ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 32, commi 1 e
2, della legge della Regione Piemonte 8 gennaio 2004, n. 1 (Norme per
la  realizzazione  del  sistema  regionale  integrato di interventi e
servizi  sociali  e  riordino  della  legislazione  di  riferimento),
promosso  con  ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri
notificato  il 15 marzo 2004, depositato in cancelleria il successivo
24 marzo ed iscritto al n. 43 del registro ricorsi 2004.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte;
    Udito nell'udienza pubblica del 21 marzo 2006 il giudice relatore
Paolo Maddalena;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato Paolo Cosentino per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Anita Ciavarra per la Regione
Piemonte.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  notificato  il 15 marzo 2004 e depositato in
cancelleria  il  24 marzo  2004,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  ha  sollevato,  in  riferimento  agli artt. 33 e 117, terzo
comma,  della  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 32,  commi 1  e  2,  della  legge  della  Regione  Piemonte
8 gennaio   2004,  n. 1  (Norme  per  la  realizzazione  del  sistema
regionale  integrato di interventi e servizi sociali e riordino della
legislazione di riferimento).
    Osserva  il  ricorrente  che  il nuovo testo dell'art. 117, terzo
comma,  della  Costituzione  colloca  le «professioni» tra le materie
oggetto  di  potesta'  legislativa  concorrente.  In  questa materia,
pertanto,  spetta  allo Stato la determinazione, per via legislativa,
dei   principi   fondamentali,   mentre   alle   Regioni  compete  la
determinazione   della  disciplina  di  dettaglio.  Cosi'  -  ricorda
l'Avvocatura  generale  dello  Stato  -  si  sarebbe  espresso, in un
recente  parere,  il  Consiglio  di  Stato,  affermando che nel nuovo
sistema  di  legislazione  concorrente spetta allo Stato il potere di
determinare  i  tratti  della  disciplina  che  richiedono,  per  gli
interessi  indivisibili da realizzare, un assetto unitario, mentre va
riconosciuto   alla  legge  regionale  il  compito  di  dare  vita  a
discipline  diversificate  che  si  innestino nel tronco dell'assetto
unitario espresso a livello di principi fondamentali.
    Secondo   il   ricorrente,  appartiene  alla  determinazione  dei
principi  fondamentali  l'individuazione,  per  ciascuna professione,
quanto  meno del contenuto e del corrispondente titolo professionale;
tanto  piu' che, ai sensi dell'art. 33 della Costituzione, la materia
degli  esami  di Stato rientra nell'ambito della potesta' legislativa
esclusiva  dello  Stato,  con  la  conseguenza che per le professioni
regolamentate,  alle  quali  si  accede  con  un  esame  di Stato, la
disciplina  dei  titoli  che  danno accesso alla professione, nonche'
quella  dei  relativi  percorsi formativi, e' di esclusiva competenza
statale.
    L'art. 32,  comma 1,  della legge regionale impugnata prevede che
«la  Regione  individua  le  [...]  figure  professionali dei servizi
sociali»   indicate   alle   lettere a),  b),  c),  e  d);  l'ambigua
espressione   «individua»,  ad  avviso  del  ricorrente,  sembrerebbe
riservare  alla  Regione la determinazione dei titoli professionali e
dei  correlativi  contenuti  della  professione,  in contrasto con il
riparto  di competenze previsto dall'articolo 117, terzo comma, della
Costituzione in materia di professioni.
    In  particolare,  le professioni di cui all'articolo 32, comma 1,
lettere a)  e  b)  -  assistenti sociali ed educatori professionali -
sono   gia'   regolamentate  nell'ambito  della  disciplina  statale,
rispettivamente  con  la  legge 23 marzo 1993, n. 84 e con il decreto
ministeriale   8 ottobre   1998,   n. 520,   emanato   in  attuazione
dell'articolo 6,  comma 3,  del decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 502.
    A  sua volta, l'art. 32, comma 2, della medesima legge regionale,
disciplinando  i  titoli  di  studio  necessari per l'esercizio della
professione  di educatore professionale, si porrebbe in contrasto con
la  legislazione  statale  vigente in materia. Infatti l'art. 5 della
legge  10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie
infermieristiche,  tecniche  della  riabilitazione, della prevenzione
nonche' della professione ostetrica) prevede una specifica formazione
universitaria  ed  un  esame conclusivo abilitante per le professioni
sanitarie   ivi   previste;   tra   tali  professioni  rientra  anche
l'educatore  professionale,  ai  sensi  dell'art. 3,  lettera h), del
decreto ministeriale 29 marzo 2001.
