IL TRIBUNALE

    Visti  gli  atti  del  procedimento  a  carico  di Bucci Liliala,
imputata,  in  qualita'  di  agente  della Love Italia s.n.c., per il
reato  di  cui agli artt. 646 e 61 n. 11 c.p. e 485 c.p., la quale, a
mezzo  del  suo  difensore,  ha avanzato richiesta di definizione del
procedimento allo stato degli atti subordinata alla escussione di due
testimoni  sulla  circostanza  che i prodotti di cui alla rubrica non
erano in dotazione ai venditori;
    Preso  atto  della  richiesta  avanzata dal difensore della parte
civile  costituita  di  ammissione  a  prova contraria, nonche' della
richiesta, in caso di diniego, di sollevare questione di legittimita'
costituzionale  relativamente  al  quinto comma dell'art. 438 c.p.p.,
laddove  prevede  che, nella ipotesi di rito abbreviato condizionato,
spetti solo al pubblico ministero la possibilita' di essere ammesso a
prova contraria, in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost.

                            O s s e r v a

    Ritiene questo giudice che la questione prospettata dal difensore
della  parte  civile costituita meriti di essere sottoposta al vaglio
della Corte costituzionale, in quanto fondata e rilevante.
    Invero, l'art. 3 Cost. sancisce il principio della uguaglianza di
ogni cittadino dinanzi alla legge ed il successivo art. 24 conferisce
a  ciascun cittadino il potere di agire in giudizio per la tutela dei
propri diritti, qualificando la difesa come un diritto inviolabile in
ogni stato e grado del procedimento. In base all'art. 111 Cost., come
di    recente   riformulato,   il   processo   deve   svolgersi   nel
contraddittorio  delle  parti, in condizioni di parita' dinanzi ad un
giudice terzo e imparziale.
    Posti   questi  principi  a  fondamento  della  attuazione  della
giurisdizione,  si  rileva  che  nella  ipotesi di richiesta da parte
dell'imputato  di rito abbreviato, e' preclusa ad una delle parti del
processo  -  in  particolare  la  parte  civile  -  la  possibilita',
riconosciuta  solo  al  pubblico ministero, di essere ammessa a prova
contraria   qualora  la  richiesta  stessa  sia  subordinata  ad  una
integrazione probatoria (art. 438, quinto comma, c.p.p.).
    Non  potendo  il  giudice  accogliere  la  richiesta  di giudizio
abbreviato  presentata dall'imputato e nel contempo ammettere l'esame
dei  testimoni,  indicati  dalla  parte  civile,  atteso che la parte
offesa ha solo la facolta' di accettare o meno il rito abbreviato, ma
non  anche  quella  di  formulare istanze probatorie (cfr. in termini
Cass.  pen.,  sez.  II, 10 novembre 2004, n. 320), e' evidente che la
norma  dell'art. 438  c.p.p.,  quinto  comma,  determina  una anomala
sperequazione tra le parti del processo, privando la parte civile del
diritto  di  esercitare  il  contraddittorio  sulle  prove addotte «a
sorpresa»  dalla  controparte.  Tale  diritto, da non intendersi come
mera  facolta'  formale  di  esprimersi,  ma come effettivo potere di
interloquire,  deve  essere  riconosciuto  in via autonoma a ciascuna
delle  parti  processuali,  atteso  che il quinto comma dell'art. 438
c.p.p.  attribuisce al pubblico ministero la facolta' e non l'obbligo
di chiedere l'ammissione a prova contraria. Nel momento in cui ad una
delle  parti  processuali  e' inibito l'esercizio di tale diritto, il
richiamato principio della parita' delle parti, unitamente al diritto
al   contraddittorio,   resta   privo   di  contenuti  concreti,  con
conseguente violazione dell'art. 111 Cost.
    Le  argomentazioni  sviluppate  dalla  Corte costituzionale nella
nota  sentenza  n. 115 del 9 maggio 2001, non riguardano l'ipotesi in
esame,  in quanto in quella occasione la Corte si e' occupata, tra le
altre, delle questioni relative alla eliminazione del contraddittorio
delle  parti  nella  ammissione  al  rito  abbreviato  e alla mancata
previsione   del  potere  del  pubblico  ministero  di  chiedere  una
integrazione  probatoria,  concludendo, nell'affermare l'infondatezza
delle   questioni   stesse,   per   la  ragionevolezza  della  scelta
legislativa  di  non  riconoscere al pubblico ministero il diritto di
chiedere l'ammissione di prove a carico dell'imputato, fermo restando
il  diritto all'ammissione di prova contraria, sul presupposto che il
pubblico  ministero  ha gia' esercitato il potere e assolto al dovere
di   svolgere   tutte   le   attivita'   necessarie  in  vista  delle
determinazioni inerenti l'esercizio dell'azione penale.
    Ribadito  che  non  e' in contrasto con i principi costituzionali
l'attribuzione  al  solo  imputato  della  facolta' di subordinare la
richiesta  di  giudizio  abbreviato ad un'integrazione probatoria, in
coerenza  con  la  posizione  di  maggior  rischio  rivestita da tale
soggetto  processuale,  si  rileva,  proprio  sulla base dei principi
ampiamente ricordati nella citata sentenza, che la mancata previsione
della  ammissione  a  prova contraria della parte civile a seguito di
richiesta  di rito abbreviato condizionato ad integrazione probatoria
determina  una discriminazione tra le parti che si pone in insanabile
contrasto   con   il  principio  enunciato  nell'art. 111  Cost.  del
contraddittorio delle parti nella formazione della prova nel processo
penale.
    Quanto,  infine,  alla  rilevanza  della  questione  proposta con
riferimento al presente giudizio, si osserva che il processo non puo'
essere  definito  indipendentemente dalla soluzione della prospettata
questione  di  legittimita'  costituzionale,  dovendosi prendere atto
che,  a  fronte  della richiesta di rito abbreviato condizionato alla
escussione  di  due  testimoni,  mai escussi nel corso delle indagini
preliminari,   la  pubblica  accusa  ha  esercitato  la  facolta'  di
ammissione  a  prova  contraria,  cosi'  ancor piu' evidenziandosi il
mancato rispetto del principio del contraddittorio.