Ricorso   per   il   Presidente   del   Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocato generale dello Stato, presso i
cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi 12, domicilia;

    Contro la Regione Friuli-Venezia Giulia in persona del presidente
della   giunta   regionale   pro   tempore,   per   la   declaratoria
dell'illegittimita'  costituzionale  degli  articoli 1, 4, 8, 11 e 12
della  legge  regionale  n. 30  del  13  dicembre 2005 pubblicata nel
Bollettino Ufficiale della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 50 del 14
dicembre  2005  recante  «Norme  in  materia  di  piano  territoriale
regionale.».
    La  presentazione  del  presente  ricorso  e'  stata  decisa  dal
Consiglio  dei  ministri  nella  riunione  del  10  febbraio 2005 (si
depositeranno   estratto   del   verbale  e  relazione  del  Ministro
proponente).
    La  legge  della Regione Friuli-Venezia Giulia detta disposizioni
per  la  pianificazione territoriale regionale ripartendo le relative
attribuzioni   tra   regione   e   comuni.   Essa  presenta  vizi  di
illegittimita' costituzionalita' per i motivi di seguito indicati.
    Anche  se  la  regione, in base al proprio statuto speciale vanta
competenza  primaria  in  materia di ordinamento degli enti locali ed
urbanistica  (art. 4,  comma  1,  numeri  1-bis  e  12  dello statuto
speciale  e  art. 22, lett. c) del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116) le
disposizioni   della   legge   regionale  eccedono  dalle  competenze
statutarie  e  violano  norme costituzionali laddove sistematicamente
non   tengono  conto  dell'esistenza  delle  funzioni  proprie  della
provincia, quale ente intermedio tra regione e comune.
    In particolare:
        1)  le  diposizioni  contenute  negli  articoli  1  e  4  nel
disciplinare le attribuzioni dei comuni in materia di pianificazione,
ignorano le funzioni proprie delle province relative ai piani di area
vasta.  Esse,  infatti, ripartiscono il potere di pianificazione solo
tra  la regione e i comuni, attribuendo a questi ultimi anche compiti
relativi   alla  pianificazione  intermedia  e  sovracomunale  e  non
prevedendo,  invece,  alcun  intervento  della  provincia nelle forme
associative finalizzate alla stessa pianificazione.
        2)   le   norme   contenute   negli  articoli  8,  11  e  12,
rispettivamente,  escludono  qualsiasi  intervento  qualificato della
provincia  nell'ambito delle procedure di approvazione e adozione del
Piano  territoriale  regionale e prevedono, altresi', la costituzione
di  Societa'  di trasformazione urbana con la sola intesa dei comuni.
Inoltre,   consentono   alla   regione   di   dettare,   nelle   more
dell'approvazione   del  Piano,  norme  di  salvaguardia  delle  aree
soggette   a   vincolo  paesaggistico,  senza  alcuna  partecipazione
dell'ente intermedio.
    Le  citate  disposizioni  regionali,  ignorando  sistematicamente
l'ente  provincia,  comportano una grave lesione della relativa sfera
di   autonomia,   costituzionalmente  garantita,  ed  eccedono  dalla
competenza  statutaria,  ponendosi  in  contrasto  con l'art. 4 dello
statuto di autonomia speciale. Quest'ultimo, infatti, pur attribuendo
le  materie  «urbanistica»  e  «ordinamento degli enti locali e delle
relative  circoscrizioni»  alla  potesta'  legislativa primaria della
regione,  specifica  che  tale  potesta'  deve  essere  esercitata in
«armonia    con    la   Costituzione,   con   i   principi   generali
dell'ordinamento   giuridico   della   Repubblica,   con   le   norme
fondamentali  delle  riforme  economico-sociali  e  con  gli obblighi
internazionali dello Stato».
    L'esercizio  della competenza legislativa primaria, pertanto, non
e'  immune  dal  rispetto  di  una  serie  di limiti, individuati dal
legislatore e dalla giurisprudenza costituzionale. A tal riguardo, e'
da   ritenere  che  il  principio  dell'autonomia,  consacrato  negli
articoli  5,  114  e  118  della Costituzione, costituisca «principio
generale  dell'ordinamento  giuridico  della  Repubblica»,  come tale
vincolante  anche  nei  confronti delle regioni ad autonomia speciale
(sent. Corte cost. n. 48/2003).
    Una  legislazione  differente  e' comunque «non in armonia con la
Costituzione».   In  particolare,  l'art. 114,  secondo  comma  della
Costituzione,   statuisce  che  «i  comuni  le  province,  le  citta'
metropolitane  e  le  regioni  sono enti autonomi con propri statuti,
poteri  e  funzioni  secondo  i principi fissati dalla Costituzione»,
mentre  l'art. 118,  secondo  comma Cost., specifica che «i comuni le
province   e  le  citta'  metropolitane  sono  titolari  di  funzioni
amministrative  proprie  e  di  quelle con ferite con legge statale o
regionale,  secondo  le rispettive competenze». Dal complesso di tali
disposizioni  si  desume  che  gli enti locali (comprese le province)
sono  titolari, oltre che delle funzioni conferite, anche di funzioni
proprie,  intendendo  per  tali  quelle  storicamente  attribuite,  o
comunque  ritenute  necessarie per l'esistenza e il corretto sviluppo
delle rispettive comunita' territoriali e degli interessi di cui sono
esponenziali  e  quindi non comprimibili dal legislatore (nazionale o
regionale).
