ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 2 e 3,
della legge della Regione Marche 13 maggio 2004, n. 10 (Modifica alla
legge  regionale  15 ottobre  2001,  n. 20  sull'organizzazione e sul
personale  della Regione e alla legge regionale 30 giugno 2003, n. 14
sulla  riorganizzazione  della struttura amministrativa del Consiglio
regionale),  promosso  con  ricorso  del Presidente del Consiglio dei
ministri  notificato  il 16 luglio 2004, depositato in cancelleria il
22 luglio 2004 ed iscritto al n. 70 del registro ricorsi 2004.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25 ottobre  2005  il  giudice
relatore Paolo Maddalena;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano Grassi per la Regione
Marche.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con ricorso notificato in data 16 luglio 2004, depositato il
successivo  22 luglio  ed  iscritto  al  n. 70  del  registro ricorsi
dell'anno 2004,   il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
sollevato, in riferimento agli articoli 3, primo comma, e 97, primo e
terzo   comma,   della   Costituzione,   questione   di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 4,  commi 2  e 3, della legge della regione
Marche   13 maggio   2004,   n. 10  (Modifica  alla  legge  regionale
15 ottobre  2001,  n. 20  sull'organizzazione  e  sul personale della
Regione   e   alla   legge  regionale  30  giugno 2003,  n. 14  sulla
riorganizzazione   della   struttura   amministrativa  del  Consiglio
regionale).
    Le  disposizioni  impugnate prevedono che il personale dipendente
dalla  Regione,  inquadrato  ai  sensi  dell'articolo 20,  undicesimo
comma,  della  legge  della  Regione  Marche  24 novembre 1979, n. 41
(Ristrutturazione  organica  e funzionale dell'Ente di sviluppo nelle
Marche),   anche   se   in  quiescenza,  purche'  avente  determinati
requisiti,  possa  avvalersi,  a  domanda,  dei benefici dell'art. 86
della  legge della regione Marche 1° giugno 1980, n. 47 (Disposizioni
sull'ordinamento  dei  livelli funzionali e sul trattamento giuridico
ed  economico  dei  dipendenti regionali) - norma, peraltro, abrogata
dall'art. 42,  comma 1,  lettera l)  della legge della Regione Marche
15 ottobre  2001,  n. 20  (Norme  in  materia  di organizzazione e di
personale  della  regione)  -  con  l'effetto  di  essere  inquadrato
automaticamente  «nel livello superiore a quello assegnato in sede di
primo inquadramento».
    L'originario   inquadramento  del  personale  destinatario  delle
disposizioni  censurate  e'  avvenuto  ai  sensi  del citato art. 20,
undicesimo  comma,  della  legge della regione Marche n. 41 del 1979,
per   il   quale   «il   personale   proveniente  dalla  associazione
interregionale  organismi cooperativi e dall'associazione provinciale
allevatori  in  servizio  presso  l'ente  da  almeno tre anni, per un
numero  massimo  di  sei  unita'  puo'  chiedere, entro trenta giorni
dall'entrata in vigore della presente legge, di essere inquadrato nel
ruolo  unico  dei dipendenti regionali. L'inquadramento e' effettuato
previa  valutazione dei titoli e il superamento di un esame colloquio
su materie previste da apposita deliberazione della giunta regionale,
contenente  anche  le  modalita'  e  le condizioni di svolgimento dei
concorsi».
    Il  ricorrente  sostiene che le disposizioni censurate si pongano
in contrasto con l'art. 97, primo e terzo comma, della Costituzione e
con  la  consolidata  giurisprudenza  di  questa  Corte  che, «per il
conferimento  di qualifiche superiori nel pubblico impiego, ritengono
necessario,  salva specifica motivata ragione di deroga, nella specie
non sussistente, l'espletamento di un pubblico concorso, aperto anche
a soggetti esterni all'amministrazione».
    In  particolare  la difesa erariale richiama le sentenze n. 1 del
1999,  n. 194  e n. 373 del 2002 e n. 274 del 2003, nelle quali si e'
affermato  che  «il  pubblico  concorso in quanto metodo che offre le
migliori  garanzie  di  selezione  dei  piu'  capaci e' un meccanismo
strumentale rispetto al canone di efficienza dell'amministrazione, il
quale puo' dirsi pienamente rispettato qualora le selezioni non siano
caratterizzate  da  arbitrarie  forme  di  restrizioni  dei  soggetti
legittimati a parteciparvi».
