Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia in persona del presidente della giunta regionale pro tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 2907 del 16 novembre 2005 (doc. 1), rappresentata e difesa - come da procura a margine del presente atto - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, con domicilio eletto in Roma presso l'ufficio di rappresentanza della regione, in piazza Colonna, 355; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 3, 4, 5, 8 e 12 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 222 del 23 settembre 2005, per violazione: dell'art. 4, nn. 1-bis, 2, 3, 6, 9, 12 e 13, dell'art. 5, nn. 10, 14, 16, 20 e 22, dell'art. 6, n. 3, e dell'art. 8, legge costituzionale n. 1 del 1963; dell'autonomia finanziaria regionale; dell'art. 76 e dell'art. 117, comma 4 e 5, della Costituzione, in relazione all'art. 10 legge costituzionale n. 3 del 2001, per i profili e nei modi di seguito illustrati. F a t t o La Regione Friuli-Venezia Giulia e' dotata di potesta' legislativa primaria nella materia dell'«ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione» ed in quella dell'«ordinamento degli enti locali», ai sensi dell'art. 4, n. 1 e n. l-bis legge costituzionale n. 1/1963. A queste materie vanno senz'altro ricollegate, ad avviso della Regione, le norme che regolano l'accesso dei privati alle informazioni detenute dalla Regione, dagli enti pararegionali e dagli enti locali, dato che tali norme incidono sull'organizzazione amministrativa di questi enti. Ugualmente tali norme incidono, naturalmente, sul diritto di accesso e sul diritto all'informazione dei privati, ma anche questa materia rientra nella competenza regionale, dato che, salva la determinazione statale dei livelli essenziali delle prestazioni, la disciplina dei diritti dei privati verso l'amministrazione ricade nella competenza residuale delle regioni ordinarie ex art. 117, comma 4, Cost. e, dunque, anche nella competenza delle regioni speciali ex art. 101, legge costituzionale n. 3/2001. Inoltre, la Regione Friuli-Venezia Giulia e' titolare di competenza costituzionale in materia ambientale (come risulta dalle norme che in seguito si indicheranno), anche se cio' rileva, come si argomentera', solo in via subordinata. Nelle medesime materie in cui ha competenza legislativa, la regione dispone delle corrispondenti funzioni amministrative, in virtu' dell'art. 8 dello Statuto. Inoltre, in tutte le materie di propria competenza la regione ha il potere ed il dovere di dare attuazione alle fonti comunitarie. Tale potere si e' consolidato in virtu' dell'art. 117, comma 5, Cost. (in base al quale «le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, ... provvedono all'attuazione e all'esecuzione... degli atti dell'Unione europea ...»). Su tale base, dunque, la regione ha emanato la legge n. 10/2004, recante Disposizioni sulla partecipazione della Regione Friuli-Venezia Giulia ai processi normativi dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari, con la quale essa ha introdotto nell'ordinamento regionale l'istituto della legge comunitaria annuale, al fine del recepimento delle direttive comunitarie nelle materie di competenza della regione. Del resto, la stessa legge n. 11/2005, «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari», stabilisce l'obbligo per regioni e province autonome di dare tempestiva attuazione alle direttive comunitarie nelle materie di propria competenza legislativa (art. 8, comma 1) e fa riferimento a «...leggi annuali di recepimento eventualmente approvate dalle regioni e dalle province autonome...» (art. 8, comma 5, lett. e). In attuazione della l.r. n. 10/2004 ed in conformita' ai principi di cui all'articolo 117 Cost., la Regione Friuli-Venezia Giulia ha puntualmente emanato la legge regionale 6 maggio 2005, n. 11, recante Disposizioni per l'adempimento degli obblighi della Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle comunita' europee. Attuazione delle direttive 2001/42/CE, 2003/4/CE e 2003/1978/CE. (Legge comunitaria 2004). Fra le direttive recepite da tale legge regionale e' compresa la direttiva n. 