ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 17, comma 3,
della  legge  8 agosto 1991, n. 274 (Acceleramento delle procedure di
liquidazione  delle  pensioni  e  delle  ricongiunzioni, modifiche ed
integrazioni degli ordinamenti delle Casse pensioni degli istituti di
previdenza,  riordinamento  strutturale  e funzionale della Direzione
generale  degli  istituti  stessi)  e  7,  primo  comma,  della legge
22 novembre  1962, n. 1646 (Modifiche agli ordinamenti degli Istituti
di previdenza presso il Ministero del tesoro), promosso con ordinanza
del  12 novembre 2004 dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale
per  la  Regione Puglia, sul ricorso proposto da Barba Maria Concetta
contro  l'INPDAP  ed  altra, iscritta al n. 97 del registro ordinanze
2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, 1ª
serie speciale, dell'anno 2005;
    Udito  nella  Camera di consiglio del 14 dicembre 2005 il giudice
relatore Paolo Maddalena;
    Ritenuto  che,  con  ordinanza del 12 novembre 2004, la Corte dei
conti  -  sezione giurisdizionale per la Regione Puglia ha sollevato,
in  riferimento  agli  artt. 3  e 38 della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 17,  comma 3,  della legge
8 agosto  1991, n. 274 (Acceleramento delle procedure di liquidazione
delle  pensioni  e  delle  ricongiunzioni,  modifiche ed integrazioni
degli  ordinamenti delle Casse pensioni degli istituti di previdenza,
riordinamento strutturale e funzionale della Direzione generale degli
istituti  stessi)  e  7,  primo  comma, della legge 22 novembre 1962,
n. 1646  (Modifiche  agli  ordinamenti  degli  Istituti di previdenza
presso  il  Ministero  del  tesoro),  sia  «nella  parte  in  cui non
contemplano  e,  quindi,  implicitamente  escludono  dal  novero  dei
superstiti aventi diritto alla riversibilita' della pensione, i figli
nati  da  precedente  matrimonio  del  coniuge  del pensionato di cui
risulti provata la convivenza a carico dello stesso dante causa»; sia
«nella  parte  in  cui  non  contemplano  e,  quindi,  implicitamente
escludono   dal   novero   dei   superstiti   aventi   diritto   alla
riversibilita'  della  pensione, i nipoti ex fratre del pensionato di
cui risulti provata la convivenza a carico dello stesso dante causa»;
        che  il  giudice  a  quo  e'  chiamato a decidere sul ricorso
proposto  da  Barba  Maria  Concetta  avverso  il  diniego  oppostole
dall'INPDAP  sull'istanza per il riconoscimento della «riversibilita'
della  pensione  degli  enti locali di cui era stato titolare il sig.
Antonio Barba e quindi la madre»;
        che,  nel  descrivere  la  vicenda  che  ha  dato  origine al
giudizio  principale, il rimettente precisa che Barba Maria Concetta,
nata  il  1° dicembre  1937,  era figlia di Barba Francesco e Lorenzo
Addolorata e che, a seguito del decesso del padre, in data 13 ottobre
1946, il fratello di quest'ultimo, Barba Antonio, si assumeva l'onere
del  mantenimento della famiglia contraendo, in data 30 ottobre 1950,
matrimonio  con Lorenzo Addolorata. In data 7 marzo 1985 moriva Barba
Antonio,  gia'  pensionato  quale  ex dipendente di ente locale, e la
Lorenzo,   madre   della   ricorrente,  veniva  cosi'  a  godere  del
trattamento  di  riversibilita' della pensione del marito. Al decesso
della  madre,  avvenuto in data 30 maggio 1996, la ricorrente sarebbe
quindi  rimasta  senza alcun sostegno e invalida a qualsiasi proficuo
lavoro;  sicche',  in data 14 ottobre 1996, presentava domanda per la
riversibilita'  della  pensione  degli  enti  locali di cui era stato
titolare  il  sig.  Antonio Barba e quindi la madre, ma, con nota del
22 dicembre 1998, l'INPDAP le comunicava di «non dare ulteriore corso
all'istanza  pensionistica  proposta  [...]  perche' allo stato degli
atti  non  risulta  essere orfana di Barba Antonio, dante causa della
pensione iscrizione n. 6339101/R».
