ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  ammissibilita'  del  conflitto di attribuzione tra
poteri  dello  Stato  sorto a seguito della promulgazione della legge
della  Regione  Umbria del 16 aprile 2005, n. 21 (Nuovo Statuto della
Regione  Umbria), promosso con ricorso del Comitato per il referendum
sullo  statuto  regionale  dell'Umbria  nei  confronti  della Regione
Umbria,  depositato  in  cancelleria il 17 giugno 2005 ed iscritto al
n. 29  del  registro  conflitti  fra  poteri  dello  Stato  (fase  di
ammissibilita).
    Udito  nella  camera di consiglio del 30 novembre 2005 il giudice
relatore Ugo De Siervo.
    Ritenuto che, con ricorso depositato il 17 giugno 2005, i signori
Claudio  Abiuso,  Marcello  Teti  e  Mara  Guidarelli, in qualita' di
promotori  del  referendum  sullo  statuto  della Regione Umbria e di
rappresentanti   dell'apposito  «Comitato  per  il  referendum  sullo
Statuto   regionale   dell'Umbria»,   hanno  sollevato  conflitto  di
attribuzione  ex art. 134 della Costituzione avverso la promulgazione
della legge della Regione Umbria 16 aprile 2005, n. 21 (Nuovo Statuto
della  Regione  Umbria),  nonche',  per  quanto  occorra,  avverso le
modificazioni  introdotte  al quesito referendario e ai moduli per la
richiesta  di  referendum  ad  opera dell'Ufficio di Presidenza e del
Segretario generale del Consiglio regionale dell'Umbria con decisione
del 14 dicembre 2004;
        che  i ricorrenti premettono, in fatto, che il 29 luglio 2004
il  Consiglio  regionale  della  Regione  Umbria approvava in seconda
deliberazione  il  nuovo statuto regionale, che veniva pubblicato nel
Bollettino  Ufficiale della Regione in data 11 agosto 2004 assieme al
fac-simile  del modulo da utilizzare per la richiesta di referendum e
per la raccolta delle firme;
        che,  successivamente,  con  ricorso del 9 settembre 2004, il
Governo   della   Repubblica   sollevava  questioni  di  legittimita'
costituzionale  dinanzi  a  questa  Corte  in  ordine ad alcune norme
contenute nella delibera statutaria;
        che,   con   la  sentenza  n. 378  del  2004,  depositata  il
6 dicembre    2004,    questa   Corte   dichiarava   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 66, commi 1, 2 e 3 della delibera statutaria
della Regione Umbria;
        che,  nel frattempo, nel Bollettino Ufficiale del 1° dicembre
2004,  il  Presidente  della  Giunta regionale dichiarava sospesi dal
15 settembre «i termini per la promozione referendaria previsti dalla
legge regionale 28 luglio 2004, n. 16», termini che riprenderebbero a
decorrere,  «nel  caso  in  cui  la  Corte  costituzionale rigetti il
ricorso,  dalla  data  di  pubblicazione  della decisione della Corte
nella Gazzetta Ufficiale»;
        che, con nota del 9 dicembre 2004, i ricorrenti, costituitisi
in  «Comitato per il referendum sullo Statuto regionale dell'Umbria»,
dichiarando  di  voler  promuovere  il referendum di cui all'art. 123
Cost.,  chiedevano  la  consegna  dei moduli vidimati per la raccolta
delle firme, di conoscere il numero minimo di elettori necessari alla
sottoscrizione  della  richiesta,  di  conoscere il numero dei giorni
utili rimanenti per raccogliere le firme;
        che   il   10 dicembre  2004,  il  Consiglio  regionale,  con
deliberazione  n. 430  (pubblicata nel Bollettino Ufficiale n. 56 del
29  dicembre), con 15 voti favorevoli su 30 componenti, prendeva atto
di quanto affermato dalla Corte e invitava il Presidente della Giunta
regionale  «a  promulgare lo Statuto nei tempi piu' rapidi possibili,
una  volta  esaurita la fase della possibile richiesta di referendum,
ed ovviamente dopo lo svolgimento dello stesso, ove richiesto»;
        che, sempre secondo quanto riferiscono i ricorrenti, con nota
del 13 dicembre 2004, il Comitato promotore del referendum diffidava,
tra gli altri, il Presidente della Giunta regionale dal promulgare la
legge  di  approvazione  del  nuovo  statuto,  dovendosi rinnovare la
pubblicazione  come  effetto  della  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale di cui alla richiamata sentenza n. 378 del 2004;
        che,  in  data  15  dicembre,  il  Segretario  del  Consiglio
regionale comunicava ai ricorrenti che, fino alla pubblicazione nella
Gazzetta  Ufficiale  della sentenza di questa Corte, era da ritenersi
