IL TRIBUNALE Letti gli atti del procedimento penale emarginato nei confronti di Basso Miriam, nata a Canale l'11 agosto 1980 e residente a Castagnole Lanze, via Vittoria, 8, per il reato di cui all'art. 51, comma 1, d.lgs. 22 febbraio 1997, n. 22, accertato in Castigliole d'Asti il 4 marzo 2003 iscritto nel registro delle notizie di reato in data 7 aprile 2003. Esaminata la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero dott. Vincenzo Paone in data 14 gennaio 2005, ha pronunciato la seguente ordinanza. Rilevato che: a) la Procura della Repubblica di Asti ha svolto indagini preliminari nei confronti di Basso Miriam, quale amministratore unico dall'8 ottobre 2002 della societa' Magifer S.r.l., con sede in Costigliole d'Asti, strada Chiaberto 1; b) questa societa' e' autorizzata all'esercizio delle operazioni di smaltimento rifiuti descritte nei punti D13 e D15 dell'allegato B) al d.lgs. 5 febbraio 1977, n. 22, (raggruppamento preliminare e deposito preliminare dei rifiuti in luogo diverso da quello di produzione) nonche' all'operazione di recupero indicata al punto R13 dell'allegato C del predetto d.lgs. n. 22/1977 (messa in riserva dei rifiuti); essa ha inoltre trasmesso alla provincia di Asti la comunicazione di inizio dell'attivita' di recupero di rifiuti non pericolosi soggetta alla procedura semplificata in conformita' agli artt. 31, secondo comma, 33 del d.lgs. n. 22/1977 relativamente ai rifiuti di ferro, ai rifiuti 3.1, 3.2, 5.1 dell'allegato 1 - suballegato 1 del d.m. 5 febbraio 1998, recante «Individuazione dei rifiuti non pericolosi, sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli artt. 31 e 33 del d.lgs. 5 febbraio 1977, n. 22»; c) nei sopralluoghi compiuti nel corso degli anni 2003 e 2004 i funzionari dell'ARPA (Agenzia regionale per la prevenzione ambientale) Piemonte hanno accertato che: c1) la societa' riceve materiali ferrosi (quali ad es. fusti di lamiera e imballaggi in metallo classificati con il CER 150104) e non ferrosi provenienti da vari produttori; tali rottami sono correttamente accompagnati da formulari di identificazione quali rifiuti, trattandosi di scarti o residui di lavorazioni, dei quali i produttori si sono disfatti non potendo utilizzarli altrimenti nel proprio ciclo produttivo; c2) su questi rifiuti la Magifer avolge operazioni di cernita e di adeguamento volumetrico finalizzato a ottenere materiali di dimensioni conformi alle c.d. specifiche CECA, richieste per l'invio alle fonderie; c3) stando alle stesse dichiarazioni del responsbile tecnico della societa', i materiali derivanti da queste operazioni sono «recuperati» e vengono percio' considerati «materia prima secondaria» pronta per la destinazione in acciaieria; c4) secondo i responsabili della Magifer S.r.l., quindi, una volta eseguite le operazioni di recupero su delineate, il rottame perderebbe la natura di «rifiuto» ed infatti non viene piu' movimentato ne' dalla Magifer ne' dalle acciaierie destinatarie, nel rispetto delle norme del d.lgs. n. 22/1997, proprio sul presupposto che il rifiuto verrebbe trasformato dalle operazioni di recupero in «materia prima secondaria»; d) questa impostazione non condivisa dal pubblico ministero, il quale ritiene che la cessione alle acciaierie dei rottami e degli sfridi ferrosi e non, derivanti dalla cernita, integri il reato di gestione non autorizzata di rifiuti non pericolosi previsto dall'art. 51, primo comma, lett. a) del d.lgs. n. 22/1997; e) il rappresentante della pubblica accusa reputa tuttavia che essa trovi un fondamento normativo, oltre che nel d.m. 5 febbraio 1998, nella lettera q-bis) dell'art. 6 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, introdotta dall'art. 1, comma 29 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante «Deleghe per il riordino della legislazione in materia ambientale», e nel disposto dei commi 25, 26, 27 e 28 del medesimo art. 1 della legge n. 308/2004; f) il pubblico ministero ha sollevato questione di legittimita' costituzionale di tutte le norme primarie sopra citate per contrasto con gli artt. 11 e 117 della Costituzione, perche' esse determinerebbero un'ingiustificata restrizione