Ricorso  della  Regione  autonoma Valle d'Aosta, in persona del
presidente  pro  tempore  della  giunta  regionale,  rappresentata  e
difesa,  come  da  delega a margine del presente atto ed in virtu' di
deliberazione di giunta regionale n. 752 del 18 marzo 2006, dall'avv.
prof. Giuseppe Franco Ferrari, ed elettivamente domiciliata presso il
suo studio in Roma, via Di Ripetta n. 142;

      Contro  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, a seguito e
per  l'effetto  della  circolare  della  Presidenza del Consiglio dei
ministri  -  Ufficio  nazionale per il servizio civile del 2 febbraio
2006,  portante  «Norme  sull'accreditamento  degli  enti di servizio
civile nazionale», con particolare riguardo al punto 2, paragrafo 3.

                              F a t t o

      Con legge n. 64/2001, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 68
del   22   marzo   2001,   sono   state  introdotte  nell'ordinamento
disposizioni relative alla istituzione del Servizio civile nazionale,
al  fine  di  consentire  di  concorrere,  in alternativa al servizio
militare  obbligatorio,  alla  difesa  della  Patria,  con  mezzi  ed
attivita'  non  militari;  di  favorire la realizzazione dei principi
costituzionali di solidarieta' sociale; di promuovere la solidarieta'
e  la  cooperazione,  a  livello  nazionale  ed  internazionale,  con
particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla
persona  ed  alla  educazione  alla pace fra i popoli; di partecipare
alla   salvaguardia  e  tutela  del  patrimonio  della  Nazione,  con
particolare  riguardo  ai  settori  ambientale, anche sotto l'aspetto
dell'agricoltura  in  zona di montagna, forestale, storico-artistico,
culturale  e  della protezione civile; di contribuire alla formazione
civica,  sociale,  culturale  e  professionale  dei  giovani mediante
attivita' svolte anche in enti ed amministrazioni operanti all'estero
(art. 1, lett. a)-e), legge n. 64/2001).
      Con l'art. 2 di tale legge e' stata conferita al Governo delega
ad   emanare  uno  o  piu'  decreti  legislativi  aventi  ad  oggetto
l'individuazione  dei  soggetti  ammessi  a  prestare volontariamente
servizio  civile,  la  definizione delle modalita' di accesso a detto
servizio,   la  durata  del  servizio  stesso  -  in  relazione  alle
differenti   tipologie  di  progetti  di  impiego  -  e  i  correlati
trattamenti  giuridici ed economici, nel rispetto dei principi di cui
al  citato  art. 1  e  secondo  criteri  guida di cui al comma 3, del
medesimo art. 2.
      Il   legislatore  ha  provveduto  gia'  in  sede  di  legge  di
delegazione  a  definire i requisiti che gli enti e le organizzazioni
private  che  intendono  presentare  progetti  per il servizio civile
volontario  devono  possedere,  ossia l'assenza di scopo di lucro, la
capacita'  organizzativa  e la possibilita' di impiego in rapporto al
servizio  civile  volontario,  la  corrispondenza  tra  i propri fini
istituzionali   e  le  finalita'  di  cui  all'art. 1  citato,  e  lo
svolgimento  di un'attivita' continuativa da almeno tre anni (art. 3,
legge n. 64/2001).
      In  attuazione di siffatta delegazione, il Governo ha proceduto
ad adottare il d.lgs. n. 77/2002 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 99  del  29  aprile 2002), recante «Disciplina del servizio civile
nazionale a norma dell'art. 2, della legge 6 marzo 2001, n. 64».
      L'art. 2,   d.lgs.  n. 77/2002,  nel  prevedere  che  l'Ufficio
nazionale  per  il  servizio  civile  sia  l'organo deputato a curare
l'organizzazione,  l'attuazione  e lo svolgimento del servizio civile
nazionale,  nonche'  la programmazione, l'indirizzo, il coordinamento
ed   il  controllo,  elaborando  le  direttive  ed  individuando  gli
obiettivi degli interventi per il servizio civile su scala nazionale,
ha  attribuito  alle  Regioni  ed  alle Province autonome di Trento e
Bolzano  «l'attuazione degli interventi di servizio civile secondo le
rispettive competenze».
      Il decreto legislativo in esame, poi, ha specificato che presso
l'Ufficio nazionale per il servizio civile e' tenuto l'albo nazionale
degli  enti di servizio civile, cui e' data la facolta' di iscrizione
agli  enti  e alle organizzazione in possesso dei requisiti enucleati
all'art. 3,  legge  n. 64/2001,  succitato  (art. 5,  comma 1, d.lgs.
n. 77/2002).
