IL TRIBUNALE Nelle cause riunite ed iscritte ai numeri 4300 e 3165 del ruolo generale dell'anno 2005 ha emesso la seguente ordinanza. 1. - Fausto, Ernesto e Raffaella Beltrami con citazione notificata l'8 giugno 2005 convenivano in giudizio l'avvocato Luigi Fontanella chiedendo al tribunale di accertare l'attivita' svolta dal predetto professionista e di quantificare il compenso «giustamente» spettantegli. La causa veniva iscritta n. 31/65 del ruolo generale affari contenziosi di questo tribunale. Con ricorso depositato il 13 giugno 2005 l'avvocato Luigi Fontanella, premesso di aver svolto attivita' professionale in favore di Fausto, Ernesto e Raffaella Beltrami, otteneva il decreto ingiuntivo n. 1751/05 per euro 191.143,23 contro Raffaella Beltrami, per euro 220.421,99 contro Fausto Beltrami e per euro 43.316,70 contro Ernesto Beltrami. Contro il decreto gli intimati proponevano opposizione notificata il 20 luglio 2005 e - premesso, tra l'altro, che l'attivita' svolta dal professionista non giustificava in alcun modo l'ammontare del compenso richiesto - citavano l'opposto a comparire per l'udienza del 20 ottobre 2005 (assegnando un termine di comparizione di 35 giorni liberi, tenuto conto della sospensione feriale). Il 27 luglio 2005 i Beltrami si costituivano in giudizio nella causa d'opposizione, depositando l'originale della citazione, il fascicolo di parte e la nota di iscrizione. I due giudizi venivano riuniti e all'udienza del 22 dicembre 2005, l'opposto - preliminarmente - chiedeva l'immediata discussione della causa, ai sensi dell'articolo 281-sexies codice di procedura civile, o, in subordine, la concessione della provvisoria esecuzione, sul presupposto che il decreto ingiuntivo fosse passato in giudicato per la tardiva costituzione degli opponenti effettuata oltre il termine di cinque giorni dalla notifica della citazione in opposizione). 2. - Ritiene questo giudice istruttore che nei presenti giudizi riuniti si ponga una questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli articoli 165, 645 e 647 del codice di procedura civile, che appare rilevante ai fini della decisione sia di quella sulla concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, sia di quella definitiva dei giudizi stessi) e non manifestamente infondata. La questione viene ovviamente sollevata sotto un profilo diverso da quello preso in esame dalla Corte con la sentenza n. 239 del 2000 e con l'ordinanza 154 del 2005. 3. - Costituisce ormai orientamento giurisprudenziale assolutamente consolidato quello secondo il quale «nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la riduzione alla meta' del termine di costituzione dell'opponente, ai sensi dell'art. 645, secondo comma, codice di procedura civile, consegue automaticamente al fatto obiettivo della concessione all'opposto di un termine di comparizione inferiore a sessanta giorni, anche se determinata da errore» e che «la tardiva costituzione dell'opponente determina l'improcedibilita' dell'opposizione e legittima la dichiarazione di (definitiva esecutivita' del decreto opposto, non potendo il giudizio di opposizione essere piu' proseguito» (per tutte: Cassazione 4 settembre, 2004 n. 17915). L'interpretazione sopra esposta del combinato disposto degli articoli 165, 645 e 647 puo' considerarsi pacifica, tanto che la regola che impone all'opponente di costituirsi nel ridotto termine di cinque giorni dalla notificazione (per il caso in cui egli abbia assegnato un termine di comparizione inferiore a quello ordinario) puo' oggi considerarsi diritto vivente. 4. - Tale interpretazione, come gia' detto, piu' volte fatta propria, anche recentemente, dalla Corte di cassazione, non appare pero' conforme al dettato costituzionale degli articoli 3, 24 e 111 secondo comma. E' noto infatti che nell'impianto originario del codice di procedura civile del 1942 non vi era citazione a comparire ad udienza fissa, ma l'attore doveva indicare nell'atto introduttivo della lite il termine entro il quale il convenuto doveva costituirsi. Tale impostazione venne modificata con la nota novella del 1950 (legge 14 luglio 1950 n. 581), dove il legislatore introdusse la citazione a comparire ad udienza fissa, stabilendo, mediante il nuovo art. 163-bis del codice di rito, i termini minimi di comparizione. Successivamente, il decreto del Presidente della Repubblica 17 ottobre 1950 n. 857, in sede di coordinamento, modifico' (articolo 13) l'articolo 645 del codice, prevedendo che «i termini di comparizione» - anziche' di costituzione, come disponeva precedentemente la norma - «sono ridotti alla meta». La nuova disposizione dette luogo a difficolta' interpretative: tra i vari problemi, si discuteva anche se, nel rito davanti, al tribunale a causa della dimidiazione ex lege dei termini di comparizione, dovessero considerarsi