DISPOSITIVO
    Si riserva.
                       ORDINANZA n. 199/31/03
    Sciogliendo  la riserva in data 14 ottobre 2003, rilevato che con
ordinanza  n. 151/31/1997,  fu  rilevata non manifestamente infondata
l'eccezione  di  incostituzionalita'  del terzo comma, art. 46 d.lgs.
n. 546/92,  sollevata  dal  ricorrente,  e  che, pertanto deve essere
disposta  la  sospensione del giudizio con la trasmissione degli atti
alla Corte costituzionale per i relativi adempimenti.
                              P. Q. M.
    Sospende il giudizio in corso fra Cerimele S.p.a. e Ufficio delle
entrate   Napoli   1,   ordina   trasmettersi  gli  atti  alla  Corte
costituzionale, nonche' la notifica dell'ordinanza n. 151/31/97:
        1.  all'ufficio  notifiche  civili  c/o  Corte  di appello di
Napoli (Presidenza del Consiglio dei ministri);
        2. alla segreteria generale della Camera dei deputati;
        3. alla segreteria generale del Senato della Repubblica;
        4. all'ufficio impositore.
                       ORDINANZA n. 151/31/97
    La  Commissione Provinciale di Napoli 31° Sezione, sciogliendo la
riserva da cui al verbale di udienza del 18 novembre 1997:
        Premette  che  con  atto  del  27  novembre  1996 la societa'
Costruzioni  Cerimele  S.p.A.  in liquidazione ha impugnato dinanzi a
questa  Commissione  l'iscrizione  a  ruolo  anno 1996, del I Ufficio
I.V.A. di Napoli, con cartella di pagamento, notificata il 28 ottobre
1996, per l'importo di L. 1.401.962.497 inerente ad I.V.A. per l'anno
d'imposta 1984, deducendo:
          a) l'iscrizione e' stata effettuata per intero e non per un
terzo   malgrado  sia  stato  proposto  ricorso  contro  l'avviso  di
rettifica che ha accertato la maggiore imposta;
          b)  la  prescrizione  del  diritto  ad  iscrivere nei ruoli
l'imposta;
          c)  la  mancata  notifica  della cartella nei tempi prevsti
dall'art. 25 d.P.R. n. 602/1973;
          d)   l'illegittimita'   dell'avviso  di  rettifica  che  ha
originato l'iscrizione a ruolo;
          e)  la  legittimita'  dell'operato  della  societa'  che ha
applicato l'aliquota ridotta per la cessione dei fabbricati;
          f)  la  fondatezza  dei  motivi addotti riconosciuti da due
decisioni della Commissione tributaria.
    Costituitasi  ritualmente il 28 novembre 1994, la ricorrente ha -
a  seguito del rigetto della richiesta di sospensione dell'esecuzione
dell'atto  impugnato  e di avviso di trattazione della controversia -
instato   per   la   discussione  in  pubblica  udienza,  depositando
ritualmente memorie illustrative e documentazione.
    L'amministrazione resistente non si e' costituita.
    In   sede   di  discussione,  il  rappresentante  della  Societa'
(Vittorio  Carlomagno,  dottore  commercialista)  ha  concluso per lo
accoglimento  del  ricorso  e  per  la  condanna dell'amministrazione
finanziaria al pagamento delle spese, come da nota esibita.
    La Commissione si e' riservata la decisione.
    Cio' premesso, osserva la Commissione:
        risulta  dalla predetta documentazione che in data 6 dicembre
1996  il  I  Ufficio  IVA di Napoli ha disposto lo sgravio, in favore
della  societa'  ricorrente,  dello intero importo iscritto a ruolo e
formante oggetto della presente impugnativa, a seguito di istanza del
7 novembre 1996 diretta al Comitato Autotutela.
    Trattasi  di un atto che, nell'esercizio del potere di autotutela
dell'amministrazione, e' sopraggiunto all'introduzione della predetta
controversia  ed  ha  determinato  la  cessazione  della  materia del
contendere,  per avere, l'istante, nel corso del giudizio, conseguita
integralmente  la  specifica  tutela invocata; si' da far venir meno,
oggettivamente,  la necessita' di una pronunzia del giudice su quanto
costituiva   oggetto   della   controversia.   Insorge,   pero',   la
problematica   sul  potere  di  questa  Commissione  di  valutare  la
soccombenza  virtuale e di liquidare le spese della lite; potere, che
la ricorrente sostiene sussistere, deducendo il palese e grave errore
dell'impugnata  iscrizione  a  ruolo,  produttivo  di  una necessaria
attivita' difensiva e producendo nota delle spese (per complessive L.
108.725.840)  liquidabili  anche  in  rapporto  all'imponente entita'
dell'imposta ingiunta.
    Senonche',  l'art. 46  d.lgs.  n. 546/1992,  nello stabilire, nel
primo   comma,   in  presenza  della  cessazione  della  materia  del
contendere,  l'estinzione del giudizio, specifica nel terzo comma che
le  spese  del  giudizio  come  sopra estinto «restano a carico della
parte che le ha anticipate salvo diverse disposizioni di legge».
    Appare   dunque   evidente   che  questa  specifica  e  tassativa
disposizione   introduce   una  disciplina  diversa,  in  materia  di
cessazione  del contendere, da quella dell'ordinario giudizio civile,
non   rinvenendosi,  nel  codice  di  rito,  un'analoga  disposizione
preclusiva della valutazione della soccombenza virtuale.
    E  infatti  «ius  receptum»  il principio secondo cui sussiste il
potere  del  giudice  civile  di  decidere,  una  volta  accertato  e
pronunciato il venir meno dell'oggetto della lite, la questione - che
eventualmente  puo'  sopravvenire  -  delle  spese  di  giudizio,  da
risolversi con il criterio della soccombenza virtuale, posto che tale
potere  del  giudice  inerisce, in via generica, alla pronuncia della
sentenza che, comunque, «chiude il processo» (art. 91 CPC).
    Orbene,  poiche'  nel  processo  tributario solo il contribuente,
soggetto  all'imposizione tributaria, assume la veste di ricorrente e
la  cessazione della materia del contendere puo' avvenire - e avviene
con     maggior     frequenza    per    effetto    di    ravvedimento
dell'amministrazione   finanziaria   nel   corso  della  controversia
attraverso  l'istituto  dell'autotutela  (come  appunto,  nel caso di
specie), vi e' fondato sospetto d'illegittimita' costituzionale della
norma   in   questione,  la  quale,  nello  stabilire  una  posizione
irragionevolmente privilegiata per la Amministrazione finanziaria, si
traduce  in una duplice menomazione del diritto del contribuente: per
un   verso,   esonera   ingiustamente   l'Amministrazione  resistente
dall'onere  delle spese anticipate dalla controparte, con conseguente
unilaterale  favoritismo  per  la  stessa resistente, in relazione al
principio  di  uguaalianza  di  trattamento tra le parti nel processo
(art. 3 Cost.); inoltre, limita il diritto di difesa del contribuente
che,  costretto,  in  virtu' del nuovo rito (art. 12), ad assumere un
difensore  tecnico  per  la  lite  (come  quella  in esame) di valore
superiore  a  L.  5.000.000, non si vede garantito nel recupero delle
spese  nell'ipotesi  in  questione,  e  puo' rimanere scoraggiato per
un'efficace  ed  idonea  difesa  tecnica,  in violazione dell'art. 24
Costituzione.