ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4,
5,  6  e  7  della legge della Regione Piemonte 31 maggio 2004, n. 13
(Regolamentazione   delle   discipline  bio-naturali),  promosso  con
ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, notificato il
2 agosto  2004,  depositato in cancelleria il 10 agosto successivo ed
iscritto al n. 82 del registro ricorsi 2004.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25 ottobre  2005  il  giudice
relatore Franco Bile;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  e l'avvocato Stefano Santarelli per la
Regione Piemonte.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  notificato  il 2 agosto 2004 e depositato il
successivo  10  agosto,  il  Presidente del Consiglio dei ministri ha
impugnato,  in  via  principale - per violazione dell'art. 117, terzo
comma, della Costituzione - la legge della Regione Piemonte 31 maggio
2004,  n. 13  (Regolamentazione  delle  discipline  bio-naturali). In
particolare,  le  censure  riguardano: a) l'art. 1, che istituisce il
«registro per gli operatori delle discipline bio-naturali finalizzate
alla  conservazione  ed  al  recupero  dello  stato  di benessere del
cittadino»;  b) l'art. 2, che riconosce a tali discipline «il compito
di  promuovere  lo  stato  di  benessere  ed  un  miglioramento della
qualita' della vita della persona», demandandone l'identificazione ad
una delibera della giunta regionale; c) gli artt. 3, 4, 5, 6 e 7, che
sono funzionalmente collegati con gli articoli precedenti, poiche' il
loro  contenuto dispositivo e' volto al raggiungimento dei fini della
legge  medesima  (con  particolare  riguardo  alla regolamentazione e
gestione delle professioni sanitarie anche non convenzionali).
    La  difesa  erariale  rileva  che  nell'ambito  delle  discipline
bio-naturali  (genericamente  definite e non identificate dalla legge
impugnata)  devono  ritenersi  comprese  -  come desumibile anche dal
fatto  che  l'art. 3 inserisce tra i componenti della Commissione che
verifica  i  requisiti  richiesti  agli operatori per l'iscrizione al
relativo registro, un rappresentante designato dall'Ordine dei medici
e   uno   designato  dall'Ordine  dei  farmacisti  -  le  professioni
sanitarie,   anche   non   convenzionali,  la  cui  individuazione  e
regolamentazione,  con  i  relativi  profili e ordinamenti didattici,
spetta  allo  Stato,  secondo  il  principio  fondamentale  stabilito
dall'art. 6,  comma 3,  del  decreto  legislativo  30 dicembre  1992,
n. 502,  e confermato dall'art. 124, comma 1, lettera b), del decreto
legislativo  31 marzo  1998,  n. 112,  e  dall'art. 1, comma 2, della
legge 26 febbraio 1999, n. 42.
    2.   -   Si  e'  costituita  in  giudizio  la  Regione  Piemonte,
concludendo  per  la  declaratoria di non fondatezza della questione,
poiche'  la  legge  impugnata,  senza  interferire  nel  campo  delle
discipline e terapie sanitarie non convenzionali, regolamenta le sole
discipline  bio-naturali,  che  sono  esclusivamente finalizzate alla
ricerca  di  armonizzazione  dell'individuo  con  se  stesso e con il
contesto che lo circonda nei piu' diversi aspetti.
    Secondo   la  Regione,  quindi,  la  legge  impugnata  non  viola
l'evocato   parametro   perche'   non   interviene   ad  istituire  o
regolamentare  professioni di carattere sanitario riservate in quanto
tali  alla  sola  legge  dello  Stato  ma, nell'intento di assicurare
trasparenza   e   chiarezza   nell'ambito   delle   varie  discipline
bio-naturali  ed  adeguata tutela all'utente, si limita a valorizzare
pratiche gia' concretamente largamente e legittimamente esercitate ed
a  conferire  una  patente  di riconoscimento agli operatori di dette
discipline  che  si impegnano a rispettare i requisiti normativamente
stabiliti.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri impugna, in via
principale,  la  legge  della  Regione Piemonte 31 maggio 2004, n. 13
(Regolamentazione   delle   discipline   bio-naturali).   Secondo  il
ricorrente,  gli  artt. 1 e 2 di tale legge, ed i successivi artt. 3,
4,  5, 6 e 7, (in quanto «funzionalmente collegati» ai precedenti) si
pongono in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione,
poiche'  realizzano  un  intervento normativo regionale in materia di
professioni  sanitarie  non  convenzionali,  la  cui individuazione e
regolamentazione,  con  i  relativi  profili e ordinamenti didattici,
spetta  invece  allo  Stato  (come  affermato  da  questa Corte nella
sentenza   n. 353   del  2003),  secondo  il  principio  fondamentale
stabilito  dall'art. 6,  comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre
1992,  n. 502  (successivamente  confermato  dall'art. 124,  comma 1,
lettera b),   del   decreto  legislativo  31 marzo  1998,  n. 112,  e
dall'art. 1, comma 2, della legge 26 febbraio 1999, n. 42).
    2. - Il ricorso e' fondato.
    2.1.  -  Con l'impugnata legge n. 13 del 2004 la Regione Piemonte
ha  provveduto  ad  una  sistemazione  delle discipline bio-naturali,
definite come le «pratiche che si prefiggono il compito di promuovere
lo  stato  di benessere ed un miglioramento della qualita' della vita
della  persona»,  mediante  «l'armonizzazione  della  persona  con se
stessa  e  con  gli  ambienti  sociale,  culturale  e naturale che la
circondano» (art. 2, comma 1).
