ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 3, in
relazione  all'art. 3, comma 1, lettera a), della legge della Regione
Marche  4 ottobre  2004,  n. 18  (Norme  relative  al  controllo  dei
pericoli  di  incidenti rilevanti decreto legislativo 17 agosto 1999,
n. 334   sul   rischio   industriale   attuazione   della   direttiva
96/1982/CE),  promosso  con  ricorso del Presidente del Consiglio dei
ministri, notificato il 9 dicembre 2004, depositato in cancelleria il
successivo  15 dicembre  2004  ed  iscritto  al  n. 111  del registro
ricorsi 2004;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  10 gennaio  2006  il  giudice
relatore Gaetano Silvestri;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato Giorgio D'Amato per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano Grassi per la Regione
Marche;

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso notificato il 9 dicembre 2004 e depositato il
15 dicembre   2004,   il   Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
promosso   questione   di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 6,
comma 3,  in  relazione  all'art. 3, comma 1, lettera a), della legge
della  Regione  Marche  4 ottobre  2004,  n. 18  (Norme  relative  al
controllo  dei  pericoli  di  incidenti rilevanti decreto legislativo
17 agosto  1999,  n. 334  sul  rischio  industriale  attuazione della
direttiva  96/1982/CE),  in  riferimento all'art. 117, secondo comma,
lettere a),   f)   e   s),   e  terzo  comma,  e  all'art. 118  della
Costituzione.
    L'Avvocatura dello Stato ricostruisce, preliminarmente, il quadro
normativo  in  cui si colloca la norma impugnata, evidenziando che la
legge  regionale  in esame disciplina le competenze amministrative in
materia  di  attivita'  a  rischio  di incidenti rilevanti connessi a
determinate  sostanze  pericolose.  La difesa erariale sottolinea, al
riguardo, come la normativa in parola, secondo quanto affermato nella
sentenza n. 407 del 2002 di questa Corte, incida su una pluralita' di
interessi ed oggetti, in parte di competenza esclusiva dello Stato ed
in parte di competenza concorrente.
    In  particolare,  la  legge  della  Regione Marche da' attuazione
all'art. 18   del   decreto   legislativo   17 agosto   1999,  n. 334
(Attuazione  della  direttiva  96/1982/CE  relativa  al controllo dei
pericoli  di  incidenti  rilevanti  connessi con determinate sostanze
pericolose).  Tale  norma  stabilisce  che «La Regione disciplina, ai
sensi dell'articolo 72 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112,
l'esercizio  delle  competenze amministrative in materia di incidenti
rilevanti.   A  tal  fine  la  Regione:  a)  individua  le  autorita'
competenti titolari delle funzioni amministrative e dei provvedimenti
discendenti  dall'istruttoria  tecnica  e stabilisce le modalita' per
l'adozione   degli   stessi,   prevedendo   la   semplificazione  dei
procedimenti  ed  il  raccordo  con il procedimento di valutazione di
impatto  ambientale;  b)  definisce le modalita' per il coordinamento
dei  soggetti  che  procedono all'istruttoria tecnica, raccordando le
funzioni  dell'ARPA  con quelle del comitato tecnico regionale di cui
all'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio
1982,   n. 577,   e   degli   altri   organismi   tecnici   coinvolti
nell'istruttoria,   nonche',   nel   rispetto   di   quanto  previsto
all'articolo 25,  le  modalita' per l'esercizio della vigilanza e del
controllo;  c) definisce le procedure per l'adozione degli interventi
di  salvaguardia  dell'ambiente  e  del  territorio in relazione alla
presenza di stabilimenti a rischio di incidente rilevante».
