IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso in appello n. 7768 del 2005 proposto dal dott. Franco Condo', rappresentato e difeso dall'avv. prof. Francesco Castiello, con domicilio eletto in Roma, via Giuseppe Cerbara n. 64; Contro la Regione Lazio, in persona del presidente della giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avv. prof. Gennaro Terracciano e Francesco Vannicelli, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, piazza di Spagna n. 35; e nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi n. 12; e del dott. Pietro Grasso, rappresentato e difeso dall'avv. Rosaria Russo Valentini, con domicilio eletto in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 284, per l'annullamento e la riforma dell'ordinanza n. 4775 del 2 settembre 2005, pronunciata tra le parti dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sezione III, di reiezione della domanda cautelare proposta in primo grado; Visti gli atti e documenti depositati con l'appello; Visto l'atto di costituzione in giudizio del dott. Grasso, della Regione Lazio e della Presidenza del Consiglio dei ministri; Relatore il cons. Corrado Allegretta; Uditi nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2005 gli avv. Castiello, Terracciano, Vannicelli, Russo Valentini e l'avv. dello Stato Bacosi; Vista l'ordinanza n. 4819 in data 11 ottobre 2005; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o e d i r i t t o Il ricorrente ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma il provvedimento con il quale la Regione Lazio ne ha dichiarato la decadenza dall'incarico di direttore generale di un'azienda sanitaria locale, in applicazione dell'art. 55, comma 4, del nuovo statuto regionale, approvato con legge regionale 11 novembre 2004 n. 1. Ha impugnato, altresi', il successivo provvedimento di nomina del nuovo direttore generale. La domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, avanzata in via incidentale, e' stata respinta con ordinanza n. 4775 del 2 settembre 2005, avverso la quale l'interessato ha proposto l'appello in epigrafe indicato, rinnovando la domanda cautelare. In relazione al danno lamentato ed ai motivi gia' dedotti con il ricorso originario, l'appellante deduce, in sostanza, che: 1) e' errato il presupposto sul quale l'ordinanza si fonda, secondo cui le aziende sanitarie locali avrebbero natura di enti strumentali della Regione da questa dipendenti e, in quanto tali, rientranti nell'ipotesi di decadenza degli organi istituzionali in conseguenza dell'insediamento del consiglio regionale, prevista dal citato art. 55 del nuovo statuto regionale; 2) detta disposizione non e' applicabile, in quanto relativa agli incarichi di direzione delle strutture degli enti pubblici dipendenti istituiti con specifiche leggi regionali, tra i quali non possono ricomprendersi le aziende sanitarie locali e quelle ospedaliere perche' istituite con legge statale, non essendo sufficiente la loro soggezione alla vigilanza regionale; 3) ove ritenuta applicabile, la normativa relativa al cosiddetto «spoil system» deve ritenersi incostituzionale sotto vari profili. Si e' costituita in giudizio per resistere la Regione Lazio, che ha eccepito, in rito, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, la tardivita' e l'inammissibilita' dell'originario ricorso per difetto d'interesse, e, nel merito, la sua infondatezza. Anche il controinteressato si e' costituito in giudizio, chiedendo che la domanda cautelare sia respinta, attesa l'inammissibilita' e l'infondatezza del ricorso sotto vari profili. In giudizio si e' costituita, infine, la Presidenza del Consiglio dei ministri, che ha concluso per l'accoglimento dell'appello. Con ordinanza n. 4819 del giorno 11 ottobre 2005, questa sezione ha disposto la sospensione del giudizio cautelare in vista della rimessione degli atti alla Corte costituzionale. La decisione si fonda sulle seguenti considerazioni. La Regione Lazio ha ritenuto di far applicazione del combinato disposto dell'art. 55, comma 4, del nuovo statuto regionale, approvato con legge regionale 11 novembre 2004 n. 1 e dell'art. 71 della legge regionale 17 febbraio 2005 n. 9. La prima disposizione, dopo aver stabilito che «Possono essere