Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il proprio domicilio in via dei Portoghesi n. 12, Roma; Contro la Provincia Autonoma di Trento, in persona del suo Presidente per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale, della legge provinciale 6 dicembre 2005, n. 17 (B.U.R. 7 dicembre 2005, n. 49), Disposizioni urgenti in materia di concessioni di grandi derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico, modificative dell'articolo 1-bis 1 della legge provinciale 6 marzo 1998, n. 4. L'art. 9 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, nell'assegnare alla potesta' legislativa delle province la «utilizzazione delle acque pubbliche», esclude «le grandi derivazioni a scopo idroelettrico». Disciplinando questa materia la legge provinciale ha, pertanto, sconfinato dalla sua potesta' legislativa. Gia' per questo la legge provinciale e' costituzionalmente illegittima. Resta da verificare se la sua legittimita' possa essere fondata sull'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 che estende alle Province autonome di Trento e Bolzano le forme di autonomia, piu' ampie rispetto alle precedenti, attribuite dalla legge stessa. La norma impugnata e' intervenuta in materia di concessioni a scopo idroelettrico, quindi in una materia, la produzione di energia, che rientra nella legislazione concorrente della Provincia. L'art. 1-bis, comma 16, secondo periodo, del d.P.R. n. 235/1977 dispone che la legge provinciale si deve attenere ai principi della legislazione statale ed agli obblighi comunitari, in pratica agli stessi limiti previsti nel primo e nel secondo comma dell'art. 117 Cost. per la legislazione delle regioni a statuto ordinario. L'art. 117, nel suo nuovo testo, non ha, pertanto, attribuito alle regioni a statuto ordinario un'autonomia maggiore di quella attribuita alle province autonome dallo statuto regionale, alle cui norme queste ultime debbono continuare ad attenersi. I principi fondamentali in materia di concessioni idroelettriche sono fissati nell'art. 12 del d.lgs. n. 79/1999, emanato in attuazione della direttiva 96/92/CE, «recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica», nell'esercizio della delega attribuita dall'art. 36 della legge n. 128/1998. La inderogabilita' dei principi formulati in questa norma trova conferma da due diversi punti di vista normativi. In primo luogo, perche' la delega e' stata disposta per la liberalizzazione del settore energetico, in funzione della realizzazione del mercato interno dell'energia elettrica, come previsto nella direttiva comunitaria. La materia interessata e', pertanto, la tutela della concorrenza cosicche' la normativa statale, emessa in materia di legislazione esclusiva (art. 117, secondo comnia, lett e), costituisce un limite assoluto per la legislazione regionale e provinciale. In secondo luogo, perche' le concessioni idroelettriche, che interessano fiumi che attraversano piu' regioni, non possono avere che una disciplina unitaria. Il comma 1 della norma provinciale impugnata esclude l'applicazione dei commi da 7 a 11 ed il terzo, quarto e quinto periodo dell'art. 1-bis, comma 12, del d.P.R. n. 235/1977. Quest'ultimo testo normativo e' stato emanato ai sensi dell'art. 107 del d.P.R. n. 670/1972, dopo aver sentito la commissione paritetica, prevista al primo comma. L'art. 1-bis e' una norma a base bilaterale che non puo' essere derogata o abrogata unilateralmente dalla provincia. La rgione non puo' valersi in proposito dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001. Come si e' visto, la sua posizione, per quanto riguarda l'estensione della potesta' legislativa, non e' mutata a seguito dell'entrata in vigore del nuovo testo dell'art. 117 Cost. Dal momento che la sua potesta' legislativa non si e' ampliata, viene a mancare la base costituzionale alla sua eventuale pretesa di modificare unilateralmente la disciplina bilaterale gia' in vigore. Anche a voler superare questo argomento, resterebbe