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all'accesso del pubblico all'informazione ambientale. L'art. 13 l.r. n. 11/2005 definisce il concetto di informazione ambientale; l'art. 14 disciplina l'accesso ad essa, stabilendo che «il diritto di accesso all'informazione ambientale e' esercitato nei confronti dell'amministrazione regionale e degli enti regionali secondo le modalita' stabilite dagli articoli 58 e seguenti della legge regionale 7/2000». L'art. 15 regola la diffusione dell'informazione ambientale, stabilendo che essa «deve essere resa disponibile al pubblico, diffusa e aggiornata, in modo da ottenere un'ampia, sistematica e progressiva fruibilita», e che «i soggetti di cui all'articolo 14 realizzano le misure organizzative necessarie per garantire la disponibilita' e la diffusione dell'informazione ambientale, in particolare, mediante tecnologie di telecomunicazione informatica o tecnologie elettroniche». Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato tale legge regionale, anche in relazione all'attuazione della direttiva 2003/4, asserendo che questa attiene alla materia ambientale, la quale esulerebbe dalla competenza regionale, e sarebbe «contigua» alla materia di cui all'art. 117, secondo comma, lett. r) Cost. (coordinamento informativo statistico ed informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale), anch'essa di competenza statale. La regione si e' costituita in tale giudizio ed in quella sede, naturalmente, saranno svolte le opportune difese: pur se si puo' notare fin d'ora che il ricorso del governo invoca norme che disciplinano il riparto di competenze tra lo Stato e le regioni ordinarie, anziche' le norme dello statuto speciale che ripartiscono le competenze tra lo Stato e la Regione Friuli-Venezia Giulia. All'impugnazione della l.r. n. 11/2005 fa ora seguito il d.lgs. n. 195/2005, Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale, emanato in attuazione alla legge 31 ottobre 2003, n. 306 (legge comunitaria 2003). L'art. 1, comma 5, della legge di delega stabiliva che, «in relazione a quanto disposto dall'art. 117, quinto comma, della Costituzione, i decreti legislativi eventualmente adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano entrano in vigore, per le regioni e le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, alla data di scadenza del termine stabilito per l'attuazione della normativa comunitaria e perdono comunque efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione e provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei principi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato». Invece, il d.lgs. n. 195/2005 non contiene alcuna clausola di suppletivita' o di cedevolezza in relazione ad eventuali leggi regionali: tale dato, unito ai motivi del ricorso proposto contro la l.r. n. 11/2005, fa presupporre che il Governo ritenesse di agire in una materia di competenza esclusiva statale. Quanto al contenuto del decreto legislativo, dopo che l'art. 1 ha indicato le Finalita', l'art. 2 fissa le Definizioni rilevanti per la disciplina da esso dettata. In particolare, il comma 1, lett. b) definisce «autorita' pubblica» le «amministrazioni pubbliche statali, regionali, locali, le aziende autonome e speciali, gli enti pubblici ed i concessionari di pubblici servizi, nonche' ogni persona fisica o giuridica che svolga funzioni pubbliche connesse alle tematiche ambientali o eserciti responsabilita' amministrative sotto il controllo di un organismo pubblico». L'art. 3 regola l'Accesso all'informazione ambientale su richiesta, disciplinando il procedimento di accesso con norme dettagliate e puntuali, che si discostano da quelle di cui alla l.r. n. 7/2000 («Testo unico delle norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso», richiamato dall'art. 14, l.r. n. 11/2005) per la previsione di raddoppio dei termini del procedimento in caso di richieste complesse. La legislazione regionale, dunque, garantisce una tutela piu' ampia del diritto di accesso. L'art. 4, comma 1, del decreto impone alle autorita' pubbliche di istituire, entro 6 mesi dall'entrata in vigore del decreto, cataloghi pubblici dell'informazione ambientale, «contenenti l'elenco delle tipologie dell'informazione ambientale detenuta», ovvero di avvalersi degli uffici per le relazioni con il pubblico gia' esistenti. Il comma 3 aggiunge che «l'autorita' pubblica informa in maniera adeguata il pubblico sul diritto di accesso alle informazioni ambientali disciplinato dal presente decreto». L'art. 5 prevede i casi di esclusione del diritto di accesso. Sul punto lo Stato e' intervenuto restrittivamente nella materia usufruendo della mera facolta' - riconosciuta dalla direttiva n. 2003/4 - di prevedere il diniego della richiesta di accesso (cfr. art. 4 della direttiva). Il legislatore regionale, al contrario, con la l.r. n. 11/2005, ha ritenuto di non prevedere alcun caso di esclusione ex lege del diritto di accesso