istituiti, con specifiche leggi regionali, enti pubblici dipendenti dalla regione per l'esercizio di funzioni amministrative, tecniche o specialistiche, di competenza regionale, nel rispetto di norme generali stabilite da apposita legge regionale la quale preveda, in particolare, i criteri da seguire ai fini dell'istituzione degli enti, dell'individuazione degli organi istituzionali e delle relative funzioni ed indennita' di carica nonche' dell'esercizio dei poteri d'indirizzo, direttiva, vigilanza e controllo della giunta regionale. La legge regionale prevede altresi' la disciplina dell'apparato organizzativo» ... (comma 1), prevede al comma quarto che «I componenti degli organi istituzionali decadono dalla carica il novantesimo giorno successivo alla prima seduta del Consiglio (regionale), salvo conferma con le stesse modalita' previste per la nomina». Con il secondo articolo si dispone che «1. - Nelle more dell'adeguamento della normativa regionale ai sensi dell'articolo 80 del "Nuovo Statuto della Regione Lazio" approvato con legge statutaria 11 novembre 2004, n. 1, di seguito denominato Statuto, le norme di cui agli articoli 23, comma 2, lettera p), 41, comma 8, 53, comma 2 e 55, commi 3, 4 e 5, si applicano, anche in deroga alle disposizioni contenute nelle specifiche leggi vigenti in materia, nel rispetto dei criteri di cui ai successivi commi. 3. - Le norme statutarie concernenti la decadenza dalla carica di componente degli organi istituzionali degli enti pubblici dipendenti e la cessazione di diritto degli incarichi dirigenziali presso la Regione e gli enti pubblici dipendenti, di cui agli articoli 53, comma 2 e 55, commi 4 e 5 si applicano a decorrere dal primo rinnovo, successivo alla data di entrata in vigore dello Statuto, degli organi di riferimento della Regione o degli enti pubblici dipendenti. 4. - Al fine di dare piena applicazione a quanto disposto dalle norme statutarie di cui al comma 3: a) nelle ipotesi in cui la carica di organo istituzionale di ente pubblico dipendente, anche economico, in atto alla data di entrata in vigore dello Statuto, sia svolta mediante rapporto di lavoro regolato da contratto di diritto privato, la durata del contratto stesso e' adeguata di diritto ai termini previsti dall'articolo 55, comma 4». Alla stregua delle disposizioni sopra riportate, non si dubita che, nella specie, sussista la giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto i provvedimenti impugnati sono chiara espressione di uno straordinario potere attribuito all'amministrazione regionale in ordine all'organizzazione degli enti da essa dipendenti, sulla base di una valutazione discrezionale circa la sussistenza dei presupposti di legge, a fronte del quale non sono ipotizzabili se non posizioni di interesse legittimo al suo corretto esercizio. Non appaiono fondati, inoltre, per quanto la sommaria delibazione propria della sede cautelare consente di valutare, gli altri profili d'inammissibilita' rappresentati dalle parti appellate. Con riguardo alla tempestivita' del ricorso originario, invero, non sembra possa riconoscersi efficacia lesiva attuale alla nota in data 24 maggio 2005 del presidente della regione, della quale si segnala la mancata impugnazione, concretandosi essa nella mera comunicazione dell'intendimento di avvalersi della contestata normativa. Neppure si dubita dell'integrita' del contraddittorio, diversamente da quanto eccepiscono le parti appellate, non necessitando la notificazione del ricorso all'azienda ospedaliera, in capo alla quale non e' riconoscibile alcun interesse tutelato circa la preposizione di una persona piuttosto che di un'altra alla carica di direttore generale. E' evidente, infine, l'interesse del ricorrente all'impugnazione della nomina del suo successore nella carica, che conclude la complessa azione amministrativa diretta alla sua sostituzione. Superate in tal modo le questioni di rito, occorre passare all'esame della domanda cautelare sotto i combinati profili della «ragionevole previsione sull'esito del ricorso» e della «valutazione del pregiudizio allegato» dal ricorrente, come prescrive l'art. 21 legge 6 dicembre 1971 n. 1034 nel testo modificato dalla legge 21 luglio 2000 n. 205. Sotto quest'ultimo