ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 205, primo
comma, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle
disposizioni  di legge sulle acque e impianti elettrici) promosso con
ordinanza   del   19 gennaio  2005  dal  Tribunale  di  Taranto,  nel
procedimento  di opposizione all'esecuzione promosso dal Consorzio di
bonifica  Stornara e Tara contro Domenico Settanni iscritta al n. 477
del  registro  ordinanze  2005  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 2, 1ª serie speciale, dell'anno 2006;
    Udito  nella  Camera di consiglio del 22 febbraio 2006 il giudice
relatore Luigi Mazzella;
    Ritenuto che, con separati ricorsi depositati il 9 settembre 2003
presso  il  Tribunale di Taranto, il Consorzio di bonifica Stornara e
Tara   ha  proposto  formale  opposizione  alle  procedure  esecutive
promosse  in  suo  danno  da  Domenico  Settanni ed altri in forza di
altrettante sentenze di condanna emesse dal Tribunale regionale delle
acque  pubbliche  presso  la Corte d'appello di Napoli, notificate in
forma esecutiva nel periodo dal 18 aprile 2003 al 13 giugno 2003;
        che  le  procedure  sono  state  poi riunite in quanto aventi
tutte  ad  oggetto  il  pignoramento  delle  somme  di pertinenza del
Consorzio  dovute  dalla Soget s.p.a., dalla Regione Puglia e del San
Paolo   Banco   di   Napoli   s.p.a.,  istituto  tesoriere  dell'ente
consortile;
        che  a  sostegno  dell'opposizione  il  Consorzio ha eccepito
l'illegittimita' delle azioni per difetto di validi titoli esecutivi,
non  rientrando  tra  questi  le  sopra  citate  sentenze di condanna
secondo  il  disposto  dell'art. 205,  primo comma, del regio decreto
11 dicembre  1933,  n. 1775  (Testo unico delle disposizioni di legge
sulle  acque  e  impianti  elettrici),  che  non prevede, infatti, la
provvisoria  esecutivita'  delle  sentenze dei tribunali regionali di
prima  istanza,  se  non  disposta  dal giudice a seguito di apposita
richiesta delle parti;
        che   il   Tribunale   di   Taranto,   condividendo  la  tesi
dell'opponente  come  sopra espressa, ha sollevato, con ordinanza del
19 gennaio  2005, questione di legittimita' costituzionale del citato
art. 205 del r.d. n. 1775 del 1933, in relazione agli articoli 3 e 24
della Costituzione;
        che, data per scontata la rilevanza della questione in ordine
all'opposizione  all'esecuzione  in esame, il rimettente ha sostenuto
la  non  manifesta  infondatezza  della  questione, in riferimento ai
richiamati  parametri  costituzionali,  sotto  il duplice profilo sia
della  ingiustificata  privazione del diritto delle parti di ottenere
una sentenza di primo grado automaticamente esecutiva, con disparita'
di  trattamento  rispetto  a coloro che adiscono i tribunali ordinari
per  i  quali,  a norma dell'art. 282 del codice di procedura civile,
l'esecutivita'  si  ha  ope legis, sia della irragionevolezza di tale
impedimento,  nulla ostando a che le sentenze del tribunale regionale
delle  acque  pubbliche  al  pari  di quelle del giudice ordinario di
primo  grado  siano  soggette  ad  inibitoria, per effetto del rinvio
operato  dal  successivo  art. 208  del  r.d.  n. 1775  del 1933 alle
disposizioni del codice di rito ordinario;
        che  non  v'e' stata costituzione delle parti, ne' intervento
della Presidenza del Consiglio dei ministri.
