ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 13, commi 3,
4,   5-bis  e  8,  e  dell'articolo 13-bis  del  decreto  legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero),  modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifiche
alla  normativa  in materia di immigrazione e di asilo), promossi con
ordinanze  del 12 dicembre 2003 e del 21 giugno 2004 dal Tribunale di
Nuoro sui ricorsi proposti da S.S. e R.M contro il Prefetto di Nuoro,
iscritte  ai  nn. 209  e 990 del registro ordinanze 2004 e pubblicate
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn. 13  e 50, 1ª serie
speciale, dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio dell'11 gennaio 2006 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto che con le due ordinanze in epigrafe, di analogo tenore,
emesse  nell'ambito  di  distinti  giudizi  di  opposizione a decreti
prefettizi   di  espulsione,  il  Tribunale  di  Nuoro  ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale:
        a) dell'art. 13,   commi 3,   4,   5-bis  e  8,  del  decreto
legislativo  25 luglio  1998,  n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero), in riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, e 113
della   Costituzione,   nella   parte   in  cui  prevede  l'immediata
esecutivita'   del   decreto   prefettizio   di   espulsione   e  del
provvedimento  del  questore  che  dispone l'accompagnamento coattivo
dello  straniero  alla  frontiera,  e  comunque  non  contempla - con
riguardo all'impugnazione del decreto espulsivo - «efficaci strumenti
processuali  che  scongiurino,  in maniera non semplicemente formale,
l'irrimediabile pregiudizio del ricorrente vittorioso»;
        b) dell'art. 13,  commi 3,  4,  5-bis e 8, e dell'art. 13-bis
del medesimo decreto legislativo, in riferimento agli artt. 2, 3, 13,
24,  secondo comma, 101, secondo comma, e 111, primo e secondo comma,
Cost.,  nella parte in cui «non prevedono che il ricorrente sia posto
in  condizione di essere sentito dal giudice e, piu' in generale, non
apprestano  in  favore  di  entrambe le parti garanzie procedimentali
minime»;
        che   -   ricostruita   preliminarmente   l'evoluzione  della
disciplina   dell'espulsione  amministrativa  dello  straniero  -  il
giudice  a  quo osserva come, nell'assetto risultante a seguito della
legge  30 luglio 2002, n. 189 (Modifiche alla normativa in materia di
immigrazione    e   di   asilo),   risulti   inequivoca   l'immediata
esecutorieta'  tanto  del  decreto prefettizio di espulsione (sancita
dall'art. 13,  comma 3,  del  d.lgs.  n. 286  del  1998),  quanto del
provvedimento  con  cui  il  questore dispone l'accompagnamento dello
straniero  alla  frontiera  a  mezzo  della  forza pubblica (art. 13,
comma 5-bis):  accompagnamento  che  costituisce la forma generale di
esecuzione   dell'espulsione,  ai  sensi  del  comma 4  dello  stesso
art. 13;
        che  inequivoca  risulta,  altresi',  la  mancanza di effetto
sospensivo automatico dell'opposizione al decreto espulsivo;
        che  il  rimettente dubita, tuttavia, della compatibilita' di
tale disciplina con gli artt. 3, 24, primo comma, e 113 Cost;
        che  l'immediata  esecutivita'  dei due decreti prefettizio e
del  questore  contrasterebbe, infatti, con il principio in forza del
quale  la  durata del processo non deve mai risolversi in pregiudizio
dell'attore che ha ragione, dato che la decisione sull'opposizione al
provvedimento  di  espulsione interverrebbe inevitabilmente quando il
rimpatrio manu militari dell'interessato e' gia' da tempo avvenuto;
        che, in tale ottica, il rimedio dell'opposizione, contemplato
dall'art. 13,   comma 8,  del  d.lgs.  n. 286  del  1998,  resterebbe
svuotato  di significato, in quanto inidoneo a garantire lo straniero
dalle  ripercussioni  negative di un provvedimento pure destinato, in
ipotesi, all'annullamento da parte del giudice: e cio' tanto piu' ove
si  consideri  che  la convalida giurisdizionale del provvedimento di
