ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 3, secondo
comma,  della  legge  20 ottobre  1982,  n. 773  (Riforma della Cassa
nazionale di previdenza e assistenza a favore dei geometri), promosso
dal  Tribunale di Cuneo, nel procedimento civile vertente tra A. B. e
la  Cassa  italiana  di  previdenza ed assistenza dei geometri liberi
professionisti,  con  ordinanza  del 9 marzo 2004, iscritta al n. 460
del  registro  ordinanze  2004  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della  Repubblica,  1ª serie speciale - edizione straordinaria, del 3
giugno 2004.
    Visto l'atto di costituzione della Cassa italiana di previdenza e
assistenza dei geometri liberi professionisti;
    Udito  nell'udienza pubblica del 7 marzo 2006 il giudice relatore
Francesco Amirante;
    Uditi  gli  avvocati  Maurizio  Cinelli e Bruno Sconocchia per la
Cassa  italiana  di  previdenza  e  assistenza  dei  geometri  liberi
professionisti.

                          Ritenuto in fatto

    1.-  Nel  corso  di  una  controversia  di  natura  previdenziale
promossa   nei  confronti  della  Cassa  italiana  di  previdenza  ed
assistenza  dei geometri liberi professionisti, il Tribunale di Cuneo
ha   sollevato,   in   riferimento  all'art. 4,  primo  comma,  della
Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 3,
secondo  comma,  della  legge  20 ottobre 1982, n. 773 (Riforma della
Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei geometri).
    Premette  in  punto di fatto il giudice a quo che il ricorrente -
avendo maturato quarant'anni di iscrizione ed effettiva contribuzione
in  favore della citata Cassa ed avendo compiuto il sessantesimo anno
di  eta' - aveva chiesto la liquidazione della pensione di anzianita'
dopo  essersi cancellato dal relativo albo professionale, mantenendo,
peraltro,  l'iscrizione  all'albo degli architetti. Con provvedimento
del  23 aprile 2003 la Cassa gli aveva comunicato che la pensione gli
era  stata  liquidata  con  decorrenza  dal  1° gennaio  2003, ma che
l'erogazione  del  trattamento  era  sospesa ai sensi dell'art. 3 del
regolamento  di previdenza della Cassa medesima, stante la situazione
di incompatibilita' determinata dalla permanente iscrizione nell'albo
degli architetti.
    Nel   giudizio  promosso  per  vedersi  riconosciuto  il  diritto
all'effettiva  percezione della pensione di anzianita', il ricorrente
ha  prospettato l'illegittimita' costituzionale della disposizione in
esame,  perche' nel sistema previdenziale dei geometri la pensione di
anzianita' non si converte in pensione di vecchiaia al raggiungimento
della  relativa  eta', con la conseguenza che il geometra titolare di
detto trattamento vede limitata in via definitiva la sua possibilita'
di   lavorare.   La   Cassa  convenuta  ha  rilevato,  peraltro,  che
l'incompatibilita' tra la pensione di anzianita' e l'iscrizione ad un
qualsiasi  albo  professionale  e'  prevista  dall'art. 3 del proprio
regolamento di previdenza, cosi' come introdotto con la deliberazione
n. 18   del  22 dicembre  1997,  sicche'  l'eventuale  illegittimita'
costituzionale  della norma impugnata non muterebbe la situazione del
ricorrente,  stante  la  piena  applicabilita' della menzionata norma
regolamentare.
    Tutto  cio'  premesso,  il Tribunale di Cuneo osserva che - dando
per  pacifica  la  natura  di  ente di diritto privato della Cassa di
previdenza  in questione, secondo il disposto del decreto legislativo
30  giugno 1994,  n. 509,  e  riconoscendo  l'espressa  previsione di
incompatibilita'  di  cui  all'art. 3  del  regolamento  citato  - in
effetti  e'  l'art. 3,  secondo  comma, della legge n. 773 del 1982 a
disporre  che  la pensione di anzianita' non possa essere corrisposta
al  geometra  in  caso  di  persistente  iscrizione  a qualsiasi albo
professionale  o  elenco  di  lavoratori autonomi o di svolgimento di
qualsiasi attivita' di lavoro dipendente; cio' comporta che il dubbio
di   legittimita'   costituzionale   su   tale   norma  e'  rilevante
nell'attuale  controversia,  senza che possa ricondursi alcun effetto
alla  mancata impugnazione, da parte del ricorrente, della menzionata
norma  regolamentare,  in  quanto  la  declaratoria di illegittimita'
della   disposizione   censurata  «produrrebbe  i  suoi  effetti  sui
provvedimenti  adottati in conformita' alla stessa ed alla successiva
disciplina regolamentare, determinandone la conseguente invalidita».