preclusa   ogni   attivita'   e   operazione  referendaria,  compresa
l'eventuale  presentazione  di  una nuova richiesta, e che, pertanto,
gli  uffici  regionali  non potevano dar seguito alla richiesta del 9
dicembre;
        che  lo  stesso 15 dicembre la sentenza veniva pubblicata sia
nella Gazzetta Ufficiale sia nel Bollettino Ufficiale della Regione;
        che  il  16 dicembre  i ricorrenti ottenevano la consegna dei
moduli  per  la  raccolta  delle  firme,  apprendendo  che il quesito
referendario   era   stato   riformulato,   rispetto   al  precedente
fac-simile, nel seguente nuovo testo: «Approvate il testo della legge
regionale   concernente:   "Nuovo   Statuto  della  Regione  Umbria",
approvata   dal  Consiglio  regionale  in  seconda  deliberazione  il
giorno 29 luglio  2004  e  pubblicata  nel Bollettino Ufficiale della
Regione  Umbria  n. 33  dell'11 agosto  2004 - serie generale - parti
prima  e  seconda  -  supplemento  ordinario n. 1 - come risultante a
seguito   della   sentenza  della  Corte  costituzionale  n. 378  del
29 novembre  2004  pubblicata  nel Bollettino Ufficiale della Regione
Umbria  n. 54  del  15 dicembre 2004 - serie generale - parti prima e
seconda?»;
        che  il  17 dicembre  il  Presidente  della  Giunta regionale
chiedeva al Consiglio di Stato un parere circa il computo del termine
di  tre  mesi previsto dall'art. 123 Cost. e che in tale parere, reso
il  12 gennaio  2005  (n. 12054/04),  esprimeva  la  necessita' della
pubblicazione di una nuova doppia e conforme deliberazione consiliare
prima  che  la  raccolta  delle  firme  per  la proposta referendaria
potesse essere utilmente avviata;
        che,  in  assenza  dei  suddetti  nuovi atti e della relativa
nuova  pubblicazione,  i  ricorrenti  cessavano da ogni operazione di
raccolta  delle  firme,  ritenendo  -  secondo  quanto da essi stessi
affermato  -  che  il  termine di tre mesi non fosse mai cominciato a
decorrere;
        che  il  21 marzo 2005, considerata l'inerzia nel riavvio del
procedimento di deliberazione statutaria e apprendendo notizie di una
imminente  promulgazione  dello  statuto,  i  ricorrenti  diffidavano
nuovamente  il  Presidente della Giunta regionale dal promulgare «...
il  nuovo  Statuto  della  Regione  Umbria senza che questo sia stato
prima  rideliberato  in doppia lettura conforme e ripubblicato con le
indicazioni  necessarie  alla  raccolta  delle firme per la richiesta
referendaria    nei    90   giorni   previsti   dall'art. 123   della
Costituzione»;
        che,  infine,  nel  Bollettino  Ufficiale  del 18 aprile 2005
veniva   pubblicata   la   legge  regionale  16 aprile  2005,  n. 21,
promulgata   dal   Presidente  della  Giunta,  -  fanno  osservare  i
ricorrenti  -  a  Consiglio  regionale cessato (16 febbraio 2005), ad
elezioni   celebrate   (4   e  5 aprile  2005)  e  nelle  more  della
proclamazione dei nuovi eletti avvenuta solo il 20 aprile 2005;
        che, in relazione alla sussistenza dei requisiti soggettivi e
oggettivi di ammissibilita' del conflitto, i ricorrenti richiamano il
consolidato  orientamento di questa Corte, secondo il quale sarebbero
legittimati  ad  instaurare  il  conflitto  di attribuzione, ai sensi
dell'art. 134  Cost., non soltanto i poteri dello Stato-apparato, «ma
anche  figure  soggettive  ad  esso  esterne,  quanto  meno allorche'
l'ordinamento   conferisca  loro  la  titolarita'  e  l'esercizio  di
funzioni   pubbliche   costituzionalmente   rilevanti   e   garantite
concorrenti  con  quelle  attribuite  a  poteri ed organi statuali in
senso proprio»;
        che  in  questo senso rileverebbe la giurisprudenza di questa
Corte, la quale avrebbe da tempo riconosciuto ai sottoscrittori della
richiesta   di   un  referendum  abrogativo  di  legge  nazionale  la
titolarita',   nell'ambito   della  procedura  referendaria,  di  una
funzione  costituzionalmente  rilevante  e  garantita, in quanto essi
attivano la sovranita' popolare nell'esercizio dei poteri referendari
e   concorrono  con  altri  organi  e  poteri  al  realizzarsi  della
consultazione popolare (da ultimo, ordinanza n. 137 del 2000);
        che, secondo i ricorrenti, dopo la riforma del Titolo V della
Costituzione, la competenza della Corte costituzionale «sui conflitti
di  attribuzione  tra i poteri dello Stato» di cui all'art. 134 Cost.