      Contestualmente  e' stata prevista l'istituzione da parte delle
Regioni  e  delle  Province  autonome  di  Trento  e Bolzano di albi,
rispettivamente  su  scala  regionale  e  provinciale,  ai  quali  e'
consentita  l'iscrizione  a soggetti in possesso dei requisiti di cui
al  comma 1, svolgenti attivita' esclusivamente in ambito regionale e
provinciale  (art. 5,  comma  2,  d.lgs. n. 77/2002), prevedendo che,
sino  alla istituzione di siffatti albi, gli enti e le organizzazioni
de  quibus  siano  temporaneamente iscritti nel registro nazionale di
cui  al  comma  1,  al  solo  fine di consentire la presentazione dei
progetti (art. 5, comma 3, d.lgs. n. 77/2002).
      Il monitoraggio, il controllo e la verifica dell'attuazione dei
predetti  progetti  e' stata attribuita, nell'ambito delle rispettive
competenze,  all'Ufficio  nazionale  e  alle Regioni ed alle Province
autonome di Trento e Bolzano (art. 6, comma 6, d.lgs. n. 77/2002).
      Al  fine di dare attuazione al d.lgs. n. 77/2002, tra l'Ufficio
nazionale  per il servizio civile e le regioni e le province autonome
di  Trento  e  Bolzano  e' intervenuto un primo protocollo di intesa,
destinato   ad   essere  discusso  nella  riunione  della  Conferenza
Stato-regioni  del  26  gennaio  2006, finalizzato ad individuare una
serie  di  disposizioni di maggiore dettaglio e di portata attuativa,
prevedendo, tra l'altro, la modifica della circolare UNSC/10/11/2003,
n. 53529/I.I,   nel   senso   di   escludere  «i  soggetti  coinvolti
nell'attuazione del S.C.N. (Ufficio, regioni, province autonome), non
potendo  rivestire  contemporaneamente  il  ruolo  di  controllori  e
controllati», dalla gestione «di progetti di SCN».
      La  Regione autonoma Valle D'Aosta, in data 24 gennaio 2006, ha
inoltrato alle competenti autorita' centrali proprie osservazioni sul
protocollo  predetto, rilevando che «la previsione di cui all'art. 5,
comma   secondo,  del  [medesimo]  appare  lesiva  delle  prerogative
regionali  in genere e non solamente delle regioni a statuto speciale
e  delle  province  autonome.  Oltre  a  non trovare alcun fondamento
normativo  nel  d.lgs.  n. 77 del 2002, che dovrebbe rappresentare la
fonte  primaria  del  protocollo  stesso,  risulta giuridicamente non
appropriata,  in  quanto  se  per l'amministrazione statale mostra di
operare  correttamente  una  distinzione fra l'ufficio competente per
materia  (l'Ufficio  nazionale  per  il  servizio  civile) e le altre
strutture  dell'amministrazione  statale,  per  le  quali  non  vi e'
preclusione alla gestione di progetti di SNC, non altrettanto ammette
per  regioni  e province autonome, per le quali la preclusione, cosi'
come formulata, non e' limitata all'Ufficio competente per materia ma
riferita  all'ente in generale». La regione ha rappresentato altresi'
che  «la  formulazione  del  secondo  comma  dell'art. 5 non tiene in
considerazione   la  peculiarita'  degli  ordinamenti  della  Regione
autonoma  Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano
che,  negli  ambiti  di  intervento  del  servizio  civile nazionale,
esercitano  direttamente le competenze svolte nelle regioni a statuto
ordinario dalle amministrazioni dello Stato, dalle province o da enti
e  organizzazioni terzi», sottolineando come la norma cosi' formulata
necessitasse  di  una  disposizione  di  coordinamento con i suddetti
ordinamenti,  «diretta  a  consentire  anche  nelle regioni a statuto
speciale  e  nelle province autonome la piena attuazione del servizio
civile  cosi'  come  previsto  dalla  legge  n. 64/2001  e dal d.lgs.
n. 77/2002».
      Preso  atto  della  richiesta di stralcio del citato art. 5 dal
protocollo  di  intesa  in  parola,  in sede di Conferenza di servizi
Stato-regioni  del 26 gennaio 2006, previo assenso del Governo, si e'
provveduto  a  sancire  l'intesa  sul  Protocollo  de  quo  nel testo
portante  la  nuova stesura dell'art. 5, nei termini che seguono: «il
criterio   da   seguire   nella   prima   modifica   della  circolare
[UNSC/10/11/2003,  n. 53529/I.I],  oltre  alle  incongruenze rispetto
alle  previsioni  del  d.lgs.  n. 77,  attiene  al  nuovo ruolo delle
regioni nella gestione del SCN».