        che,  dunque, osserva il giudice a quo, la ricorrente, nipote
ex fratre del pensionato Barba Antonio e, quindi, in base all'art. 76
cod.  civ.,  sua parente in linea collaterale di terzo grado, nonche'
figlia  nata  da  precedente  matrimonio  del  coniuge del pensionato
medesimo  e,  pertanto,  sua  affine  in  linea retta di primo grado,
lamenta   il   mancato   riconoscimento   della   riversibilita'  del
trattamento  pensionistico di Barba Antonio, motivato dall'INPDAP sul
presupposto  che  ella  «non  risulta  essere  orfana»  del  predetto
pensionato;
        che il rimettente rammenta quindi che, a differenza di quanto
previsto   dall'art. 17,   comma 3,  della  legge  n. 274  del  1991,
analogamente  a  cio'  che  in precedenza disponeva lo stesso art. 7,
primo  comma,  della  legge  n. 1646 del 1962, ben diversa risulta la
disciplina  dettata  in  materia  di  riversibilita'  delle  pensioni
dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidita' e la vecchiaia;
        che,  difatti, l'art. 2, terzo comma, del decreto legislativo
luogotenenziale 18 gennaio 1945, n. 39 (Disciplina del trattamento di
riversibilita'  delle  pensioni  dell'assicurazione  obbligatoria per
l'invalidita'  e  la vecchiaia), prevede che il diritto alla pensione
(nei  limiti  di  cui  all'art. 13 del r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636)
spetti,  tra  gli  altri,  ai  «figli  naturali  o nati da precedente
matrimonio  del  coniuge  dell'assicurato  o  del  pensionato» e che,
inoltre,  l'art. 38, secondo comma, del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818
(Norme  di  attuazione  e di coordinamento della legge 4 aprile 1952,
n. 218,   sul   riordinamento   delle   pensioni   dell'assicurazione
obbligatoria  per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti), anche
ai  fini del diritto alle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria
per   i   superstiti,   equipara  ai  genitori  «gli  adottanti,  gli
affilianti,  il patrigno e la matrigna, nonche' le persone alle quali
l'assicurato fu affidato come esposto»;
        che,  si  argomenta  ancora nell'ordinanza di rimessione, pur
avendo l'art. 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma
del  sistema  pensionistico  obbligatorio e complementare), esteso la
disciplina     del     trattamento    di    riversibilita'    vigente
nell'assicurazione generale obbligatoria a tutte le forme sostitutive
ed  esonerative  di  detto  regime,  tale disposizione, tuttavia, non
troverebbe applicazione al caso di specie, dovendosi escludere che la
norma   abbia  carattere  retroattivo,  limitandosi  «a  disciplinare
diversamente,  per l'avvenire, rapporti gia' pendenti e situazioni di
fatto  gia'  in essere, senza incidere sulla disciplina giuridica del
fatto generatore»;
        che,  dunque,  l'inapplicabilita'  alla  fattispecie in esame
dell'art. 1,  comma 41,  della  legge n. 335 del 1995, «ai fini della
determinazione  della  cerchia  dei  superstiti  aventi  titolo  alla
riversibilita»,  deriverebbe  proprio - secondo il rimettente - dalla
circostanza  che  «il  fatto  generatore dell'invocato trattamento di
riversibilita',   costituito   dalla   morte  dell'assicurato  e  del
pensionato,  si  e'  verificato anteriormente alla data di entrata in
vigore della stessa legge»;
        che,  soggiunge  il  rimettente,  il  fatto che la domanda di
pensione  proposta  dalla  ricorrente  sia successiva alla entrata in
vigore   della   legge   n. 335  del  1995  non  renderebbe  comunque
applicabile  tale  legge  al  caso  di  specie  e, del resto, neppure
sarebbe  consentita  una  interpretazione  che  facesse  decorrere il
trattamento  pensionistico  in  discussione  da epoca successiva alla
vigenza della legge medesima;
        che,  quindi,  il giudice a quo ribadisce di dover denunciare
la  disciplina  dettata dagli artt. 17, comma 3, della legge 8 agosto