    Considerato  che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata  dal Tribunale di Taranto, in riferimento agli artt. 3 e 24
della  Costituzione,  investe  l'art. 205,  primo  comma,  del  regio
decreto  11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di
legge  sulle  acque  e  impianti  elettrici),  nella parte in cui non
prevede l'automatica efficacia esecutiva delle sentenze rese in prime
cure dal Tribunale regionale delle acque pubbliche;
        che, secondo il giudice a quo, la norma censurata si porrebbe
in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione sotto il profilo
della  privazione  del  diritto  di  ottenere sentenza di primo grado
automaticamente  esecutiva  con  disparita' di trattamento rispetto a
coloro  che adiscono i tribunali ordinari e della irragionevolezza di
tale  impedimento,  ancorche'  la  medesima  sentenza sia soggetta ad
inibitoria,  stante  il  rinvio  alle disposizioni del codice di rito
compiuto dal citato art. 208;
        che la questione non e' priva di rilevanza, atteso che la sua
soluzione dipende proprio dall'accertamento della esecutivita' o meno
delle  sentenze  di  primo grado emesse dal Tribunale regionale delle
acque pubbliche presso la Corte d'appello di Napoli;
        che  questa  Corte  ha  gia'  avuto  occasione  di  escludere
l'esistenza   di   un   principio   costituzionalmente  rilevante  di
necessaria  uniformita'  di  regole  procedurali  tra diversi tipi di
giudizio,   ben   potendo   i   rispettivi   ordinamenti  processuali
differenziarsi  sulla  base  di una scelta razionale del legislatore,
derivante  dal tipo di configurazione del processo e dalle situazioni
sostanziali  dedotte  in  giudizio  (cfr.  sentenza n. 251 del 1989 e
sentenza n. 82 del 1996);
        che  il  processo  in  materia di acque pubbliche, pur con il
rinvio  meramente  «residuale»  alle  norme  del  codice di procedura
civile  per  tutto  cio' che non sia espressamente regolato nel testo
unico  del  1933, presenta innegabili aspetti di specialita' per piu'
profili   anche  relativi  all'esecuzione,  che  viene,  ad  esempio,
espressamente   esclusa  in  via  provvisoria  per  le  sentenze  dei
tribunali    di    prima    istanza    se    emesse   nei   confronti
dell'amministrazione dello Stato;
        che   la  norma  impugnata,  tuttora  operante,  e'  speciale
rispetto  alle  vigenti  disposizioni del codice di rito, delle quali
puo'  farsi  applicazione nel processo davanti ai tribunali regionali
ed  al  Tribunale  superiore  delle  acque  pubbliche solo nei limiti
indicati  dal  testo unico, piu' volte citato, per cui il complessivo
sistema  processuale  disegnato  dalla  normativa del 1933, in quanto
caratterizzato  dall'intreccio di interessi di varia natura, pubblici
e  privati,  non  consente  di  operare integrazioni, attingendo alle
corrispondenti  norme del codice di rito, al di fuori dei casi in cui
il  rinvio  a  queste  ultime  sia  espressamente  disposto  (come e'
avvenuto  con  l'art. 208  del  citato  t.u.),  dal  momento che ogni
ulteriore     intervento    sistematico    resta    riservato    alla
discrezionalita'  del  legislatore,  da  esercitarsi nei limiti della
ragionevolezza;
        che,  pertanto, la disposizione impugnata, nella parte in cui
prevede  la  provvisoria  esecutivita'  delle  sentenze dei tribunali
regionali  delle acque pubbliche solo su istanza della parte e previa
valutazione  del  giudice  adito,  non  deve  ritenersi per cio' solo
incompatibile con i parametri costituzionali invocati dal rimettente;
        che,   in  particolare,  non  potendosi  trarre  dalla  Carta
costituzionale   alcun   argomento   per   ritenere   l'esecutorieta'
provvisoria  delle  sentenze  di  primo  grado  alla  stregua  di  un
principio  generale  diretto  a  garantire l'uniformita' tra tutte le
procedure  variamente  previste  e  disciplinate  dal legislatore, la
norma  impugnata  deve  ritenersi  non  priva  di  razionalita' e non
configura alcuna ipotesi di violazione dell'art. 3 Cost;
        che neanche e' ravvisabile alcuna lesione dell'art. 24 Cost.,
dal  momento  che  la previsione della esecutivita' della sentenza di
primo  grado  emessa  dai  tribunali regionali delle acque pubbliche,
ancorche'  condizionata  alla  richiesta  di  parte  ed alla espressa
disposizione del giudice, non e' certamente tale da comportare alcuna
apprezzabile compressione del diritto di difesa dell'interessato;
        che, dunque, la questione e' manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.