    La  legge  -  emanata  «nell'ottica  del pluralismo scientifico e
della  liberta' di scelta» (art. 1) - istituisce «il registro per gli
operatori    delle    discipline    bio-naturali   finalizzate   alla
conservazione  ed al recupero dello stato di benessere del cittadino»
(art. 1);   demanda   alla   Giunta  regionale  di  identificare  «le
discipline  bio-naturali  oggetto  di regolamentazione e le attivita'
specifiche   afferenti  le  pratiche  e  le  discipline  individuate»
(art. 2,   comma 3);   prevede   l'istituzione   di  una  Commissione
permanente   per   le   pratiche   e   le   discipline  bio-naturali,
determinandone  la  composizione (art. 3) ed individuandone i compiti
(art. 4);  istituisce  il  registro  regionale  degli operatori delle
pratiche   e   delle   discipline  bio-naturali,  disciplinandone  le
procedure  ed i requisiti per l'iscrizione (art. 5); commina sanzioni
amministrative  per  coloro  che  esercitano l'attivita' di operatore
nelle  discipline  bio-naturali  senza  essere  iscritti  al registro
regionale  (art. 6,  comma 1),  ovvero  che esercitano una disciplina
bio-naturale  diversa  da  quella per la quale risultano iscritti nel
registro  regionale (art. 6, comma 2); regolamenta in via transitoria
la iniziale gestione del registro regionale (art. 7).
    I   successivi   artt. 8   e   9   (non   impugnati),   prevedono
rispettivamente   un   monitoraggio  finalizzato  ad  identificare  i
parametri  a  cui  la  Giunta  regionale e' tenuta ad attenersi nella
presentazione  al  Consiglio regionale di una relazione annuale sullo
stato  d'attuazione della legge, e la relativa copertura finanziaria,
per gli anni 2004-2006.
    2.2.  -  L'impianto  generale, lo scopo esplicito ed il contenuto
della legge - ed in special modo delle norme poste dagli artt. 2, 5 e
6,  sopra  ricordati - rendono evidente che l'oggetto della normativa
in esame (e, di conseguenza, della proposta questione di legittimita'
costituzionale)  va  ricondotto  alla  materia  delle  «professioni»,
contemplata dal terzo comma dell'art. 117 Cost.
    D'altronde,  neppure la Regione resistente mette in dubbio questa
conclusione,   limitandosi  a  contestare  che  l'impugnato  impianto
normativo  possa  essere  inquadrato  nell'ambito  delle  professioni
sanitarie  non  convenzionali.  Ma - ai fini della ripartizione delle
competenze  afferenti  la materia in esame, come appunto definita dal
terzo  comma  dell'art. 117 Cost. - l'individuazione di una specifica
tipologia  o  natura  della «professione» oggetto di regolamentazione
legislativa non ha alcuna influenza (cfr. sentenza n. 355 del 2005).
    2.3.  -  Dunque,  anche la presente questione deve essere risolta
alla  stregua  della  giurisprudenza resa al riguardo da questa Corte
(sentenze  n. 353  del  2003,  n. 319  e n. 355 del 2005). In termini
generali,  e'  sufficiente  infatti  ribadire  che - nel vigore della
riforma  del Titolo V, Parte seconda, della Costituzione - continua a
spettare allo Stato la determinazione dei principi fondamentali nelle
materie  di  competenza  concorrente  e  che,  ove non ne siano stati
formulati  di  nuovi,  la  legislazione  regionale deve svolgersi (ai
sensi  dell'art. 1,  comma 3,  della legge 5 giugno 2003, n. 131) nel
rispetto  di  quelli comunque risultanti dalla normativa statale gia'
in vigore (sentenze n. 201 del 2003 e n. 282 del 2002, oltre a quelle
sopra  citate).  E  da  essa  non  si  trae  alcuno  spunto che possa
consentire   iniziative  legislative  regionali  nell'ambito  cui  si
riferisce la legge impugnata.
    Parimenti,   va   riaffermato   che,   anche  oggi,  la  potesta'
legislativa delle regioni in materia di «professioni» deve rispettare
il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali,
con  i  relativi profili ed ordinamenti didattici, e l'istituzione di
nuovi  albi  (sentenza n. 355 del 2005) e' riservata allo Stato. Tale
principio,  al  di  la'  della  particolare  attuazione  che recano i
singoli  precetti  normativi,  si  configura  infatti quale limite di
ordine  generale, invalicabile dalla legge regionale (sentenza n. 319
del 2005).
    Pertanto,   le   norme   impugnate   devono   essere   dichiarate
costituzionalmente    illegittime,    per   violazione   dell'evocato
parametro.
    2.4. - Rilevato, inoltre, che l'intera legge regionale si pone in
inscindibile connessione con le disposizioni specificamente impugnate
dal  ricorrente  -  giacche'  gli  artt. 8  e 9, non impugnati, hanno
ragion  d'essere  in  quanto funzionali al raggiungimento dello scopo
della  legge  medesima  -, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo
1953,  n. 87,  la  declaratoria di illegittimita' costituzionale deve
essere estesa, in via consequenziale, anche a tali disposizioni.