della sfera di operativita' della direttiva CEE, sottraendo alla disciplina del «rifiuti» gli scarti di lavorazione o i residui dei cicli produttivi consistenti in rottami ferrosi o non ferrosi e ha chiesto, in subordine, qualora la questione sollevata fosse ritenuta manifestamente infondata, l'archiviazione del procedimento: Ritenuto che: 1) l'art. 6, lett. a) del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, definisce rifiuto «qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A) e di cui il detentore si disfi o abbia deciso di disfarsi o abbia l'obbligo di disfarsi»; come si vede si tratta di una definizione assai ampia in forza della quale tutte le sostanze e gli oggetti inclusi nell'allegato A) costituiscono rifiuti e sono, quindi, soggetti alla relativa disciplina, a meno che essi non siano legalmente (ossia senza violare un obbligo giuridico di disfarsene) utilizzati dal produttore nel suo ciclo produttivo; essa riproduce fedelmente la definizione data dall'art. 1 lett. a) della Direttiva del Consiglio della CEE n. 91/156 del 18 marzo 1991; 2) il d.m. 5 febbraio 1998 recante «Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli artt. 31 e 33 del d.lgs. n. 22/1997» all'art. 3, comma 3, statuisce che «restano sottoposti al regime dei rifiuti i prodotti, le materie prime e le materie prime secondarie ottenuti dalle attivita' di recupero che non vengono destinati in modo effettivo ed oggettivo all'utilizzo nei cicli di consumo o di produzione»; ne consegue che a contrario, debbono ritenersi esclusi dalla disciplina dei rifiuti quei residuui derivanti dalle operazioni di recupero, che, come quelli trattati dalla Magifer, vengano effettivamente utilizzati come materia prima in altri cicli produttivi; tuttavia, come ricorda il p.m., l'art. 3, comma 3, del predetto decreto ministeriale, trattandosi di norma secondaria contrastante con quella priomaria dell'art. 6, lett. a)del d.lgs. n. 22/1997 deve essere disapplicato dall'autorita' giudiziaria; 3) l'art. 1, comma 29 della legge n. 308/2004 nell'introdurre la lettera q-bis) dell'art. 6 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, recante «Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio definitivo «materia prima secondaria per attivita' siderurgiche e metallurgiche i rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero e rispndenti a specifiche CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali, nonche' i rottami scarti di lavorazioni industriali o artigianali o provenienti da cicli produttivi o di consumo, esclusa la raccolta differenziata, che possiedono in origine le medesime carattestiche riportate nelle speciffiche sopra menzionate»; 4) l'art. 1, comma 25 della legge n. 308/2004 statuisce che i rottami derivati da scarti di lavorazione o prodotti da cicli produttivi o di consumo, individuati dal comma 29 «sono definibili come materie prime secondarie per le attivitia' siderurgiche e metallurgiche» e sono «sottoposti al regime delle materie prime e non a quello dei rifiuti»; 5) l'art. 1, comma 26 della legge n. 208/2004, dopo aver fatto salvo il disposto dell'art. 14 del d.l. 8 luglio 2002, n. 138, conv. con modificazioni nella legge 8 agosto 2002, n. 178, stabilisce che le materie prime secondarie come definite dal comma 29 non sono sottoposte al regime dei rifiuti se di detti rottami «il detentore non si disfi o non abbia deciso di disfarsi o non abbia l'obbligo di disfarsi» e quindi non li conferisca a «sistemi di raccolta o trasporto di rifiuti ai fini del recupero e dello smaltimento, ma siano destinati in modo oggettivo ed effettivo all'impiego nei cicli produttivi siderurgici o metallurgici»; 6) l'art. 1, comma 27 della legge predetta attribuisce ai fornitori o produttori esteri di rottami la facolta' di certificarne la natura di materie prime secondarie, a condizione che questi soggetti si iscrivano all'albo nazionale delle imprese effettuanti la gestione dei rifiuti ai sensi del successivo comma 28; 7) l'art. 1, comma 28 della legge n. 308/2004 prevede l'istituzione di una sezione speciale dell'Albo nazionale delle imprese esercenti la gestione dei rifiuti previsto dall'art. 