    La difesa erariale si sofferma, altresi', sull'art. 20 del citato
d.lgs.  n. 334  del  1999,  evidenziando  come  la norma in questione
disponga che, per gli stabilimenti per i quali il gestore e' tenuto a
redigere  un  rapporto  di  sicurezza,  «il prefetto, d'intesa con le
Regioni  e  gli  enti  locali interessati, previa consultazione della
popolazione  e  nell'ambito delle disponibilita' finanziarie previste
dalla  legislazione vigente, predispone il piano di emergenza esterno
allo  stabilimento  e  ne  coordina l'attuazione». In particolare, il
comma 2  dell'art. 20  stabilisce  che  il piano di emergenza esterno
debba essere elaborato «tenendo conto almeno delle indicazioni di cui
all'allegato IV, punto 2». Queste ultime consistono nei seguenti dati
e  informazioni:  «a)  nome  o  funzione delle persone autorizzate ad
attivare  le  procedure  di  emergenza  e delle persone autorizzate a
dirigere  e  coordinare  le misure di intervento adottate all'esterno
del   sito;   b)   disposizioni   adottate   per   essere   informati
tempestivamente  degli  eventuali  incidenti:  modalita' di allarme e
richiesta  di  soccorsi;  c)  misure  di  coordinamento delle risorse
necessarie  per  l'attuazione  del  piano  di  emergenza  esterno; d)
disposizioni  adottate  per  fornire  assistenza  con  le  misure  di
intervento  adottate all'interno del sito; e) misure di intervento da
adottare  all'esterno  del sito; f) disposizioni adottate per fornire
alla  popolazione informazioni specifiche relative all'incidente e al
comportamento  da  adottare;  g)  disposizioni intese a garantire che
siano  informati i servizi di emergenza di altri Stati membri in caso
di  incidenti  rilevanti  che  potrebbero avere conseguenze al di la'
delle frontiere».
    Ad   avviso   del   ricorrente  il  quadro  normativo  richiamato
dimostrerebbe  che  le  operazioni  in  questione  «possono andare» e
«spesso  vanno  ben  al di la» del territorio della Provincia o della
stessa  Regione  o  addirittura  dello  Stato.  Pertanto,  la Regione
Marche,  trattandosi  della  materia  «tutela  dell'ambiente»  di cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., avrebbe dovuto tenere
presente i limiti deducibili dall'art. 20 del d.lgs. n. 334 del 1999,
dai  quali,  sempre  a  detta  della difesa erariale, deriverebbe che
«all'elaborazione  ed  attuazione del piano di emergenza non puo' che
presiedere un organo statale».
    Invece,  l'art. 6,  comma 3,  in  relazione  all'art. 3, comma 1,
lettera a),   della  legge  della  Regione  Marche  n. 18  del  2004,
stabilendo  che  l'elaborazione,  l'approvazione  e  l'attuazione del
piano di emergenza esterno sono effettuate dalla Provincia sentiti la
Regione,  l'ARPAM, l'ufficio territoriale del governo, il comando dei
vigili  del  fuoco competente per territorio, il comune interessato e
gli  enti  che concorrono nella gestione delle emergenze, violerebbe,
secondo  l'Avvocatura  dello  Stato,  uno  dei  principi fondamentali
stabilito  dalle  summenzionate  disposizioni  del  d.lgs. n. 334 del
1999,  nonche' dall'art. 5 del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343
(Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle
strutture   preposte  alle  attivita'  di  protezione  civile  e  per
migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile).
    Il  ricorrente  sostiene,  inoltre,  che la competenza statale in
materia  troverebbe  fondamento nell'art. 118 Cost. ed in particolare
nei  principi  di  sussidiarieta'  e  di adeguatezza; al riguardo, il
rilievo  nazionale delle funzioni amministrative in questione sarebbe
confermato  dalla previsione di cui all'art. 20 del d.lgs. n. 334 del
1999,  il  quale  stabilisce  che  il  piano di emergenza esterno sia
predisposto  da un organo dello Stato, il prefetto, sia pure d'intesa
con le Regioni e gli enti locali interessati.
    Sarebbe  violato  anche  l'art. 117,  secondo  comma, lettera a),
Cost.,  poiche'  l'eventuale informazione dei servizi di emergenza di
altri Stati non potrebbe che essere attuata a cura dello Stato.
