IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1553/2003, proposto da Centro Analisi «E4» S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Cristina Lenoci e Fabrizio Lofoco, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Noemi Carnevale, in Lecce, via G. Oberdan, 107; Contro Regione Puglia, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Pier Luigi Portaluri e Luciano Ancora, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Lecce, via Imbriani, 24; Azienda USL TA/1, in persona del direttore generale pro tempore rappresentata e difesa dall'avv. Pier Luigi Portaluri, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Lecce, via Imbriani, 24; e nei confronti di Laboratorio Medico d'Analisi «S. Luca» del dott. Giuseppe Racugno S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito, per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione: della deliberazione del D.G. dell'AUSL TA/1 n. 916 in data 15 maggio 2003, comunicata in data 5-6 giugno 2003, avente ad oggetto «Determinazione tetti di spesa per l'anno 2003 per assistenza medico-specialistica ambulatoriale erogata da parte di professionisti e strutture provvisoriamente accreditate»; del contratto relativo alle prestazioni della specialistica ambulatoriale esterna, recante l'applicazione dei tetti di spesa relativi all'esercizio 2003; di ogni atto connesso, presupposto e/o consequenziale, ivi compresa la nota della Regione Puglia, Assessorato alla sanita', prot. n. 24/1293/2 del 4 marzo 2003, mai comunicata; ove occorra, della deliberazione di giunta regionale n. 1073 del 16 luglio 2002, della delibera ARES n. 20 del 7 marzo 2002, della deliberazione di giunta regionale n. 1392 del 15 ottobre 2001, della deliberazione di giunta regionale n. 2087 del 27 dicembre 2001, della deliberazione di giunta regionale n. 310 dell'8 aprile 2002, della deliberazione di giunta regionale n. 2242 del 23 dicembre 2002; nonche' per l'annullamento e/o la declaratoria di nullita' del contratto relativo alle prestazioni sanitarie relative all'anno 2003, sottoscritto con riserva, e per il risarcimento dei danni. B) Sui motivi aggiunti al predetto ricorso, notificati dalla struttura ricorrente in data 14 ottobre 2003 e in data 3 dicembre 2003, per l'annullamento, previa sospensione, della deliberazione della giunta regionale pugliese 4 settembre 2003 n. 1326 (recante «Documento di indirizzo economico-funzionale del SSR per il 2003 e triennale 2003-2005»), della deliberazione del d.g. dell'AUSL TA/1 14 ottobre 2003, n. 2129 («Rideterminazione dei tetti di spesa anno 2003 per assistenza medico-specialistica ambulatoriale erogata da parte di professionisti e strutture provvisoriamente accreditate»), nonche' di ogni altro atto presupposto, connesso, consequenziale e/o comunque collegato, ed in particolare del contratto aggiuntivo stipulato fra le parti in esecuzione della citata deliberazione n. 2129. Visto il ricorso, i relativi allegati e tutti gli atti di causa; Vista la domanda di sospensione della esecuzione dei provvedimenti impugnati, presentata in via incidentale dalla struttura ricorrente; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia e dell'Azienda USL TA/1; Viste le ordinanze 19 gennaio 2004, n. 107 e 108, con cui, rispettivamente, e' stata respinta la domanda cautelare ed e' stata disposta la sospensione del giudizio; Vista la sentenza della Corte costituzionale n. 111 del 2005; Vista l'ordinanza presidenziale 28 maggio 2005, n. 1751, con cui e' stata disposta istruttoria; Uditi nella pubblica udienza del 13 luglio 2005 il relatore, ref. Tommaso Capitanio e, per le parti costituite, gli avv. Lenoci, Lofoco, Ancora e Portaluri. Fatto e diritto 1. - Con il ricorso introduttivo, la struttura sanitaria in epigrafe (provvisoriamente accreditata con il SSN per l'erogazione - con oneri a carico del Fondo sanitario regionale - di prestazioni comprese nella branca di patologia clinica) ha impugnato gli atti e i provvedimenti con cui la Regione Puglia e l'AUSL TA/1 - ciascuna per la parte di rispettiva competenza - hanno proceduto alla determinazione, per l'anno 2003, del tetto di spesa relativo alle prestazioni sanitarie di cui sopra, in applicazione delle disposizioni regionali che disciplinano la materia dell'accreditamento provvisorio delle strutture sanitarie private. Le numerose censure articolate