30 del d.lgs. n. 22/1997, precisando che tale sezione sia riservata alle imprese straniere, anche exstraeuropee, che effettuino le operazioni di recupero dei rottami elencate nell'allegato C) al d.lgs. n. 22/1997, osservando le condizioni e le modalita' tecniche riportate nell'allegato 1 al d.m. 5 febbraio 1998; 8) l'art. 14 del d.l. 8 luglio 2002, n. 138, conv. con modificazioni nella legge 8 agosto 2002, n. 178, detta l'interpretazione autentica della definizione di rifiuto contenuta nell'art. 6, lett. a) del d.lgs. n. 22/1997, articolandola in due commi: nel primo definisce il significato delle formule «si disfi», «abbia deciso» e «abbia l'obbligo di disfarsi»; nel secondo esclude che ricorra in capo al produttore la volonta' o l'obbligo di disfarsi del rifiuto limitatamente ai residui di produzione o consumo, a condizione che tali residui siano riutilizzati in un qualunque ciclo produttivo, anche diverso da quello che li ha prodotti, tal quali e senza recare pregiudizio all'ambiente o dopo un trattamento che pero' non comporti nessuna delle operazioni di recupero individuate nell'allegato C) del d.lgs. n. 22/1997, di seguito elencate: «R1. Utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia; R2. rigenerazione/recupero di solventi; R3. riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche); R4. riciclo/recupero dei metalli o dei composti metallici; R5. riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche; R6. rigenerazione degli acidi o delle basi; R7. recupero dei prodotti che servono a captare gli inquinanti; R8. recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori; R9. rigenerazione o altri impieghi degli oli; R10. spandimento sul suolo a beneficio dell'agricoltura o dell'ecologia; R.11. utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R1 a R10; R12. scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11; R13. messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti». 9) allorche' venga eccepita una questione di legittimita' costituzionale, l'autorita' giudiziaria deve dapprima verificarne la rilevanza e successivamente deliberare se sussista quanto meno il dubbio circa la fondatezza della stessa; 10) la rilevanza implica che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione ossia che essa abbia natura pregiudiziale; 11) i commi 27 e 28 dell'art. 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, sono senz'altro irrilevanti, perche' l'indagato non e' un produttore estero di rottami, bensi' un operatore nazionale; 12) parimenti irrilevante e' l'art. 14, comma 2, del d.l. 8 luglio 2002, n. 138, conv. con modificazioni nella legge 8 agosto 2002, n. 178, che detta l'interpretazione autentica della definizione di rifiuto contenuta nell'art. 6, lettera a) del d.lgs. n. 22/1997, perche' se e' vero che esso comporta una restrizione della categoria dei rifiuti, tuttavia questa norma non si applica al caso in esame; infatti i rottami trattati dalla Magifer S.r.l., secondo la stessa prospettazione del rappresentante della pubblica accusa, non vengono utilizzati tal quali dalle acciaierie, bensi' dopo un trattamento che comporta proprio una delle operazioni tipiche di «recupero», elencate nell'allegato C) ossia quella sub R13; essi in ogni caso sono beni di cui i produttori si sono disfatti oggettivamente, cedendoli alla Magifer per il recupero e che quindi gia' hanno la qualita' di rifiuti, con la conseguenza che non occorre indagare sull'esistenza o meno della volonta' o dell'obbligo di disfarsi in capo ai produttori, perche' gia' avendo acquisito la qualita' di «rifiuti» non puo' trovare applicazione la deroga prevista dal secondo commma; questa deroga e', infatti, limitata a due dei tre presupposti del «rifiuto» ossia la volonta' o l'obbligo di disfarsi, che possono riguardare soltanto il produttore del rifiuto e non gia' colui che lo gestisce, perche' quando la sostanza giunge al gestore dei rifiuti ha gia' acquisito la qualifica di «rifiuto», dalla quale non puo' piu' giuridicamente liberarsi; in altre parole la norma dell'art. 14, comma 2 della legge n. 178/2002 non puo' essere utilmente invocata dalla Magifer per escludere la sussumibilita' dei rottami dalla stessa gestiti nella categoria dei «rifiuti»; 13) sono invece rilevanti l'art. 14, comma 1 della legge n. 178/2002 e i commi 25 e 29 dell'art. 