    Infine, l'Avvocatura dello Stato censura l'art. 6, comma 3, della
legge  reg.  Marche  n. 18  del  2004,  in  riferimento all'art. 117,
secondo   comma,   lettera f),   Cost.,   in   quanto  le  misure  di
coordinamento   delle   risorse  necessarie  previste  nel  punto  2,
lettera c),   dell'allegato   IV   del   d.lgs.   n. 334   del  1999,
investirebbero  anche  organi  dello  Stato,  rispetto  ai  quali  la
Provincia «non puo' avere nessun potere [...] non solo per ragioni di
gerarchia,  ma  soprattutto  perche'  il  loro  utilizzo  deve essere
disposto tenendo conto delle esigenze di intervento al di fuori della
Provincia o della Regione».
    2.  -  Si  e'  costituita  in giudizio, con memoria depositata il
28 dicembre  2004,  la  Regione  Marche, chiedendo che il ricorso sia
dichiarato infondato.
    3. - In data 22 dicembre 2005 la Regione Marche ha depositato una
memoria  illustrativa  con  la  quale,  preliminarmente, ricostruisce
l'evoluzione  del  quadro  normativo  sia  interno che comunitario in
materia.  In particolare, la difesa regionale sottolinea l'importanza
della   direttiva  del  Consiglio  delle  comunita'  europee  del  24
giugno 1982,  82/501 (Direttiva del Consiglio sui rischi di incidenti
rilevanti  connessi con determinate attivita' industriali), a partire
dalla  quale la finalita' principale perseguita dalla legislazione in
esame e' stata quella della prevenzione di siffatti incidenti.
    La  normativa  in  parola e la successiva direttiva del Consiglio
dell'Unione  europea  del  9 dicembre  1996,  96/1982  (Direttiva del
Consiglio  sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi
con    determinate   sostanze   pericolose)   sono   state   attuate,
rispettivamente,  con  il  d.P.R.  17 maggio 1988, n. 175 (Attuazione
della  direttiva  CEE  n. 82/501,  relativa  ai  rischi  di incidenti
rilevanti  connessi  con  determinate attivita' industriali, ai sensi
della legge 16 aprile 1987, n. 183) e con il citato d.lgs. n. 334 del
1999.  Al  riguardo,  la Regione Marche ricorda come questa Corte (da
ultimo,  nella  sentenza n. 214 del 2005) abbia considerato il d.lgs.
n. 334  del  1999,  sia  prima che dopo la riforma del Titolo V della
Parte  II  della  Costituzione,  alla  stregua di una legge-quadro in
materia,  in  quanto  recante  i principi generali, le finalita' e le
linee guida che debbono informare il contenuto del piano di emergenza
esterno.
    La  difesa  regionale esamina, poi, il contenuto dell'art. 18 del
detto  d.lgs.  n. 334 e dell'art. 72 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello
Stato  alle  Regioni  ed  agli  enti locali, in attuazione del capo I
della   legge  15 marzo  1997,  n. 59),  individuando  le  competenze
regionali  in  materia  ed  evidenziando come le norme citate debbano
essere  lette alla luce della riforma del Titolo V; pertanto, a detta
della  resistente,  l'esigenza  di coordinamento fra l'ente statale e
quello  regionale  sarebbe  rimessa  alla  cooperazione fra i diversi
livelli di governo.
    Dopo  aver  ricostruito  il  quadro  normativo di riferimento, la
Regione Marche prende in esame le argomentazioni sviluppate da questa
Corte  nella  sentenza n. 214 del 2005 per escludere l'illegittimita'
di   una  analoga  normativa  contenuta  nella  legge  della  Regione
Emilia-Romagna 17 dicembre  2003,  n. 26  (Disposizioni in materia di
pericoli  di  incidenti  rilevanti  connessi con determinate sostanze
pericolose).  La  resistente  ricorda,  inoltre,  come  la  normativa
impugnata   sara'  operativa  solo  a  decorrere  dalla  stipulazione
dell'accordo  di  programma  di  cui all'art. 72, comma 3, del d.lgs.
n. 112  del  1998  (secondo  quanto previsto dall'art. 17 della legge
reg.  Marche  n. 18  del  2004, analogamente a quanto stabilito dalla
richiamata  legge  reg. Emilia-Romagna n. 26 del 2003). In proposito,
la   difesa   regionale   allega   alla   memoria  in  questione  una
comunicazione  del  Dipartimento  territorio e ambiente della Regione
Marche, datata 28 ottobre 2005, nella quale si precisa che «l'accordo
Stato/Regione  di  cui  all'art. 72 del d.lgs. n. 112 del 1998 non e'
stato  ad oggi stipulato, essendo il testo-base ancora in discussione
tra  i  rappresentanti  dei  Ministeri competenti e le Regioni presso
l'Ufficio  per  il  federalismo  amministrativo  della Presidenza del
Consiglio dei ministri».