dovrebbe  «essere intesa a comprendere anche le questioni inerenti la
lesione,  ad  opera del potere esecutivo o legislativo regionale, del
diritto   al  referendum  confermativo  di  cui  all'art. 123  Cost.,
sollevate in sede di conflitto da un suo comitato promotore»;
        che,  sempre  secondo  quanto  affermato  dai  ricorrenti, la
trasformazione  dell'ordinamento  recata  dalla  citata riforma della
Costituzione  evidenzierebbe  che  «la  garanzia costituzionale delle
norme  di  organizzazione si deve oggi intendere, ogniqualvolta si fa
questione  di  funzione  legislativa,  con  riguardo  ai poteri della
Repubblica e non dello Stato»;
        che,  nel  caso di specie, sarebbe stato impedito il corretto
svolgimento  di  una funzione riconosciuta dalla stessa Costituzione,
all'art. 123,  in  guisa  di  diritto  pubblico  soggettivo  perfetto
costituito in capo agli elettori regionali promotori di una richiesta
referendaria  confermativa dello statuto regionale; e solo alla Corte
costituzionale  dovrebbe  spettare  il  potere di garantire i diritti
costituzionalmente  previsti  contro  impedimenti  operati  da  altri
poteri;
        che,  in relazione al merito del conflitto, gli intervenienti
sostengono, in primo luogo, la radicale illegittimita' costituzionale
del  nuovo  statuto  della  Regione  Umbria per una serie di distinte
ragioni;
        che,  in  primo luogo, la promulgazione non avrebbe potuto in
alcun  modo  ritenersi consentita dall'ordinamento e sarebbe comunque
lesiva del diritto soggettivo dei promotori del referendum, in quanto
avrebbe   impedito   irreparabilmente   l'esercizio  del  diritto  di
raccogliere  le  firme  nel  periodo  di tre mesi di cui all'art. 123
Cost;
        che,  ad  avviso  dei  ricorrenti, il termine per la raccolta
delle firme non sarebbe neppure cominciato a decorrere, in quanto non
sarebbe  mai  avvenuta  la  «pubblicazione  nel  Bollettino Ufficiale
regionale  della  nuova doppia e conforme deliberazione consiliare» a
maggioranza assoluta, pubblicazione resasi necessaria a seguito della
sentenza  di  questa  Corte  n. 378 del 2004 di parziale annullamento
della delibera statutaria;
        che,   a  sostegno  di  questa  ricostruzione,  i  ricorrenti
richiamano il parere del Consiglio di Stato, Sez. I, 12 gennaio 2005,
n. 12054/04,  il  quale avrebbe chiarito che «qualunque dichiarazione
di  illegittimita' e quindi qualunque modificazione, anche parziale e
meramente  cassatoria  o  eliminatoria,  comporta l'impossibilita' di
utilizzare   il   periodo   di   tempo  gia'  trascorso  e  gli  atti
essenzialmente  compiuti,  e la necessita' di dare inizio ad un nuovo
procedimento,  con  conseguente  decorso ab inizio del termine di tre
mesi»;
        che  cio'  renderebbe  evidente  che l'oggetto del referendum
confermativo non avrebbe potuto e non potrebbe essere, dopo la citata
sentenza  di  questa  Corte,  il testo originario della deliberazione
statutaria  come  modificato  dalla  dichiarazione  di illegittimita'
costituzionale parziale, bensi' solo quello risultante da una nuova e
rinnovata  manifestazione  di  volonta'  del  Consiglio regionale, da
esprimersi con una nuova duplice delibera ex art. 123 Cost;
        che  nel ricorso si fa rilevare, inoltre, che non solo non ci
sarebbe  stata  un nuova doppia delibera ma neppure una semplice, dal
momento  che non potrebbe essere considerato tale l'atto di indirizzo
politico  adottato  dal  Consiglio  regionale il 10 dicembre 2004, di
mera  «risoluzione»  e  «presa  d'atto»  delle notizie riferite dalla
Presidente  della  Giunta,  approvato con la maggioranza semplice dei
consiglieri  e,  dunque,  con una maggioranza non idonea ad esprimere
alcuna volonta' consiliare statutaria;
        che i ricorrenti affermano, inoltre, che la promulgazione non
sarebbe  stata  comunque possibile durante il periodo di scioglimento
del  Consiglio  regionale,  in  particolare  poiche'  tale potere non
avrebbe potuto essere considerato tra quelli relativi «agli affari di
ordinaria amministrazione» spettanti alla Giunta e al suo Presidente;
        che,   comunque,   la   intervenuta   modificazione   in  via
amministrativa  del  quesito  referendario  non  potrebbe  che essere
