Ricorso  della  regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol, in
persona  del presidente pro tempore della giunta regionale dott. Luis
Durnwalder,  autorizzato  con  deliberazione  della  giunta regionale
n. 65  del 24 febbraio 2006 (doc. 1) rappresentata e difesa - come da
procura  speciale  del  24  febbraio 2006, repertorio n. 2988, rogata
dall'avv.  Edith  Engl, che esercita le funzioni di ufficiale rogante
della regione Trentino-Alto Adige/Sudtirol nella sua qualita' di vice
segretario   della  giunta  regionale  (doc.  2)  -  dal  prof.  avv.
Giandomenico  Falcon  di  Padova  e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, ed
elettivamente  domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Roma,
via Confalonieri n. 5;

    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  per  la
dichiarazione   di   illegittimita'   costituzionale  delle  seguenti
disposizioni  della legge 23 dicembre 2005, n. 266, «Disposizioni per
la  formazione  del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2006)», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29
dicembre  2005  -  supplemento  ordinario  n. 211 - Legge finanziaria
2006;  art.  1, commi: 24, 26, da 198 a 202, 204, 213, 214 e 216, per
violazione   dello   Statuto  speciale  e  delle  relative  norme  di
attuazione,  come  meglio  si specifichera' in prosieguo, nonche' del
Titolo  V della parte seconda della Costituzione, in collegamento con
l'art. 10  legge  costituzionale  n. 3/2001,  nonche' dei principi di
ragionevolezza e di leale collaborazione.

                              F a t t o

    Con  la legge 23 dicembre 2005 n. 266, pubblicata nel supplemento
ordinario  alla  Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2005, sono
state  approvate  le  «Disposizioni  per  la  formazione del bilancio
annuale pluriennale dello Stato (legge Finanziaria 2006)».
    Tale legge contiene, all'art. 1, comma 610, una espressa clausola
di  salvaguardia per le regioni a statuto speciale e per le provincie
autonome,  secondo  cui:  «le  disposizioni della presente legge sono
applicabili  nelle  regioni  a  statuto  speciale  e  nelle  Province
autonome  di  Trento  e  Bolzano  compatibilmente  con  le  norme dei
rispettivi statuti».
    Tuttavia, la clausola in questione non e' evidentemente destinata
a  valere  in  relazione  ad  alcune  disposizioni  della  legge, che
espressamente   dispongono   la  propria  applicazione  alla  regione
autonoma  Trentino-Alto  Adige/Sudtirol  e  che si pongono, ad avviso
della  ricorrente,  in  violazione delle competenze riconosciuto alla
regione  dallo  statuto e dalle relative norme di attuazione, nonche'
dal  nuovo  Titolo  V,  parte seconda, della Costituzione, mentre per
altre  non  e'  chiaro  se  esse  siano  o  meno  destinate a trovare
applicazione  anche in relazione alla regione, ed in caso affermativo
violerebbero    anch'esse    le    sue   prerogative   statutarie   e
costituzionali.
    Di qui la necessita' della presente impugnazione, per i motivi ed
i profili di seguito indicati.

                            D i r i t t o

    1. - Illegittimita' dell'art. 1, comma 24 e 26.
    Il   comma   24,   primo   periodo,  prevede  che  per  garantire
«effettivita' alle prescrizioni contenute nel programma di stabilita'
e  crescita presentato all'Unione europea, in attuazione dei principi
di  coordinamento  della  finanza  pubblica... e ai fini della tutela
dell'unita'   economica  della  Repubblica...  ...come  principio  di
equilibrio  tra  lo  stock  patrimoniale e i flussi dei trasferimenti
erariali...  nei  confronti degli enti territoriali soggetti al patto
di  stabilita'  interno,  delle  regioni  a  statuto  speciale, delle
Province  autonome...  i  trasferimenti  erariali  a qualsiasi titolo
spettanti  sono  ridotti  in misura pari alla differenza fra la spesa
sostenuta  nel  2006  per  l'acquisto da terzi di immobili e la spesa
media sostenuta nel precedente quinquennio per la stessa finalita».
    Il  secondo periodo del medesimo comma dispone che «nei confronti
delle  regioni  e  delle  province  autonome viene operata un'analoga
riduzione sui trasferimenti statali a qualsiasi titolo spettanti».
    Il  comma  24  sembra,  quindi,  da  un lato confermare il regime
diversificato  vigente per le Regioni autonome, dall'altro, tuttavia,
richiama  espressamente  le  Regioni  autonome  unitamente  agli enti
territoriali  soggetti ai patto di stabilita' interno, per sottoporle
alla    specifica   disposizione   comportante   la   riduzione   dei
trasferimenti  erariali,  a  qualsiasi  titolo  spettanti,  in nome -
sembrerebbe di capire - di un principio programmatico di contenimento
degli acquisti immobiliari da parte degli enti pubblici.