    Sulla  base  di  siffatte  argomentazioni  la  resistente esclude
l'esistenza  di  un  contrasto tra la normativa impugnata e l'art. 20
del  d.lgs.  n. 334  del 1999; e' infatti proprio questo articolo, al
comma 7,  a  stabilire  come  limite  della  sua vigenza l'attuazione
dell'art. 72 del d.lgs. n. 112 del 1998.
    Vengono,  poi,  prese  in  rassegna altre normative regionali che
prevedono  la competenza regionale sui piani di emergenza esterni; in
particolare,  la difesa regionale si sofferma sull'art. 4 della legge
della Regione Toscana 20 marzo 2000, n. 30 (Nuove norme in materia di
attivita'  a  rischio di incidenti rilevanti), sull'art. 10, comma 2,
della  citata  legge reg. Emilia-Romagna n. 26 del 2003, sull'art. 5,
comma 2,  della  legge  della Regione Emilia-Romagna 7 febbraio 2005,
n. 1   (Norme   in  materia  di  protezione  civile  e  volontariato.
Istituzione   dell'agenzia   regionale   di   protezione   civile)  e
sull'art. 74  della legge della Regione Liguria 21 giugno 1999, n. 18
(Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti
locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia).
    In  merito  all'asserita violazione dell'art. 117, secondo comma,
lettera s),  Cost.,  la  Regione  Marche ricorda la giurisprudenza di
questa  Corte  secondo  cui la tutela dell'ambiente si configura come
una  competenza  si'  statale  ma  «sovente  connessa  e  intrecciata
inestricabilmente   con   altri   interessi  e  competenze  regionali
concorrenti»,  come  ad  esempio  per  la  protezione  civile. Questa
impostazione   confermerebbe,   a  detta  della  Regione,  «la  piena
legittimita'   delle   norme  dirette  ad  attuare  il  principio  di
corresponsabilita' nella tutela del valore costituzionale «ambiente»,
con  la conseguente permanenza in vigore del sistema di distribuzione
delle  competenze tra Stato e Regione delineato [...] dal c.d. «terzo
trasferimento»  delle  funzioni  amministrative  attuato  dal  d.lgs.
n. 112 del 1998».
    Per  quanto  riguarda  la  portata «ultraregionale» del pericolo,
che, secondo l'Avvocatura dello Stato, implicherebbe la competenza di
un  organo  statale  per  l'elaborazione  ed  attuazione del piano di
emergenza,  la  difesa  regionale sottolinea come questa Corte, nella
sentenza  n. 327  del  2003, abbia chiarito che con l'istituzione del
Servizio  nazionale  della  protezione  civile  (ad opera della legge
24 febbraio  1992, n. 225 recante «Istituzione del Servizio nazionale
della protezione civile») «il legislatore statale ha rinunciato ad un
modello  centralizzato  per  una  organizzazione  diffusa a carattere
policentrico».
    Inoltre,  la  Regione Marche ricorda che con il d.lgs. n. 112 del
1998  (art. 108)  si  e'  avuto  il  riconoscimento  della competenza
regionale   per   le   procedure  di  emergenza,  previa  distinzione
dell'ambito di intervento statale da quello regionale e locale.
    La  difesa  regionale  conclude  sul  punto  sostenendo  la piena
legittimita'  delle  norme  impugnate,  in  quanto la legge regionale
disciplinerebbe  «funzioni  espressamente  attribuite  alle Regioni e
mantenute  alla competenza dello Stato solo fino al verificarsi delle
condizioni  di  cui  al  comma 3  dell'art. 72  del d.lgs. n. 112 del
1998».