all'informazione ambientale, mantenendo la conformita' della nuova disciplina alla l.r. n. 7/2000. Infatti, questa legge si differenzia dalla 1egge n. 241/1990, in quanto essa - oltre a riconoscere il diritto di accesso «a chiunque vi faccia richiesta» (senza che sia necessario allegare uno specifico interesse e motivare l'istanza: art. 58) - non prevede direttamente ne' demanda a regolamenti regionali la definizione di casi di esclusione dell'accesso, ma affida al responsabile del procedimento la valutazione di esigenze di riservatezza (v. art. 64). Anche per questa parte, dunque, la legge regionale fornisce una tutela maggiore del diritto di accesso rispetto al d.lgs. n. 195/2005 (che, a sua volta, e' meno restrittivo della legge n. 241/1990, dato che l'art. 3 consente l'accesso «a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse», cosi' differenziandosi dall'art. 22, legge n. 241/1990). La diffusione dell'informazione ambientale e' disciplinata all'art. 8, in base al quale «l'autorita' pubblica rende disponibile l'informazione ambientale detenuta rilevante ai fini delle proprie attivita' istituzionali avvalendosi, ove disponibili, delle tecnologie di telecomunicazione informatica e delle tecnologie elettroniche disponibili» (comma 1); inoltre, «l'autorita' pubblica stabilisce, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, un piano per rendere l'informazione ambientale progressivamente disponibile in banche dati elettroniche facilmente accessibili al pubblico tramite reti di telecomunicazione pubbliche, da aggiornare annualmente» (comma 2). Infine l'art. 8 dispone che «entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l'autorita' pubblica, per quanto di competenza, trasferisce nelle banche dati istituite in attuazione dei piani di cui al comma 2» svariati dati, elencati nel comma 3. L'art. 11 ha per oggetto gli Aspetti organizzativi e procedimentali delle regioni e degli enti locali. Esso prevede che, «in attuazione del principio di leale collaborazione, gli aspetti organizzativi e procedimentali, che lo Stato, le regioni e gli enti locali debbono definire per l'attuazione del presente decreto sono individuati sulla base di accordi, da raggiungere in sede di Conferenza unificata ai sensi della legge 5 giugno 2003, n. 131, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto». Nell'ambito di tali accordi dovrebbero essere individuati: «a) le modalita' di coordinamento tra le Autorita' pubbliche; b) i livelli minimi omogenei di informazione al pubblico in applicazione dell'art. 5, comma 4, in coerenza con le norme in materia di protezione di dati personali e nel rispetto della normativa comunitaria in materia di riutilizzo delle informazioni nel settore pubblico; c) i criteri di riferimento per l'applicazione dell'art. 5; d) le modalita' di produzione della relazione annuale sull'applicazione del presente decreto». Infine, l'art. 12 stabilisce che «entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le autorita' pubbliche si adeguano alle disposizioni del presente decreto» (comma 1); che «le autorita' pubbliche provvedono all'attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 3, comma 7, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e di cui al comma 1 nell'ambito delle proprie attivita' istituzionali ed utilizzando a tali fini le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente» (comma 2), e che, «in ogni caso, dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri ne' minori entrate a carico della finanza pubblica» (comma 3). Ma gli articoli 3, 4, 5, 8 e 12 del d.lgs. n. 195/2005, in quanto pretendono di applicarsi nella Regione Friuli-Venezia Giulia, sovrapponendosi alla disciplina dettata dalla legge regionale, risultano illegittimamente lesivi delle competenze costituzionali della regione stessa per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1. Illegittimita' del decreto legislativo e in particolare degli articoli 3, 4, 5, 8 e 12 in quanto, non delimitando il proprio campo di applicazione con una clausola di cedevolezza, ledono le competenze, regionali in materia di organizzazione regionale e degli enti locali ed in materia di diritto di accesso. Come gia' accennato, il d.lgs. n. 195/2005 non contiene alcuna clausola di suppletivita' e cedevolezza in relazione alle leggi regionali eventualmente gia' emanate o che dovessero sopraggiungere: tale dato, unito ai motivi del ricorso proposto contro la l.r. n. 11/2005, fa supporre che la disciplina emanata dal Governo assuma di intervenire in una materia di