IL GIUDICE DI PACE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta
al  n. 528/2005 R.G., promossa da: S.R. Termotecnica S.n.c., con sede
in  Cascina  (Pisa),  via  Friuli  n. 3/5,  in persona del suo legale
rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso come da mandato in
atti,  dall'avv. Daniela Bilotti, ed elettivamente domiciliato presso
il loro studio in via Santa Maria n. 9, Pisa, ricorrente;
    Contro  Comune  di  Crespina, in persona del sindaco pro tempore,
resistente.
    Oggetto:  opposizione a sanzione amministrativa ex art. 22, legge
n. 689/1981 e successive modifiche.
    1.  -  Con  ricorso  presentato in data 15 febbraio 2005, la S.R.
Termotecnica  S.n.c., con il patrocinio dell'avv. Daniela Bilotti, ha
proposta  opposizione avverso il verbale di contestazione n. 54/2004,
notificatole in data 4 febbraio 2003, emesso in data 13 novembre 2004
dalla Polizia municipale del Comune di Crespina (Pisa), nel quale gli
e'  stata  contestata  la  violazione  dell'art. 180, comma 8, Codice
della  Strada,  avendo  accertato  che il legale rappresentante della
S.R.  Termotecnica  S.n.c.,  «ometteva  di fornire i dati personali e
della   patente   del  conducente  (art. 126-bis)  in  riferimento  a
precedente violazione dell'art. 142 C.d.s. (V. 289/04)».
    2.  -  Riferisce  la  ricorrente che in data 8 settembre 2004, in
qualita'  di  proprietaria dell'autovettura Fiat Panda targata CA 122
WH,  le  era stato notificato verbale n. 289/2004 del 24 agosto 2004,
con  il quale veniva contestata la violazione dell'art. 142, comma 8,
Codice  della Strada; in detto verbale oltre alla sanzione pecuniaria
di  Euro  143,15, era contenuto l'invito a comunicare, ai sensi e per
gli  effetti  dell'art. l26-bis,  comma 2, Codice della Strada, entro
trenta  giorni dal ricevimento del verbale, i dati personali di colui
che   si  trovava  alla  guida  del  mezzo  al  momento  del  rilievo
dell'infrazione,  con l'avvertenza che l'omessa comunicazione avrebbe
determinata  l'applicazione della sanzione di cui all'art. 180, comma
8, Codice della Strada.
    3.   -  Riferisce  ancora  la  ricorrente  di  avere  prontamente
adempiuto  al  pagamento  della sanzione pecuniaria, nonche' di avere
tempestivamente  comunicato  alla autorita' amministrativa procedente
l'impossibilita' a fornire i dati di chi si trovasse alla guida della
vettura   trattandosi   di   un  veicolo  aziendale,  utilizzato  dai
dipendenti nello svolgimento delle loro mansioni.
    4.  -  Si  e'  costituito  in  giudizio  il  Comune  di Crespina,
insistendo  per la piena legittimita' della sanzione elevata a carico
della   S.R.   Termotecnica   S.n.c.,   deducendo   l'inesistenza  di
giustificati motivi per la mancata comunicazione dei dati richiesti.
    5.  -  Sussistono  giustificati  motivi per ritenere il combinato
disposto  dell'art. 126-bis,  comma  2,  del  decreto  legislativo 30
aprile   1992,   n. 285   (Nuovo  codice  della  Strada),  introdotto
dall'art. 7   del   decreto   legislativo   15 gennaio   2002,   n. 9
(Disposizioni integrative e correttive del nuovo Codice della Strada,
a  norma dell'art. 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), nel
testo  risultante  all'esito  della  modifica  apportata dall'art. 7,
comma  3,  lettera  b),  del  decreto-legge  27 giugno  2003,  n. 151
(Modifiche  ed  integrazioni al Codice della strada), convertito, con
modificazioni,  nella  legge 1° agosto 2003, n. 214, e dell'art. 180,
comma 8, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (nuovo Codice
della  Strada),  viziato  da  illegittimita'  costituzionale  sotto i
profili  che  verranno appresso specificati, nella parte in cui detti
articoli  prevedono  quale  fattispecie  di violazione amministrativa
l'omissione da parte del proprietario del veicolo della comunicazione
dei  dati  del  conducente non immediatamente identificato al momento
della violazione commessa ed accertata.