aspetto, peraltro, la gravita' e difficile riparabilita' del pregiudizio, non solo economico ma anche professionale e sociale, che dall'esecuzione dei provvedimenti impugnati deriva a carico dell'interessato, pur immediatamente percepibile, non e' suscettibile di adeguata valutazione se non in relazione al fumus boni juris della doglianza dedotta. Questa ha il suo punto cruciale nell'argomento che le disposizioni regionali sopra riportate, siccome concernenti gli enti dipendenti dalla regione istituiti con legge regionale, non sono applicabili alle aziende sanitarie locali ed alle aziende ospedaliere, mancando queste della natura di ente dipendente dalla regione e non risultando istituite con legge regionale. Non si ritiene, pero', che la tesi possa essere condivisa. E' sufficiente in proposito considerare che detti Enti costituiscono lo strumento attraverso il quale la regione provvede all'erogazione dei servizi sanitari nell'esercizio della competenza in materia di tutela della salute ad essa attribuita dalla Costituzione (cfr. Corte cost. 24 giugno 2003 n. 220). Enti strumentali, peraltro, costituiti con legge regionale (secondo la previsione, per quanto qui interessa, della l.r. Lazio 16 giugno 1994 n. 18), assoggettati al controllo, alla vigilanza ed al potere d'indirizzo regionali, sia quanto all'attivita' che quanto agli organi; i cui bilanci e rendiconti sono approvati dalla regione, che assicura loro le necessarie risorse finanziarie; il cui organo istituzionale di vertice, il direttore generale, e' nominato dal presidente della regione. La stessa Regione Lazio, con l'art. 56 l.r. 20 novembre 2001 n. 25, ha avuto cura di definire enti pubblici dipendenti dalla regione tutti quelli «che operano nell'ambito del territorio regionale e nelle materie riservate alla competenza della Regione stessa». Alla stregua di quest'ultima notazione, ad ogni modo, perde qualsiasi eventuale rilevanza l'argomento - in verita' di per se' infondato, siccome basato su di un ingiustificato disparato trattamento tra enti dipendenti - che il ricorrente ricava dalla previsione dell'istituzione mediante legge regionale degli enti pubblici dipendenti assoggettati al sistema delle spoglie dall'art. 55 del nuovo Statuto (l.r. 11 novembre 2004 n. 1). Nella specie, quindi, deve ritenersi carente il prescritto requisito del fumus boni juris; il che comporterebbe il rigetto dell'appello cautelare in esame. La normativa applicata, tuttavia, appare sospetta d'incostituzionalita' sotto vari profili. Come piu' sopra si e' visto, l'art. 55 dello statuto regionale stabilisce la decadenza generalizzata dalla carica dei componenti degli organi istituzionali di tutti gli enti dipendenti, decorso il novantesimo giorno dalla prima seduta del consiglio regionale. La norma statutaria, peraltro, e' stata estesa dall'art. 71 della legge regionale 17 febbraio 2005 n. 9, «in deroga alle disposizioni contenute nelle specifiche leggi vigenti in materia» e «a decorrere dal primo rinnovo, successivo alla data di entrata in vigore dello statuto, degli organi di riferimento della regione» anche alle ipotesi in cui la carica sia in atto alla data di entrata in vigore dello statuto, disponendo, a tal fine, l'adeguamento di diritto ai termini previsti dall'articolo 55, comma 4, della durata del contratto regolante il rapporto di lavoro sottostante. Ancorche' differita di novanta giorni, la cessazione dalla carica e', evidentemente, connessa al rinnovo del consiglio regionale, massimo organo politico della regione, con l'evidente finalita' di consentire alle forze politiche di cui e' espressione il nuovo consiglio di sostituire i preposti agli organi istituzionali. La disciplina, tuttavia, e' atta ad introdurre una cesura nella continuita' dell'azione amministrativa esplicata dal titolare della carica, non in dipendenza di una valutazione della qualita' di questa, ma di un evento oggettivo, qual e' l'insediamento del nuovo consiglio all'esito della consultazione elettorale. Cio' appare in contrasto con i principi costituzionali del buon andamento e dell'imparzialita' dettati dall'art. 97 della Costituzione. Invero, la norma di cui al ripetuto art. 55 comma 4, come attuata con l'art. 71 l.r. n. 9/2005, anche