accompagnamento  coattivo  -  prevista dall'art. 13, comma 5-bis, del
d.lgs. n. 286 del 1998, in relazione alla sua natura di provvedimento
limitativo  della  liberta'  personale  -  viene resa inaudita altera
parte;
        che  alla conseguente violazione degli artt. 24, primo comma,
e 113 Cost. - che garantiscono, rispettivamente, il diritto di azione
e   la   tutela   giurisdizionale  contro  gli  atti  della  pubblica
amministrazione  si  aggiungerebbe  anche  quella  dell'art. 3 Cost.,
giacche' nell'ipotesi considerata il tempestivo esercizio del diritto
di  azione  lascerebbe  il  ricorrente  vittorioso  in una situazione
analoga  a  quella  di  chi abbia proposto un'opposizione infondata o
pretestuosa,  o  addirittura  abbia  del  tutto  omesso  di  proporre
l'impugnazione:  donde una irragionevole equiparazione di trattamento
di situazioni obiettivamente diverse;
        che onde escludere gli indicati vulnera, non varrebbe d'altra
parte  far  leva  sulla  possibilita' che il giudice dell'opposizione
rinvenga  comunque  nell'ordinamento  uno  strumento  per  sospendere
l'efficacia  del  decreto prefettizio impugnato, giacche' l'eventuale
sospensione  risulterebbe  superflua, intervenendo, nella generalita'
dei casi, ad esecuzione gia' avvenuta;
        che neppure gioverebbe opporre che - una volta intervenuta la
sospensione  o  l'annullamento  del  provvedimento  del prefetto - lo
straniero  ben potrebbe far rientro in Italia: obiezione, questa, che
trascurerebbe  le  evidenti difficolta' economiche e burocratiche che
detto   rientro   comporta,   nonche'   le  conseguenze,  spesso  non
rimediabili,  della  forzata  assenza  dell'interessato  dal luogo di
dimora e di lavoro per un tempo non breve;
        che il rimettente dubita, per altro verso, della legittimita'
costituzionale   delle   disposizioni   che   regolano   gli  aspetti
procedurali del giudizio di opposizione al decreto di espulsione;
        che  a  seguito, infatti, dell'avvenuta abrogazione, ad opera
della  legge  n. 189  del  2002,  del comma 9 dell'art. 13 del d.lgs.
n. 286  del  1998 - in forza del quale il tribunale decideva «sentito
l'interessato,  nei  modi di cui agli artt. 737 e seguenti del codice
di procedura civile» - non e' piu' previsto il diritto del ricorrente
all'audizione  personale  nel  corso della causa: ne', d'altro canto,
sarebbe  ipotizzabile  una  interpretazione  «adeguatrice», in virtu'
della quale l'audizione potrebbe essere comunque disposta dal giudice
in   base   ai  principi  generali  dell'ordinamento,  giacche'  tale
operazione  ermeneutica - gia' in astratto di dubbia praticabilita' -
troverebbe  un  insormontabile ostacolo nella immediata esecutorieta'
del provvedimento espulsivo;
        che,  in  tal  modo, risulterebbe tuttavia leso il diritto di
difesa,  sancito  dall'art. 24,  secondo comma, Cost. - da annoverare
fra  i  valori primari fruenti anche della garanzia di cui all'art. 2
Cost. - il quale, letto in correlazione con l'art. 3, primo e secondo
comma,  Cost.,  postula  l'uguaglianza  «formale e sostanziale» delle
parti;  nonche'  l'art. 111,  secondo  comma,  Cost.,  secondo cui il
processo  deve  svolgersi  «nel  contraddittorio  tra  le  parti,  in
condizioni  di  parita», dovendo il diritto al contraddittorio essere
inteso,   non   soltanto   come  possibilita'  di  ricorrere  ad  una
qualificata  difesa  tecnica,  ma  anche  come  facolta' di effettiva
partecipazione  dell'interessato  al giudizio e alla formazione della
prova;
        che  ove  si  consideri,  infatti,  che  nel  procedimento di
convalida dell'accompagnamento il contraddittorio e' solo «virtuale»,
essendo sostanzialmente differito alla successiva fase di opposizione
al  decreto  espulsivo,  risulterebbe innegabile la minorazione delle
facolta'  difensive  del  soggetto  che  neppure  in  tale sede possa
presenziare   all'udienza   per   esporre  le  proprie  ragioni,  ne'