1991, n. 274 e 7, primo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646,
in  quanto regolamentazione «applicabile ratione temporis», dovendosi
appunto  aver  riguardo,  «ai  fini  dell'individuazione dei soggetti
aventi  diritto  al  relativo  trattamento  di  riversibilita»,  alla
«disciplina  vigente  alla  data  del  decesso  dell'assicurato o del
pensionato»,  tanto piu' che la stessa legge n. 274 del 1991 prevede,
al  primo  comma  dell'art. 18  (rubricato  «pensioni  indirette o di
riversibilita»),  che  «le  condizioni  soggettive  previste  per  il
diritto   al   trattamento  indiretto  o  di  riversibilita'  debbono
sussistere  alla  morte  del  dipendente  o  del pensionato e debbono
permanere»;
        che,  tanto  premesso,  il  rimettente,  nel sostenere che la
tutela  previdenziale  garantita  dalla pensione di riversibilita' si
correla  all'evento  morte,  il  quale,  per presunzione legislativa,
«crea  una  situazione  di  bisogno  per  i  familiari  del defunto»,
osserva, richiamando la sentenza n. 286 del 1987 di questa Corte, che
«la relativa disciplina, in un primo momento diversa per i dipendenti
pubblici  e  per  i  lavoratori  del  settore  privato,  ha  ormai un
fondamento   sostanzialmente  identico»,  caratterizzandosi  per  una
funzione   di   «garanzia  della  continuita'  del  sostentamento  ai
superstiti, gia' viventi a carico del lavoratore deceduto», come tale
riconducibile all'art. 38 Cost.;
        che,  dunque,  gli  artt. 17, comma 3, della legge n. 274 del
1991  e 7, primo comma, della legge n. 1646 del 1962, «nella parte in
cui  non  contemplano  e, quindi, implicitamente escludono dal novero
dei  superstiti  aventi diritto alla riversibilita' della pensione, i
figli nati da precedente matrimonio del coniuge del pensionato di cui
risulti  provata  la  convivenza  a carico dello stesso dante causa»,
violerebbero l'art. 3 Cost., sotto diversi profili;
        che,     segnatamente,    risulterebbe    irragionevole    ed
ingiustificato  «il deteriore trattamento riservato al figlio nato da
precedente  matrimonio  del  coniuge  di dipendente pubblico iscritto
alle  Casse  facenti parte degli Istituti di previdenza - escluso dal
novero  dei  soggetti aventi titolo alla riversibilita' - rispetto al
figlio  nato  da  precedente  matrimonio  del  coniuge del dipendente
privato,  per  contro  incluso  fra  i  soggetti  aventi  titolo alla
pensione   ai   superstiti,  secondo  il  sistema  dell'assicurazione
generale obbligatoria»;
        che,  inoltre,  sul  presupposto della natura di retribuzione
differita   propria   anche  della  pensione  di  riversibilita',  ne
conseguirebbe   che,   come   e'  stata  ritenuta  ingiustificata  la
disparita'  di  trattamento  fra  dipendenti  pubblici  e  privati in
relazione  alla  mancata  inclusione  dei  figli  nati  da precedente
matrimonio  del coniuge nel novero dei familiari viventi a carico del
lavoratore  ai  fini  dell'attribuzione  delle  quote  di aggiunta di
famiglia    (art. 4,    primo    comma,   del   decreto   legislativo
luogotenenziale 21 novembre 1945, n. 722, dichiarato incostituzionale
in   parte   qua  dalla  sentenza  n. 181  del  1988),  «del  pari  e
specularmente»   dovrebbe   reputarsi  ingiustificato  il  «deteriore
trattamento  riservato  ai  figliastri,  secondo  l'ordinamento delle
Casse pensioni facenti parte degli II.PP., con la loro esclusione dal
novero   dei  superstiti  aventi  titolo  alla  riversibilita'  della
pensione»;
        che,  peraltro,  in considerazione del fatto che gli obblighi
di  entrambi  i coniugi verso la famiglia, ai sensi dell'art. 143 del
codice  civile,  non  possono  non  riferirsi anche ai figli nati dal
precedente  matrimonio  di  un  coniuge  e  che la riversibilita' dei
trattamenti  pensionistici  realizza,  sul  piano  previdenziale, una
«forma  di  ultrattivita'  della  solidarieta'  familiare»  (sentenza
n. 180  del  1999),  sarebbe  appunto in contrasto con l'art. 3 Cost.