    In  relazione  all'asserita  violazione dell'art. 118 Cost. ed in
particolare dei principi di sussidiarieta' ed adeguatezza, la Regione
afferma  che,  proprio  in  virtu'  di  tali  principi,  le  funzioni
amministrative  devono essere svolte a livello locale. Si sottolinea,
infine,  che  una  piena  attuazione  dei principi in parola non puo'
prescindere  dalla  necessaria  cooperazione  e  coesione  tra i vari
soggetti coinvolti. La legge regionale impugnata, movendosi in questa
prospettiva,  non  si porrebbe, pertanto, in contrasto con l'art. 118
Cost.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Con  ricorso notificato il 9 dicembre 2004 e depositato il
15 dicembre   2004,   il   Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
promosso   questione   di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 6,
comma 3,  in  relazione  all'art. 3, comma 1, lettera a), della legge
della  Regione  Marche  4 ottobre  2004,  n. 18  (Norme  relative  al
controllo  dei  pericoli  di  incidenti rilevanti decreto legislativo
17 agosto  1999,  n. 334  sul  rischio  industriale  attuazione della
direttiva  96/1982/CE),  in  riferimento all'art. 117, secondo comma,
lettere a),   f)   e   s),   e  terzo  comma,  e  all'art. 118  della
Costituzione.
    2. - Ad avviso del ricorrente la norma impugnata, nello stabilire
che  l'elaborazione,  l'approvazione  e  l'attuazione  del  piano  di
emergenza   esterno  sono  effettuati  dalla  Provincia,  sentiti  la
Regione,  l'ARPAM, l'ufficio territoriale del Governo, il comando dei
vigili  del  fuoco competente per territorio, il comune interessato e
gli  enti  che  concorrono nella gestione delle emergenze, violerebbe
l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.  perche'  in  contrasto con uno dei
principi   fondamentali  stabiliti  dalle  disposizioni  del  decreto
legislativo   17 agosto  1999,  n. 334  (Attuazione  della  direttiva
96/1982/CE  relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti
connessi  con  determinate  sostanze pericolose), nonche' dall'art. 5
del  decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni urgenti per
assicurare  il  coordinamento operativo delle strutture preposte alle
attivita'   di  protezione  civile  e  per  migliorare  le  strutture
logistiche   nel   settore  della  difesa  civile),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1 della legge 9 novembre 2001, n. 401, tutte
da  considerarsi  norme  interposte.  La difesa erariale fa specifico
riferimento  all'art. 20  del  citato  d.lgs.  n. 334  del  1999, che
prevede, in materia, la competenza del prefetto.
    La  Regione  Marche  eccepisce che il suddetto art. 20 del d.lgs.
n. 334  del  1999  fissa  come  limite della sua vigenza l'attuazione
dell'art. 72   del   decreto   legislativo   31 marzo   1998,  n. 112
(Conferimento  di  funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
Regioni  ed  agli  enti  locali, in attuazione del capo I della legge
15 marzo  1997,  n. 59).  La  difesa  regionale  conclude  sul  punto
osservando  che  la  legge  reg. n. 18 del 2004, nell'attribuire alla
Provincia  una  competenza  amministrativa  trasferita dallo Stato ai
sensi  del  d.lgs. n. 112 del 1998, non invade la sfera di competenza
legislativa   riservata   allo   Stato  stesso,  come  esplicitamente
riconosciuto  dalla  Corte  costituzionale  nella sentenza n. 214 del
2005.
    Osserva  inoltre  la resistente che la normativa regionale citata
non  e'  ancora  operativa,  come espressamente previsto dall'art. 17
della citata legge reg. n. 18 del 2004, per il quale «le disposizioni
della  presente  legge hanno efficacia a decorrere dalla stipulazione
dell'accordo  di  programma  di  cui all'art. 72, comma 3, del d.lgs.
n. 112 del 1998», che a tutt'oggi non risulta perfezionato.
    La questione non e' fondata.