    6.  - L'art. 23, comma 3, legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), prevede
che   la   questione  di  legittimita'  costituzionale  possa  essere
sollevata anche d'ufficio dall'autorita' giurisdizionale davanti alla
quale pende il giudizio.
    7. - La rilevanza della questione di legittimita' nel processo in
corso  risulta  da quanto gia' descritto ai precedenti paragrafi 2-3,
in  quanto laddove si ritenga ingiustificata la mancata comunicazione
dei  dati  del  conducente  da parte del proprietario del veicolo (ed
incombendo   sul   proprietario  stesso  l'onere  della  prova  della
oggettiva   ed   incolpevole   impossibilita'   di   effettuare  tale
comunicazione),  deve  trovare  applicazione la norma qui contestata,
non   risultando   peraltro   possibilita'   di  una  interpretazione
adeguatrice della stessa.
    8.  -  Un  primo  profilo  di costituzionalita' che si rimette al
vaglio della Corte concerne la violazione dell'art. 3 Cost., sotto il
profilo  del difetto di ragionevolezza. La Corte costituzionale ha da
tempo   riconosciuto   la   propria   competenza   a   sindacare   la
«ragionevolezza» di disposizioni normative che ledono il principio di
uguaglianza,  anche  quando  la  legge,  senza un ragionevole motivo,
preveda  un  trattamento  diverso  ai cittadini che si trovano in una
situazione uguale (cfr. ad es. Corte cost. 29 dicembre 1972, n. 200),
posto   che  un  trattamento  differenziato  puo'  trovare  legittima
applicazione  solo ove vi sia l'indefettibile presenza di ragionevoli
motivi   oggettivamente   rilevabili   a   giustificazione   di  tale
trattamento differenziato.
    Nel   caso   specifico   il  difetto  di  ragionevolezza  risulta
rilevabile   in   considerazione  del  fatto  che  la  norma  di  cui
all'art. 126-bis,  comma  2,  C.d.S., che stabilisce l'obbligo per il
proprietario  di  comunicare  i  dati del conducente, si configura in
sostanza   come   un  obbligo  di  denuncia  di  violazioni  di  tipo
amministrativo  posto  a  carico  della  generalita'  dei  cittadini,
laddove  invece  un obbligo di denuncia di tutti i reati, e quindi di
fatti  quantomeno  in  astratto configurabili come illeciti di natura
piu'  grave  rispetto  agli  illeciti di tipo amministrativo, risulta
previsto  esclusivamente per i pubblici ufficiali e gli incaricati di
pubblico  servizio,  mentre a sua volta il cittadino, che non rivesta
la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio,
commette un reato solo in caso di omissione di denuncia di un delitto
contro  la  personalita' dello Stato per il quale la legge stabilisce
la  pena  dell'ergastolo;  solo  in  tale  ipotesi  la legge sanziona
l'omessa  denuncia  di reato, mentre non incorre in alcun illecito il
cittadino,  che  non  rivesta  la  qualifica  di pubblico ufficiale o
incaricato  di pubblico servizio, che ometta la denuncia di reati tra
quali,  volendo  indicare  alcune  fattispecie particolarmente gravi,
l'omicidio  volontario,  lo stupro, la partecipazione ad associazioni
di  tipo  mafioso,  lo  spaccio  di  sostanze stupefacenti. Se dunque
l'omessa  denuncia  di  tali  reati,  anche  gravissimi, non comporta
conseguenze  per il comune cittadino, risulta irragionevole sul piano
del  principio  di uguaglianza la previsione di sanzioni per l'omessa
denuncia di fatti costituenti semplici illeciti amministrativi.