«l'esclusione,  da  tale  forma  di  ultrattivita' della solidarieta'
familiare,  dei  figli  nati da precedente matrimonio del coniuge del
pensionato, conviventi a carico del pensionato stesso»;
        che  sussisterebbe  anche  la  violazione dell'art. 38 Cost.,
giacche'  il  trattamento  di  riversibilita' e' volto a garantire la
continuita' del sostentamento ai superstiti;
        che,   inoltre,   il  giudice  a  quo  denuncia  le  medesime
disposizioni,   «nella  parte  in  cui  non  contemplano  e,  quindi,
implicitamente  escludono  dal  novero  dei superstiti aventi diritto
alla riversibilita' della pensione, i nipoti ex fratre del pensionato
di  cui  risulti  provata  la  convivenza a carico dello stesso dante
causa», assumendone il contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost;
        che, ad avviso del rimettente, il quale si diffonde sul punto
in  ampie  argomentazioni,  il  vulnus,  in definitiva, si verrebbe a
concretizzare  per  il  fatto  che  risulterebbe  irragionevole  e in
contrasto  con  la tutela dei superstiti l'esclusione dalla «forma di
ultrattivita'   della   solidarieta'   familiare»,   assicurata   dal
trattamento  di  riversibilita',  «dei familiari legati da vincoli di
parentela entro il quarto grado con il dante causa e conviventi a suo
carico,   a  fronte  dell'espressa  contemplazione,  nel  novero  dei
superstiti  aventi  titolo  alla  riversibilita',  degli affiliati, e
cioe'  di soggetti non legati da vincoli di sangue con il dante causa
ma solo da un rapporto di natura assistenziale»;
        che,  infine,  quanto alla rilevanza delle proposte questioni
di  legittimita'  costituzionale,  il  giudice  a  quo  ne  assume la
pregiudizialita'   sostenendo   che   l'eventuale   declaratoria   di
incostituzionalita'   delle  impugnate  disposizioni,  «in  relazione
all'uno   o   all'altro  dei  profili  prospettati»,  comportando  la
«equiparazione  agli  orfani,  ai  fini  della  riversibilita'  della
pensione,  dei  figli  nati  da precedente matrimonio del coniuge del
pensionato  conviventi  a  carico  di  quest'ultimo e/o dei nipoti ex
fratre  conviventi  a  carico  del  dante  causa», farebbe venir meno
l'unico  motivo addotto dall'INPDAP a fondamento della determinazione
di   non   dare   ulteriore  corso  all'istanza  pensionistica  della
ricorrente.
