ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  del  provvedimento  dell'Ufficio  centrale  per il
referendum  presso la Corte di cassazione del 6 giugno 2005, promosso
con  ricorso  di  Franco Romanin ed altro, nella qualita' di delegati
del  Comune  di San Michele al Tagliamento nei confronti dell'Ufficio
centrale  per il referendum presso la Corte di cassazione, depositato
in  cancelleria  il  5 agosto  2005 ed iscritto al n. 34 del registro
conflitti tra poteri dello Stato 2005, fase di ammissibilita'.
    Udito  nella  camera di consiglio dell'11 gennaio 2006 il giudice
relatore Ugo De Siervo.
    Ritenuto  che  i  signori  Franco  Romanin e Francesco Frattolin,
nella  qualita', rispettivamente, di delegato e di delegato supplente
del  Comune  di  San  Michele  al Tagliamento, nominati dal Consiglio
comunale  il  30 giugno 2005 «per espletare gli eventuali adempimenti
connessi all'esito della consultazione referendaria» svoltasi il 29 e
30 maggio  2005  nell'ambito  della procedura finalizzata al distacco
del  predetto  comune  dalla  Regione Veneto ed alla sua aggregazione
alla   Regione   autonoma   Friuli-Venezia  Giulia,  hanno  sollevato
conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello Stato in relazione al
provvedimento dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte
di  Cassazione del 6 giugno 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
del 17 giugno 2005, n. 139, che ha dichiarato respinta la proposta di
referendum  ai  sensi del disposto dell'art. 45, secondo comma, della
legge  25 maggio  1970,  n. 352  (Norme sui referendum previsti dalla
Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo);
        che  i  ricorrenti,  «attesa  la rilevanza e la non manifesta
infondatezza della questione al fine dell'approvazione della proposta
referendaria»,   chiedono  che  la  Corte  dichiari  l'illegittimita'
costituzionale  del  citato  art. 45,  secondo  comma, in quanto tale
disposizione,  nel  prevedere  che  sia necessario il voto favorevole
della  maggioranza degli elettori iscritti nelle liste elettorali del
comune  interessato  per  l'approvazione  della proposta sottoposta a
referendum, violerebbe gli artt. 2, 3, 48 e 132 Cost;
        che    nel    ricorso    si   chiede   che   sia   annullato,
conseguentemente,  l'atto  dell'Ufficio  centrale  per il referendum,
pronunciato  in data 6 giugno 2005, con cui si e' dichiarata respinta
la proposta del referendum in questione;
        che  i  ricorrenti  fanno  presente  che  dopo la sentenza di
questa  Corte  n. 334  del  2004,  che ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 42,  secondo  comma, della legge n. 352 del
1970  in  relazione  all'art. 132,  secondo  comma,  Cost., l'Ufficio
centrale  per  il  referendum  presso  la  Corte  di  cassazione, con
ordinanza  del 10 dicembre 2004, ha dichiarato legittima la richiesta
di referendum presentata dal Comune di San Michele al Tagliamento;
        che,  con successivo decreto del Presidente della Repubblica,
e'  stato  indetto,  nel  territorio  del  Comune  di  San Michele al
Tagliamento,  il  referendum  in  questione,  cui  avevano diritto di
partecipare  10.892  cittadini  iscritti  nelle  liste elettorali del
comune,  compresi  anche  1.125  elettori iscritti all'AIRE (Anagrafe
degli Italiani residenti all'Estero);
        che  l'Ufficio  centrale per il referendum presso la Corte di
cassazione,  «facendo  puntuale  applicazione  dell'art. 45,  secondo
comma,  della legge n. 352 del 1970», rilevato che il numero dei voti
attribuiti  alla risposta affermativa al quesito referendario (pari a
4.844)  era stato inferiore a quello della maggioranza degli elettori
iscritti  nelle  liste  elettorali  del  Comune  di  San  Michele  al
Tagliamento, dichiarava respinta la proposta di referendum;
        che   i   ricorrenti  ritengono  che  contrasterebbe  con  il
principio   di   autodeterminazione   delle   popolazioni  locali  la
necessita'  di  tener conto, ai fini dell'approvazione del referendum
in  questione, della maggioranza degli iscritti alle liste elettorali
e  cio'  tanto  piu'  trattandosi  di un referendum che semplicemente
avvia il successivo iter legislativo della proposta di distacco di un
comune da una regione e di aggregazione ad un'altra;
        che,  invece,  l'art. 24 della legge n. 352 del 1970, in tema
di  referendum  di  cui  all'art. 138  della Costituzione, ne prevede
l'approvazione qualora venga accertato che il quesito abbia riportato
«un  maggior  numero  di  voti affermativi», considerando i soli voti
validi,  e che l'art. 36 della stessa legge, in tema di referendum di
cui  all'art. 75  della  Costituzione,  prevede  che  si  accerti  la
partecipazione  alla votazione della maggioranza degli aventi diritto
