ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 36,  primo
comma,  XX  cpv.,  legge  1° aprile  1981,  n. 121 (Nuovo ordinamento
dell'Amministrazione  della  pubblica  sicurezza)  e  dell'art. 2 del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  24 aprile  1982,  n. 339
(Passaggio  del  personale non idoneo all'espletamento dei servizi di
polizia  ad altri ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza
o  di  altre amministrazioni dello Stato), promosso con ordinanza del
2 settembre  2004  dal  Tribunale  amm.  Regionale  della Liguria sul
ricorso  proposto  da  De  Paoli  Maurizio  contro il Ministero della
difesa  iscritta  al n. 1008 del registro ordinanze 2004 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 1, 1ª serie speciale,
dell'anno 2005.
    Visto l'atto di costituzione di De Paoli Maurizio;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  15 novembre  2005  il giudice
relatore Luigi Mazzella;
    Udito l'avv. Stefano Betti per De Paoli Maurizio.

                          Ritenuto in fatto

    Con  ordinanza  del  18 marzo  1999  il  Tribunale amministrativo
regionale  della  Liguria  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale  -  in  riferimento  agli  artt. 3, 4, 32, 36, 38 e 97
della  Costituzione  -  degli  artt. 36,  primo comma, cpv. XX, della
legge  1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione
della  pubblica  sicurezza)  e dell'art. 2 del d.P.R. 24 aprile 1982,
n. 339  (Passaggio  del  personale  non  idoneo  all'espletamento dei
servizi di polizia ad altri ruoli dell'Amministrazione della pubblica
sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato) «nella parte in cui
non  prevedono  l'applicazione  della  normativa  ivi  contemplata al
personale   dei   ruoli   dell'Arma   dei  Carabinieri  e/o  limitano
l'applicazione  delle  norme  soltanto  al personale della Polizia di
Stato».
    Nel giudizio principale erano stati impugnati i provvedimenti del
Ministero della difesa che, pur avendo ritenuto un militare dell'Arma
dei  carabinieri  permanentemente  non  idoneo al servizio a causa di
lesioni  riportate  al  di  fuori  di  esso, avevano rigettato la sua
domanda di transito nei ruoli del personale civile del ministero.
    Ad  avviso  del  Tribunale,  le numerose disposizioni della legge
n. 121  del 1981 e quelle successive della legge 6 marzo 1992, n. 216
(Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 gennaio
1992,  n. 5,  recante autorizzazione di spesa per la perequazione del
trattamento  economico dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri in
relazione  alla  sentenza  della  Corte  costituzionale n. 277 del 12
giugno 1991  e  all'esecuzione di giudicati, nonche' perequazione dei
trattamenti  economici  relativi  al  personale  delle corrispondenti
categorie  delle  altre  Forze  di  polizia.  Delega  al  Governo per
disciplinare  i  contenuti  del  rapporto  di  impiego delle Forze di
polizia  e  del  personale delle Forze armate nonche' per il riordino
delle   relative  carriere,  attribuzioni  e  trattamenti  economici)
dimostrano  che  il  legislatore  ha  voluto  ritenere il rapporto di
impiego  degli  appartenenti  alle  diverse  forze  di  polizia  come
caratterizzato da elementi di identita'. Ne consegue - sempre secondo
il  giudice  a  quo  -  che  la  limitazione ai soli dipendenti della
Polizia  di  Stato  della  facolta' di transitare in ruoli diversi da
quelli  di  appartenenza,  realizza,  da una parte, un'ingiustificata
disparita'    di   trattamento   e,   dall'altra,   una   disfunzione
nell'organizzazione   di  uffici  preposti  alla  cura  degli  stessi
interessi, oltre ad un vulnus ai principi posti a tutela del lavoro e
della salute.