concordare  personalmente  con  il  proprio  difensore  le  opportune
strategie processuali;
        che,  al  riguardo,  sarebbe significativo che l'esigenza del
contraddittorio  nella  fase  processuale in questione fosse stata in
precedenza  specificamente considerata dal legislatore, il quale, con
il   decreto   legislativo   13 aprile   1999,  n. 113  (Disposizioni
correttive   al   testo   unico  delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero,  a  norma dell'art. 47, comma 2, della legge 6 marzo 1998,
n. 40),  aveva  introdotto  nel  d.lgs.  n. 286  del  1998  il  nuovo
art. 13-bis     (la     cui     rubrica     suona     «partecipazione
dell'amministrazione nei procedimenti in camera di consiglio»), anche
allo scopo - speculare - di garantire la prefettura opposta;
        che,  in  aggiunta  a  cio',  l'intero modello processuale in
esame  si  paleserebbe  non  coerente con il paradigma costituzionale
sotto due distinti profili;
        che,  in primo luogo, infatti, la natura di misura limitativa
della   liberta'   personale,  propria  dell'espulsione  e  dell'atto
esecutivo  di  accompagnamento  alla frontiera, comporterebbe la loro
soggezione alla riserva di giurisdizione prevista dall'art. 13 Cost.:
con  la  conseguente  necessita',  da  un  lato,  che  il  vaglio del
tribunale  sul  provvedimento  del  prefetto,  in  sede  di convalida
dell'accompagnamento  -  ma,  a  fortiori, nel successivo giudizio di
opposizione  -  si  traduca  in  un  controllo  pieno, non «meramente
esteriore»;  e,  dall'altro,  che il rifiuto della convalida da parte
dell'autorita'    giudiziaria    privi   di   ogni   effetto   l'atto
amministrativo;
        che  ne' l'una ne' l'altra esigenza risulterebbero per contro
soddisfatte  dalle  disposizioni impugnate: non la prima, giacche' il
carattere «fondamentalmente cartolare» del processo da esse delineato
-  essendo  nel  procedimento di convalida addirittura «formalizzata»
l'assenza   del   destinatario  dell'atto  -  non  consentirebbe  una
integrale  cognizione dei fatti controversi all'esito di una completa
istruttoria;  non  la  seconda,  stante la gia' rimarcata inidoneita'
della  decisione  di  accoglimento dell'opposizione a privare di ogni
effetto il decreto prefettizio;
        che sotto altro profilo, poi, la ridotta regolamentazione del
rito  -  la  quale  non  andrebbe oltre il semplice rinvio alle norme
generali  sui  procedimenti  in  camera  di  consiglio,  da  ritenere
insufficienti  in  rapporto  al  contenzioso  su diritti soggettivi -
finirebbe col demandare al giudice «la concreta gestione del processo
e  la  concreta  scelta  delle  modalita'  di  tutela degli interessi
sostanziali  e  processuali  delle  parti»:  e cio' in violazione dei
principi  enunciati dall'art. 101, secondo comma, e 111, primo comma,
Cost.  -  per cui «i giudici sono soggetti soltanto alla legge» ed il
«giusto  processo» e' «regolato dalla legge» - i quali esigono che la
disciplina  del  processo  venga  predeterminata  da  norme  di rango
primario;
        che   ne   deriverebbe   anche   un   ulteriore   profilo  di
compromissione  del diritto di difesa, stante l'impossibilita' per le
parti  di  conoscere  preventivamente - a fronte delle diverse scelte
operate,   secondo   «infinite   possibili   varianti»,  dai  singoli
magistrati - le regole che governeranno il giudizio e di determinarsi
quindi consapevolmente al riguardo;
        che  quanto,  infine, alla rilevanza delle questioni, essa si
connetterebbe alla possibile fondatezza di alcune delle doglianze dei
ricorrenti  nei  giudizi a quibus ed alle conseguenze «esiziali» che,
in  rapporto  al  tenore  delle doglianze stesse, potrebbero derivare
dalla impossibilita' per gli interessati di presenziare all'udienza e
di concordare le scelte processuali con il difensore;
        che  nel giudizio di costituzionalita' relativo all'ordinanza
r.o.  n. 990  del 2004 e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.