nel ricorso e nei motivi aggiunti concernono, in sintesi, i seguenti aspetti principali: assenza della pianificazione regionale a monte delle determinazioni dell'AUSL (c.d. piano annuale preventivo); mancato coinvolgimento delle associazioni di categoria nella fase di determinazione delle scelte relative al volume delle prestazioni da acquistare; violazione del principio di libera scelta del medico da parte degli assistiti; illegittima retroattivita' dei tetti di spesa (fissati in una fase avanzata dell'esercizio finanziario); violazione del principio di corretta ripartizione, in base ad una valutazione dei costi e della qualita', delle risorse finanziarie fra le strutture sanitarie che costituiscono il SSN; violazione del principio del compenso predeterminato (a tariffa) a fronte delle prestazioni rese. 2. - In relazione a tali profili del ricorso (ed in particolare alla censura relativa all'asserita violazione, da parte delle Amministrazioni intimate, del principio di corretta ripartizione delle risorse finanziarie fra le strutture sanitarie di cui si compone il SSN) peraltro analoghi a quelli sollevati da numerose altre strutture sanitarie private provvisoriamente accreditate con la Regione Puglia, con l'AUSL TA/1 e con altre AUSL pugliesi, questo tribunale ha investito la Corte costituzionale (ordinanze 19 dicembre 2003, n. 8968, 19 gennaio 2004, n. 64, e 29 gennaio 2004, n. 155) della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 30, comma 4, della l.r. pugliese 7 marzo 2003, n. 4 (il quale dispone che «A norma dell'articolo 8-quinquies, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 502/1992, ove le strutture pubbliche e private abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, fissato in misura corrispondente a quelli erogati nel 1998, e il relativo limite di spesa a carico del servizio sanitario regionale, detti volumi sono remunerati con le regressioni tariffarie fissate dalla giunta regionale»), sospendendo nel frattempo tutti i giudizi pendenti (e fra questi anche il presente) rispetto alla cui definizione la decisione della Consulta acquistava rilievo pregiudiziale e dirimente. 3. - Con sentenza 18 marzo 2005, n. 111, la Corte costituzionale (dopo aver cosi' delimitato i profili di incostituzionalita' ritenuti non manifestamente infondati dal tribunale: «... il primo attiene alla ingiustificata disparita' di trattamento che la norma regionale impugnata avrebbe creato tra le strutture accreditate di sanita' privata e quelle di sanita' pubblica, quale si desumerebbe, in particolare, dal differente modo in cui le une e le altre sono finanziate. Il secondo concerne, specificamente, il riferimento all'anno 1998 ai fini della quantificazione, per l'anno 2003 (nel corso del quale le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale sono state erogate), del c.d. "tetto montante", ignorando cosi' l'effettivo andamento della domanda di prestazioni sanitarie proveniente dall'utenza nel periodo intercorso tra le due annualita' indicate...» ha ritenuto in parte inammissibile e in parte infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dal tribunale, sul duplice presupposto che: per quanto concerne il primo profilo, il giudice a quo ha dato alla norma impugnata un significato che essa non ha, in quanto nella stessa non si rinviene l'affermazione secondo cui il sistema di remunerazione delle prestazioni rese dalle strutture sanitarie pubbliche sarebbe diverso da quello relativo alle strutture private accreditate. Per cui, riferendosi la norma sia alle strutture pubbliche che a quelle private, essa non e' stata giudicata in contrasto con gli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione. Peraltro, pur potendosi intuire dalle suddette ordinanze di rimessione che, in realta', il Tribunale amministrativo regionale dubitasse della legittimita' costituzionale del sistema complessivamente vigente nella Regione Puglia, ossia che coinvolgesse nelle proprie prospettazioni anche norme diverse da quella censurata (nonche' atti amministrativi applicativi della predetta normativa regionale), tali norme - pur menzionate nelle ordinanze - non sono state oggetto di rimessione, per cui di esse la Corte ha ritenuto di non potersi occupare; per quanto concerne il secondo profilo, invece, premesso che la norma impugnata deve, secondo la