    Successivamente  alla  ordinanza  di  rimessione,  e'  entrata in
vigore  la  legge  28 luglio  1999,  n. 266 (Delega al Governo per il
riordino   delle   carriere   diplomatica   e   prefettizia,  nonche'
disposizioni  per  il  restante  personale del Ministero degli affari
esteri,  per il personale militare del Ministero della difesa, per il
personale  dell'Amministrazione  penitenziaria e per il personale del
Consiglio  Superiore  della  Magistratura),  il cui art. 14, comma 5,
stabilisce  che  «il  personale  delle  Forze  armate, incluso quello
dell'Arma  dei  carabinieri  e  del  Corpo  della  Guardia di finanza
giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato, per effetto
di  lesioni  dipendenti, o meno, da causa di servizio, transita nelle
qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della difesa
e,  per  la  Guardia  di  finanza, del personale civile del Ministero
delle  finanze,  secondo  modalita'  e  procedure  analoghe  a quelle
previste  dal decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982,
n. 339» relativo alle forze di Polizia.
    Con   ordinanza   n. 589  del  2000  questa  Corte  disponeva  la
restituzione  degli atti al rimettente per consentirgli l'esame della
legge sopravvenuta.
    Riassunta  la causa davanti al medesimo Tribunale amministrativo,
il   ricorrente   chiedeva  l'annullamento  del  provvedimento  prot.
n. 0022053  del  Ministero della difesa emesso in data 27 marzo 2003,
con  il quale era stata respinta la sua domanda di transito nei ruoli
civili per essere stato dichiarato non idoneo al servizio militare in
data  (29 novembre  1997) anteriore all'entrata in vigore della legge
sopravvenuta.
    Con  ordinanza  del 2 settembre 2004, il Tribunale amministrativo
regionale  della  Liguria,  ha  riproposto  la  medesima questione di
legittimita'  costituzionale, osservando che la nuova normativa - pur
rivolta  a rimuovere la disparita' di trattamento gia' denunciata con
la   precedente   ordinanza  del  1999  -  non  e'  applicabile  alla
fattispecie   in   esame.   E  cio'  sia  perche'  l'irretroattivita'
costituisce  regola  generale ai sensi dell'art. 11 delle preleggi al
codice   civile,  sia  perche'  la  stessa  normativa  di  attuazione
contenuta  nel  decreto  ministeriale  18 aprile  2002  (Transito  di
personale  delle  Forze  armate e dell'Arma dei Carabinieri giudicato
non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti
o non da causa di servizio nelle aree funzionali del personale civile
del  Ministero  della  difesa,  ai sensi dell'art. 14, comma 5, della
legge  28 luglio  1999,  n. 266)  si  limita  a  prendere in esame le
ipotesi  del  personale giudicato non idoneo al servizio militare nel
periodo  intercorrente  tra  l'entrata  in  vigore della stessa legge
n. 266  del  1999  e  l'adozione  del decreto ministeriale, lasciando
fuori della nuova disciplina tutte le ipotesi anteriori.
    Secondo  il  rimettente,  del  resto,  nessun  rilievo  in  senso
contrario  puo'  essere  attribuito al successivo comma 2 dell'art. 3
del citato decreto ministeriale concernente la salvezza delle domande
gia'  presentate e la relativa decorrenza del termine di risposta. La
citata  norma,  infatti,  sia  perche'  integrativa  della previsione
precedente  relativa  al  termine di presentazione della domanda, sia
perche'  norma di attuazione, non puo' dirsi in grado, di per se', di
estendere  l'ambito  di  applicabilita' della legge da attuare, tanto
piu'  nel  caso  de  quo,  in  cui  era  gia' intervenuto un giudizio
negativo risalente ad oltre quattro anni prima.
    Nel  giudizio  innanzi la Corte si e' costituita la parte privata
la  quale ha insistito per l'accoglimento della questione, osservando
che,  a fronte dell'identita' di funzioni (assolvimento di servizi di
polizia)  affidate sia agli appartenenti all'Arma dei carabinieri che
alla  Polizia  di Stato - identita' riconosciuta anche dalla sentenza
di  questa  Corte  n. 277  del 1991 - la diversa disciplina derivante
dalla norma impugnata si traduce in un trattamento discriminatorio.
    Del  resto,  a  giudizio  della  parte, la legge n. 266 del 1999,
sebbene  non  applicabile  al caso del ricorrente, testimonierebbe de
facto che lo stesso legislatore ha condiviso l'illegittima disparita'
di  trattamento  denunciata dal ricorrente, senza, peraltro, superare
l'incostituzionalita'  della  normativa  denunciata, nulla disponendo
per il passato.
    Non e' intervenuta la Presidenza del Consiglio dei ministri.

