IL TRIBUNALE Letti gli atti del procedimento penale n. 2116/99 RG. e 2286/98 PM. a carico di Previti Cesare; sentiti le parti; O s s e r v a A seguito di querela sporta in data 5/6 febbraio 97 da Ariosto Stefania, il Gip in sede, con decreto del 27 gennaio 1999, disponeva il rinvio a giudizio di Previti Cesare per rispondere del reato p. e p. dall'art. 595 comma 1, 2 e 3 c.p., perche', intervistato nell'articolo intitolato «Sconfitto il p.m. dalla faccia di bronzo»), pubblicato in data 30 gennaio 1997 sul quotidiano «La Repubblica», offendeva la reputazione di Ariosto Stefania; segnatamente affermava: «E' una vergogna che un' ammucchiata tra magistrati e quattro giornalisti, questa specie di complotto contro di me si sia trasformato in un rinvio a giudizio che ha provocato un danno enorme a me e a Forza Italia. Su tutto questo poi mi sono cadute le fantasie dell'Ariosto. E vuole sapere una cosa? Mi dica - Ancora non trovo a Milano un p.m. che indaghi sulle bugie dell'Ariosto e su chi l'ha montata e le ha fatto dire quel che ha detto. E perche' dovrebbe? Perche' la procura sa benissimo che quella donna mente sapendo di mentire. Gliel' ho dimostrato, hanno una montagna di carte che lo prova, basterebbe che le sfogliassero...». In Roma, il 30 gennaio 1997; querela del 5/6 febbraio 1997. Nel corso del dibattimento perveniva al tribunale una nota datata 19 dicembre 2002, con la quale il Presidente della Camera dei deputati comunicava che la stessa Camera, nella seduta del 18 dicembre 2002, a seguito di relazione della Giunta per le autorizzazioni, aveva deliberato nel senso che i fatti per i quali e' in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione. In particolare, nella relazione di maggioranza esposta dall'on. Fragala', si evidenzia che «la vicenda in questione si inquadra nella piu' generale tematica - largamente oggetto di polemica politica e di esame parlamentare - connessa con i processi per corruzione condotti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano e culminata con la richiesta di arresto del deputato Previti avanzata alla Camera dei deputati nella XIII legislatura». Si assume che la materia e' sostanzialmente la medesima su cui la Camera ha gia' deliberato nelle sedute del 14 marzo e del 13 giugno 2002 a proposito di alcuni procedimenti scaturiti a seguito di querele sporte da Stefania Ariosto nei confronti di Cesare Previti ed altri e aventi ad oggetto dichiarazioni similari asseritamente diffamatorie riguardanti la pretesa falsita' di quanto dichiarato da quella testimone. La questione della credibilita' della Ariosto - si legge nella relazione di maggioranza del 14 marzo 2002, alla quale fa riferimento l'on. Fragala' - e' stata «nella XIII legislatura una tematica largamente approfondita. Sicche' non appare dubbio che le dichiarazioni oggi in questione dell' onorevole Previti appartengano al novero - individuato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale - delle dichiarazioni cosiddette prodromiche e conseguenti all'attivita' parlamentare in senso stretto e dunque non siano sindacabili in sede giudiziaria». Ritiene questo tribunale che la Camera dei deputati, con l'affermazione di insindacabilita', abbia erroneamente esercitato il proprio potere, perche' ha arbitrariamente valutato il presupposto del collegamento delle opinioni espresse con la funzione parlamentare. Codesta Corte ha piu' volte affermato che rientrano nella previsione di immunita' di cui al citato art. 68 Cost., solo le opinioni legate da «nesso funzionale» con le attivita' svolte dal dichiarante nella sua qualita' di membro delle Camere. «Costituiscono opinioni espresse nell'esercizio della funzione quelle manifestate nel corso dei lavori della Camera e dei suoi vari organi, in occasione dello svolgimento di una qualsiasi fra le funzioni svolte dalla Camera medesima ovvero manifestate in atti, anche individuali, costituenti estrinsecazione delle facolta' proprie del parlamentare in quanto membro dell' assemblea. Invece l'attivita' politica svolta dal parlamentare al di fuori di questo ambito non puo' dirsi di per se' esplicazione della funzione parlamentare nel senso preciso cui si riferisce l'art. 68 comma 1 della Costituzione. Nel normale svolgimento della vita democratica e del dibattito politico, le opinioni che il parlamentare esprima fuori dei compiti e delle attivita' propri delle assemblee rappresentano piuttosto esercizio della liberta' di espressione comune