LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza, sul ricorso n. 1650/04, depositato il 25 maggio 2004, avverso avviso irrogazione sanzioni n. r4dlso300010 sanz.amministr. contro agenzia entrate - Ufficio Genova 2, proposto dal ricorrente Bugaboo di Rino Quercioli e C. s.n.c., via Francia n. 30 - 16011 Arenzano (GE), difeso da Raffa Angelo, piazza della Vittoria 15/14 - 16121 Genova. La Commissione tributaria provinciale di Genova, sezione 6ª, O s s e r v a 1) La societa' «Boogaboo di Rino Quercioli s.n.c.» ha impugnato davanti a questa Commissione l'atto di irrogazione di sanzione emesso dall'Ufficio Entrate di Genova 2 in data 4 febbraio 2004, con il quale alla Societa' ricorrente e' stata inflitta la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 41.268, ridotto a ÷, per aver impiegato due lavoratrici dipendenti non risultanti nelle scritture o da altra documentazione obbligatoria; detta sanzione e' stata calcolata ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, con riferimento al periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data di constatazione della violazione (data che, nel caso, e' l'8 agosto 2002, quanto alla visita ispettiva, ovvero il 23 maggio 2003, quanto alla redazione del verbale di accertamento). Nel ricorso si sostiene che le lavoratrici a cui si riferisce l'accertamento avevano lavorato, sino al giorno 25 febbraio e 20 febbraio, alle dipendenze dello stesso datore di lavoro, il quale aveva provveduto a regolarizzarne tempestivamente la posizione; a sostegno di tale affermazione parte ricorrente produce copia del libretto di lavoro, nonche' di altra esauriente documentazione. Conseguentemente la ricorrente chiede la revoca e/o l'annullamento della sanzione, in quanto basta sull'erroneo presupposto che le lavoratrici fossero state alle dipendenze della Societa' a decorrere dal primo giorno dell'anno. L'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Genova 2, si e' costituito in giudizio, e, senza contestare in fatto quanto asserito da controparte, afferma che la decorrenza della sanzione amministrativa dal primo giorno dell'anno in cui e avvenuto l'accertamento, costituisce una presunzione assoluta, che non ammette prova contraria e legittima l'applicazione della sanzione «indipendentemente dalla durata effettiva del rapporto di lavoro sommerso», in quanto costituisce «un mero sistema di calcolo che prescinde dalla durata del rapporto di lavoro»; e cio' allo scopo di favorire l'emersione del lavoro sommerso attraverso la repressione rigorosa dei casi accertarti. In conseguenza «il fatto che le lavoratrici abbiano svolto la propria attivita' alle dipendenze della stessa ditta precedentemente alla verifica effettuata dai Funzionari dell'INPS non rileva quindi nulla ai fini dell'applicazione della misura sanzionatorio». 2) La norma applicata dalla Agenzia delle Entrate per infliggere la sanzione amministrativa impugnata e' l'articolo 3 del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, come modificato dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, secondo cui «... l'impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture .... e' altresi punito con la sanzione amministrativa dal 200 al 400 per cento dell'importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data di constatazione della violazione». Il tenore della disposizione normativa e' tale da non consentire nessuna interpretazione che si discosti da quella letterale: sotto questo profilo e' esatta la tesi della Agenzia delle Entrate, secondo cui la norma, per conseguire lo scopo di una sanzione rigorosa, non prevede la possibilita' di rapportare quest'ultima a parametri temporali diversi, ne' piu' brevi, ne' piu' lunghi. Il risultato e' una sanzione, si potrebbe dire semi rigida, cioe' variabile soltanto in rapporto alla data dell'accertamento, ma non rispetto al dies a quo, indipendentemente dalla decorrenza iniziale della condotta vietata; per cui tanto piu' la punizione sara' pesante, quanto piu' l'accertamento avverra' a distanza dall'inizio dell'anno; quest'ultimo, in sostanza svolge la funzione di ambito entro il quale la condotta irregolare accertata viene presuntivamente circoscritta. 3) Occorre pero' valutare se la norma di legge in questione sia legittima sotto il profilo costituzionale, cosa su cui sono gia' stati sollevati dubbi ad opera della Commissione tributaria provinciale di Perugia, con ordinanza pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie Speciale - n. 23 del 16 giugno 2004. Secondo tale ordinanza l'articolo 3 del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12 sarebbe viziato da irragionevolezza perche' punirebbe con sanzioni diverse comportamenti identici e comporterebbe una inaccettabile violazione del diritto di difesa. Va premesso che non compete al controllo di legittimita' costituzionale della norma la valutazione delle scelte politiche compiute dal Legislatore, sia in materia di determinazione degli illeciti sanzionatori, sia per quanto riguarda l'entita' delle sanzioni: infatti il giudizio di legittimita' costituzionale puo' soltanto fare riferimento alla eventuale violazione, da parte della norma ordinaria, dei principi stabiliti dalla Costituzione. Tra questi principi, peraltro, rientra anche quello di parita' del trattamento dei cittadini, ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, anche con riferimento alla assenza di elementi di irragionevolezza che rendano aleatorie, e quindi non eque, le conseguenze sanzionatorie di una condotta vietata. Non e' quindi sindacabile, in linea di principio, la scelta del Legislatore di stabilire una sanzione variabile a seconda del mutare di taluni fattori richiamati dalla norma stessa (nel caso in esame, il tempo durante il quale si e' protratta la condotta). Occorre tuttavia che la scelta sia ispirata a criteri tali da garantire una proporzionalita' della sanzione. Viceversa nel caso in esame il sistema adottato dal Legislatore non fa riferimento ne' alla durata complessiva della condotta, ne' ad alcun altro criterio razionale, limitandosi a stabilire un termine finale pari alla data di accertamento) valido per tutti, collegato peraltro ad un termine iniziale fissato in maniera del tutto arbitraria, prescindendo completamente dalla data di inizio effettivo della condotta. Non si ha quindi ne' una sanzione proporzionale alla durata dell'illecito, ne' una sanzione fossa per tutti i casi, ma, nella singola fattispecie, una sanzione rapportata ad una periodo di tempi inferiore o superiore, in maniera del tutto casuale rispetto alla durata reale di commissione dell'illecito. Si ha quindi un sistema sanzionatorio arbitrario ed irrazionale, privo cioe' di riferimenti logici alla situazione reale che si vuole reprimere. 4) La gia' rilevata inderogabilita' del dies a quo comporta altresi' per entrambe le parti l'impossibilita' di far valere, nell'esercizio del proprio diritto di difesa, la esistenza di un diverso dies a quo reale. Per entrambe le parti, perche' mentre l'autore dell'illecito non puo' dimostrare che la decorrenza iniziale e' posteriore all'inizio dell'anno, anche l'Amministrazione non puo' far valere una decorrenza anteriore eventualmente emersa. Tutto cio' comporta una esclusione ingiustificata della possibilita' di dimostrare in giudizio, nell'esercizio del diritto di difesa, che la realta' e' diversa da quella fittizia imposta dalla legge. Viceversa la mancata contestazione, in punto di fatto, delle prove documentali fornite da parte ricorrente sull'effettivo inizio del rapporto di lavoro irregolare rende irrilevante l'esame della diversa questione, in linea teorica sollevabile, relativo al divieto di prova testimoniale nel processo tributario. 5) Per i motivi sopra esposti gli atti vanno trasmessi alla Corte Costituzionale sospendendosi nel frattempo il giudizio in corso.