dal punto di vista sostanziale la violazione dei principi fondamentali portati dalla legge dello Stato, ai quali la provincia dovrebbe comunque attenersi, anche se fondasse il suo interveto legislativo sull'art. 10 gia' richiamato, con la conseguenza che non avrebbe potuto rendere inapplicabile nessuna delle norme che tali sono state dichiarate dalla legge provinciale impugnata. I commi 7 e 8 dell'art. 1-bis del d.P.R. n. 235/1977 corrispondono sostanzialmente al comma 2 dell'art. 12 del d.lgs. n. 79/1999; i commi 9 e 10 e 11 al comma 3 dell'art. 12; i periodi dell'art. 12 dichiarati non applicabili prevedono una disciplina di favore per gli enti provinciali. Le norme del d.lgs. n. 79/1999 costituiscono, come si ripete, principi fondamentali ai quali la provincia si sarebbe dovuta attenere. Su di esse era, pertanto, precluso alla provincia di intervenire anche sotto il profilo della loro applicabilita'. L'utilizzazione di una concessione di grande derivazione comporta impegni imprenditoriali di entita' notevole. Per questo il quinto comma dell'art. 12 del d.lgs. ha previsto che, esclusi i casi di decadenza, rinuncia e revoca, la gara pubblica per l'attribuzione della concessione e' indetta non oltre cinque anni antecedenti alla scadenza. Per consentire il rispetto di questo termine nel comma 6 sono state prorogate al 31 dicembre 2010 le concessioni gia' scadute o in scadenza entro la stessa data. La proroga, dunque, e' stata disposta perche' lo stesso spazio temporale fosse a disposizione degli interessati nel periodo transitorio, fine a che la nuova disciplina non fosse a regime. Anche questa e' una norma di principio: la garanzia del principio di uguaglianza non puo' variare in funzione della dislocazione delle concessioni. Di conseguenza gli spazi temporali non possono essere diversi regione per regione. La Commissione europea ha avviato nei confronti dell'Italia due procedure di infrazione (lettere n. 1999/4902 e n. 2002/1982, richiamate nella legge provinciale), per il diritto di preferenza a favore del concessionario uscente e, nella Regione Trentino-Alto Adige, a favore delle aziende elettriche delle province e degli enti locali. Per neutralizzare le contestazione nell'art. 1, commi, 483 e ss. della legge n. 266/2005 e' stata introdotta una nuova disciplina in materia. La legge provinciale impugnata e' in conflitto anche con questa nuova disciplina, la cui natura di principio non puo' essere messa in dubbio in quanto rivolta a introdurre una normativa di applicazione generale, che assicuri il rispetto dei limiti comunitari su tutto il territorio nazionale. Oltre a costituire un limite alle legislazione regionale e provinciale, la nuova disciplina sta a confermare la natura di principio di quella che ha sostituito, abrogandola. La provincia si e' poi riservata la verifica di un interesse pubblico prevalente incorrendo in questo modo in piu' di una violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. L'interesse pubblico prevalente dovrebbe essere quello ad un uso diverso delle acque, in tutto o in parte incompatibile con l'uso a fine idroelettrico. Se la competenza alla valutazione e' assegnata alla provincia, l'interesse pubblico rilevante e' quello provinciale, non tenendo conto che l'uso a fine idroelettrico investe interessi di carattere nazionale, come e' detto espressamente dall'art. 117, terzo comma Cost. L'interesse pubblico sussisterebbe anche nel caso di diretto utilizzo della acque pubbliche, anche a scopo idroelettrico, da parte dell'ente proprietario «mediante strutture alle proprie dirette dipendenze». Di conseguenza un interesse di queste strutture all'utilizzo diretto anche a scopo non idroelettrico, lo farebbe diventare solo per questo prevalente. L'utilizzo potrebbe intervenire a mezzo delle strutture alle dirette dipendenze provinciali, tra le quali rientrano anche gli enti di cui all'art. 10 del d.P.R. n. 235/1977 alle cui preferenze, poco prima, era stato