    Considerato   che   le  due  ordinanze  di  rimessione  sollevano
identiche  questioni,  sicche'  i  relativi  giudizi  vanno riuniti e
decisi con unica pronuncia;
        che,  successivamente  alle medesime ordinanze, questa Corte,
con  sentenza  n. 222  del  2004,  ha  dichiarato  costituzionalmente
illegittimo,  per  violazione degli artt. 13 e 24 della Costituzione,
l'art. 13,  comma 5-bis,  del  decreto  legislativo  25 luglio  1998,
n. 286, nella parte in cui non prevedeva che il giudizio di convalida
del provvedimento di accompagnamento alla frontiera dovesse svolgersi
in   contraddittorio,   con   le   garanzie   della   difesa,   prima
dell'esecuzione del provvedimento stesso;
        che,  a  seguito  di  tale  pronuncia, l'art. 1, comma 1, del
decreto-legge  14 settembre  2004,  n. 241  (Disposizioni  urgenti in
materia  di  immigrazione),  convertito,  con modificazioni, in legge
12 novembre   2004,  n. 271,  ha  sostituito  il  citato  comma 5-bis
dell'art. 13   del   d.lgs.   n. 286  del  1998,  prevedendo  che  il
provvedimento del questore con cui e' disposto l'accompagnamento alla
frontiera  deve  essere  comunicato  immediatamente, e comunque entro
quarantotto   ore   dalla   sua   adozione,   al   giudice   di  pace
territorialmente   competente;  che  l'esecuzione  del  provvedimento
stesso  e' sospesa fino alla decisione sulla convalida; che l'udienza
di  convalida  si svolge in camera di consiglio con la partecipazione
necessaria   di   un  difensore,  tempestivamente  avvertito,  e  con
applicazione,  altresi', in quanto compatibili, delle disposizioni di
cui  al  comma 8  dello  stesso  art. 13,  in  tema  di ammissione al
patrocinio  a spese dello Stato e di nomina di un difensore d'ufficio
all'interessato  privo  di difensore di fiducia; che l'interessato e'
anch'esso  tempestivamente  informato  e condotto nel luogo in cui il
giudice   tiene   udienza;   che   il   giudice   provvede   «sentito
l'interessato», se comparso; che nel caso di diniego della convalida,
o  di  mancata  decisione  entro  le  successive  quarantotto ore, il
provvedimento del questore «perde ogni effetto»;
        che  l'indicata  sentenza  di  questa  Corte  e la successiva
novella  legislativa  -  pur  non avendo investito in modo diretto la
disciplina   del   procedimento   di   impugnazione  del  decreto  di
espulsione,  se non ai limitati fini della modifica della competenza,
che il d.l. n. 241 del 2004 ha parimenti devoluto al giudice di pace,
in luogo del tribunale in composizione monocratica (art. 13, comma 8,
del d.lgs. n. 286 del 1998, come modificato dall'art. 1, comma 2, del
citato   decreto-legge)   -   incidono   tuttavia  in  modo  evidente
sull'oggetto  di  entrambi  i  quesiti di costituzionalita' formulati
dall'odierno rimettente;
        che  quanto  infatti  alla  prima  questione, essa da un lato
verte   specificamente   sulla  immediata  esecutivita'  (anche)  del
provvedimento di accompagnamento alla frontiera, oggi venuta meno; e,
dall'altro  lato, trova la sua generale premessa fondante nel rilievo
per  cui  la  decisione  sul ricorso avverso il decreto di espulsione
interverrebbe,  inevitabilmente,  dopo che lo straniero e' gia' stato
allontanato  dal  territorio  dello  Stato:  rilievo non piu' valido,
nella  sua  assolutezza,  in rapporto all'attuale quadro normativo, a
fronte  del quale l'esecutivita' del provvedimento di accompagnamento
e'  sospesa  fino  alla  convalida  ed  il diniego di questa priva il
provvedimento stesso di ogni effetto;
        che tali ultime previsioni incidono immediatamente, altresi',
sui  profili di violazione dell'art. 13 Cost. dedotti nell'ambito del
secondo quesito;
        che  per il resto, poi, la compromissione dei principi di cui
agli  artt. 2,  3,  24,  secondo comma, e 111, secondo comma, Cost. -
ventilata  anch'essa con la seconda questione - viene argomentata dal
Tribunale  di Nuoro facendo leva anche, ed in modo particolare, sulla
carenza di un effettivo contraddittorio nel procedimento di convalida
dell'accompagnamento:  donde  la  necessita' di una nuova valutazione
sul   punto   da   parte  del  giudice  rimettente  alla  luce  delle
sopravvenute modifiche del predetto procedimento;
        che  gli  atti  vanno  quindi  restituiti  al  giudice  a quo
affinche'  verifichi  la  persistente  rilevanza delle questioni alla
luce dello ius superveniens.