    9.  -  Qualora  la  norma contestata venga interpretata non tanto
come  un  obbligo  di denuncia (essendo l'autorita' gia' a conoscenza
del  fatto,  del  quale e' pero' sconosciuto l'autore) quanto come un
obbligo  di  rendere  testimonianza, emerge poi un secondo profilo di
incostituzionalita'  in  relazione  all'art. 24, comma 2, Cost. oltre
che  ancora  in  relazione  all'art. 3.  Se e' vero infatti che vi e'
l'obbligo  per  il  cittadino  chiamato  dall'autorita' giudiziaria a
rendere  testimonianza  su fatti dei quali sia a conoscenza, e' anche
vero  che nessuno puo' essere chiamato non solo a testimoniare contro
se  stesso,  ma  neppure a rendere dichiarazioni dalle quali potrebbe
scaturire  un  procedimento  sanzionatorio  a  suo  carico, e cio' in
relazione   al  principio  fondamentale  nemo  tenetur  se  detegere,
riconosciuto  in  giurisprudenza  anche  in  ambito extrapenale (cfr.
Cass.   Civ.   Sez.  III,  18 giugno  2004,  n. 11412:  «in  tema  di
procedimento  disciplinare  a  carico del notaio, in applicazione del
principio  fondamentale  nemo tenetur se detegere, il notaio non puo'
essere  costretto a rendere dichiarazioni in seguito alle quali possa
essere successivamente esposto a un procedimento sanzionatorio»).
    La  norma contestata viene invece a configurare un vero e proprio
obbligo  di  testimoniare contro se stessi in tutte le ipotesi in cui
il  proprietario  del  veicolo sia stato anche l'effettivo conducente
dello  stesso al momento del rilievo dell'infrazione, con conseguente
violazione  dell'art. 24,  comma  2,  Cost.; cio' in quanto vi e' una
evidente   incompatibilita'   tra   l'obbligo   di   denuncia   o  di
testimonianza, configurato dalla norma contestata, e la situazione di
un  soggetto  (il proprietario del veicolo) che puo' essere portatore
di  un  interesse  che  puo'  contrastare con il dovere di rispondere
secondo  verita'; interesse riconosciuto e garantito dall'ordinamento
in  base  al  principio  nemo tenetur se detegere, principio che deve
ritenersi  operante non soltanto nell'ambito del procedimento penale,
ma  anche  nel  sistema  sanzionatorio amministrativo, i cui principi
generali,  stabiliti  negli  artt.  1  -  12, legge 24 novembre 1981,
n. 689, in linea generale ricalcano principi del diritto penale.
    10.  -  E'  vero  che  la  Corte  costituzionale  nella  sentenza
n. 27/2005   che   ha   dichiarato   l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 126-bis,  comma  2, del Codice della Strada, nella parte in
cui  dispone  che:  «nel caso di mancata identificazione di questi la
segnalazione  deve  essere  effettuata  a carico del proprietario del
veicolo,  salvo  il  caso  che  lo stesso non comunichi, entro trenta
giorni  dalla  richiesta,  all'organo  di polizia che procede, i dati
personali  e  della  patente del conducente al momento della commessa
violazione»,  anziche':  «nel  caso  di  mancata  identificazione  di
questi,  il  proprietario  del  veicolo,  entro  trenta  giorni dalla
richiesta,  deve  fornire,  all'organo di polizia che procede, i dati
personali  e  della  patente del conducente al momento della commessa
violazione», ha precisato che «nel caso in cui il proprietario ometto
di  comunicare i dati personali e della patente del conducente, trova
applicazione la sanzione pecuniaria di cui all'art. 180, comma 8, del
Codice  della  Strada».  Tuttavia la Corte ha precisato anche che «in
tal  modo  viene  fugato  il  dubbio  - che pure e' stato avanzato da
taluni dei remittenti - in ordine ad una ingiustificata disparita' di
trattamento  realizzata  tra i proprietari di veicoli, discriminati a
seconda  della  loro  natura di persone giuridiche o fisiche, ovvero,
quanto   a   queste   ultime,  in  base  alla  circostanza  meramente
accidentale  che  le stesse siano munite o meno di patente». La Corte
si  e' quindi limitata ad esaminare la questione di costituzionalita'
della decurtazione a carico del proprietario persona fisica dei punti
dalla  patente, quale sanzione accessoria ad altra violazione, mentre
nel  caso  di  specie  viene  sottoposto alla Corte il giudizio sulla
legittimita' costituzionale della omessa comunicazione quale autonoma
fattispecie di violazione.