    L'Avvocatura rileva che con decreti ministeriali di data 2 aprile
2001  sono  stati  disciplinati  i  percorsi formativi previsti dalla
legge n. 251 del 2000, determinandosi le classi di laurea e di laurea
specialistica   i  cui  corsi  si  concludono  con  un  esame  finale
abilitante.  E  siccome  tale esame conclusivo dei percorsi formativi
rappresenta,  a  tutti  gli  effetti, un esame di Stato, di esclusiva
competenza  statale,  la norma denunciata, nel prevedere quali titoli
idonei  per  l'accesso alla professione titoli diversi da quelli gia'
disciplinati  nei  decreti  ministeriali  2 aprile  2001  - titoli di
formazione  regionale  e titoli universitari senza alcun esame finale
abilitante   -   si   porrebbe   in  contrasto  con  l'art. 33  della
Costituzione.
    Ad   avviso  del  ricorrente,  anche  qualora  si  ammettesse  la
possibilita',   per   le   Regioni,   di   individuare  nuove  figure
professionali  dei  servizi sociali, in ogni caso non potrebbe essere
consentito   alle   Regioni  di  disciplinare  ex  novo  figure  gia'
esistenti,  per  le  quali  le disposizioni vigenti hanno previsto la
formazione  universitaria  e  l'abilitazione  a  seguito  di esame di
Stato,  in  termini  tali  da  svalutare la figura professionale e il
relativo   titolo.   Con   cio'   si  determinerebbe  una  disparita'
ingiustificata  tra  i  possessori del medesimo titolo professionale:
coloro,  infatti,  che avessero legittimamente conseguito tale titolo
previo percorso formativo superiore ed esame di Stato si troverebbero
a  subire  la concorrenza di soggetti in possesso del medesimo titolo
con  contenuto  formativo  di  livello  inferiore.  Tale  situazione,
inoltre,  potrebbe indurre in inganno l'utenza, indotta a ritenere di
livello  universitario  un  professionista  munito,  invece, del solo
diploma di scuola superiore, con conseguente violazione del principio
di   «tutela   dell'utenza»,   che   rappresenterebbe   il  principio
fondamentale  posto  dalle  leggi  statali  in  materia  di attivita'
professionali.
    Al  riguardo,  la difesa del Presidente del Consiglio richiama la
sentenza di questa Corte n. 353 del 2003, con cui e' stata dichiarata
costituzionalmente  illegittima,  per contrasto con l'art. 117, terzo
comma, della Costituzione, la legge della Regione Piemonte 24 ottobre
2002,  n. 25,  che istituiva e disciplinava nuove professioni, aventi
ad oggetto pratiche terapeutiche non convenzionali.
    2.  - Nel giudizio dinanzi alla Corte si e' costituita la Regione
Piemonte, concludendo per la non fondatezza della questione.
    La legge della Regione Piemonte n. 1 del 2004 - osserva la difesa
regionale  - disciplina l'organizzazione sul territorio regionale del
sistema  integrato dei servizi sociali e la prestazione di interventi
a  favore  della  collettivita',  in  attuazione  della  legge quadro
8 novembre 2000, n. 328.
    L'art. 32 e' dedicato al personale dei servizi sociali.
    Contrariamente  a  quanto  ritenuto dal ricorrente, il comma 1 di
tale  disposizione  - secondo la Regione - si limiterebbe ad indicare
le  categorie  professionali  operanti  nel  sistema  piemontese  dei
servizi  sociali,  senza  alcun  intento  creativo  di  nuove  figure
professionali,  ma  semplicemente «allo scopo di identificare in modo
chiaro  quelle  legittimamente  operanti  in  base  alla legislazione
vigente,  in  un  settore  nel  quale  carenze  di regolamentazione e
sovrapposizioni   di   normative  diverse  non  sempre  adeguatamente
coordinate possono determinare incertezze applicative».
    Il  dubbio  di  legittimita'  costituzionale sarebbe suggerito da
un'erronea  interpretazione, che invece, ad avviso della Regione, non
troverebbe  fondamento  ne'  nella  lettera  ne'  nello spirito della
norma.
    Infondata  sarebbe  del  pari  la  questione  relativa al comma 2
dell'art. 32:  con  esso la Regione non avrebbe disciplinato i titoli
di   studio   necessari   per  esercitare  l'attivita'  di  educatore
professionale,  ma  avrebbe  soltanto  indicato i titoli che, in base
alla  disciplina  legislativa vigente, occorre possedere per svolgere
il compito di educatore professionale nei servizi sociali.