                       Considerato in diritto

    1. - Il Tribunale amministrativo regionale della Liguria dubita -
in  riferimento agli artt. 3, 4, 32, 36, 38 e 97 della Costituzione -
della legittimita' costituzionale dell'art. 36, primo comma, cpv. XX,
della    legge    1° aprile    1981,    n. 121   (Nuovo   ordinamento
dell'Amministrazione  della  pubblica  sicurezza)  e  dell'art. 2 del
d.P.R.  24 aprile  1982,  n. 339  (Passaggio del personale non idoneo
all'espletamento    dei   servizi   di   polizia   ad   altri   ruoli
dell'Amministrazione    della   pubblica   sicurezza   o   di   altre
amministrazioni dello Stato).
    La  prima  delle  due  norme  impugnate - compresa nella legge di
delega n. 121 del 1981 recante i principi e criteri per il Governo in
vista  dell'emanazione dei decreti delegati concernenti la disciplina
dell'ordinamento  del  personale  della pubblica sicurezza - dispone,
tra  l'altro,  che  tali decreti avrebbero dovuto avere ad oggetto la
«determinazione   delle   modalita',   in   relazione  a  particolari
infermita'  o  al  grado di idoneita' all'assolvimento dei servizi di
polizia, per il passaggio del personale, per esigenze di servizio o a
domanda,     ad     equivalenti    qualifiche    di    altri    ruoli
dell'amministrazione    della   pubblica   sicurezza   o   di   altre
amministrazioni  dello Stato, salvaguardando i diritti e le posizioni
del personale appartenente a questi ultimi ruoli».
    L' art. 2 del d.P.R. n. 339 del 1982 stabilisce:
    «il  personale  dei  ruoli  della  Polizia  di  Stato che espleta
funzioni di polizia che abbia riportato un'invalidita' non dipendente
da  causa  di  servizio,  che  non comporti l'inidoneita' assoluta ai
compiti  di  istituto,  puo'  essere,  a  domanda,  trasferito  nelle
corrispondenti  qualifiche di altri ruoli della Polizia di Stato o di
altre  amministrazioni dello Stato, ovvero, per esigenze di servizio,
d'ufficio  nelle  corrispondenti  qualifiche  di  altri  ruoli  della
Polizia  di  Stato,  sempreche'  l'infermita'  accertata  ne consenta
l'ulteriore impiego».
    Il   rimettente,   premesso   che  l'insieme  delle  disposizioni
contenute  nella  legge  n. 121  del 1981 e nella legge 6 marzo 1992,
n. 216 dimostra l'esistenza di elementi di identita' nella disciplina
dei  rapporti  di  impiego  degli  appartenenti alle diverse forze di
polizia, sostiene che la limitazione ai soli dipendenti della Polizia
di  Stato  della facolta' di transitare in ruoli diversi da quelli di
appartenenza,   realizzerebbe   una   ingiustificata   disparita'  di
trattamento  (art. 3  Cost.).  Il  rimettente deduce - senza peraltro
argomentare   -   ulteriori  violazioni  di  principi  costituzionali
(artt. 4, 32, 36, 38 e 97 Cost.).
    L'assenza  di  motivazione  su  tali  ultimi parametri esonera la
Corte da ogni valutazione in merito.
    La   questione   e'  certamente  rilevante  in  quanto  -  attesa
l'irretroattivita'  della  nuova  disciplina  contenuta  nella  legge
n. 266  del  1999 - la domanda del ricorrente potrebbe essere accolta
esclusivamente qualora sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale
delle  norme  impugnate nella parte in cui limitano il beneficio solo
al  personale  della  Polizia  di  Stato, e non lo estendono anche al
personale  dell'Arma  dei  carabinieri  che  si  trovi nelle medesime
condizioni di inidoneita'.
    2. - La questione non e' fondata.
    Occorre  premettere che la legge n. 121 del 1981, come emerge dal
tenore  testuale  della  sua intestazione, riguarda specificamente il
«Nuovo  ordinamento  dell'Amministrazione della pubblica sicurezza» e
che,  in  particolare, l'art. 36 impugnato si riferisce espressamente
all'«ordinamento del personale» della medesima Amministrazione.