      Il  senso  della  modifica  e'  reso  inequivoco dalla premessa
dell'intesa,  nella  quale  si  specifica che l'intesa medesima viene
sancita  in  sede  di  Conferenza  Stato-regioni: «Considerato che le
regioni,  nell'odierna seduta di questa Conferenza, hanno espresso il
loro  avviso favorevole al conseguimento dell'intesa con la richiesta
di  stralciare  il seguente secondo comma dell'art. 5 del Protocollo:
"i  soggetti  coinvolti  nell'attuazione  del  SNC (Ufficio, regioni,
province autonome), non potendo rivestire contemporaneamente il ruolo
di  controllori e controllati, non potranno gestire progetti di SNC",
richiesta che e' stata accolta dal Governo» (enfasi aggiunta).
      Con  circolare del 2 febbraio 2006, la Presidenza del Consiglio
dei  ministri  -  Ufficio  nazionale  per il servizio civile, recante
«Norme  sull'accreditamento degli enti di servizio civile nazionale»,
e' stato inopinatamente ed illegittimamente disposto che «non possono
essere  accreditate,  essere  sede  di attuazione di progetto, essere
soggetto  di accordi di partenariato e iscritte agli albi regionali e
provinciali  o  all'albo  nazionale,  le  stesse  regioni  o province
autonome.  Possono  essere  iscritte  all'albo nazionale le regioni a
statuto  speciale  e  le province autonome al solo fine di presentare
progetti  di  servizio civile nazionale nelle materie, negli ambiti e
nei  servizi  di  loro  competenza, ai sensi degli statuti speciali e
delle   relative   norme  di  attuazione,  nei  quali,  nel  restante
territorio  nazionale,  le  correlative  funzioni  sono  svolte dalle
amministrazioni dello Stato».
      La  circolare  impugnata,  gravemente  lesiva  delle competenze
costituzionalmente  garantite  alla  Regione  autonoma Valle D'Aosta,
esorbita  dalla sfera di competenze dello Stato per i seguenti motivi
di

                            D i r i t t o

      1.  -  Violazione  degli artt. 2, 3, 5, 52, 97, 114, 116, 117 e
118  Cost.,  nonche' degli artt. 2, 3 e 4, legge cost. n. 4/1948, con
riferimento  agli  artt. 2, 5 e 6, d.lgs. n. 77/2002 e agli artt. 1 e
3,   legge   n. 64/2001,   anche   alla   luce  della  giurisprudenza
costituzionale.
      Il  sistema  delineato dal legislatore statale tanto in sede di
legge  delega,  quanto  in  sede  di adozione del decreto legislativo
n. 77/2002  appare  evidentemente  ispirato  al  principio  di  leale
collaborazione  tra  enti  parimenti  costituitivi  della  Repubblica
(art. 114, comma 1, Cost.).
      Da  diverse fonti, infatti, si apprende come la circostanza per
cui  in  materia di «difesa e forze armate» la competenza legislativa
esclusiva sia di matrice statale (art. 117, comma 2, lett. d), Cost.)
non  comporti  l'attrazione  nell'ambito  della  medesima potesta' di
tutti  gli  aspetti  dell'attivita'  svolta  dai  giovani  in sede di
servizio civile.
      L'art. 2,  comma  2,  d.lgs. n. 77/2002, esplicitamente prevede
che  «le  Regioni  e  le Province autonome di Trento e Bolzano curano
l'attuazione   degli   interventi   di  servizio  civile  secondo  le
rispettive  competenze».  Di analogo tenore e' poi l'art. 6, comma 6,
d.lgs.  n. 77/2002,  in  virtu'  del  quale «l'Ufficio nazionale e le
Regioni   e   le  Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano  curano,
nell'ambito   delle   rispettive   competenze,  il  monitoraggio,  il
controllo  e  la  verifica  dell'attuazione dei progetti» di servizio
civile.
      Il ruolo attribuito alle regioni dal legislatore statale appare
tutt'altro  che recessivo, essendo anzi caratterizzato da un'evidente
componente partecipativa.
      D'altro  canto  diversamente non potrebbe essere, posto che, al
di  fuori  dei  profili  organizzativi e procedurali del servizio, e'
innegabile  che  la concreta esplicazione del servizio stesso vada ad
impingere in svariati ambiti, quali, ad esempio, l'assistenza sociale
e  sanitaria,  la  protezione  civile,  la  valorizzazione  dei  beni
culturali   ed  ambientali  e  la  promozione  ed  organizzazione  di
attivita'  culturali,  la tutela dell'ambiente, l'istruzione, facendo
del  «servizio  civile nazionale [...] un valore trasversale, sicche'
allo   Stato   spetterebbero  solo  le  determinazioni  organizzative
meritevoli  di  disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale.