ridotti anche i termini di costituzione (da dieci e cinque giorni per l'opponente e da cinque a tre giorni per l'opposto). Solo Cassazione 10 gennaio 1955 n. 8 (Foro italiano 1955 I 659) ritenne che la riduzione dei termini di comparizione (indicata nel nuovo testo dell'art. 645 del codice di rito) non avesse alcuna influenza su quelli di costituzione delle parti. La giurisprudenza successiva muto' invece parere ed adotto' una tesi intermedia tra le due estreme - quella della abbreviazione dei termini di costituzione in ogni caso caldeggiata dalla dottrina) e quella della conservazione dei termini ordinari (fatta propria da Cassazione n. 8/55 citata) - stabilendo (con indirizzo seguito ancor oggi) che nell'opposizione a decreto ingiuntivo i termini di costituzione dovevano considerarsi ridotti in tutti i casi in cui l'opponente avesse assegnato all'opposto un termine a comparire inferiore a quello ordinario, che all'epoca (e sino al 30 aprile 1995) era pari a trenta giorni (per tale orientamento si veda Cassazione 17 novembre 1971 n. 3286, in Foro italiano 1972 I 633, con nota). Il supremo collegio (Cassazione 3286/1982 citata) spiego', per ribattere alla tesi caldeggiata dalla dottrina, che imporre alle parti di costituirsi sempre nei termini abbreviati, anche nell'ipotesi in cui l'opponente avesse assegnato un termine ordinario di comparizione (o superiore ad esso), «oltre a non trovare alcun riscontro nel testo della legge, sarebbe contrario allo spirito di essa e privo di alcuna giustificazione razionale», in quanto l'abbreviazione dei termini di costituzione trovava la sua giustificazione nella «esigenza di mantenere un rapporto» tra questi ultimi ed i termini di comparizione assegnati in concreto. Infatti, se l'ingiunto avesse assegnato alla controparte il termine minimo di comparizione quindici giorni: la meta' di quello ordinario vigente all'epoca), aderendo alla tesi della piena conservazione dei termini ordinari di costituzione, l'opponente avrebbe avuto tempo per costituirsi sino a dieci giorni dopo la notificazione del decreto ingiuntivo e l'opposto, volendo costituirsi tempestivamente, lo avrebbe potuto fare solo cinque giorni prima dell'udienza di prima comparizione: con l'ovvia conseguenza che quest'ultimo avrebbe subito una notevole compressione dei propri diritti processuali, in quanto avrebbe potuto prendere visione dei documenti e degli atti prodotti dall'opponente solo dopo la sua costituzione ed avrebbe dovuto costituirsi cinque giorni prima dell'udienza fissata. In sostanza, a conti fatti, il convenuto opposto avrebbe dovuto avere contezza dei documenti e degli atti di contro-parte e quindi preparare la propria difesa nell'arco di un'unica giornata, identificabile col quinto giorno anteriore all'udienza di prima comparizione. A tale inconveniente (che avrebbe comportato una evidente lesione dei diritti difensivi dell'opposto), la giurisprudenza pose rimedio sancendo - come si e' visto - la riduzione dei termini di costituzione, che pertanto venivano portati a cinque per l'opponente ed a tre per l'opposto, stabilendo tra i due termini di comparizione e costituzione) quel rapporto cui facevano cenno le sentenze della Suprema corte sopra menzionate. 5. - Questo impianto, nonostante le modifiche introdotte dalla c.d. novella del 1990, e' rimasto sostanzialmente inalterato nonostante l'allungamento del termine minimo di comparizione, portato, dall'art. 163-bis del codice di procedura civile, a sessanta giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia ed a centoventi se esso e' all'estero. Infatti, mentre il termine ordinario di costituzione dell'attore e' rimasto invariato (dieci giorni), al convenuto e' stato concesso un diverso termine ordinario di costituzione (venti giorni prima dell'udienza): con la conseguenza che anche oggi rimane la necessita' di raccordo dei termini di comparizione e costituzione. Ritiene tuttavia questo giudice che l'interpretazione data dalla giurisprudenza al disposto degli articoli 165, 645 e 647 del codice di procedura civile, nonostante sia stata dettata al fine di preservare i diritti difensivi dell'opposto, risulti eccessivamente ed ingiustificatamente gravosa per l'opponente. Quest'ultimo, infatti, rimane obbligato alla costituzione entro cinque giorni dalla notificazione della citazione, a pena di improcedibilita' stessa dell'opposizione, anche quando assegni al convenuto un termine a comparire superiore a quello minimo di legge (pari a 15 giorni prima del 30 aprile 1995 e oggi pari a 30 giorni). Da quanto sopra esposto e' agevole osservare che l'esigenza di raccordo dei termini di costituzione con quelli di comparizione si pone, nel processo ordinario come nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, non tanto quando sia stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello ordinario, bensi' quando sia stato assegnato esattamente il termine minimo a comparire: solo in tal caso infatti sorge quell'esigenza concreta di raccordo dei termini di costituzione a quelli di comparizione, dalla cui mancanza discenderebbe invece la lesione o la eccessiva compressione dei diritti di difesa del convenuto opposto. Al contrario, quando il termine di comparizione e' pari o superiore a quello ordinario, oppure, quando detto termine, pur essendo inferiore a quest'ultimo, supera il minimo di legge oggi: trenta giorni non sussiste alcuna ragione per imporre alla parte opponente l'onere di compiere un'attivita' processuale in un termine oltremodo breve, a pena di improcedibilita' stessa dell'opposizione, in quanto, in tale ipotesi, il convenuto opposto conserva pur sempre un ragionevole lasso di tempo per predisporre le sue difese. E' dunque palese che - nel caso di assegnazione di un termine di comparizione inferiore a quello ordinario, ma superiore a quello minimo di trenta giorni - l'onere processuale posto a carico dell'opponente di costituirsi entro cinque giorni dalla notifica della citazione (dies a quo che decorre, secondo Corte costituzionale 154 del 2005 e 239 del 2000, dal giorno della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario) a pena di improcedibilita' dell'opposizione a decreto ingiuntivo, appare ridotto ad una mera formalita', priva di qualsiasi ragione processuale per usare i termini di Cassazione 3286/71 citata, quando contrastava la tesi sostenuta dalla dottrina), non servendo - per i motivi piu' sopra esposti - ne' a coordinare il termine di costituzione dell'opponente con quello dell'opposto, ne' a dare al processo un impulso particolare, quanto meno nella sua fase iniziale (in considerazione del raddoppio del termine minimo di comparizione introdotto con la riforma processuale del 1990). Tale sperequato trattamento processuale della parte opponente - senza alcuna concreta utilita' per la parte opposta - e' maggiormente evidente nel caso in cui l'intimato assegni al convenuto un termine a comparire di 59 giorni, magari per mero errore di calcolo ossia di un solo giorno inferiore rispetto a quello ordinario). In tal caso - dato che, secondo la gia' menzionata e consolidata giurisprudenza di legittimita', la dimidiazione del termine di costituzione dell'ingiunto consegue automaticamente al fatto oggettivo della concessione di un termine di comparizione inferiore a sessanta giorni, anche se tale assegnazione e' stata determinata da svista - si fa gravare sull'opponente un obbligo processuale (costituzione entro cinque giorni dalla notifica) che appare sproporzionato rispetto alle facolta' concesse all'opposto) il quale vedrebbe addirittura prolungato il tempo concessogli per la sua costituzione, da venti a dieci giorni prima dell'udienza [articolo 166]) e rispetto alle esigenze di spedita definizione dell'intera lite o, quanto meno, della fase iniziale di essa (nella quale, com'e' noto, vengono solitamente assunti dal giudice istruttore i provvedimenti di cui agli articoli 648 e 649 codice di procedura civile). 7. - In conclusione, il combinato disposto degli articoli 165, 645 e 647 del codice di procedura civile appare contrario agli articoli 3, 24 e 111 secondo comma della Costituzione sotto i seguenti profili: a) in quanto fa gravare sull'opponente a decreto ingiuntivo l'obbligo di compiere un'attivita' processuale (costituzione) nel termine di cinque giorni, in se' eccessivamente breve (contrarieta' all'articolo 24); b) in quanto fa gravare sull'opponente a decreto ingiuntivo l'obbligo di compiere un'attivita' processuale (costituzione) in un termine irragionevole, posto che, anche assolvendo a tale obbligo, non consegue la celere definizione della controversia o, quanto meno, della fase iniziale della stessa (tenuto conto dei maggiori termini minimi di comparizione introdotti con la legge 353 del 1990) (contrarieta' agli articoli 3 e 24); c)in quanto fa gravare sull'opponente a decreto ingiuntivo l'obbligo di compiere un'attivita' processuale (costituzione) in un termine irragionevole, dato che solo in caso di assegnazione del termine minimo a comparire (30 giorni) sussiste la necessita' di coordinare i tempi di costituzione dell'opponente e dell'opposto nel senso esposto al precedente paragrafo 4 (contrarieta' agli articoli 3 e 24); d) in quanto fa gravare sull'opponente a decreto ingiuntivo l'obbligo di compiere un'attivita' processuale (costituzione) entro un termine eccessivamente breve (cinque giorni dalla notifica) rispetto a quello di controparte (dieci giorni prima dell'udienza), ponendo cosi' irrazionalmente i soggetti del processo (ingiunto ed opposto) in una posizione di disuguaglianza processuale (contrarieta' all'articolo 111 secondo comma Costituzione).