    In  ordine  poi alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo
ravvisa  un contrasto tra la norma impugnata e l'art. 4, primo comma,
Cost., richiamando le precedenti sentenze n. 73 del 1992 e n. 437 del
2002 di questa Corte; mentre, infatti, nel sistema dell'assicurazione
generale  obbligatoria  la  pensione di anzianita' e' equiparata alla
pensione  di  vecchiaia  quando  il  pensionato raggiunge la relativa
eta',  cio'  non  avviene  per  i geometri, con la conseguenza che la
titolarita'  di detto trattamento si risolve, a detta del remittente,
in «una limitazione eccessivamente gravosa e a tempo indefinito della
possibilita' di lavoro» di coloro i quali si trovano nella situazione
del ricorrente.
    2. - Si e' costituita in giudizio la Cassa italiana di previdenza
ed  assistenza a favore dei geometri liberi professionisti, chiedendo
che la questione venga dichiarata inammissibile o comunque infondata.
    La   Cassa   ricapitola   i   termini  in  fatto  della  vicenda,
evidenziando  di  aver  deliberato  la liquidazione della pensione di
anzianita'  in  favore  del  ricorrente  con  contestuale sospensione
dell'erogazione  dei  relativi  ratei;  cio' in forza del gia' citato
art. 3   del   regolamento  di  previdenza  della  Cassa,  nel  testo
risultante  dalla  modifica  introdotta  con  deliberazione n. 18 del
22 dicembre 1997.
    Cio'  premesso,  la  parte  costituita osserva che l'ordinanza di
rimessione  erroneamente  si  richiama  alla  disposizione  censurata
anziche'  alla  menzionata  norma regolamentare; a suo dire, infatti,
l'art. 3  della legge n. 773 del 1982 integra una condizione ostativa
all'acquisto  del diritto a pensione, mentre la norma del regolamento
di  previdenza  della  Cassa  stabilisce  una  mera  sospensione  del
trattamento   medesimo  che  lascia  inalterata  la  titolarita'  del
diritto.  Da  tanto  deriverebbe, in primis, l'inammissibilita' della
prospettata    questione    per   insufficiente   e   contraddittoria
ricostruzione   del   quadro  normativo,  in  quanto  l'ordinanza  di
rimessione  avrebbe  omesso  di tenere nella dovuta considerazione le
discipline  regolamentari  introdotte  dalla  Cassa  di  previdenza a
seguito  della  privatizzazione di cui al d.lgs. n. 509 del 1994; nel
caso  di  specie, infatti, la Cassa afferma di non aver mai invocato,
nel  giudizio  a quo, l'applicabilita' della disposizione censurata e
di  aver  anzi  provveduto  alla  liquidazione  della pensione, cosi'
riconoscendo l'esistenza del diritto. In tal modo essa, richiamandosi
all'art. 3,  comma 5,  del  proprio  regolamento  di  previdenza,  ha
stabilito  il  diverso  e  piu' limitato effetto della inesigibilita'
della pensione di anzianita', destinato a venir meno al cessare della
causa    di    incompatibilita';    un'eventuale    declaratoria   di
illegittimita'  costituzionale  della  norma impugnata, pertanto, non
farebbe  comunque  venire  meno  il  provvedimento di sospensione del
trattamento  di  quiescenza  disposto  dalla  Cassa. D'altra parte la
potesta'  regolamentare  degli enti privatizzati e' stata ribadita da
numerose  norme  -  l'ultima delle quali e' l'art. 44, comma 7, della
legge  27 dicembre  2002,  n. 289 - ed i regolamenti della Cassa sono
stati  approvati  dal  Ministero  competente  alla vigilanza, secondo
quanto disposto dall'art. 3 del d.lgs. n. 509 del 1994.