    In  tal senso, si deve rilevare che la funzione di pianificazione
di  vasta  area  e'  sempre  stata  considerata  di  competenza delle
province,  come  originariamente  disposto  dagli artt. 14 e 15 della
legge n. 142/1990 (in particolare dall'art. 15, comma 2) ed ora dagli
artt. 19 e 20 del decreto legislativo n. 267/2000.
    Alla  stessa  maniera,  non  si  puo'  ritenere  che  la potesta'
primaria della regione in materia di organizzazione degli enti locali
consenta    una    distribuzione    delle   funzioni   amministrative
completamente  libera  e  svincolata  dai principi costituzionali. In
particolare,  assumono  fondamentale rilievo, sotto questo profilo, i
principi  di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, sanciti
dall'art. 118,  comma  1  della Costituzione, secondo cui le funzioni
amministrative devono essere attribuite ai livelli di governo idonei,
per  la  propria struttura organizzativa e per le proprie dimensioni,
ad esercitarle con efficacia ed efficienza.
    Tali  principi  non sono rispettati dalle citate norme regionali,
le  quali attribuiscono esclusivamente ai comuni (o alle associazioni
di comuni) tutte le funzioni di pianificazione territoriale, comprese
quelle  di  vasta  area,  che  invece,  proprio  per  l'entita' degli
interessi  cui  fanno  riferimento  -  interessi  che  trascendono la
dimensione  comunale  -  dovrebbero  essere  conferite alle province,
quali  enti  territoriali  intermedi  tra  comuni e regioni. Ne' puo'
ragionevolmente    sostenersi    che   i   richiamati   principi   di
sussidiarieta',  proporzionalita'  ed adeguatezza siano rispettati in
ragione del fatto che la stessa regione, con la coeva legge regionale
n. 1/2006 (recante «principi e norme fondamentali del sistema regione
- autonomie locali») abbia attribuito tali funzioni di pianificazione
territoriale  alle  citta'  metropolitane.  Cio',  per  due ordini di
considerazioni:  in  primo  luogo  perche',  secondo  la stessa legge
regionale  l'istituzione delle citta' metropolitane e' solo eventuale
e  non obbligatoria (la legge regionale dispone, all'art. 9, comma 1,
che  «possono  istituirsi  citta'  metropolitane»); in secondo luogo,
perche'  il  territorio  di tali instituendi enti locali non coincide
con quello dell'intera provincia di riferimento.
    Per questi stessi motivi, le censurate norme regionali si pongono
in diretto contrasto anche con l'art. 59 dello statuto speciale della
regione,  secondo  cui  «le  province  sono  enti  autonomi  ed hanno
funzioni stabilite dalle leggi dello Stato e delle regioni». Nel caso
in  esame,  la  pianificazione  territoriale  attribuita  dalle leggi
statali  alle  province  comporta una gradazione della pianificazione
territoriale  secondo  parametri tendenzialmente uniformi sull'intero
territorio  nazionale, dando luogo ad assetto ragionevole che risulta
pregiudicato da una diversa disciplina regionale.
    Sotto  altro  profilo  le  funzioni  delle  province,  quali enti
esponenziali  di  una  collettivita'  insediata  ed  esistente  su un
determinato territorio, sono da considerarsi - soprattutto in materia
di  pianificazione territoriale e paesistica di area vasta - funzioni
proprie  e  non  derogabili,  neppure  da  una competenza legislativa
primaria:  priva  di tali attribuzioni, la collettivita' territoriale
sottesa  dal riconoscimento dell'ente provincia, perderebbe in questo
contesto  ogni  ragion d'essere, in contrasto con il disegno generale
voluto dalla Costituzione.
    In   realta'  la  disciplina  introdotta  dalla  legge  regionale
Friuli-Venezia  Giulia  n. 30/2005  investe  anche  materie  estranee
all'urbanistica   ed   all'ordinamento  degli  enti  locali,  materie
concernenti  il  paesaggio ed il governo del territorio, per le quali
vale  la competenza esclusiva (art. 117, secondo comma lett. s) della
Costituzione)    o   concorrente   (art. 117,   terzo   comma   della
Costituzione) dello Stato, con conseguente vincolo della legislazione
regionale  al  rispetto  dei  principi della legislazione statale, ai
sensi  del citato art. 117 Cost., in combinato disposto con l'art. 10
della  legge  costituzionale  n. 3  del  2001,  ed incompetenza della
regione  a  statuto speciale ad interloquire al di fuori degli ambiti
fissati dalla legislazione statale.