ha pronunciato la seguente Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 404, 405, numeri 3 e 4, 409, 413, ultimo comma, e 418, ultimo comma, del codice civile, promossi con ordinanze del 24 settembre e del 19 novembre 2004 dal giudice tutelare presso il Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Chioggia, iscritte al n. 1028 del registro ordinanze 2004 e al n. 206 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 2 e 16, 1ª serie speciale, dell'anno 2005. Visti gli atti di intervento dell'Associazione nazionale mutilati e invalidi civili (ANMIC) e del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 2005 il giudice relatore Franco Bile. Ritenuto in fatto 1. - Il giudice tutelare presso il Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Chioggia, con due ordinanze, rispettivamente del 24 settembre e del 19 novembre 2004, e con analoghe argomentazioni, ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale: a) degli artt. 404, 405, numeri 3 e 4, e 409 del codice civile in relazione agli artt. 2, 3, 4, 41, primo comma, e 42 della Costituzione; b) degli artt. 413, ultimo comma, e 418, ultimo comma, del codice civile in relazione agli artt. 2, 3, 4, 41, primo comma, 42 e 101, secondo comma, della Costituzione. Nella prima ordinanza il giudice rimettente espone che con provvedimento del 26 aprile 2004, adottato nel corso di un procedimento per interdizione instaurato nei confronti di A. F., il giudice istruttore presso il Tribunale di Venezia, ha trasmesso al giudice tutelare presso lo stesso Tribunale gli atti per l'apertura del procedimento di cui all'art. 404 cod. civ., previa nomina di un amministratore provvisorio di sostegno con il potere di compiere medio tempore, in nome e per conto del beneficiario, tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione. Nella seconda citata ordinanza il medesimo giudice rimettente riferisce che, con sentenza n. 1841/2004, il Tribunale di Venezia ha revocato lo stato di interdizione in cui versava A. L., disponendo la trasmissione degli atti al giudice tutelare per l'apertura del procedimento di cui all'art. 404 del codice civile, previa nomina di un amministratore provvisorio di sostegno. 2. - Osserva il giudice rimettente, nel porre la prima questione di costituzionalita', che, secondo il dato testuale dell'art. 404 del codice civile, l'amministrazione di sostegno e' applicabile anche nel caso di incapacita' totale e permanente del beneficiario di provvedere ai propri interessi per infermita' o menomazione psichica, secondo una formulazione che di fatto coincide con quella della incapacita' di provvedere ai propri interessi indotta da abituale infermita' di mente richiesta dall'art. 414 cod. civ. per l'interdizione. Sicche' la protezione dell'inabile puo' essere cosi' estesa da imporre, ove necessario, la presenza dell'amministratore di sostegno, vuoi come rappresentante, vuoi in funzione di integrazione della volonta' dell'assistito, in pressoche' tutti gli atti. E' possibile pertanto che i poteri conferiti all'amministratore di sostegno siano cosi' ampi da impedire al beneficiario di compiere da se' solo (senza l'assistenza o la rappresentanza di quello) validi atti giuridici. In tale caso, gli effetti dell'amministrazione di sostegno coincidono (salvo il compimento degli atti giuridici necessariamente personali) con quelli dell'interdizione, cosi' come modulabili ai sensi dell'art. 427, primo comma, del codice civile. In definitiva, le disposizioni sopra richiamate danno luogo, in assenza di criteri discriminanti espressi e chiaramente desumibili, a tre fattispecie normative che irragionevolmente coincidono. Invece la scelta dello strumento di tutela da applicare in favore dell'inabile non puo' di fatto essere lasciato, in assenza di chiari confini tra le diverse fattispecie, alla discrezionalita' dell'organo giurisdizionale, in particolare in una materia potenzialmente lesiva della sfera di liberta' e di autodeterminazione dei singoli. Sarebbero altrimenti compromessi - secondo il giudice tutelare rimettente - i valori costituzionali fissati negli artt. 2, 3 e 4 della Costituzione nonche' violate ulteriori garanzie del pieno dispiegarsi della personalita' nella sfera dei rapporti economici e dei traffici giuridici (art. 41, primo comma, e 42, secondo comma, Cost.). 3. - Osserva poi il giudice tutelare rimettente - quanto alla seconda questione di costituzionalita' - che, in base al novellato art. 418, ultimo comma, del codice civile, se il giudice dell'interdizione e dell'inabilitazione ritiene, nel corso del relativo procedimento, che non esistano i presupposti per applicare la relativa misura di protezione, ma gli appare opportuno che sia applicata l'amministrazione di sostegno, dispone la trasmissione del procedimento al giudice tutelare e puo' nominare medio tempore un amministratore provvisorio di sostegno indicando gli atti che e' autorizzato a compiere. Simmetricamente, in base all'ultimo comma del novellato art. 413 cod. civ., il giudice tutelare provvede, anche d'ufficio, alla dichiarazione di cessazione dell'amministrazione di sostegno quando questa, a suo parere, si sia rivelata inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario, e in tale ipotesi, se ritiene che si debba promuovere giudizio di interdizione o di inabilitazione, ne informa il pubblico ministero, affinche' vi provveda. In sostanza, il nuovo sistema di protezione e' affidato a due distinti organi giudiziari (il giudice dell'interdizione e il giudice tutelare), che sono chiamati a gestire la stessa situazione dell'inabile, ciascuno sulla base della propria valutazione riguardo ai criteri selettivi tra interdizione o amministrazione di sostegno. Le disposizioni in esame non indicano pero' quale dei giudici, in caso di divergenza, debba prevalere. Sicche' in definitiva le disposizioni di cui all'art. 413, ultimo comma, e 418, ultimo comma, del codice civile appaiono irragionevoli in quanto, una volta operata la scelta organizzativa di non concentrare in un unico organo la tutela dell'inabile, non prevedono tuttavia le modalita' di risoluzione di eventuali divergenze tra i due giudici; divergenze che possono riguardare sia l'interpretazione da dare degli istituti di protezione suddetti, dei relativi presupposti e dell'ampiezza dei relativi effetti, sia la gravita' della deficienza psichica del soggetto incapace. 4. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la Corte voglia dichiarare inammissibili o manifestamente infondate 1e questioni sollevate con le ordinanze in esame. Secondo l'Avvocatura la prospettazione delle questioni da parte del giudice a quo e' frutto di un'inesatta valutazione delle finalita' perseguite dalla legge n. 6 del 2004 istitutiva della nuova figura dell'amministrazione di sostegno e di una interpretazione asistematica di tali norme rispetto alla disciplina dell'interdizione e inabilitazione. Tale legge, infatti, intende assicurare un valido sostegno anche a quei soggetti che, pur non presentando una vera e propria infermita' mentale, si trovano comunque in una situazione di menomazione fisica o psichica tale da non renderli completamente autosufficienti nello svolgimento di tutte le proprie attivita'. L'elemento di assoluta distinzione tra l'istituto dell'amministratore di sostegno e quello dell'inabilita' ed interdizione e' costituito dal fatto che, mentre nel primo caso 1'assistenza riguarda singoli e specifici atti, nel secondo caso, invece, essa si estende ad un generico ambito di attivita'. 5. - E' intervenuta anche l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili (ANMIC) concludendo per l'infondatezza delle questioni di costituzionalita'. Considerato in diritto 1. - Le due ordinanze del giudice tutelare presso il Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Chioggia, pongono, nei medesimi termini, due questioni di legittimita' costituzionale di norme concernenti l'amministrazione di sostegno. La prima riguarda gli artt. 404, 405, numeri 3 e 4, e 409 del codice civile, nel testo introdotto dalla legge 9 gennaio 2004, n. 6 (Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all'istituzione dell'amministrazione di sostegno e modifica degli artt. 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizioni e di inabilitazione, nonche' relative norme di attuazione, di coordinamento e finali), sotto il profilo che essi non indicano chiari criteri selettivi per distinguere tale istituto, introdotto dalla legge citata, dai preesistenti istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione, e quindi danno luogo a tre fattispecie legali irragionevolmente coincidenti, con duplicazione di istituti «parzialmente fungibili», e lasciano di fatto all'arbitrio del giudice la scelta dello strumento di «tutela» concretamente applicabile, cosi' violando gli artt. 2, 3 e 4 della Costituzione, che garantiscono la sfera di liberta' e autodeterminazione dei singoli, e gli artt. 41, primo comma, e 42 della Costituzione, che garantiscono il pieno dispiegarsi della personalita' del disabile nei rapporti economici e nei traffici giuridici. La seconda riguarda gli artt. 413, ultimo comma, e 418, ultimo comma, cod. civ., nel testo introdotto dalla citata legge n. 6 del 2004, sotto il profilo che essi non prevedono strumenti di composizione delle divergenze eventualmente insorte fra il giudice tutelare (cui sono attribuiti i provvedimenti in tema di amministrazione di sostegno) e il tribunale in composizione collegiale (cui sono attribuiti quelli in tema di interdizione e inabilitazione), cosi' violando gli artt. 2, 3, 4, 41, primo comma, 42 e 101, secondo comma, della Costituzione. 2. - I giudizi, concernendo le stesse norme impugnate con identiche motivazioni, devono essere riuniti. 3. - L'intervento spiegato in questa sede dall'Associazione nazionale mutilati e invalidi civili (ANMIC) e' inammissibile, trattandosi di un soggetto non titolare di alcun interesse diretto e qualificato nei giudizi a quibus (cui e' rimasto estraneo), in quanto portatore di un mero interesse diffuso della categoria dei disabili. 4. - Il giudice tutelare - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 464 del 1997, ordinanze n. 293 del 1993, n. 65 del 1991, n. 133 del 1990) - e' legittimato a sollevare questioni di legittimita' costituzionale. 