    Ora,  se e' vero che l'art. 16 della stessa legge prevede che «ai
fini  della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, oltre alla
polizia  di Stato sono forze di polizia l'Arma dei carabinieri, quale
forza  armata  in  servizio  permanente  di  pubblica  sicurezza», e'
altrettanto  vero che la norma aggiunge un inciso - «fermi restando i
rispettivi   ordinamenti  e  dipendenze»  -  che  tiene  distinte  le
attivita' funzionali dagli aspetti di inquadramento e di status.
    Questa  Corte  (ordinanza  n. 324  del  1993)  nel  collaudare la
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 16 e 36 appena citati - in
una  controversia  riguardante  la  pretesa di alcuni appuntati della
Guardia di finanza di ottenere una pronuncia additiva che consentisse
loro  il  passaggio  da  un  ruolo (degli appuntati) ad un altro (dei
sottufficiali)  - ha precisato che tale domanda veniva ad incidere in
una  materia,  quella  della  collocazione  e  della  progressione in
carriera  dei  dipendenti pubblici, per la quale era stata piu' volte
riconosciuta  «un'ampia  discrezionalita'  al  legislatore  (sentenze
numeri 219 del 1993, 964 del 1988, 524 del 1987, 99 del 1986 e 81 del
1983),  nella  specie  non  irragionevolmente esercitata in relazione
alla  specificita'  del  mutamento  ordinamentale  della  Polizia  di
Stato».
    Secondo  la  medesima  ordinanza,  la legge n. 121 del 1981, «pur
avendo  normativamente  unificato  dal  punto  di vista funzionale le
forze  di  polizia  [...] in ragione della specificita' del servizio,
cui  tutte  sono  destinate,  il  che  giustifica  l'attribuzione del
trattamento  economico  stabilito con riferimento a quelle funzioni e
secondo le medesime modalita' (ord. n. 91 del 1993) - ha nello stesso
tempo  lasciati  immutati  i  rispettivi  ordinamenti  e  dipendenze,
nell'evidente  presupposto della disomogeneita' del personale facente
parte  di  quelle  forze, alcune delle quali, come appunto l'Arma dei
carabinieri  e  la Guardia di finanza, mantengono lo status militare,
mentre  altre  per effetto della smilitarizzazione hanno acquisito lo
status  di  personale  civile (come la Polizia di Stato e, da ultimo,
per effetto della legge 15 dicembre 1990, n. 395, il corpo di polizia
penitenziaria)».
    Nel  medesimo  senso  si  e'  nuovamente  espressa  questa  Corte
(sentenza  n. 65 del 1997) in una questione concernente la pretesa di
alcuni sottotenenti della Guardia di finanza di vedersi riconoscere -
a fronte di una gia' ottenuta equiparazione del trattamento economico
di  tutte  le  forze  di  polizia  -  una  corrispondenza  delle loro
qualifiche  funzionali  con  quelle  degli  appartenenti al ruolo dei
commissari della Polizia di Stato.
    Alla stregua di questi precedenti si ritiene che, se puo' esservi
identita'  di  funzioni  (di polizia) tra Polizia di Stato e Arma dei
carabinieri  (ad  es.  ai  fini  dell'unitarieta'  del  coordinamento
tecnico  operativo e della direzione unitaria delle forze di polizia:
artt. 4   e  6  della  legge  n. 121  del  1981),  non  puo'  esservi
commistione  alcuna  tra  i  rispettivi ordinamenti del personale, e,
dunque, anche sul regime attinente a momenti particolari del rapporto
di lavoro, quali, ad esempio, quelli connessi alle diverse situazioni
di   inidoneita'   al  servizio,  parziale  o  totale,  temporanea  o
permanente.
    Non  vi  e',  quindi,  alcuna  ragione per dubitare che la delega
espressa  dall'art. 36, primo comma della legge n. 121 del 1981 abbia
inteso  riguardare  unicamente  il personale della Polizia di Stato e
non anche gli appartenenti all'Arma dei carabinieri. Tale esclusione,
d'altronde,  lungi  dal  tradursi  in un trattamento discriminatorio,
appare   del  tutto  coerente  con  l'assetto  sistematico  normativo
dell'ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza.
    La  distinzione  degli  ambiti ordinamentali propri del personale
appartenente  all'Arma  dei  carabinieri, pur impegnato in compiti di
polizia,  e  la  Polizia  di Stato, rinviene ulteriori conferme nella
restante normativa, che in varia misura, disciplina aspetti comuni ai
rapporti di impiego delle (diverse) Forze di polizia.