Corte, «... essere interpretata nel senso che, ai fini della remunerazione per intero a valori attuali (riferiti cioe' all'anno in cui effettivamente le prestazioni siano state rese), i volumi delle prestazioni medesime, vale a dire la loro quantita' e, correlativamente, la spesa complessiva, non possono essere superiori a quelli del 1998...», il riferimento dell'art. 30, comma 4, «... ai predetti volumi e limiti di spesa si presenta come il frutto, da parte del legislatore regionale, di una scelta discrezionale di politica sanitaria e di contenimento della spesa, la quale, tenuto conto della ristrettezza delle risorse finanziarie dirette a soddisfare le esigenze del settore, non risulta viziata da intrinseca irragionevolezza. Non ricorre, dunque, quella evenienza che, sola, puo' giustificare l'intervento sulla norma da parte di questa Corte, in applicazione del parametro di cui all'art. 3 della Costituzione...». 4. - L'odierno Collegio (sulla base di quanto affermato dalla Corte in ordine alle ragioni di carattere economico che giustificano la fissazione di un limite di spesa globale) non ritiene che nelle citate ordinanze di rimessione siano stati esauriti tutti i possibili profili di contrasto fra il quadro normativo regionale oggetto del presente giudizio e le norme costituzionali di riferimento, per cui si rende necessario adire nuovamente la Consulta, specificando naturalmente sotto quale nuovo aspetto l'art. 30, comma 4, della legge regionale pugliese 7 marzo 2003, n. 4 appare confliggere con la Carta fondamentale. Innanzitutto, pero', occorre dare conto della ritenuta rilevanza della questione e, a tal riguardo, si deve evidenziare che l'illegittimita' dei provvedimenti amministrativi che della norma in questione hanno fatto applicazione puo' essere ritenuta solo laddove la norma medesima venga dichiarata incostituzionale. Infatti, le amministrazioni intimate (come sara' evidenziato infra) nel fissare alla struttura ricorrente il tetto di spesa «montante» (relativo alla remunerazione delle prestazioni corrispondendo il 100% del valore tariffario) per l'anno 2003 hanno applicato fedelmente la norma censurata, per cui gli atti impugnati sono da ritenere legittimi in parte qua fintantoche' la prefata disposizione non sia cancellata dall'ordinamento con effetto ex tunc. 4.1. - Naturalmente, nell'adire ancora una volta la Corte costituzionale, l'odierno Collegio tiene ferme le conclusioni a cui la Consulta e' pervenuta nella sentenza n. 111/2005, ossia che l'art. 30, comma 4, della legge regionale n. 4/2003, per i profili esaminati dalla Corte, non confligge ne' con l'art. 3 Cost. (in quanto esso fa riferimento sia alle strutture sanitarie pubbliche, sia a quelle private), ne' con l'art. 97 Cost. (in quanto la scelta del Legislatore regionale di ancorare il volume globale delle prestazioni sanitarie acquistabili dal SSR e remunerabili al 100% della tariffa al dato storico del 1998 e' stata giudicata non irragionevole dalla Consulta), ne', conseguentemente, con l'art. 117, comma 3, Cost. (nella parte in cui stabilisce che la legislazione regionale concorrente deve rispettare i principi fondamentali fissati dalla legislazione nazionale di principio). Cosi' pure il tribunale non ritiene che sussista, a livello normativo, una diversificazione nel finanziamento delle strutture pubbliche e di quelle private, atteso che il sistema di finanziamento previsto dall'art. 8 della legge regionale n. 38/1994 e' da ritenersi superato per effetto della legislazione successiva (si vedano, ad esempio: l'art. 7 della legge regionale n. 32/2001, che impone chiaramente alle aziende ospedaliere la redazione di un bilancio, nel quale fra i ricavi va iscritta, fra le altre, la minor somma tra il tetto di remunerazione fissato per l'anno 2001 e il valore delle prestazioni effettivamente erogate, anche determinate in via provvisoria; o l'art. 12 della medesima l.r. n. 32/2001, che obbliga le AA.UU.SS.LL. a garantire l'equilibrio economico dei presidi ospedalieri da esse gestiti «determinando il valore delle prestazioni erogate sulla base delle tariffe agli stessi riconosciute»). 