5. - La prima questione non e' fondata, per l'erroneita' del presupposto interpretativo da cui le ordinanze muovono quando affermano che l'ambito di operativita' dell'amministrazione di sostegno puo' coincidere con quelli dell'interdizione o dell'inabilitazione. L'art. 1 della legge n. 6 del 2004 attribuisce all'amministrazione di sostegno «la finalita' di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacita' di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente». E l'art. 404 del codice civile, nel testo modificato da tale legge, precisa che «La persona che, per effetto di una infermita' ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilita', anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, puo' essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare». Dal suo canto, l'art. 414 del codice civile, nel testo modificato dalla legge citata, dispone che il maggiore di eta' e il minore emancipato affetti da abituale infermita' di mente, che li renda incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti «quando cio' e' necessario per assicurare la loro adeguata protezione»; e l'art. 415 del codice civile prevede l'inabilitazione per una serie di soggetti il cui stato non sia «talmente grave da far luogo all'interdizione». Pertanto la complessiva disciplina inserita dalla legge n. 6 del 2004 sulle preesistenti norme del codice civile affida al giudice il compito di individuare l'istituto che, da un lato, garantisca all'incapace la tutela piu' adeguata alla fattispecie e, dall'altro, limiti nella minore misura possibile la sua capacita'; e consente, ove la scelta cada sull'amministrazione di sostegno, che l'ambito dei poteri dell'amministratore sia puntualmente correlato alle caratteristiche del caso concreto. Solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all'incapace siffatta protezione, il giudice puo' ricorrere alle ben piu' invasive misure dell'inabilitazione o dell'interdizione, che attribuiscono uno status di incapacita', estesa per l'inabilitato agli atti di straordinaria amministrazione e per l'interdetto anche a quelli di amministrazione ordinaria. D'altronde, secondo il nuovo testo dell'art. 411, comma 4, del codice civile, il giudice tutelare, nel provvedimento di nomina dell'amministratore di sostegno, o successivamente, puo' disporre che «determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato, si estendano al beneficiario dell'amministrazione di sostegno». Ne discende che in nessun caso i poteri dell'amministratore possono coincidere «integralmente» con quelli del tutore o del curatore, come invece le ordinanze mostrano di ritenere. 6. - Neanche la seconda questione e' fondata. E' ben vero che - poiche' il giudice tutelare verifica in piena autonomia la sussistenza dei presupposti dell'amministrazione di sostegno, e altrettanto fa il tribunale per i presupposti dell'interdizione e dell'inabilitazione - puo' accadere che l'uno decida di non attivare l'amministrazione di sostegno e l'altro di non dichiarare l'interdizione o l'inabilitazione. Ma erroneamente le ordinanze ritengono che nel sistema di cui alle norme impugnate manchino meccanismi processuali di composizione di siffatti eventuali conflitti. In primo luogo i provvedimenti di entrambi gli organi sono impugnabili innanzi alla corte di appello, rispettivamente con il reclamo contro il decreto del giudice tutelare (art. 720-bis del codice di procedura civile, aggiunto dall'art. 17 della legge n. 6 del 2004) e con l'appello contro la sentenza del tribunale. Il meccanismo dell'impugnazione costituisce quindi la sede naturale per la soluzione dei paventati contrasti. In secondo luogo le norme impugnate prevedono specifici strumenti di raccordo tra il procedimento di amministrazione di sostegno e quelli di interdizione o inabilitazione, in forza dei quali - ove tra giudice tutelare e tribunale sorgano conflitti sulla maggiore idoneita' dell'uno o dell'altro istituto ai fini della piu' adeguata protezione dell'incapace - questi non rimane comunque privo di tutela. In particolare, l'art. 413, comma 4 del codice civile dispone che il giudice tutelare - se, nel dichiarare la cessazione dell'amministrazione di sostegno rivelatasi inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario, ritenga debba invece promuoversi giudizio di interdizione o inabilitazione - «ne informa il pubblico ministero, affinche' vi provveda»; in tal caso l'amministrazione di sostegno cessa con la nomina del tutore o curatore provvisorio o con la dichiarazione di interdizione o inabilitazione. E l'art. 418, comma 3, del codice civile prevede a sua volta che il tribunale - se nel corso del giudizio di interdizione o inabilitazione ravvisi l'opportunita' di applicare l'amministrazione di sostegno - dispone la «trasmissione del procedimento» al giudice tutelare, adottando se del caso i provvedimenti urgenti di cui al quarto comma dell'art. 405, fra i quali rientra la nomina dell'amministratore di sostegno provvisorio. Il tribunale quindi non si limita ad investire il giudice tutelare perche' provveda all'apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, ma lo apre direttamente esso stesso, sulla base di una valutazione di iniziale idoneita' della misura, eventualmente accompagnata dalla nomina dell'amministratore provvisorio. Pertanto il giudice tutelare cui il procedimento sia stato trasmesso, ove consideri che l'amministrazione di sostegno si sia rivelata inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario, ben puo' applicare il citato quarto comma dell'art. 413 e dichiararla cessata. E se - come in uno dei casi in esame - ritenga si debba ricorrere invece all'interdizione (o inabilitazione), non deve fare altro che informare il pubblico ministero. Nella stessa prospettiva si muove anche l'art. 429, comma 3, del codice civile secondo il quale, se nel giudizio per la revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione appare opportuno che, dopo la revoca, il soggetto sia assistito dall'amministratore di sostegno, il tribunale dispone la trasmissione degli atti al giudice tutelare.