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri prospetta poi, sotto
diverso profilo, la incostituzionalita' delle disposizioni impugnate,
sostenendo  l'irragionevolezza  delle  stesse  (art. 3,  primo comma,
della  Costituzione)  in  quanto,  attraverso  un  uso  abnorme della
efficacia   retroattiva  di  una  norma  abrogata,  esse  mettono  in
discussione   un  procedimento  di  inquadramento  oramai  del  tutto
esaurito,  senza che sia possibile cogliere alcun motivato fondamento
per la particolare scelta del legislatore regionale.
    Il    ricorrente    chiede,    pertanto,   la   declaratoria   di
incostituzionalita' della legge regionale impugnata.
    2. - Si e' costituita in giudizio la regione Marche chiedendo che
la questione venga dichiarata infondata.
    In   primo  luogo  la  resistente  ricorda  di  avere  competenza
legislativa   esclusiva   sulla  materia  dello  stato  giuridico  ed
economico del personale della regione e degli enti regionali.
    In  secondo  luogo la Regione richiama le sentenze n. 1 del 1999,
n. 373  del  2002  e  n. 274 del 2003 di questa Corte, rilevando come
essa  riconosca  la  derogabilita' della regola del pubblico concorso
nell'esercizio  di una discrezionalita' che trova il suo limite nella
necessita'   di   garantire   il   buon   andamento   della  pubblica
amministrazione,  ed  il cui vaglio di costituzionalita' non puo' che
passare  attraverso  una  valutazione  di ragionevolezza della scelta
operata dal legislatore.
    Nel  caso  di  specie,  secondo  la  resistente,  le disposizioni
impugnate,  di  natura  transitoria,  si giustificherebbero in base a
esigenze specifiche ed eccezionali legate alla riorganizzazione delle
strutture  amministrative regionali. Si intenderebbe, in particolare,
stabilizzare  determinate  e specifiche esperienze professionali gia'
acquisite  all'interno  della  struttura regionale e reclutate, a suo
tempo,  a  seguito di esame colloquio su materie previste da apposita
deliberazione della giunta.
    La  resistente  sottolinea,  infine, come il passaggio alle fasce
superiori  non sia automatico (l'art. 4, comma 2, prevede infatti che
i  dipendenti  inquadrati  «possono  usufruire dei benefici ...»), ma
presupponga  una  verifica  del  possesso dei requisiti richiesti per
l'attribuzione   della  qualifica  superiore  (come  richiesto  dalla
sentenza  n. 320  del  1997  di  questa Corte, che si richiama ad una
«valutazione   congrua   e  razionale  dell'attivita'  pregressa  del
dipendente,  diretta  ad  accertare  che  egli  sia  in  possesso dei
requisiti necessari»).
    3.  -  In  prossimita' dell'udienza pubblica la Regione Marche ha
depositato  una memoria nella quale sviluppa ulteriori argomentazioni
a sostegno della prospettata infondatezza della questione.
    3.1.  -  La  resistente richiama anzitutto le sentenze n. 190 del
2005, n. 205 e n. 34 del 2004 e n. 373 del 2002 di questa Corte.
    La  regione  sostiene, in particolare, che la sentenza n. 190 del
2005  lascerebbe presumere che il criterio della valorizzazione delle
specifiche  professionalita'  acquisite  nell'amministrazione sarebbe
valida  ragione  giustificatrice  della  deroga  al principio sancito
dall'art. 97,  terzo  comma, della Costituzione qualora il personale,
proveniente  da  strutture pubbliche, sia stato a suo tempo reclutato
tramite  pubblico concorso. Circostanza che ricorrerebbe, nel caso di
specie, riferendosi la norma a personale di un ente pubblico (Ente di
sviluppo  nelle  Marche)  transitato  nei  ruoli dell'amministrazione
regionale  previa valutazione dei titoli e il superamento di un esame
colloquio  (articolo 20,  undicesimo comma, della legge della regione
Marche n. 41 del 1979).