    La  disposizione  e' in primo luogo di difficile interpretazione.
Le  regioni autonome vi sono citate due volte, prima per disporre una
riduzione   sui   trasferimenti  «erariali»,  poi  per  disporre  una
riduzione analoga» sui trasferimenti «statali»: in entrambi i casi «a
qualsiasi titolo spettanti».
    Ugualmente  di  difficile comprensione e' il senso del «principio
di  equilibrio tra lo stock patrimoniale e i flussi dei trasferimenti
erariali».  La stessa «differenza fra la spesa sostenuta nel 2006 per
l'acquisto  da  terzi  di  immobili  e  la  spesa media sostenuta nel
precedente  quinquennio  per  la  stessa  finalita»  appare  casuale:
potrebbe  non esserci alcuna differenza, o potrebbe indifferentemente
esserci  un  aumento  o  una  diminuzione  per  circostanze del tutto
accidentali.  Si  puo'  supporre  che parlando di differenza la norma
sottintenda «in aumento», ma gia' si tratta di mera interpretazione.
    Qualunque  sia  - se ve ne e' uno - il suo esatto significato, la
norma   in   questione  appare  indubbiamente  lesiva  dell'autonomia
finanziaria  assicurata  alla  regione  dallo  statuto  e,  in quanto
occorra,  dall'art. 119  Costituzionale,  per  una  doppia  serie  di
ragioni.
    In  primo  luogo, i «trasferimenti» statali alla regione non sono
altro  che  la  realizzazione  delle  norme statutarie: non si tratta
dunque  di  somme  che  lo  Stato possa discrezionalmente decidere di
ridurre  a  proprio  piacere,  ma  della  semplice  attuazione  dello
Statuto.  Le  somme  spettanti  alla Regione non possono dipendere da
qualunque valutazione si voglia dare del trend di spesa relativa agli
immobili,  ne'  la riduzione dei trasferimenti si giustifica ad alcun
altro titolo.
    In  secondo  luogo,  la  disposizione  si presenta anche come una
compressione  delle  possibili  decisioni  di spesa per il futuro. Se
infatti  si ammette che lo Stato possa ridurre i propri trasferimenti
a  seconda della propria valutazione positiva o negativa in relazione
all'oggetto  della  spesa della Regione, ne risulta un potere statale
di  indirizzo  della  spesa,  che  funziona in modo analogo a vincoli
puntuali  nei  settori di spesa (gia' ritenuti illegittimi da codesta
ecc.ma  Corte costituzionale), e che e' in diretta contraddizione con
il  principio di autonomia delle scelte, a base sia dello statuto che
dei sistema costituzionale dell'autonomia finanziaria regionale.
    Del  resto,  la stessa «esenzione» dal calcolo degli immobili «da
destinare  a sedi di ospedali, ospizi, scuole o asili» (contenuta nel
successivo  comma  25)  costituisce  riprova  di quanto ora affermato
circa l'interferenza nelle autonome scelte di spesa della regione, la
cui  protezione  costituzionale  non  viene, dunque, tenuta in alcuna
considerazione.
    L'illegittimita'    del    comma    24    si    riflette,    poi,
sull'illegittimita'  del  comma  26,  che  prevede  la  soggezione al
monitoraggio  del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  delle
operazioni  immobiliari  di cui sopra e gli oneri di trasmissione dei
dati  relativi  ad  acquisti e vendite degli immobili all'Agenzia del
territorio,  con  conseguente  obbligo  di  segnalazione agili organi
competenti  (Corte  dei  conti) per eventuali responsabilita', e cio'
per   le   medesime  ragioni  sopra  evidenziate,  di  contrasto  con
l'ordinamento  delle  autonomie  e  con la disciplina stabilita dalle
norme   di   attuazione.   In  ogni  caso,  si  tratta  di  oneri  di
comunicazione  arbitrari  ed irrazionali: e' appena il caso di dire -
con  riferimento  al  presunti «fini del monitoraggio degli obiettivi
strutturali di manovra concordati con l'Unione europea» - che in sede
comunitaria  nessuna  attenzione specifica si pone alla questione ...
dell'acquisto di immobili. Inoltre, la «verifica di congruita» di cui
allo  stesso  comma  realizza una forma di controllo del tutto avulsa
dal  sistema  statutario  ed  introduce  un'ingerenza  sull'attivita'
amministrativa  della  regione,  in violazione dell'art. 4 del d.lgs.
n. 266/1992.