in relazione all'eventualita' di cessazioni infrannuali, comporta la possibile incisione, avulsa da ogni vaglio di rendimento (cfr. in proposito Corte cost. 16 maggio 2002 n. 193), di quella stabilita' ed autonomia che consente al dirigente di improntare il suo operato al rispetto dei richiamati principi. In proposito, peraltro, non puo' trascurarsi di osservare che la dilazione trimestrale della decadenza e l'ampiamente discrezionale facolta' dell'amministrazione di conferma nella carica, lungi dal dissipare il dubbio d'incostituzionalita', lo confortano in quanto suscettibili di condizionare il comportamento dell'interessato ancora in servizio proprio in vista della possibile riconferma. Quando si consideri, inoltre, che l'attivita' del direttore generale della A.s.l. si svolge nel settore della sanita' e della tutela della salute, la normativa che sia idonea a ridurne la conformita' ai principi suddetti si appalesa, altresi', lesiva dei fondamentali obiettivi posti dall'art. 32 Cost. Le considerazioni che precedono mettono in evidenza, altresi', la violazione di un principio fondamentale della materia e, pertanto, il contrasto delle disposizioni in esame con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Invero, la legislazione statale in materia, vale a dire il d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 come modificato dal d.lgs. 19 giugno 1999 n. 229, nel regolamentare i contratti di lavoro dei direttori generali, prescrive all'art. 3-bis, comma 8, che «il rapporto di lavoro ... e' esclusivo ed e' regolato da contratto di diritto privato, di durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni, rinnovabile» e, al comma 10, che «la carica di direttore generale e' incompatibile con la sussistenza di altro rapporto di lavoro, dipendente o autonomo». Ai sensi del precedente art. 3, comma 6, dello stesso decreto legislativo, «Al direttore generale compete in particolare verificare ... la corretta ed economica gestione delle risorse attribuite ed introitate nonche' l'imparzialita' ed il buon andamento dell'azione amministrativa». Appare evidente, allora, come, pur non rilevando l'indicazione di una specifica durata assegnata al rapporto (nel testo del 1992 essa era, infatti, di cinque anni), da queste disposizioni emerga il principio fondamentale della materia, secondo il quale al rapporto di lavoro del direttore generale della A.s.l. dev'essere garantita una stabilita' ed autonomia in misura, certamente rimessa alla valutazione discrezionale del legislatore regionale, ma comunque congrua per l'esercizio da parte di tali funzionari delle loro specifiche attribuzioni secondo i canoni - ora precisati dall'art. 1 della legge 7 agosto 1990 n. 241 come novellato con legge 11 febbraio 2005 n. 15 - di adeguatezza dell'azione amministrativa all'art. 97 Cost. La contestata normativa regionale, invece, introduce una condizione di precarieta' di quel rapporto che, evidentemente, urta con il principio ora indicato. Il che si riscontra proprio nel caso di specie, in cui, in forza dei provvedimenti impugnati, il rapporto e' stato sciolto in anticipo rispetto alla sua durata triennale stabilita in contratto. Non puo', infine, omettersi il rilievo che la previsione della decadenza dalla carica sembra esulare dalla competenza legislativa regionale, in quanto incidendo sulla disciplina del sottostante rapporto di lavoro, di cui determina la cessazione, si esplica in realta' nella materia dell'«ordinamento civile», affidato dall'art. 117, comma 2, lett. 1), Cost. alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato. Per le ragioni fin qui esposte, la delineata questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 55, comma 4, dello statuto della Regione Lazio, approvato con legge regionale 11 novembre 2004 n. 1 e dell'art. 71, commi 1, 3 e 4, lett. a) della legge regionale 17 febbraio 2005 n. 9, per contrasto con gli artt. 97, 32, 117, comma 3, ultimo periodo, e 117, comma 2, lett. l) della Costituzione, e' rilevante ai fini del decidere e non e' manifestamente infondata. Pertanto, anche in accoglimento della puntuale sollecitazione della parte appellante, essa va sottoposta al vaglio della Corte costituzionale nei termini che precedono.