disposto di prescindere. Questo utilizzo sarebbe consentito qualora assumesse prioritaria rilevanza la sicurezza delle popolazioni e dei territori a valle delle opere di presa ovvero delle opere che determinano l'invaso, popolazioni che possono essere solo quelle della provincia dal momento che quest'ultima non puo' attribuirsi poteri che investono territori diversi. La riserva a queste condizioni finisce con l'integrare anche una nuova violazione comunitaria analoga a quella gia' contestata, alla quale si aggiunge, piuttosto che porvi rimedio. Nel comma 2, precisamente nel comma 1-bis aggiunto al comma 1 dell'art. 1-bis della legge provinciale n. 4 del 1988, sono richiamate «le domande previste nel comma 6 dell'articolo 1-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 235 del 1977», che nel primo comma e' stato dichiarato non piu' applicabile. La norma e' contraddittoria e gia' per questo costituzionalmente illegittima. Per tutte le concessioni che scadono entro il 31 dicembre 2010 e' fissato al 31 dicembre 2005 il termine per la presentazione delle domande. La legge e' entrata in vigore l'8 dicembre 2005. E' stato, quindi, concesso un termine di poco piu' di venti giorni per le domande che riguardano concessione in scadenza nell'arco di cinque anni. L'obiettivo pratico e' evidente. Anche a volerlo trascurare e' altrettanto evidente la violazione sia degli artt. 43 e 49 del Trattato CE che dell'art. 12.6 del d.lgs. n. 79/1999. Quest'ultimo principio risulta violato anche per non essere stata rispettata la proroga delle stesse concessioni fino al 31 dicembre 2010 per riconoscere a tutte le imprese interessate lo stesso tempo per predisporre le proprie domande. Nel nuovo comma 12 dell'art. 1-bis della legge provinciale n. 4 del 1998 e' previsto, in prima applicazione, il rinnovo delle concessioni di grande derivazione in atto alla data di entrata in vigore della legge. Il comma 1-ter, che vi e' richiamato, fissa il termine del 31 dicembre 2005 per la presentazione delle domande «fermo restando quanto previsto dall'ultimo periodo del comma 1 e dal comma 1 e dal comma 13», vale a dire le deroghe gia' esaminate. Non evita la illegittimita' costituzionale della norma la riserva disposta nell'ultima sua parte perche' le disposizioni transitorie in materia di proroga o di rinnovo delle concessioni in atto, che fossero inserite nel decreto legislativo emanato ai sensi dell'art. 15 della legge n. 62/2006, resterebbero sostituite dalla disciplina provinciale. Nel comma 12 sono richiamati anche i commi 1-quinquies e 1-sexies. Nel comma 1-quinquies sono ancora una volta richiamate le domande presentate ai sensi del comma 6 dell'art. 1-bis, d.P.R. n. 235/1977, in concorso con quelle presentate ai sensi dei commi 1-bis ed 1-ter. Ma per i procedimenti corrispondenti e' disposta la sospensione in presenza di domande di rinnovo della concessione in favore del concessionario uscente ai sensi dei commi 1-ter e 13, procedimenti che si estinguono nel caso di accoglimento di quelle domande. Poiche' il comma 1-quinquies alla lett. a) prevede l'elencazione «delle specifiche concessioni in scadenza nel quinquennio successivo» senza indicare una data fissa come decorrenza del quinquennio, si ricava che la disciplina non ha carattere transitorio, ma che e' di applicazione generale. La violazione dei principi fondamentali formulati nell'art. 12 del d.lgs. n. 79/1999 e nei commi 483 e ss. della legge n. 266/2005 e' palese, ma, prima ancora, sono di nuovo violati gli artt. 43 e 49 del Trattato CE. Di conseguenza risultano costituzionalmente illegittime tutte le altre norme, riportate nella legge impugnata, strumentali rispetto a quelle esaminate. Le norme impugnate si pongono in contrasto, sotto i profili esaminati, con l'art. 117 Cost., primo comma in relazione agli artt. 43 e 49 CE, con l'art. 117 Cost., secondo comma, lett. e). con l'art. 117 Cost., terzo comma, e con gli artt. 9, n. 9) e 107 dello Statuto regionale.