a tutti i consociati ; ad esse dunque non puo' estendersi, senza snaturarla, una immunita' che la Costituzione ha voluto, in deroga al generale principio di legalita' e di giustiziabilita' dei diritti, riservare alle opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni». «Discende da quanto osservato che la semplice comunanza di argomento tra la dichiarazione che si pretende lesiva e le opinioni espresse dal deputato o dal senatore in sede parlamentare non puo' bastare a fondare l'estensione alla prima della immunita' che copre le seconde; tanto meno puo' bastare a tal fine la ricorrenza di un contesto genericamente politico in cui la dichiarazione si estrinseca» ( sentenza n. 10/ 2000 della Corte). Il significato del «nesso funzionale», per ritenere l'insindacabilita' della dichiarazione che si pretende lesiva, deve essere inteso «non come semplice collegamento di argomento o di contesto fra attivita' parlamentare e dichiarazione, ma come identificabilita' della dichiarazione stessa quale espressione di attivita' parlamentare» (sentenza n. 11/2000 ). La stessa Corte ha ancora recentemente affermato che ai fini della sussistenza del nesso con le funzioni parlamentari e' necessario che vi sia quantomeno «una sostanziale corrispondenza di significati tra le dichiarazioni rese al di fuori dell'esercizio delle attivita' parlamentari tipiche svolte in Parlamento e le opinioni gia' espresse nell'ambito di queste ultime» ( sentenze n. 79 del 2002, nn. 76 e 289 del 2001 e sentenza n. 321 del 2000 ). Orbene, nel caso in esame non ricorrono i suddetti presupposti. Anche se la asserita falsita' delle dichiarazioni della Ariosto fu oggetto di un dibattito parlamentare ai fini della autorizzazione a procedere in altri procedimenti con imputazioni similari a carico di Cesare Previti, non risulta che quest'ultimo abbia reso sull'argomento, prima delle espressioni addebitategli nell'odierno capo d'imputazioni, dichiarazioni riconducibili all'esercizio della funzione parlamentare. Dalla relazione svolta nella seduta dell' Assemblea del 14 marzo 2002, alla quale fa riferimento ricettizio il relatore Fragala', si evince che il dibattito sulla richiesta di autorizzazione a procedere all'arresto del Previti inoltrata dalla Procura di Milano, durante il quale fu vagliata l'attendibilita' della testimonianza della Ariosto, avvenne nelle sedute del 18 settembre e del 12 dicembre del 1997; che in data 8 gennaio 1998 fu ascoltato l'on. Previti il quale deposito' una memoria scritta e che ancora sull'argomento la Camera torno' nelle sedute successive del 19 e 20 gennaio 1998. Rileva a questo punto il tribunale che, a parte che non si conosce il contenuto del ricordato intervento del Previti e che quindi non vi e' prova in atti che le opinioni dallo stesso espresse in sede parlamentare corrispondano sostanzialmente alle affermazioni asseritamente diffamatorie riportate nel capo d'imputazione ( non essendo a tal fine sufficiente che nei dibattiti tenutisi alla Camera altri parlamentari abbiano contestato la credibilita' in qualita' di testimone di Stefania Ariosto), e' certo che quell'intervento fu comunque successivo alle dichiarazioni riprodotte nell'articolo pubblicato sul quotidiano La Repubblica del 30 gennaio 1997. Deve quindi negarsi che le espressioni contestate siano comunque funzionalmente connesse alla esternazione in sede parlamentare, essendo evidente che per la sussistenza della prerogativa della immunita', quest'ultima tipica attivita' deve precedere cronologicamente la manifestazione «extra moenia» ad essa funzionalmente riconducibile. Diversamente opinando qualsiasi affermazione, anche ritenuta gravemente diffamatoria, potrebbe diventare insindacabile a seguito della semplice presentazione in data successiva al fatto di una interrogazione «ad hoc» (in tal senso si veda la sentenza della Corte n. 289 del 18 luglio 1998). La deliberazione di insindacabilita' e' stata, dunque, adottata dalla Camera dei deputati sulla base di una errata valutazione dei presupposti richiesti dall'art. 68 della Costituzione, con conseguente illegittima interferenza nelle attribuzioni dell'Autorita' giudiziaria, alla quale deve essere riconosciuto il potere-dovere di procedere nei confronti dell'on. Cesare Previti, allo scopo di valutare se le dichiarazioni riportate nel capo d'imputazione abbiano o meno valenza diffamatoria e, quindi, se egli debba rispondere del contestato reato di diffamazione a mezzo stampa.