Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma via dei Portoghesi n. 12, domicilia; Contro la provincia autonoma di Trento in persona del presidente della giunta pro tempore, per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, coma 5, della legge provinciale n. 16 dell'11 novembre 2005, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Trentino Alto Adige n. 46 del 15 novembre 2005 e recante il titolo «Modificazioni della legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22 (Ordinamento urbanistico e tutela del territorio) Disciplina della perequazionem della residenza ordinaria e per vacanza e altre disposizioni in materia urbanistica». La presentazione del presente ricorso e' stata decisa dal Consiglio dei ministri nella riunione del 22 dicembre 2005 (si depositeranno estratto del verbale e relazione del ministro proponente). La legge della Provincia Autonoma di Trento, che reca modifiche alla disciplina provinciale in materia urbanistica e di governo del territorio, e' censurabile relativamente alla disposizione contenuta nell'art. 3, comma 5, il quale sancisce che: «Le attrezzature e i servizi pubblici previsti dal piano regolatore generale possono essere realizzati direttamente dai proprietari delle aree gravate da vincolo preordinato all'espropriazione, previa convenzione con il comune volta ad assicurare l'effettiva realizzazione e destinazione pubblica delle attrezzature e dei servizi, nonche' le loro modalita' di realizzazione e gestione». Si premette che la provincia pur vantando una competenza primaria in materia di urbanistica, lavori pubblici ed espropriazioni, ai sensi dell'art. 8, punti 5, 17 e 22 dello Statuto Speciale di Autonomia della Regione Trentino Alto Adige, (d.P.R. n. 670/1972), e' tenuta comunque ad osservare i vincoli posti dalla Costituzione e dal diritto comunitario ed internazionale ai sensi dell'art.4 del medesimo statuto speciale. La citata disposizione provinciale, invece, prevedendo un sistema di realizzazione diretta di opere pubbliche, contrasta con la normativa comunitaria e statale di recepimento che disciplina le modalita' di affidamento degli appalti pubblici di lavori e servizi, specie per i lavori che superano la soglia comunitaria. In dettaglio, si ritengono violati i principi generali del Trattato comunitario sulla tutela della concorrenza e nell'ambito del mercato specifico degli appalti, le direttive 92/50/CEE (servizi), 93/36/CEE (forniture), 93/37/CEE (lavori pubblici), e 93/38/CEE (settori esclusi). Direttive attuate rispettivamente dai decreti legislativi n. 157/1995, n. 158/1995, n. 358/1992, n. 402/1998, n. 525/1999, nonche' dalla legge n. 109/1994 e successive modificazioni. Tutte le citate direttive europee, nonche' le nuove direttive in materia in corso di recepimento, prevedono procedure di aggiudicazione ad evidenza pubblica. Il diritto nazionale in materia di lavori pubblici si ritiene, a sua volta, violato, ex art. 19, comma 1, della legge n. 109/1994 (Legge Merloni) in forza del quale, possono essere realizzati lavori pubblici esclusivamente mediante contratto di appalto o di concessione di lavori pubblici (esclusi i lavori in economia e alcuni lavori del ministero della difesa). Inoltre, l'art. 2, comma 5, della legge n. 109/1994 e succ. mod. stabilisce che: «per le singole opere d'importo superiore alla soglia 22 dicembre 2005 comunitaria i soggetti privati sono tenuti ad affidare le stesse nel rispetto delle procedure di gara previste dalla citata direttiva 93/37/CEE». L'applicazione di tale fonte legislativa e' innegabile se si considera che le ipotesi prese in considerazione contemplano valori e diritti di stretta pertinenza pubblica, in relazione ai quali il soggetto privato acquista con notazioni tipiche di «organismo di diritto pubblico», tali da non poterlo sottrarre alle procedure di evidenza pubblica. In materia di urbanistica consensuale, ed in particolare in tema di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione, la Corte di giustizia europea, con sentenza 12 luglio 2001 - VI sez. ha statuito che, allorche' il titolare di una «concessione edilizia» di un piano di lottizzazione realizzi direttamente le opere di urbanizzazione a scomputo (totale o parziale) dei contributi dovuti per il rilascio della concessione, si tratta comunque di appalto di lavori da regolare in base alla normativa comunitaria. Dunque nel caso in cui il valore stimato dell'opera eguagli o superi la soglia comunitaria la normativa sui lavori pubblici trova applicazione e con essa il procedimento di evidenza pubblica. Pertanto l'art. 3, comma 5, della legge provinciale in esame non rispettando i vincoli comunitari eccede dalle competenze Statutarie, in contrasto con l'art. 4 dello statuto speciale e con l'art. 117, primo comma della Costituzione.