4.2. - Sulla base dell'insegnamento della Corte costituzionale relativo alla legittimita', in ragione delle esigenze economiche, di un limite di spesa globale (nella specie ancorato al volume di prestazioni rese nel 1998) il Collegio rileva che l'art. 30, comma 4, della legge regionale pugliese n. 4/2003 appare confliggere con i principi fondamentali fissati dalla legge statale nella parte in cui non impone alle amministrazioni competenti (Regione e AA.UU.SS.LL. territoriali) di procedere ad una valutazione e ad una comparazione dei costi e della qualita' delle prestazioni erogate dalle varie strutture sanitarie, nonche' al monitoraggio del flusso della domanda (e di altre situazioni rilevanti), prima di procedere alla ripartizione delle risorse finanziarie stanziate nel FSR per l'acquisto delle prestazioni sanitarie per cui e' causa. Infatti, stabilendo semplicemente che «... ove le strutture pubbliche e private abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, fissato in misura corrispondente a quelli erogati nel 1998, e il relativo limite di spesa a carico del servizio sanitario regionale, detti volumi sono remunerati con le regressioni tariffarie fissate dalla giunta regionale...», cioe' stabilendo un limite di spesa al tempo stesso globale ed individuale (per ogni struttura) pari al valore attuale delle prestazioni rese nel 1998, l'art. 30, comma 4, della l.r. n. 4/2003 appare in contrasto con i principi stabiliti dal d.lgs. n. 502/1992 e s.m.i., in quanto non prevede un sistema (oggettivo e trasparente) in base al quale sia possibile verificare se la ripartizione delle risorse finanziarie e' fatta in maniera efficiente (pur nei limiti delle disponibilita' di bilancio). In effetti, mentre in generale il complesso delle disposizioni legislative che nella Regione Puglia disciplinano la materia oggetto del presente giudizio appare rispettosa dei principi stabiliti dalla legislazione statale (tanto e' vero che lo stesso comma 1 del piu' volte citato art. 30 stabilisce che «La Regione Puglia garantisce la libera scelta dei cittadini ai fini dell'accesso alle prestazioni sanitarie nell'ambito della programmazione regionale e dell'organizzazione dei servizi del sistema sanitario regionale, comprendente tutte le strutture pubbliche e private accreditate ex articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modificazioni, e nell'ambito degli accordi e contratti di cui all'articolo 8-quinquies»), la norma di cui al quarto comma, riguardando il momento cruciale dell'intera vicenda amministrativa (id est, la ripartizione delle risorse finanziarie), tradisce lo spirito del sistema. Peraltro occorre evidenziare che, nel caso di specie, non viene in evidenza un problema di parita' fra strutture sanitarie pubbliche e private (e, del resto, nella sentenza n. 111/2005 la Corte ha ritenuto insussistente il contrasto fra l'art. 30, comma 4, e l'art. 3 Cost.), visto che le doglianze articolate nel presente ricorso (e in altri analoghi pendenti di fronte a questo tribunale) riguardano la parte della norma in cui si prevede che il volume delle prestazioni erogabili nel 2003 e' fissato in misura corrispondente a quello erogato nel 1998 ad ogni struttura, in quanto e' proprio il riferimento fisso ed immutabile a tale dato storico che penalizza asseritamente le strutture private ricorrenti, non importa se nei confronti di altre strutture private o di strutture pubbliche. Ne' il tribunale dubita del fatto che la programmazione regionale in subiecta materia debba tenere conto dell'entita' delle risorse finanziarie disponibili, il problema essendo costituito dal modo in cui le (limitate) risorse sono impiegate. In sostanza, prendendo a base per la determinazione del tetto di spesa valevole per il 2003 per ogni struttura solo il dato storico riferito al 1998 e non prevedendo alcuna valutazione ne' sui costi sopportati dalle strutture interessate per l'erogazione delle prestazioni sanitarie ne' sul flusso della domanda, la norma cristallizza in modo irragionevole la situazione del mercato, laddove una corretta ed efficiente gestione delle risorse finanziarie imporrebbe di acquistare le prestazioni dalle strutture - non importa se pubbliche o private - piu' efficienti, che dimostrano di incontrare il favore dell'utenza erogando prestazioni di migliore qualita' o che producono a costi minori (di talche' il contrasto e' ravvisabile sia con riguardo al principio costituzionale di buon andamento della p.a. sia con il principio di uguaglianza). Giova evidenziare a tale riguardo che, con ordinanza