    Passando  infine al merito della questione, la parte sostiene che
nessuna  violazione  dell'art. 4  Cost.  puo'  farsi  derivare  dalla
disposizione  denunciata,  poiche'  questa  Corte  si  e'  piu' volte
pronunciata  nel  senso di riconoscere la legittimita' costituzionale
di   numerose   norme  che  stabiliscono  l'incompatibilita'  tra  la
titolarita' di una pensione - in particolare quella di anzianita' - e
lo  svolgimento  di  un'attivita'  lavorativa.  Sono state dichiarate
infondate,  in  particolare,  le  questioni  relative  alle norme che
prevedono  il  divieto  di  cumulo della pensione di anzianita' con i
redditi   di   lavoro  dipendente,  anche  con  espresso  riferimento
all'art. 4  della  Costituzione  (si  richiama,  in  particolare,  la
sentenza   n. 416   del  1999).  Da  tanto  conseguirebbe,  comunque,
l'infondatezza della questione in oggetto.

                       Considerato in diritto

    1. -  Il  Tribunale  di  Cuneo dubita, in riferimento all'art. 4,
primo  comma,  della  Costituzione, della legittimita' costituzionale
dell'art. 3,  secondo  comma,  della  legge  20 ottobre  1982, n. 773
(Riforma  della  Cassa  nazionale di previdenza e assistenza a favore
dei  geometri), il quale, nel disciplinare la pensione di anzianita',
prevede  che  «la  corresponsione  della pensione e' subordinata alla
cancellazione   dall'albo   dei  geometri  ed  e'  incompatibile  con
l'iscrizione  a  qualsiasi  albo professionale o elenco di lavoratori
autonomi e con qualsiasi attivita' di lavoro dipendente».
    Secondo  il  giudice  a  quo,  tale disposizione - inserita in un
sistema,  quale  quello  previdenziale  dei  geometri,  in cui non e'
prevista  la  trasformazione della pensione di anzianita' in pensione
di  vecchiaia  -  comporta una limitazione eccessivamente gravosa e a
tempo  indefinito  della possibilita' di lavoro del geometra titolare
di  pensione  di  anzianita',  in  contrasto  con  il precetto di cui
all'art. 4 della Costituzione.
    2. -  In  via  preliminare, si rileva che non puo' essere accolta
l'eccezione  di  inammissibilita'  della questione, prospettata dalla
difesa  della  Cassa  sotto  il  profilo del difetto di rilevanza, in
quanto  il  diritto  alla  pensione  non  e' stato negato al geometra
attore  nel  giudizio  di merito, ma ne e' stata soltanto disposta la
sospensione  sulla base della clausola prevista dal regolamento della
Cassa stessa..
    Infatti   il  giudice  remittente,  cui  spetta  il  giudizio  di
rilevanza  essendone  rimesso  a  questa  Corte il controllo sotto il
profilo  della  implausibilita'  o  della contraddittorieta' rispetto
alle risultanze degli atti, ha osservato che la sospensione stabilita
dal   regolamento   e   in   concreto  imposta  e'  conseguente  alla
disposizione  di  legge  censurata  e  destinata  a cadere in caso di
dichiarazione di illegittimita' di quest'ultima.
    Siffatta  motivazione, conforme a quanto gia' sostenuto da questa
Corte    (sentenza    n. 437    del    2002)    ed   all'orientamento
giurisprudenziale prevalente, non e' implausibile.
    3. - Nel merito, la questione e' fondata.
    Questa  Corte  e'  gia'  stata chiamata a scrutinare disposizioni
analoghe  a quella in esame, concernenti la disciplina della pensione
di anzianita' di altre categorie professionali, e ne ha dichiarato la
illegittimita'  costituzionale.  E,  se  e' vero che in quei casi era
stata  rilevata la contrarieta' delle norme censurate al parametro di
cui  all'art. 3  Cost., non evocato dall'attuale remittente, e' anche
vero  che  ne  fu affermata la illegittimita' anche per la violazione
dell'art. 4,  primo  comma,  Cost., in ragione della compressione del
diritto  al lavoro, come nel caso in esame (sentenze n. 73 del 1992 e
n. 437 del 2002).
    La  Corte,  poiche'  non rinviene argomenti che possano indurre a
discostarsi   dall'orientamento  espresso  con  le  sentenze  citate,
ritiene che esso debba essere ribadito.