    Questa  Corte  ha gia' messo in rilievo nella sentenza n. 214 del
2005,  con  riferimento  a  questione  analoga  a  quella oggetto del
presente  giudizio,  che  l'art. 18  del  d.lgs. n. 334 del 1999 - da
ritenersi  legge-quadro in materia anche dopo la riforma del Titolo V
della  Parte  II  della  Costituzione - ha attribuito alla Regione la
disciplina  dell'esercizio delle competenze amministrative in materia
di  incidenti  rilevanti,  con il compito di individuare le autorita'
titolari delle funzioni stesse, competenti ad emanare i provvedimenti
discendenti dall'istruttoria tecnica, e di stabilire le modalita' per
l'adozione  di  questi  ultimi,  prevedendo  la  semplificazione  dei
procedimenti  ed  il  raccordo  con il procedimento di valutazione di
impatto  ambientale.  Si  legge  infatti  nella  sentenza citata: «E'
evidente,  allora,  che  e'  la stessa normativa statale a consentire
interventi  sulle  competenze  amministrative  da  parte  della legge
regionale»;  inoltre «e' lo stesso art. 20 del d.lgs. n. 334 del 1999
[...]   a   porre  (ultimo  comma)  come  limite  della  sua  vigenza
l'attuazione  dell'art. 72  del  d.lgs.  n. 112  del  1998,  il quale
conferisce  alla Regione le competenze amministrative in materia, fra
l'altro,  di  adozione  di  provvedimenti  in  tema  di controllo dei
pericoli   da   incidenti   rilevanti,  discendenti  dall'istruttoria
tecnica».  La  pronuncia  conclude  nel senso che l'attribuzione alla
Provincia,  da  parte della Regione, di una competenza amministrativa
ad  essa  attribuita  dal suddetto art. 72 del d.lgs. n. 112 del 1998
«non  solo  non  viola  la potesta' legislativa dello Stato (sentenza
n. 259  del 2004), ma costituisce applicazione di quanto alla Regione
consente  la stessa legge statale, sia pure in attesa dell'accordo di
programma previsto dalla norma statale».
    La sentenza n. 214 del 2005 si attaglia perfettamente al presente
giudizio  e  vale,  pertanto,  a  sostenere  la  dichiarazione di non
fondatezza  della questione riguardante la norma della Regione Marche
impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri.
    3.   -   Il  ricorrente  censura  la  norma  impugnata  anche  in
riferimento  all'art. 117,  secondo  comma,  lettera s),  Cost.,  che
riserva allo Stato la materia della tutela dell'ambiente.
    La questione non e' fondata.
    Va ribadito nel presente giudizio l'orientamento interpretativo e
ricostruttivo  di  questa  Corte  sull'identificazione  della materia
«tutela dell'ambiente». La competenza statale al riguardo si presenta
«sovente connessa e intrecciata inestricabilmente con altri interessi
e  competenze  regionali concorrenti» (sentenza n. 214 del 2005), con
la  conseguenza  che  essa  si connette in modo quasi naturale con la
competenza  regionale concorrente della «protezione civile». Si legge
ancora  nella  medesima  sentenza:  «A  tale  proposito l'art. 20 del
d.lgs.  n. 334  del  1999,  sulla  disciplina  dei piani di emergenza
esterni,  riserva allo Stato il compito di fissare standard di tutela
uniformi    sull'intero    territorio    nazionale    [...];    detta
regolamentazione   esclude   la   incompatibilita'  della  competenza
esclusiva  dello  Stato  con  interventi  specifici  del  legislatore
regionale [...]».
    Le  conclusioni  appena  evocate si attagliano perfettamente alla
questione   oggetto  del  presente  giudizio  e  vanno  integralmente
richiamate per dichiararne l'infondatezza.
    4.   -   Il   ricorrente   lamenta  anche  l'asserita  violazione
dell'art. 117,   secondo  comma,  lettera f),  Cost.,  in  quanto  la
Provincia  non  potrebbe  avere  alcun  potere  di  coordinamento nei
confronti  di organi dello Stato, «non solo per ragioni di gerarchia,
ma  soprattutto perche' il loro utilizzo deve essere disposto tenendo
conto  delle  esigenze  di  intervento  al di fuori della Provincia o
della Regione».
    La questione non e' fondata.