istruttoria presidenziale 28 maggio 2005, n. 1751, il tribunale ha ordinato alla Regione Puglia di depositare il seguente materiale probatorio: atti e documenti relativi alla determinazione dei costi sopportati dal SSR nel 2003 per prestazioni ambulatoriali specialistiche rese dalle strutture pubbliche (distinte fra quelle erogate ai pazienti «interni» e a quelli «esterni»); atti e documenti relativi alla determinazione dei costi sopportati dal SSR nel 2003 per prestazioni ambulatoriali specialistiche rese da strutture private; atti e documenti relativi alle valutazioni comparative che, in vista dell'adozione della deliberazione di giunta regionale n. 1326/2003, la regione ha compiuto sui dati predetti. In esecuzione di tale ordinanza, la regione ha depositato tre tabulati che riguardano, rispettivamente, le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale privata, interna (poliambulatori delle AUSL) e ospedaliera; ciascuno dei tre tabulati riporta, per ciascuna AUSL, il numero di ricette redatte, il numero di prestazioni erogate, il numero degli assistiti, il numero medio di ricette per assistito, il valore calcolato secondo il tariffario lordo e l'ammontare del c.d. ticket. Non e' stato invece fornito al tribunale alcun chiarimento circa le valutazioni che l'amministrazione regionale ha compiuto sui dati predetti in vista della determinazione definitiva dei tetti di spesa relativi al 2003, di modo che il tribunale dubita che tali valutazioni siano state effettivamente svolte. Ma, del resto, tale omissione e' giustificata proprio dal disposto di cui all'art. 30, comma 4, della legge regionale n. 4/2003, che consente di fare riferimento esclusivamente al dato del 1998 (seppure la consistenza complessiva della parte del FSR destinata all'acquisto delle prestazioni specialistiche venga incrementata annualmente dalla giunta regionale in sede di adozione del DIEF), per cui l'illegittimita' dei provvedimenti amministrativi che della norma in questione hanno fatto applicazione puo' - come detto - essere ritenuta solo laddove la norma medesima venga dichiarata incostituzionale. Per cui, seppure non e' dimostrato che la quota del FSR riservata all'acquisto delle prestazioni sanitarie de quibus e' da considerare residuale rispetto allo stanziamento complessivo (come invece ritiene la struttura ricorrente), ugualmente il meccanismo previsto dall'art. 30, comma 4, della legge regionale n. 4/2003 appare confliggere con i principi fondamentali fissati dalla legislazione statale, ed in particolare con la disposizione di cui all'art. 8-quinquies, comma 2, del d.lgs. n. 502/1992, nella parte in cui impone alle amministrazioni competenti di procedere ad una valutazione comparativa dei costi e della qualita' prima di fissare il volume di prestazioni che ogni AUSL intende acquistare dalle strutture presenti nell'ambito territoriale della medesima Azienda sanitaria locale; cio' al fine, ad esempio, di fissare un tetto «montante» superiore o inferiore rispetto al valore attuale delle prestazioni rese nel 1998 in ragione della maggiore o minore efficienza della struttura e quindi al fine di dare alle strutture piu' efficienti maggiore spazio nella fascia delle regressioni tariffarie che spetta alla giunta regionale di fissare (finalita' quest'ultima ulteriore rispetto all'ambito proprio della norma che si sospetta di illegittimita' costituzionale). 4.3. - Nella realta' accade che, in assenza di tale valutazione comparativa, Regione Puglia e AA.UU.SS.LL. territoriali sono legittimate ad attribuire alle singole strutture un tetto «montante» pari al volume delle prestazioni erogate dalle stesse nel 1998 (seppure attualizzato alle tariffe vigenti), venendo ad essere irrilevante il fatto che alcune strutture - siano esse pubbliche o private - abbiano espresso risultati positivi in termini di rapporto costi-benefici e altre strutture - siano esse pubbliche o private - abbiano invece espresso risultati negativi termini di rapporto costi-benefici. 5. - In definitiva, il tribunale ritiene rilevante e non manifestamente infondata nei sensi dianzi indicati la q.l.c. dell'art. 30, comma 4, della, legge regionale pugliese n. 4/2003 per contrasto con gli artt. 3, 97 e 117 Cost., per cui il presente giudizio va sospeso in attesa della decisione che la Corte costituzionale adottera' al riguardo.