competenza esclusiva statale. Ora, come si dira', cio' non sarebbe per quanto riguarda la ricorrente regione a statuto speciale - neppure se fosse vero che la disciplina vada classificata, secondo un criterio di prevalenza, alla materia della tutela dell'ambiente: ma cosi' in ogni modo, ad avviso della regione, non e'. In primo luogo, infatti, non tutte le informazioni «ambientali» hanno ad oggetto specifico l'ambiente (v. ad esempio l'art. 2, comma 1, lett. a), nn. 3, 5 e 6). In secondo luogo, l'ambiente puo' essere l'oggetto delle informazioni di cui si vuole garantire la conoscibilita', ma non e' l'oggetto del d.lgs. n. 195/2005. Tale decreto attiene, come sembra evidente, da un lato, alle materie dell'«ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione» ed a quella dell'«ordinamento degli enti locali» (materia rientrante anch'essa nella competenza legislativa primaria ai sensi dell'art. 4, n. 1 e n. 1-bis, Statuto), dall'altro alla disciplina dei rapporti tra privati e pubblica l'amministrazione (in particolare, in relazione all'accesso ed al diritto all'informazione), anch'essa di competenza regionale salva la determinazione statale dei livelli essenziali delle prestazioni (che in questo caso non puo' certo essere invocata, dato che il d.lgs. n. 195/2005, come visto, restringe la tutela approntata dalla legge regionale e, comunque, prevede una tutela piu' ampia rispetto a quella garantita dalla legge n. 241/1990, come le regioni possono ben fare ai sensi dello stesso art. 22, comma 2, di tale legge). Tutte le norme impugnate, ovvero gli artt. 3, 4, 5, 8 e 12, con il contenuto sopra illustrato nella parte in fatto, che si consenta di intendere qui richiamato, non dispongono per nulla in materia ambientale, ma si limitano a regolare i modi in cui l'amministrazione fa accedere alle informazioni ambientali ed i casi in cui l'accesso e' escluso: a conferma che la materia disciplinata consiste appunto nell'accesso ai documenti e nell'organizzazione degli uffici. Inoltre, non si potrebbe invocare neppure la competenza statale in materia di coordinamento informativo ed informatico di cui all'art. 117, comma 2, Cost.: tale materia non puo' certo essere dilatata fino a comprendere tutte le modalita' di soddisfacimento del diritto all'informazione. Codesta Corte costituzionale ha del resto ben delimitato i confini della competenza statale, precisando che si tratta di una competenza di tipo tecnico, volta a rendere omogenei i dati delle diverse amministrazioni (v. sentt. n. 271/2005, n. 17/2004 e n. 31/2005, ove si chiarisce che «l'attribuzione a livello centrale della suddetta materia si giustifica alla luce della necessita' di assicurare una comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei, in modo da permettere la comunicabilita' tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione»). Invece, la norma impugnata non ha affatto un contenuto tecnico e non attiene al coordinamento di dati diversi tra le amministrazioni ma all'accesso a determinate informazioni da parte dei privati. Resta, pertanto, confermato che le norme impugnate ledono le competenze costituzionali della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di organizzazione regionale, degli enti pararegionali e degli enti locali ed in materia di diritto di accesso, nella parte in cui esse danno attuazione ad una direttiva comunitaria in modo indiscriminato, senza escludere la propria applicazione qualora la Regione recepisca o, come nel caso in questione, addirittura abbia gia' recepito la direttiva, e sovrapponendosi, dunque, alla disciplina gia' dettata dalla regione. Le motivazioni del ricorso governativo proposto contro la l.r. n. 11/2005 confermano la lesivita' del d.lgs. n. 195/2005, in quando lasciano intendere un intento normativo di escludere la competenza regionale. Ma, naturalmente, qualora codesta Corte ritenesse che, nonostante il silenzio e in ipotesi la contraria intenzione del decreto legislativo, debba comunque operare la clausola di cedevolezza posta dal gia' citato art. 1, comma 5, della legge di delega n. 306/2003 (secondo il quale «i decreti legislativi eventualmente adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano entrano in vigore, per le regioni e le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, alla data di scadenza del termine stabilito per l'attuazione della normativa comunitaria e perdono comunque efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione e provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei principi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato») le suesposte ragioni di doglianza verrebbero meno. Nel caso, invece, l'interpretazione «adeguatrice» o costituzionalmente conforme non risulti possibile, le norme impugnate risulterebbero anche viziate da eccesso di delega, per contrasto, appunto, con l'art. 1, comma 5, legge n. 306/2003, vizio denunciabile in questa sede in quanto esso incide direttamente sulle competenze regionali di cui sopra. 