    La  resistente  rileva,  inoltre,  che la deroga al principio del
pubblico  concorso sarebbe stata ammessa da questa Corte anche per il
passaggio all'inquadramento superiore «essendo rimessa al legislatore
un'ampia  discrezionalita' nella scelta dei sistemi e delle procedure
di progressione in carriera dei pubblici dipendenti» (sentenza n. 373
del 2002).
    3.2.  -  Nel ribadire la propria competenza legislativa esclusiva
in  materia  di  organizzazione  amministrativa dei propri uffici, la
regione  Marche  mette  infine in evidenza come esuli dal giudizio di
costituzionalita'  la  valutazione  dell'iter logico e fattuale della
normativa  impugnata  consistendo  questo in un apprezzamento esterno
delle  scelte  legislative, che riguarda la palese arbitrarieta' o la
manifesta irragionevolezza della disciplina denunciata (cfr. sentenza
n. 446 del 1994).
    La resistente insiste, altresi', sul fatto che la progressione in
carriera  dei  dipendenti  cui  si  riferiscono  le  norme  impugnate
avverrebbe  previa  verifica del possesso dei requisiti richiesti per
la  attribuzione  della  qualifica  superiore, in coerenza con quanto
affermato dalla sentenza n. 159 del 2005 di questa Corte e, pertanto,
in  conformita'  al  principio  di buon andamento dei pubblici uffici
«che puo' tollerare o, addirittura, esigere eccezioni al concorso».

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato, in
riferimento  agli articoli 3, primo comma, e 97, primo e terzo comma,
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 4,  commi 2 e 3, della legge della regione Marche 13 maggio
2004,  n. 10  (Modifica  alla  legge regionale 15 ottobre 2001, n. 20
sull'organizzazione  e  sul  personale  della  regione  e  alla legge
regionale   30   giugno 2003,   n. 14  sulla  riorganizzazione  della
struttura amministrativa del consiglio regionale).
    1.1. - Nel ricorso si rileva che le norme impugnate prevedono che
il   personale   dipendente   dalla   Regione   inquadrato  ai  sensi
dell'art. 20,  undicesimo  comma,  della  legge  della regione Marche
24 novembre  1979,  n. 41  (Ristrutturazione  organica  e  funzionale
dell'ente  di sviluppo nelle Marche), anche se in quiescenza, purche'
avente   determinati  requisiti,  possa  avvalersi,  a  domanda,  dei
benefici   dell'art. 86   della   legge   della   regione  Marche  1°
giugno 1980,   n. 47   (Disposizioni   sull'ordinamento  dei  livelli
funzionali  e  sul  trattamento giuridico ed economico dei dipendenti
regionali)   -   norma,  peraltro,  abrogata  dall'art. 42,  comma 1,
lettera l),  della legge della regione Marche 15 ottobre 2001, n. 20,
in  sede  di  riordino  normativo  in  materia di organizzazione e di
personale   della  regione  -  con  l'effetto  di  essere  inquadrato
automaticamente  «nel livello superiore a quello assegnato in sede di
primo inquadramento».
    1.2.  -  Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene che le
disposizioni censurate si pongano in contrasto con l'art. 97, primo e
terzo  comma,  della Costituzione e con la consolidata giurisprudenza
di  questa Corte che, per il conferimento di qualifiche superiori nel
pubblico   impiego,  ritiene  necessario,  salva  specifica  motivata
ragione di deroga, nella specie non sussistente, l'espletamento di un
pubblico     concorso,    aperto    anche    a    soggetti    esterni
all'amministrazione.  Il medesimo ricorrente afferma poi che le norme
in  questione  contrasterebbero  con  il  principio di ragionevolezza
sancito  dall'art. 3,  primo comma, della Costituzione, perche' esse,
attraverso  un  uso  abnorme  dell'efficacia retroattiva di una norma
abrogata,  metterebbero  in  discussione  un  procedimento  del tutto
esaurito, senza che sia possibile cogliere un motivato fondamento per
questa particolare scelta del legislatore regionale.
    2. - Il ricorso e' fondato.