    Significativa,  sotto  questo  profilo, e' la legge 6 marzo 1992,
n. 216  (Conversione  in  legge, con modificazioni, del decreto-legge
7 gennaio   1992,  n. 5,  recante  autorizzazione  di  spesa  per  la
perequazione  del  trattamento  economico dei sottufficiali dell'Arma
dei carabinieri in relazione alla sentenza di questa Corte n. 277 del
1991   e   all'esecuzione  di  giudicati,  nonche'  perequazione  dei
trattamenti  economici  relativi  al  personale  delle corrispondenti
categorie  delle  altre  Forze  di  polizia.  Delega  al  Governo per
disciplinare  i  contenuti  del  rapporto  di  impiego delle Forze di
polizia  e  del  personale delle Forze armate nonche' per il riordino
delle  relative  carriere,  attribuzioni e trattamenti economici), il
cui  art. 2  ha delegato il Governo ad emanare un decreto legislativo
«che  definisca,  in  maniera  omogenea,  nel  rispetto  dei principi
fissati  dai  relativi  ordinamenti  di settore stabiliti dalle leggi
vigenti  [...] le procedure per disciplinare i contenuti del rapporto
di  impiego  delle  Forze  di  polizia  anche ad ordinamento militare
[...]».
    L'art. 3  di  quest'ultima  legge  ha  poi delegato il Governo ad
emanare   decreti   legislativi  per  procedere  al  «riordino  delle
carriere,  delle attribuzioni e dei trattamenti economici, allo scopo
di  conseguire  una  disciplina omogenea, fermi restando i rispettivi
compiti  istituzionali,  le  norme  fondamentali di stato, nonche' le
attribuzioni  delle  autorita'  di pubblica sicurezza, previsti dalle
vigenti disposizioni di legge».
    Orbene,  proprio rispettando la distinzione di detti ambiti, alla
delega   del   1992   hanno   fatto   seguito   altrettanti  distinti
provvedimenti,  quali il d.lgs. 12 maggio 1995, n. 196 concernente il
personale non direttivo delle Forze armate; il d.lgs. 12 maggio 1995,
n. 198  relativo al personale non direttivo e non dirigente dell'Arma
dei  carabinieri  e  il  d.lgs.  12 maggio 1995, n. 199 relativo agli
appartenenti alla Guardia di finanza.
    Da  questo  quadro  complessivo  non  si  discosta la sentenza di
questa  Corte  n. 277  del  1991 che pure il rimettente ha invocato a
sostegno delle sue tesi.
    In  tale  ultima  pronuncia  questa  Corte  ha avuto occasione di
sottolineare  che,  una  volta  fatti  salvi i rispettivi ordinamenti
delle  varie  forze di polizia, permangono necessariamente differenti
sistemi  di  avanzamento  o  di  altre  modalita'  di  evoluzione dei
rapporti  che  la  legge  n. 121 del 1981 non ha inteso in alcun modo
rendere  uniformi,  essendosi  limitata ad «estendere» il trattamento
economico  dell'unica  categoria  di  personale  alle  altre,  previa
un'operazione  di  equiparazione sulla base del «criterio funzionale»
che  e'  il  «solo  idoneo  a rendere omogeneo, sotto il denominatore
comune   delle  funzioni,  il  trattamento  economico  del  personale
inquadrato  nei  rispettivi  apparati  secondo articolazioni diverse»
(cosi', ordinanza n. 324 del 1993).
    L'esistenza  di  un  quadro  di piena autonomia tra l'ordinamento
della  Polizia  di  Stato  e  quello  degli appartenenti all'Arma dei
carabinieri, pur nella possibile coincidenza di funzioni di sicurezza
pubblica,   rende,  dunque,  del  tutto  razionale  la  delimitazione
dell'ambito  di  operativita' delle norme impugnate al solo personale
della  Polizia  di  Stato  e non anche agli appartenenti all'Arma dei
carabinieri,  nei  cui  confronti il legislatore si e' mosso seguendo
percorsi   diversi  e  piu'  specifici,  sulla  base  di  valutazioni
discrezionali non prive di ragionevolezza.