2. - In subordine: illegittimita' delle norme impugnate per lesione delle competenze in materia di ambiente. Qualora, contro cio' che alla Regione sembra evidente, si accedesse all'impostazione del ricorso statale proposto contro la l.r. n. 11/2005 e si ritenesse, quindi, che l'accesso all'informazione ambientale ricade nella materia «ambiente», non percio' verrebbe meno l'illegittimita' delle norme impugnate, per le stesse ragioni sopra invocate. Infatti, la Regione Friuli-Venezia Giulia e' titolare di competenza costituzionale anche nella materia ambientale, come risulta dalle numerose disposizioni che attribuiscono poteri in materie intrecciate con quella dell'ambiente (v. l'art. 4, nn. 2, 3, 6, 9, 12 e 13, l'art. 5, nn. 10, 14, 16, 20 e 22, e l'art. 6, n. 3). Tale ambito di competenza non e' affatto intaccata dall'art. 117, comma 2, Cost., che assegna la tutela dell'ambiente alla competenza esclusiva statale, dato tale competenza esclusiva non puo' valere nei confronti delle regioni speciali, alle quali la legge cost. n. 3/2001 si applica solo la' dove prevede forme di autonomia piu' favorevoli. Comunque, e' ben noto che, in base alla giurisprudenza costituzionale, l'ambito esclusivo della competenza statale in materia di «tutela dell'ambiente» va individuato soltanto nella fissazione di standard uniformi di tutela (si vedano, ad es., le sentt. n. 407/2002 e n. 214/2005). Dunque, anche qualora si volessero ricondurre le norme impugnate alla «tutela dell'ambiente», resterebbe vero che esse danno attuazione ad una direttiva comunitaria, in materia di sicura competenza regionale in forza dello statuto speciale (e per quanto detto di competenza anche delle regioni ordinarie, in quanto stabiliscano livelli ulteriori di tutela), senza clausola di suppletivita' e di cedevolezza e, pertanto, sarebbero ugualmente illegittime per le ragioni e nella misura esposte nel punto 1. 3. - Specifica illegittimita' dell'art. 12, comma 2 e 3, per lesione dell'autonomia finanziaria regionale. Come accennato, l'art. 12 del d.lgs. n. 195/2005 stabilisce, al comma 2, che «le autorita' pubbliche provvedono all'attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 3, comma 7, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e di cui al comma 1 nell'ambito delle proprie attivita' istituzionali ed utilizzando a tali fini le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente»; al comma 3 si aggiunge che, «in ogni caso, dall'attuazione del decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri, ne' minori entrate a carico della finanza pubblica». Dunque, non solo lo Stato recepisce una direttiva comunitaria senza curarsi della preesistenza dileggi regionali e imponendo alle amministrazioni regionali diversi comportamenti, ma prescrive che l'attuazione delle proprie norme avvenga «a costo zero». Pare chiaro che l'art. 12, comma 2 e 3, oltre ad essere affetto dai vizi sopra esposti (in quanto disconosce la competenza regionale e si sovrappone alle norme regionali gia' emanate), viola l'autonomia finanziaria regionale di cui agli artt. 48 ss. dello Statuto, in quanto impone ad essa un vincolo molto puntuale, che esula dai poteri statali di coordinamento della finanza pubblica. Su tale questione codesta Corte costituzionale si e' pronunciata piu' volte: sia sufficiente richiamare le sentt. n. 36 e n. 390 del 2004 e la sent. n. 417 del 2005, nella quale si ribadisce che «la previsione da parte della legge statale di limiti all'entita' di una singola voce di spesa non puo' essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, perche' pone un precetto specifico e puntuale sull'entita' della spesa e si risolve percio' "in una indebita invasione, da parte della legge statale, dell'area [...] riservata alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri [...] ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica) ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi" (sent. n. 390 del 2004)». Ne risulta un'ulteriore, specifica ragione di illegittimita' dell'art. 12, comma 2 e 3, che si aggiunge ai motivi esposti nel punto 1.