    2.1.  -  Le  norme  impugnate,  riferite  ad una bene individuata
categoria  di  dipendenti  regionali,  estendono  espressamente  agli
stessi  i  benefici  gia'  previsti dall'abrogato art. 86 della legge
n. 47   del   1980   e,   pertanto,   l'inquadramento   nel   livello
immediatamente  superiore  a  quello  spettante,  con  decorrenza dal
1° ottobre 1978.
    Il  richiamato  art. 86  subordinava, peraltro, tale passaggio di
livello  al superamento di un concorso speciale, per soli titoli, cui
era  «consentito»  l'accesso  a  varie  categorie  di  dipendenti  in
presenza di determinati requisiti.
    L'impugnato art. 4, commi 2 e 3, della legge n. 10 del 2004 della
Regione  Marche  prevede,  di contro, che tale passaggio «nel livello
superiore  a quello assegnato in sede di primo inquadramento» avvenga
automaticamente, a richiesta degli aventi diritto tenuti unicamente a
presentare domanda nel termine di decadenza di giorni trenta.
    In  questo  senso  le  norme  impugnate, piuttosto che riproporre
l'originaria  previsione  di  un  concorso speciale per soli interni,
realizzano   un  reinquadramento  ope  legis  di  una  ristrettissima
categoria di dipendenti.
    2.2.  - Tale disciplina, che determina in pratica un automatico e
generalizzato scivolamento di soggetti precisamente individuati verso
la  qualifica  superiore,  e'  in evidente contrasto con il principio
costituzionale   del   pubblico   concorso   e   con  la  consolidata
giurisprudenza  di  questa Corte in materia (cfr. sentenza n. 159 del
2005). Ne', d'altro canto, sussistono quelle peculiari situazioni che
giustificano la deroga al principio stesso.
    3.  -  Le  argomentazioni sviluppate al riguardo dalla resistente
Regione  Marche,  tese a dimostrare la non manifesta irragionevolezza
della disciplina censurata, sono, peraltro, infondate.
    3.1.  -  Va anzitutto escluso che si tratti di norme transitorie,
come  invece  sostiene  la difesa regionale, facendo leva anche sulla
rubrica dell'articolo impugnato.
    Premesso  che tale eventuale natura delle norme impugnate sarebbe
irrilevante ai fini che qui interessano, deve comunque osservarsi che
l'oggetto  delle disposizioni non e' una regolamentazione transitoria
di rapporti bensi' una disciplina definitiva di situazioni puntuali.
    3.2.  -  Va  parimenti  escluso  che  le  norme censurate possano
giustificarsi  in  base a «esigenze specifiche ed eccezionali, legate
alla  riorganizzazione  delle  strutture amministrative regionali». A
parte  il fatto che le norme impugnate si rinvengono in un intervento
legislativo  che  non ha ad oggetto una riorganizzazione del servizio
(la   quale   potrebbe   giustificare  l'utilizzazione  di  pregresse
esperienze  professionali),  basta  rilevare  che esse si riferiscono
anche  a  personale  in  quiescenza,  in  relazione  al  quale non e'
evidentemente    invocabile    alcuna    eccezionale    esigenza   di
riorganizzazione,  ovvero  a personale gia' in servizio e, come tale,
legato  da  stabile  rapporto  di  dipendenza  con  l'Amministrazione
regionale.  Ne',  del  resto, l'originaria selezione concorsuale puo'
valere  di  per  se'  a  legittimare  una  progressione  ope legis di
ristrette ed individuate categorie di dipendenti.
    3.3.  -  Neppure  ha fondamento la tesi della regione resistente,
secondo  la  quale le norme impugnate, nel prevedere che i dipendenti
interessati   «possono   usufruire»   dei   benefici   in  questione,
escluderebbero un effetto automatico di avanzamento, subordinerebbero
la  progressione  ad  una  previa verifica del possesso dei requisiti
richiesti  per  l'attribuzione della qualifica superiore e sarebbero,
in tal senso, conformi al principio del pubblico concorso.
    Questa  interpretazione delle norme e' insostenibile a fronte del
chiaro  disposto  normativo,  che prevede l'inquadramento nel livello
superiore  quale  conseguenza  automatica  della domanda degli aventi
diritto  (e  non  dei vincitori di concorso) e che estende a questi i
benefici dell'art. 86 della legge n. 47 del 1980 della regione Marche
(ma non la procedura di attribuzione degli stessi).