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, perche' i rifiuti trattati dalla Magifer sono per l'appunto i rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero e rispondenti a specifiche CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO o altre specifiche nazionali e internazionali, menzionati nei predetti commi 25 e 29 dell'art. 1 della legge n. 308/2004 ed e' evidente che essi sono esclusi dalla disciplina dei rifiuti in forza del combinato disposto di queste due norme, mentre ove esse fossero rimosse dall'ordinamento giuridico anche la loro cessione alle acciaierie verrebbe disciplinata dal d.lgs. n. 22/1997; e' altresi' evidente che ad essi si applicherebbe anche l'interpretazione autentica contemplata dall'art. 14, comma 1, della legge n. 178/2002, una volta che, rimosse dall'ordinamento giuridico le due norme le quali attribuiscono loro la natura giuridica di «materie prime secondarie», dovessero essere restituite alla disciplina giuridica dei «rifiuti»; 14) tuttavia, la questione e' manifestamente infondata con riferimento all'art. 14, comma 1, della legge n. 178/2002, perche' questa norma nell'interpretare le parole «si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi» non attribuisce ad esse un significato diverso e piu' circoscritto di quello loro pertinente in base al significato letterale delle parole usate e all'interpretazione logica di esse; 15) la questione e' invece non manifestamente infondata con riferimento al combinato disposto dei commi 25 e 29 dell'art. 1 della legge 308/2004, perche' esso esclude dalla disciplina dei rifiuti, qualificandoli «materie prime secondarie per attivita' siderurgiche e metallurgiche i rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero e rispondenti a specifiche CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali»; 16) e' noto che la Direttiva del Consiglio n. 156 del 19 marzo 1991 ha modificato la precedente Direttiva 75/442/CEE e ha: 16a) posto a base delle modifiche «un livello elevato di protezione dell'ambiente» (1° considerando); 16b) stabilito in via generale la necessita' dell'autorizzazione per tutte le imprese che «provvedono alla smaltimento e al recupero dei rifiuti», nonche' per le imprese che a qualsiasi titolo «si occupano di rifiuti, come gli operatori intermedi addetti alla raccolta, al trasporto e alla mediazione», statuendo che tale autorizzazione debba essere conseguita da tutti gli stabilimenti o imprese che svolgano operazioni di smaltimento o di recupero (artt. 9 e 10), sul presupposto che tale scelta legislativa sia indispensabile per il raggiungimento dell'obiettivo della tutela dell'ambiente (8° e 10° considerando; artt. 9 e 10); 16c) consentito in via eccezionale la sostituzione dell'autorizzazione con una iscrizione in favore degli stabilimenti che «trattano i propri rifiuti o recuperano rifiuti», ma «a determinate condizioni e purche' rispettino le esigenze di tutela dell'ambiente» (9° considerando), statuendo che siano tenuti ad osservare la formalita' dell'iscrizione presso le competenti autorita' nazionali gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono i propri rifiuti nei luoghi di produzione e quelli che recuperano rifiuti prodotti da terzi, purche': 16c.1) non si tratti di rifiuti tossici e nocivi; 16c.2) «le autorita' competenti abbiano adottato per ciascun tipo di attivita' norme generali che fissano i tipi e le quantita' di rifiuti e le condizioni alle quali l'attivita' puo' essere dispensata dall'autorizzazione»; 16c.3) lo smaltimento e il recupero avvengano senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente (aria, acqua, suolo, fauna, flora, rumori, odori, danni al paesaggio e a siti di particolare interesse) (art. 11); 16d) dato del «rifiuto» la definizione riprodotta dall'art. 6, lett. a) del d.lgs. n. 22/1977 (art. 1, lett. a); 16e) fatto obbligo agli Stati membri, per quanto qui interessa, di «promuovere il recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo o ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie o l'uso di rifiuti come fonte di energia» (art. 3, comma 1, lett. b); 17) come si vede la Direttiva CEE impone agli Stati membri di sottoporre a controlli amministrativi tutte le operazioni di gestione dei rifiuti e consente soltanto una graduazione di questi controlli, ma esclude che una qualsivoglia attivita' di gestione dei rifiuti possa essere liberamente svolta; 18) sul punto si e' gia' pronunciata la Corte di Giustizia delle Comunita' europee, la quale nella sentenza 11 novembre 2004, causa C-457/02, occupandosi in sede di interpretazione pregiudiziale dell'art. 14, legge 178/2002, ha stabilito che la nozione di rifiuto ai sensi dell'art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442 non deve essere interpretata nel senso di escludervi i residui di produzione o di consumo quand'anche possano essere o siano effettivamente riutilizzati in un nuovo ciclo di produzione o di consumo, con o senza trattamento preventivo; 19) da ultimo la Commissione dell'Unione europea in data 5 luglio 2005 ha contestato alla Repubblica italiana di essere venuta meno agli obblighi derivanti dalla Direttiva 75/442 modificata dalla Direttiva 91/156, «avendo adottato e mantenendo in vigore l'articolo 1, commi da 25 a 27 e comma 29 della n. 308 del l5 dicembre 2004, per mezzo del quale alcune sostanze o oggetti, i quali ai sensi della Direttiva 75/442 modificata sono da considerarsi rifiuti, vengono invece sottratti all'ambito della legislazione italiana sui rifiuti» (vedila in www.dirittoambiente.com); 20) alla luce di quanto precede non e' manifestamente infondato il dubbio che i commi 25 e 29 dell'art. 1 della legge 308/2004 si pongano in contrasto con la normativa di fonte comunitaria, perche' sottraggono alla disciplina dei rifiuti, nell'accezione dell'art. 1, lett. a) della Direttiva, i rottami ivi descritti, cosi' restringendo la sfera di operativita' sul territorio nazionale della Direttiva CEE; 21) a differenza dei Regolamenti CEE, la Direttiva non e' immediatamente efficace nell'ordinamento giuridico degli Stati membri, per cui il giudice nazionale non e' legittimato a disapplicare o non applicare la legge nazionale con essa contrastante; 22) le norme sopra citate devono quindi essere applicate con la conseguenza che la richiesta di archiviazione del p.m. dovrebbe essere accolta perche' il fatto non sussiste, giacche' sulla base della normativa nazionale i rottami trattati dalla Magifer non costituiscono «rifiuti» in senso giuridico; 23) va quindi sollevata la questione di legittimita' costituzionale: come argomentato dal p.m., i commi 25 e 29 dell'art. 1 della legge 308/2004 appaiono porsi in contrasto con gli articoli 11 e 117 della Costituzione, perche' essi violano i precetti costituzionali che fanno obbligo all'Italia di consentire alle limitazioni di sovranita' necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni (art. 11) e di rispettare i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario nell'esercizio della potesta' legislativa (art. 117); 24) la questione sollevata e' ammissibile, perche' con essa non si chiede alla Corte costituzionale di invadere la sfera di discrezionalita' riservata al potere legislativo, creando nuove fattispecie di reati, ma di verificare se una norma di legge ordinaria contrasti o meno con la Costituzione e quindi se il legislatore ordinario, nell'esercizio della propria discrezionalita', abbia o meno violato un principio (quello della subordinazione al diritto comunitario), recepito nella nostra Costituzione e, come tale inderogabile stante il carattere rigido della nostra legge fondamentale; ove la Corte costituzionale dovesse, infatti, accogliere la questione proposta, verrebbe semplicemente ripristinata la sfera di operativita' della nozione di «rifiuto» come definito dall'art. 1, lett. a) della Direttiva CEE 91/156, gia' recepito dall'art. 6, lett. a) del d.lgs n. 22/1997, senza con cio' intervenire sulla disciplina sanzionatoria, gia' stabilita dal legislatore nazionale e da questo eventualmente liberamente modificabile. Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87.