    Il   ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  farebbe  esclusivo
riferimento  alla  legge  n. 251  del 2000 ed al decreto ministeriale
29 marzo 2001, con richiamo all'art. 6 del decreto legislativo n. 502
del 1992 ed al decreto ministeriale n. 520 del 1998, che disciplinano
la  figura  dell'educatore  professionale  prevista  nell'ambito  dei
servizi  sanitari  e  che  l'art. 32,  comma 2, della legge regionale
contempla alla lettera c).
    Ma  il  ricorrente  erroneamente  non  considererebbe  la  figura
dell'educatore professionale nei servizi sociali, munito in base alle
leggi   vigenti   di  altri  titoli,  quali:  la  laurea  in  scienze
dell'educazione  -  indirizzo educatore professionale extrascolastico
(decreto  ministeriale 4 agosto 2000 - classe di laurea 18), indicata
nella  lettera b)  della  disposizione  denunciata;  i  diplomi e gli
attestati  di qualifica di educatore professionale conseguiti con gli
specifici   corsi   di   formazione   post-secondaria   regionale  ed
universitaria  gia'  espletati  in  base  alla  normativa  precedente
(decreto   ministeriale   10 febbraio   1984;   decreto  ministeriale
27 luglio  2000;  legge  21 dicembre  1978,  n. 845),  indicati nella
lettera a) del medesimo art. 32.
    Ad  avviso  della  Regione,  pertanto,  la  norma  denunciata non
confliggerebbe   con   la   legislazione   statale  in  materia,  non
determinando  alcuna  dequalificazione  di  figure  professionali ne'
inducendo  confusione  nell'utenza dei servizi sociali, limitandosi a
confermare,  per il personale che deve operare nei servizi sociali, i
titoli  occorrenti  per  lo  svolgimento  dell'attivita' di educatore
professionale nei servizi sociali stessi.
    3.   -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  Regione  Piemonte  ha
depositato una memoria illustrativa.
    La   Regione   ribadisce  che  l'art. 32,  comma 1,  della  legge
regionale  n. 1  del  2004  si  limiterebbe  ad indicare le categorie
professionali  operanti  nel  sistema piemontese dei servizi sociali,
senza intento di creare nuove figure professionali.
    Quanto alla figura dell'educatore professionale, la Regione, dopo
avere  ripercorso  la  stratificata disciplina normativa, sia statale
che  regionale,  in  materia,  sostiene  che  l'art. 32, comma 2, non
avrebbe   dettato  una  nuova  disciplina  del  titolo  di  educatore
professionale,   ne'   nuovi   requisiti   per  l'esercizio  di  tale
professione,  ma si sarebbe limitato ad indicare i titoli che in base
alla   disciplina  legislativa  vigente  consentono  di  svolgere  le
funzioni di educatore professionale nei servizi sociali. In sostanza,
la disposizione denunciata avrebbe lo scopo di ricapitolare l'attuale
situazione,  con l'intento di fornire ai servizi territoriali ed agli
operatori   riferimenti   certi   ed   esaurienti   per   individuare
correttamente  il  personale  attualmente  abilitato  ad  operare nei
servizi sociali.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La questione di legittimita' costituzionale, sollevata dal
Presidente  del  Consiglio dei ministri, investe l'art. 32, commi 1 e
2, della legge della Regione Piemonte 8 gennaio 2004, n. 1 (Norme per
la  realizzazione  del  sistema  regionale  integrato di interventi e
servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento).
    Il  comma 1  della  disposizione  denunciata  individua le figure
professionali   dei  servizi  sociali,  includendovi  gli  assistenti
sociali,  gli  educatori professionali, gli operatori socio-sanitari,
gli  assistenti  domiciliari  e  dei servizi tutelari e gli animatori
professionali socio-educativi.
    Il  comma 2  della  medesima  disposizione, a sua volta, indica i
titoli il cui possesso e' richiesto per l'esercizio della professione
di educatore professionale. Essi sono, alternativamente:
        a)  il  diploma  o  l'attestato  di  qualifica  di  educatore
professionale   o   di   educatore   specializzato   o  altro  titolo
equipollente  conseguito  in  esito  a  corsi  biennali  o  triennali
post-secondari,    riconosciuti    dalla    Regione    o   rilasciati
dall'universita';
        b) la laurea in scienze dell'educazione - indirizzo educatore
professionale   extrascolastico,  indirizzo  e  curriculum  educatore
professionale;
        c)  la  laurea di educatore professionale conseguita ai sensi
del  decreto ministeriale 8 ottobre 1998, n. 520 (Regolamento recante
norme  per  l'individuazione  della  figura  e  del  relativo profilo
professionale  dell'educatore  professionale,  ai  sensi dell'art. 6,
comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502).