ritenuta illegittima, di talche' l'intero procedimento statutario non
sarebbe  ancora  uscito  dalla  fase  consiliare,  non si sarebbe mai
aperto  il  termine  dei  tre  mesi  per  la  richiesta di referendum
confermativo   e,   soprattutto,   non   si  sarebbe  mai  aperta  la
possibilita'  di  esercizio  del potere di promulgazione da parte del
Presidente della Giunta regionale;
        che,  infine,  a  giudizio  dei  ricorrenti, lo statuto della
Regione  Umbria non avrebbe potuto essere promulgato anche perche' vi
sarebbe  un  difetto di conformita', sotto molteplici profili, tra le
due deliberazioni consiliari del 2 aprile e del 29 luglio 2004;
        che,  pertanto,  i  ricorrenti  chiedono  a  questa  Corte di
dichiarare,  in  via  principale,  che non spetta al Presidente della
Giunta  regionale  dell'Umbria  promulgare lo Statuto regionale prima
della   corretta  e  completa  conclusione  dell'iter  procedimentale
previsto   dall'art. 123  Cost.,  ovvero  dopo  lo  scioglimento  del
Consiglio  regionale;  di  dichiarare, ove necessario, che non spetta
all'Ufficio  di  Presidenza  del  Consiglio regionale o al Segretario
generale  del  Consiglio regionale integrare, modificare o ridefinire
il  quesito  referendario,  ne'  al  Consiglio  regionale  deliberare
alcunche'   in  materia  statutaria  senza  la  maggioranza  assoluta
prevista   dall'art. 123   Cost.,  ne'  al  Presidente  della  Giunta
regionale  promulgare lo Statuto senza aver verificato la conformita'
tra  le  due  deliberazioni  consiliari  imposta sempre dall'art. 123
Cost;  di  annullare,  per  l'effetto,  la  promulgazione della legge
regionale 16 aprile 2005, n. 21 (Nuovo Statuto della Regione Umbria),
nonche',   ove   necessario,   gli   atti  di  modificazione  in  via
amministrativa   del  quesito  e  dei  moduli  per  la  richiesta  di
referendum sopra indicati.
    Considerato   che,   in   questa   fase  del  giudizio,  a  norma
dell'art. 37,  terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87
(Norme   sulla   costituzione   e   sul   funzionamento  della  Corte
costituzionale),  questa Corte e' chiamata a decidere, con ordinanza,
se  il  ricorso sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra
le  parti,  se  sussistano  i  requisiti oggettivi e soggettivi di un
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato;
        che,  a  prescindere  dalla  questione  se  i promotori di un
referendum costituzionalmente previsto siano titolari di attribuzioni
costituzionali    nella    fase   anteriore   alla   raccolta   delle
sottoscrizioni,  deve  essere ribadito l'orientamento di questa Corte
secondo  cui  i  promotori  di  un  referendum  regionale  «non  sono
equiparabili   agli   organi   statali   «competenti   a   dichiarare
definitivamente  la  volonta'  del potere cui appartengono» e nemmeno
esercitano  funzioni concorrenti con quelle attribuite a poteri dello
Stato-apparato», [...] «ma debbono invece venire assimilati ai poteri
di   istituzioni   autonome  e  non  sovrane,  quali  sono  gli  enti
territoriali  interessati»  (sentenza  n. 69  e  ordinanza  n. 82 del
1978);
        che,  in  ogni  caso,  in  base  alla  vigente disciplina dei
conflitti  di  attribuzione  spettanti  alla  giurisdizione di questa
Corte,  ne'  la  Regione  ne'  singoli  organi di essa possono essere
considerati  «poteri  dello  Stato»  ai  quali  sia  riconoscibile la
legittimazione passiva nei giudizi regolati dagli artt. 37 e 38 della
legge  n. 87  del  1953  e dall'art. 26 delle norme integrative per i
giudizi davanti alla Corte costituzionale (ordinanza n. 82 del 1978 e
ordinanza n. 10 del 1967);
        che,  d'altra  parte,  «la  Regione,  quando  esercita poteri
rientranti  nello svolgimento di attribuzioni determinanti la propria
sfera di autonomia costituzionale o di funzioni ad essa delegate, non
agisce   come   soggetto   appartenente  al  complesso  di  autorita'
costituenti  lo  Stato,  nell'accezione  propria dell'art. 134 Cost.»
(ordinanza 24 maggio 1990, senza numero);
        che,   pertanto,  l'oggetto  del  ricorso  in  esame  non  e'
configurabile come «conflitto tra poteri dello Stato» .