    Nel  loro  insieme, dunque, le norme statali di cui ai commi 24 e
26 si pongono in contrasto con il titolo VI del d.P.R. 31 agosto 1972
n. 670,  come modificato dalla legge 30 novembre 1989 n. 386 e con le
relative norme di attuazione; in particolare, con gli artt. 2 e 4 del
d.lgs.  16 marzo 1992, n, 266, con il d.lgs. n. 16 marzo 1992 n. 268,
nonche' con l'alt. 5 della legge n. 386/1989 in uno con l'art. 12 del
d.lgs.  n. 268/1992,  oltre  che  con  il principio di ragionevolezza
delle leggi, che codesta Corte ha individuato come parametro autonomo
di  legittimita',  quanto  alla  correlazione  tra  proporzionalita',
adeguatezza   e  ragionevolezza  delle  scelte  del  legislatore,  in
relazione  agli  obiettivi  (sentenza  n. 175/2005  che  richiama  le
precedenti, 14/2004 e 272/2004).
    Si   noti  che  non  si  contesta  il  dovere  della  regione  di
partecipazione  al  contenimento della spesa pubblica: ma il fatto e'
che  per  tale  finalita'  c'e'  lo  strumento  generale del Patto di
stabilita'   concordato  fra  le  regioni  speciali  e  il  Ministero
dell'economia   e  delle  finanze,  che  non  ha  alcuna  limitazione
finanziaria,  con  la  conseguenza  che  la  norma qui impugnata, che
introduce  misure  di riduzione dei trasferimenti, non solo contrasta
con  lo statuto ma non corrisponde ad alcuna utilita' complessiva, se
applicata alle regioni autonome.
    2. - Illegittimita' costituzionale dei commi da 198 a 204.
    I  commi  da  138  a  150  (che  non costituiscono qui oggetto di
impugnazione)  pongono  le regole del patto di stabilita' interno. In
particolare,  per  quanto riguarda le regioni a statuto speciale e le
province  autonome  il  comma  148  detta  una  specifica disciplina,
secondo  la  quale  le autonomie speciali concordano con il Ministero
dell'economia  il  livello  delle spese correnti e in conto capitale,
nonche'   dei  relativi  pagamenti.  Ancora  piu'  specificamente  e'
previsto  che,  per  quanto  riguarda  la  spesa per il personale, si
faccia riferimento a quanto previsto dai punti 7 e 12 dall'Accordo 28
luglio  2005  stipulato in sede di Conferenza unificata: il punto 12,
in  particolare,  include  nel  sistema  dell'accordo  sul  patto  di
stabilita'  la  spesa  per il personale degli enti strumentali e, per
quanto  riguarda  (fra  gli  altri) la regione autonoma Trentino-Alto
Adige, quella per il personale.
    Con  riferimento  alla  regioni  a statuto ordinario il comma 198
dispone  che  «le  amministrazioni regionali e gli enti locali di cui
all'art.  2,  commi  1  e  2,  del  testo  unico  di  cui  al decreto
legislativo  18  agosto  2000,  n. 267, nonche' gli enti del Servizio
sanitario  nazionale,  fermo restando il conseguimento delle economie
di  cui  all'art.  1,  commi  98 e 107, della legge 30 dicembre 2004,
n. 311,  concorrono  alla  realizzazione  degli  obiettivi di finanza
pubblica  adottando  misure  necessarie  a  garantire che le spese di
personale,   al   lordo   de   gli  oneri  riflessi  a  carico  delle
amministrazioni  e  dell'IRAP,  non  superino per ciascuno degli anni
2006,   2007  e  2008  il  corrispondente  ammontare  dell'anno  2004
diminuito  dell'1  per cento», e che «a tal fine si considerano anche
le  spese  per  il  personale  a  tempo determinato, con contratto di
collaborazione  coordinata  e continuativa, o che presta servizio con
altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni».
    Si   tratta   di  disposizioni  che  appaiono  costituzionalmente
illegittime,   in  quanto  pongono  alle  Regioni  vincoli  puntuali,
anziche' vincoli globali, limitandone l'autonomia (v. tra le altre le
sentenze  n. 417  e  n. 449  del  2005):  ma la regione Trentino-Alto
Adige,  usufruendo  del  particolare meccanismo sopra accennato e non
essendo  espressamente  compresa tra i destinatari del comma 198, non
avrebbe ragioni di lamentare una propria lesione.
    Sennonche',  il  comma  204  stabilisce  che  «alla  verifica del
rispetto  degli adempimenti previsti dal comma 198 si procede, per le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i
comuni  con  popolazione  superiore  a 30.000 abitanti e le comunita'
montane  con  popolazione  superiore a 50.000 abitanti, attraverso il
sistema  di  monitoraggio di cui all'art. 1, comma 30, della legge 30
dicembre  2004,  n. 311, e per gli altri enti destinatari della norma
attraverso   apposita  certificazione,  sottoscritta  dall'organo  di
revisione  contabile,  da  inviare al Ministero dell'economia e delle
finanze,   entro   sessanta   giorni  dalla  chiusura  dell'esercizio
finanziario di riferimento».