    Ad  avviso  del Presidente del Consiglio dei ministri, l'art. 32,
comma 1,   della   legge   della   Regione  Piemonte  n. 1  del  2004
contrasterebbe  con  l'art. 117,  comma  terzo,  della  Costituzione,
giacche' l'ambigua espressione «individua» sembrerebbe riservare alla
Regione  la determinazione dei titoli professionali e dei correlativi
contenuti   della   professione,  in  contrasto  con  il  riparto  di
competenze   previsto   dalla  norma  costituzionale  in  materia  di
professioni.
    Inoltre,   secondo   il  ricorrente,  l'art. 32,  comma 2,  della
medesima  legge  regionale,  nel  prevedere  quali  titoli idonei per
l'accesso  alla professione di educatore professionale titoli diversi
da   quelli  gia'  richiesti  dalla  disciplina  statale  (titoli  di
formazione  regionale  e titoli universitari senza alcun esame finale
abilitante),   violerebbe   l'art. 117,  terzo  comma,  Costituzione,
perche'  apparterrebbe  alla determinazione dei principi fondamentali
l'individuazione, per ciascuna professione, quanto meno del contenuto
e   del   corrispondente  titolo  professionale;  e  si  porrebbe  in
contrasto,  altresi',  con  l'art. 33  della Costituzione, perche' la
materia  degli esami di Stato rientrerebbe nell'ambito della potesta'
legislativa  esclusiva  dello  Stato,  con  la conseguenza che per le
professioni  regolamentate,  alle  quali  si  accede  con un esame di
Stato,  la  disciplina dei titoli che danno accesso alla professione,
nonche'  quella  dei  relativi  percorsi  formativi,  e' di esclusiva
competenza statale.
    2. - Le questioni sono fondate.
    2.1. - Occorre premettere che l'art. 32 della legge della Regione
Piemonte  n. 1  del  2004,  dedicato  alle  figure  professionali che
operano  nei  servizi  sociali,  va  ricondotto  alla  materia  delle
«professioni»,  appartenente alla competenza legislativa concorrente,
ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
    2.2.  -  Alla  stregua  di  quanto affermato in materia da questa
Corte,  occorre ribadire che - spettando allo Stato la determinazione
dei  principi  fondamentali  nelle  materie di competenza concorrente
previste dall'art. 117, terzo comma, della Costituzione - qualora non
ne  siano  stati  formulati  di nuovi, la legislazione regionale deve
svolgersi  (ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 5 giugno 2003,
n. 131)  nel  rispetto  di  quelli  risultanti  anche dalla normativa
statale in vigore (sentenza n. 355 del 2005).
    Parimenti,  va  riaffermato che la potesta' legislativa regionale
nella  materia  concorrente  delle  «professioni»  deve rispettare il
principio  secondo  cui  l'individuazione delle figure professionali,
con  i  relativi  profili e i titoli abilitanti, e' riservata, per il
suo  carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella
competenza   delle  Regioni  la  disciplina  di  quegli  aspetti  che
presentano  uno specifico collegamento con la realta' regionale. Tale
principio, al di la' della particolare attuazione ad opera di singoli
precetti  normativi,  si  configura  infatti  quale  limite di ordine
generale,  invalicabile  dalla  legge  regionale  (sentenze n. 40 del
2006, n. 424 e n. 319 del 2005 e n. 353 del 2003).
    2.3.  -  L'art. 32,  comma 1,  della legge della Regione Piemonte
n. 1  del  2004,  provvedendo  ad  individuare direttamente le figure
professionali,  alle quali la Regione fa ricorso per il funzionamento
del  sistema  integrato  di  interventi  e  servizi sociali, viola il
principio  fondamentale che assegna allo Stato l'individuazione delle
figure professionali.
    2.4.   -  Altrettanto  lesiva  delle  competenze  statali  e'  la
disposizione di cui al comma 2 del medesimo art. 32.
    La  stessa  indicazione,  da  parte  della  legge  regionale,  di
specifici  requisiti  per  l'esercizio della professione di educatore
professionale,   anche  se  in  parte  coincidenti  con  quelli  gia'
stabiliti  dalla  normativa statale, viola senza dubbio la competenza
dello  Stato,  risolvendosi  in  un'indebita ingerenza in un settore,
quello  della  disciplina  dei titoli necessari per l'esercizio della
professione, costituente principio fondamentale della materia.
    2.5. - Resta assorbito l'ulteriore profilo di censura.