppure non e' dimostrato che la quota del FSR riservata
all'acquisto  delle prestazioni sanitarie de quibus e' da considerare
residuale rispetto allo stanziamento complessivo (come invece ritiene
la   struttura   ricorrente),   ugualmente   il  meccanismo  previsto
dall'art. 30,   comma  4,  della  legge  regionale  n. 4/2003  appare
confliggere  con  i  principi fondamentali fissati dalla legislazione
statale,   ed   in   particolare   con   la   disposizione   di   cui
all'art. 8-quinquies, comma 2, del d.lgs. n. 502/1992, nella parte in
cui  impone  alle  amministrazioni  competenti  di  procedere  ad una
valutazione  comparativa  dei costi e della qualita' prima di fissare
il  volume  di  prestazioni  che  ogni  AUSL intende acquistare dalle
strutture  presenti  nell'ambito  territoriale della medesima Azienda
sanitaria  locale;  cio'  al  fine,  ad  esempio, di fissare un tetto
«montante»  superiore  o  inferiore  rispetto al valore attuale delle
prestazioni  rese  nel  1998  in  ragione  della  maggiore  o  minore
efficienza  della  struttura  e quindi al fine di dare alle strutture
piu'  efficienti  maggiore  spazio  nella  fascia  delle  regressioni
tariffarie  che  spetta  alla  giunta regionale di fissare (finalita'
quest'ultima ulteriore rispetto all'ambito proprio della norma che si
sospetta di illegittimita' costituzionale).
    4.3.  -  Nella realta' accade che, in assenza di tale valutazione
comparativa,   Regione   Puglia   e  AA.UU.SS.LL.  territoriali  sono
legittimate  ad attribuire alle singole strutture un tetto «montante»
pari  al  volume  delle  prestazioni  erogate  dalle  stesse nel 1998
(seppure  attualizzato  alle  tariffe  vigenti),  venendo  ad  essere
irrilevante  il  fatto  che alcune strutture - siano esse pubbliche o
private  - abbiano espresso risultati positivi in termini di rapporto
costi-benefici  e  altre strutture - siano esse pubbliche o private -
abbiano  invece  espresso  risultati  negativi  termini  di  rapporto
costi-benefici.
    5.  -  In  definitiva,  il  tribunale  ritiene  rilevante  e  non
manifestamente   infondata   nei  sensi  dianzi  indicati  la  q.l.c.
dell'art. 30,  comma 4, della, legge regionale pugliese n. 4/2003 per
contrasto  con  gli  artt. 3,  97  e  117  Cost., per cui il presente
giudizio   va   sospeso  in  attesa  della  decisione  che  la  Corte
costituzionale adottera' al riguardo.