    Considerato  che la Corte dei conti - sezione giurisdizionale per
la  Regione  Puglia  ha  denunciato, in riferimento agli artt. 3 e 38
della Costituzione, gli artt. 17, comma 3, della legge 8 agosto 1991,
n. 274  (Acceleramento delle procedure di liquidazione delle pensioni
e  delle  ricongiunzioni, modifiche ed integrazioni degli ordinamenti
delle  Casse  pensioni  degli  istituti  di previdenza, riordinamento
strutturale  e  funzionale  della  Direzione  generale degli istituti
stessi)  e  7,  primo  comma,  della  legge  22 novembre 1962 n. 1646
(Modifiche  agli  ordinamenti  degli Istituti di previdenza presso il
Ministero  del  tesoro),  sia  «nella parte in cui non contemplano e,
quindi,  implicitamente  escludono  dal  novero dei superstiti aventi
diritto   alla   riversibilita'  della  pensione,  i  figli  nati  da
precedente  matrimonio  del  coniuge  del  pensionato  di cui risulti
provata  la convivenza a carico dello stesso dante causa»; sia «nella
parte  in cui non contemplano e, quindi, implicitamente escludono dal
novero  dei  superstiti  aventi  diritto  alla  riversibilita'  della
pensione, i nipoti ex fratre del pensionato di cui risulti provata la
convivenza a carico dello stesso dante causa»;
        che  il  rimettente impugna entrambe le disposizioni muovendo
dalla  premessa  interpretativa  che  esse detterebbero la disciplina
«applicabile  ratione  temporis» alla fattispecie sottoposta alla sua
cognizione,  giacche',  «ai  fini  dell'individuazione  dei  soggetti
aventi   diritto   al   relativo   trattamento   di   riversibilita»,
occorrerebbe,  a  suo  avviso, aver riguardo proprio «alla disciplina
vigente alla data del decesso dell'assicurato o del pensionato», come
sarebbe del resto confermato dal fatto che la stessa legge n. 274 del
1991  stabilisce, all'art. 18, comma 1, che «le condizioni soggettive
previste  per il diritto al trattamento indiretto o di riversibilita'
debbono  sussistere  alla  morte  del  dipendente  o del pensionato e
debbono permanere»;
        che, tuttavia, cio' e' in palese contraddizione con la scelta
dello  stesso  giudice  a  quo  di  denunciare congiuntamente - senza
peraltro  spendere  alcun  argomento in ordine al rapporto diacronico
che  intercorre tra le due fonti - gli artt. 17, comma 3, della legge
n. 274 del 1991 e 7, primo comma, della legge n. 1646 del 1962;
        che,    invero,    coerentemente   alla   tesi   privilegiata
nell'ordinanza   di   rimessione,   ne  dovrebbe  discendere  che  la
disposizione   applicabile   ratione  temporis  andrebbe  individuata
unicamente  nell'art. 7,  primo  comma, della legge n. 1646 del 1962,
giacche'  essa  soltanto  costituirebbe «disciplina vigente alla data
del  decesso  dell'assicurato  o del pensionato», che, come affermato
dallo stesso rimettente, risale al 7 marzo 1985;
        che,  peraltro,  l'evidenziata  contraddizione che investe la
congiunta denuncia delle due predette disposizioni si riverbera anche
sulle   ragioni   che   portano   il   giudice  a  quo  ad  escludere
l'applicabilita' al caso di specie dell'art. 1, comma 41, della legge
8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio
e  complementare),  il  quale ha esteso la disciplina del trattamento
pensionistico  a  favore  dei  superstiti  di assicurato e pensionato
vigente    nell'ambito   del   regime   dell'assicurazione   generale
obbligatoria  a  tutte  le  forme sostitutive ed esonerative di detto
regime e, dunque, anche alle pensioni dei dipendenti pubblici;
        che, difatti, come si da' conto nell'ordinanza, la disciplina
dettata    in    materia    di    riversibilita'    delle    pensioni
dell'assicurazione  obbligatoria  riconosce tale trattamento anche ai
figli   naturali   nati   da   precedente   matrimonio   del  coniuge
dell'assicurato  o  del  pensionato  (art. 2, terzo comma, del d.lgs.