e che i voti validi favorevoli siano in numero superiore a quelli non
favorevoli;
        che  i  ricorrenti ritengono che la disciplina del referendum
di  cui  all'art. 132, secondo comma, Cost. non prevede alcun rimedio
avverso   l'atto  con  il  quale,  a  conclusione  del  procedimento,
l'Ufficio  centrale  per  il  referendum  ha  dichiarato  respinta la
relativa   proposta   e  che  quindi  il  ricorso  per  conflitto  di
attribuzione  sia  giustificato  alla luce della giurisprudenza della
Corte,  favorevole  a  ritenere  sussistente  il  conflitto «anche in
relazione  ad atti di rango legislativo, ove da essi possano derivare
lesioni  dirette  all'ordine  costituzionale  delle  competenze»,  in
assenza  di un giudizio in cui possa essere sollevata la questione di
legittimita' costituzionale in via incidentale;
        che,    anche    escludendosi   la   natura   giurisdizionale
dell'Ufficio  centrale  per  il  referendum nella fase procedimentale
considerata,  lo  stesso  potrebbe  configurarsi come «organo potere»
inteso  come  soggetto  che, pur appartenendo a sistema organizzativo
complesso,  impegna  in  via  definitiva con le sue determinazioni la
funzione di rilievo costituzionale allo stesso attribuita;
        che,  pertanto,  i ricorrenti chiedono che «la Corte dichiari
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 45 della legge n. 352 del
1970,   per   violazione   degli  artt. 2,  3,  48  e  132  Cost.  e,
conseguentemente,   annulli   l'atto  dell'Ufficio  centrale  per  il
referendum in data 6 giugno 2005».
    Considerato  che,  ai  sensi  dell'art. 37, terzo e quarto comma,
della  legge  11 marzo  1953,  n. 87  (Norme sulla costituzione e sul
funzionamento  della  Corte costituzionale), questa Corte e' chiamata
in  via preliminare a decidere, con ordinanza in camera di consiglio,
senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile sotto il profilo
dell'esistenza  della  materia  di  un  conflitto  la cui risoluzione
spetti  alla sua competenza, valutando in particolare se sussistano i
requisiti  oggettivi e soggettivi di un conflitto di attribuzione tra
poteri dello Stato;
        che,   quanto  al  presupposto  soggettivo,  la  legislazione
vigente  in  tema  di  referendum di cui all'art. 132, secondo comma,
Cost.  non  riconosce  alcun  potere  al delegato comunale nella fase
della  proclamazione  dei risultati referendari da parte dell'Ufficio
centrale per il referendum presso la Corte di cassazione;
        che,  inoltre, la stessa deliberazione del Consiglio comunale
di  San  Michele  al  Tagliamento  ha  finalizzato  la nomina dei due
delegati  al  mero espletamento degli «eventuali adempimenti connessi
all'esito della consultazione referendaria»;
        che,  comunque,  presupposto  oggettivo per l'esistenza di un
conflitto   di  attribuzione  fra  i  poteri  dello  Stato  ai  sensi
dell'art. 134  Cost.  e'  che venga prospettata in termini inequivoci
una  lesione  della  sfera  delle  attribuzioni  determinate da norme
costituzionali,  e che l'eventuale ricomprensione di atti legislativi
fra  gli  atti  da  cui  origini  il  conflitto  e' subordinata dalla
giurisprudenza di questa Corte al fatto che «da essi possano derivare
lesioni  dirette  dell'ordine  costituzionale  delle  competenze» (v.
sentenza n. 284 del 2005 e ordinanza n. 343 del 2003);
        che   i   ricorrenti   non  individuano  univocamente  l'atto
asseritamente   lesivo  delle  proprie  attribuzioni,  rivolgendo  le
proprie  doglianze  sia  nei confronti del provvedimento dell'Ufficio
centrale   per   il   referendum,  sia  nei  confronti  della  stessa
disposizione legislativa;
        che,   in   definitiva,  i  ricorrenti  non  prospettano  una
situazione  di  conflitto  nel  quale  sia  negata  la  spettanza  di
attribuzioni   costituzionali  o  ne  sia  impedito  l'esercizio,  ma
presentano  una  sorta  del  ricorso  diretto per la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale di una disposizione legislativa;
        che, comunque, dalle argomentazioni contenute nel ricorso non
e'  dato  comprendere  come  la  disciplina  contenuta  nell'art. 45,
secondo  comma,  della  legge  25 maggio  1970, n. 352, relativa alle
modalita'  di  calcolo  dell'esistenza di un consenso da parte «della
maggioranza  delle  popolazioni»  interessate  dal referendum, che e'
richiesta  dall'art. 132, secondo comma, Cost., possa determinare una
lesione  diretta delle attribuzioni costituzionali spettanti al corpo
elettorale  del  comune  nel procedimento di distacco-aggregazione da
una Regione ad un'altra;
        che,  dunque,  non  sussiste  neppure  il requisito oggettivo
della  esistenza  «della  materia  del  conflitto di attribuzione tra
poteri dello Stato»;
        che,  conseguentemente,  il  ricorso  deve  essere dichiarato
inammissibile.