    E'   ormai   un   dato  acquisito,  pienamente  confermato  dalla
giurisprudenza  di  questa Corte, che «con l'istituzione del Servizio
nazionale  della  protezione  civile  ad opera della legge di riforma
n. 225  del  1992  il legislatore statale ha rinunciato ad un modello
centralizzato    per   una   organizzazione   diffusa   a   carattere
policentrico»  (sentenza  n. 327  del  2003).  Gli  «indirizzi per la
predisposizione  dei piani provinciali di emergenza in caso di eventi
calamitosi  di cui all'art. 2, comma 1, lettera b) della legge n. 225
del  1992»  sono  di  competenza  regionale  ai  sensi dell'art. 108,
comma 1,  lettera a),  numero  3,  del  d.lgs.  n. 112  del 1998, che
stabilisce  altresi'  - all'art. 108, comma 1, lettera b), numero 2 -
la  competenza  della  Provincia  per  la  predisposizione  dei piani
provinciali  di  emergenza,  sulla base degli indirizzi regionali. Le
competenze  dello  Stato  in  materia  sono  elencate  tassativamente
dall'art. 107  del  medesimo  d.lgs.  n. 112  del  1998 e, per quanto
riguarda  i piani di emergenza, hanno ad oggetto «la predisposizione,
d'intesa  con  le Regioni e gli enti locali interessati, dei piani di
emergenza  in  caso  di eventi calamitosi di cui all'art. 2, comma 1,
lettera c),   della   legge   24 febbraio  1992,  n. 225  e  la  loro
attuazione».  La  norma  da  ultimo  citata si riferisce a «calamita'
naturali,   catastrofi   o   altri  eventi  che,  per  intensita'  ed
estensione,   debbono   essere   fronteggiati   con  mezzi  e  poteri
straordinari».
    La  distinzione  degli  ambiti  di competenza dello Stato e della
Regione  in  subiecta  materia  e'  ben  delineata quindi dalle norme
statali  indicate  e  non  risulta  intaccata  dalla  norma regionale
impugnata, che si limita a disciplinare solo quelle funzioni che sono
state  trasferite  espressamente  alle Regioni, per l'esercizio delle
quali  la  Provincia  viene  individuata  come  l'ente  cui spetta il
compito  di  predisporre  i  piani  e  coordinare  gli interventi sul
territorio  di  propria  competenza,  salvo  che  non  si  tratti  di
calamita'  che  richiedono  l'impiego  di  poteri  straordinari,  che
rimangono nella sfera di attribuzioni dello Stato.
    5.  -  Secondo  il  ricorrente  sarebbe  violato anche l'art. 118
Cost., stante il rilievo nazionale delle competenze amministrative in
questione.  Alla luce dei principi di sussidiarieta' e di adeguatezza
solo  un  organo  dello  Stato  potrebbe  realizzare  l'intesa con le
Regioni.
    La questione non e' fondata.
    Sono  proprio  i  principi  di sussidiarieta' e di adeguatezza ad
aver  indotto  il  legislatore  statale  a prevedere un'articolazione
delle  competenze  amministrative  in  maniera  tale da conciliare le
necessarie  esigenze  unitarie  ed  il carattere decentrato e diffuso
dell'organizzazione  della  protezione civile. Il punto di equilibrio
individuato dalla legge statale poggia su una precisa ripartizione di
compiti,  gia'  illustrata, la cui concreta configurazione dipendera'
anche dall'accordo Stato/Regioni non ancora perfezionato, al quale e'
subordinata   l'operativita'   della   norma   impugnata,  come  gia'
sottolineato dalla citata sentenza n. 214 del 2005 di questa Corte.
    6.  -  Il  ricorrente  solleva, infine, questione di legittimita'
costituzionale   della   norma   impugnata   anche   in   riferimento
all'art. 117,   secondo  comma,  lettera a),  in  quanto  l'eventuale
informazione dei servizi di sicurezza di altri Stati non potrebbe che
essere attuata a cura dello Stato.
    La questione non e' fondata.
    La  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato, di cui alla
lettera a)   del  secondo  comma  dell'art. 117  Cost.,  riguarda  la
politica  estera ed i rapporti internazionali dello Stato e non viene
certamente  intaccata  dalla  semplice  ed  eventuale trasmissione di
informazioni  riguardanti  piani di emergenza locali, che puo' essere
peraltro effettuata attraverso gli appropriati organi statali.