lgt.  18 gennaio  1945,  n. 39;  art. 38  del  d.P.R. 26 aprile 1957,
n. 818);   sicche',   per  ammissione  dello  stesso  rimettente,  le
questioni  sollevate  sarebbero  appunto irrilevanti ove si ritenesse
applicabile  alla fattispecie il citato art. 1, comma 41, della legge
n. 335 del 1995;
        che, tuttavia, il rimettente motiva ampiamente sul fatto che,
«ai  fini  della  determinazione  della cerchia dei superstiti aventi
titolo  alla  riversibilita»,  l'art. 1, comma 41, della legge n. 335
del  1995  non  troverebbe  applicazione nel caso sottoposto alla sua
cognizione,   proprio  perche'  «il  fatto  generatore  dell'invocato
trattamento di riversibilita', costituito dalla morte dell'assicurato
e del pensionato, si e' verificato anteriormente alla data di entrata
in  vigore  della  stessa  legge»,  la quale non avrebbe, di per se',
effetti retroattivi;
        che un tale assunto, il quale, nella sua complessiva portata,
viene a negare altresi' ogni rilievo alla data di presentazione della
domanda  di  pensione  da  parte della ricorrente nel giudizio a quo,
sebbene  questa  sia  intervenuta  in epoca successiva all'entrata in
vigore  della  legge  n. 335  del 1995, e' dal rimettente corroborato
ancora  con il richiamo dell'art. 18, comma 1, della legge n. 274 del
1991,  che,  come  detto,  impone, ai fini del diritto al trattamento
indiretto o di riversibilita', che le «condizioni soggettive» debbano
«sussistere  alla  morte  del  dipendente o del pensionato» e debbano
«permanere»;
        che  -  anche  a  voler  prescindere dal fatto che l'art. 18,
comma 1,  su  cui  fa  leva  il rimettente, ben potrebbe prestarsi ad
essere letto nel senso che le «condizioni soggettive» alle quali esso
si  riferisce integrino piuttosto i requisiti indicati dal precedente
art. 17,  comma 1,  e cioe' l'essere «assolutamente e permanentemente
inabili  a  qualsiasi  proficuo lavoro o in eta' superiore a sessanta
anni,   conviventi  a  carico  del  dipendente  o  del  pensionato  e
nullatenenti»   -   l'impostazione   privilegiata   dal   rimettente,
nell'escludere  l'applicabilita'  della  legge  n. 335  del 1995 alla
controversia  che  e' chiamato a decidere, si pone comunque in aperta
contraddizione  proprio  con la denuncia dell'art. 17, comma 3, della
legge  n. 274  del  1991, norma anch'essa non retroattiva e, cio' che
piu'  conta,  entrata  in  vigore  in epoca successiva alla morte del
pensionato  rispetto  al  quale la ricorrente nel giudizio principale
rivendica il trattamento di riversibilita';
        che,   in   definitiva,  proprio  alla  luce  della  premessa
interpretativa seguita dal rimettente, e' priva di coerenza la scelta
di  denunciare  l'art. 17 della legge n. 274 del 1991, congiuntamente
ad  altra norma precedentemente in vigore, e, al tempo stesso, negare
l'applicabilita'  alla fattispecie dell'art. 1, comma 41, della legge
n. 335  del 1995, laddove entrambe le predette norme risultano essere
successive  all'evento che lo stesso giudice a quo indica come «fatto
generatore  dell'invocato  trattamento  di  riversibilita» e cioe' la
morte del pensionato;
        che,  dunque,  in ragione delle evidenziate contraddizioni in
cui  incorre l'ordinanza di rimessione, le questioni sollevate devono
essere  dichiarate  manifestamente  inammissibili  (si vedano, tra le
tante, ordinanze n. 189 del 2005 e n. 189 del 2004);
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.