    Con  cio'  il  comma  204 non solo sembra intenda applicarsi esso
stesso  anche  alla  regione  autonoma Trentino-Alto Adige, ma sembra
anche  presupporre  l'applicazione  dello stesso comma 198. Il dubbio
tuttavia  e' giustificato, dal momento che il comma 148, nel disporre
il  peculiare  regime  del  patto  di  stabilita'  per  le  autonomie
speciali,  specificamente  vi  include la spesa per il personale, nei
termini previsti dall'Accordo sopra richiamato. Ove i commi 198 e 204
dovessero  considerarsi  applicabili  alla  ricorrente  regione, essi
risulterebbero, in relazione ad essa, costituzionalmente illegittimi.
    In  effetti,  i  vincoli  posti dai commi 198 e 204, ove ritenuti
applicabili   alla  ricorrente  regione  nonostante  le  disposizioni
speciali  di  cui  al comma 148, risulterebbero lesivi dell'autonomia
finanziaria  regionale  sia  per  le stesse ragioni per le quali essi
sono  comunque  illegittimi anche in relazione alle regioni ordinarie
(v.  le  sentenze  sopra richiamate), sia in quanto posti altresi' in
violazione  delle  autonomia  finanziaria  e di bilancio riconosciuta
sulla  base delle regole statutarie di cui al titolo VI del d.P.R. 31
agosto  1972,  n. 670,  ed  alle  relative  norme  d'attuazione  (con
riferimento,  in  particolare  con  gli  articoli 2 e 4 del d.lgs. 16
marzo 1992, n. 266).
    Illegittima  sarebbe  anche  l'applicazione  degli stessi vincoli
agli  enti  locali della regione, sia per l'illegittimita' intrinseca
della  regola  stessa,  sia  per  violazione della potesta' normativa
primaria  in  tema  di  «enti  locali»  che  l'art. 4  dello  Statuto
riconosce  alla  regione  (senza  qui considerare l'ulteriore profilo
della    contraddittorieta'    della    previsione   contestata   con
l'inserimento  di  tali  enti  nell'ambito  del  sistema  finanziario
provinciale:  cfr. artt. 80 e 81 Statuto, nonche' lo stesso comma 148
della finanziaria qui impugnata).
    L'illegittimita'  costituzionale  dei  comma 198, ove inteso come
applicabile  alla  scrivente  regione,  si riflette sulla conseguente
illegittimita'  dei  commi 199, 200, 201 e 202, in quanto applicativi
dei vincoli di cui al 198.
    3. - Illegittimita' dei commi 213, 214 e 216.
    Il  comma  214  impone sostanzialmente alla regione Trentino-Alto
Adige   (in   quanto  rientrante  nel  novero  delle  amministrazioni
pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165/2001) di adottare
le  determinazioni  finalizzate  a  rendere  operativa anche nei loro
riguardi  la  soppressione dell'indennita' di trasferta e delle altre
indennita' indicate al precedente comma 213.
    Cosi'  facendo,  tuttavia,  le  disposizioni  impugnate vengono a
porsi   in   radicale   ed   insanabile  contrasto  con  quanto  gia'
ripetutamente  affermato dalla giurisprudenza costituzionale, secondo
la  quale  e' inammissibile la previsione a livello statale di limiti
di  spesa  «specifici  e  puntuali»  nei  riguardi delle regioni, dai
momento  che  cio' rappresenterebbe «una indebita invasione dell'area
riservata  dall'art. 119  Costituzionale  alle autonomie regionali...
alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri ed obiettivi (ad
esempio  contenimento  della  spesa  pubblica),  ma  non  imporre nel
dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli
obiettivi»   (cosi'   la   sentenza  n. 449/2005  di  codesta  Corte;
analogamente,   cfr.   anche   le  sentenza  nn. 417/2005,  390/2204,
36/2004).
    Di qui la palese illegittimita' dei disposti impugnati
    Parimenti  evidente  e' pure l'incostituzionalita' dei successivo
comma  216, il quale - oltre a violare in generale i sopra menzionati
principi  del  divieto  statale  di  limiti specifici e puntuali alla
spesa  regionale  -  reitera  (ampliandone  la  pure  la portata) una
disposizione  (quella  contenuta  nell'art. 3,  comma 75, della legge
n. 350/2003  -  cioe'  la  legge finanziaria 2004) che codesta ecc.ma
Corte  ha  gia'  ritenuto di dover dichiarare incostituzionale con la
sentenza  n. 449/2005:  di qui la richiesta di annullamento del comma
in questione.