Il servizio civile nazionale, piu' che una materia, costituirebbe una
peculiare   modalita'   organizzativa,   una   particolare  forma  di
realizzazione di specifiche attivita' (assistenza sociale, sanitaria,
tutela  dell'ambiente,  protezione  civile,  ecc.)  che  generalmente
rientrano  nelle materie di competenza delle regioni e delle province
autonome. Onde le competenze di queste ultime e quella dello Stato in
materia  di servizio civile nazionale si intrecciano, non si elidono»
(Corte cost. n. 431/2005; Corte cost. n. 228/2004).
      Questa  intersezione  risulta,  in  generale,  dall'indicazione
delle  finalita' del servizio civile nazionale contenuta nell'art. 1,
legge   n. 64/2001,  il  quale  attribuisce  al  servizio  civile  le
finalita' di favorire la realizzazione dei principi costituzionali di
solidarieta'  sociale,  con  particolare  riguardo  alla  tutela  dei
diritti  sociali,  ai  servizi  alla  persona;  di  partecipare  alla
salvaguardia  e  tutela del patrimonio della Nazione, con particolare
riguardo    ai    settori    ambientale,    anche   sotto   l'aspetto
dell'agricoltura  in  zona di montagna, forestale, storico-artistico,
culturale  e  della protezione civile; di contribuire alla formazione
civica, sociale, culturale e professionale dei giovani (art. 1, lett.
a)-e), legge n. 64/2001).
      All'interno  della  disciplina  giuridica generale del servizio
civile,  spettano  alla  regione  la  disciplina e l'attuazione delle
concrete  attivita'  nelle  quali  il servizio si realizza, in quanto
esse rientrano in ambiti materiali di competenza regionale.
      Nella  specie,  come  rilevato,  «l'esigenza  di  assicurare la
partecipazione  dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti
di  leale  collaborazione o, comunque, attraverso adeguati meccanismi
di    cooperazione    per   l'esercizio   concreto   delle   funzioni
amministrative  allocate  in  capo  agli organi centrali, e' comunque
soddisfatta proprio attraverso l'attribuzione alla cura delle Regioni
e  delle  Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  secondo le
rispettive  competenze,  dell'attuazione degli interventi di servizio
civile.   E',   inoltre,  evidente  che,  nelle  ipotesi  in  cui  lo
svolgimento delle attivita' di servizio civile ricada entro ambiti di
competenza  delle  Regioni  o  delle Province autonome di Trento e di
Bolzano,  l'esercizio  delle funzioni spettanti, rispettivamente allo
Stato  ed  ai  suddetti  Enti,  dovra'  improntarsi  al  rispetto del
principio  della  leale collaborazione tra enti parimenti costitutivi
della Repubblica» (Corte cost. n. 228/2004).
      Quindi,   in   applicazione  dei  principi  di  sussidiarieta',
differenziazione  ed  adeguatezza  di  cui  all'art. 118  Cost. e del
principio   di   leale   collaborazione,  del  favor  per  il  valore
dell'autonomia  di  cui  all'art. 5  Cost.,  nonche'  alla  luce  del
panorama  legislativo  di  riferimento  che, come dimostrato, assegna
alle   regioni  un  ruolo  di  fattiva  collaborazione  negli  ambiti
tradizionalmente   di   competenza   delle   medesime,  la  circolare
ministeriale de qua avrebbe dovuto garantire le prerogative regionali
in  materia di servizio civile, inteso quale «valore trasversale», in
modo da renderne effettiva la partecipazione alla concreta attuazione
del servizio nelle sue molteplici estrinsecazioni.
      Lo Statuto speciale per la Regione Valle D'Aosta, approvato con
legge cost. n. 4/1948, all'art. 4, stabilisce che la regione esercita
le  funzioni  amministrative  nelle  materie  nelle quali ha potesta'
legislativa,   a  norma  degli  artt. 2  e  3,  legge  costituzionale
n. 4/1948,  tra  cui  rientrano la materia dell'agricoltura e foreste
(art. 2,  lett.  d),  legge  costituzionale n. 4/1948), del turismo e
della  tutela  del  paesaggio (art. 2, lett. o), legge costituzionale
n. 4/1948),  delle  biblioteche e musei di enti locali (art. 2, lett.
q),   legge   costituzionale   n. 4/1948),  dell'istruzione  (art. 3,
lett. g),   legge   costituzionale   n. 4/1948),   dell'assistenza  e
beneficenza   pubblica   (art. 3,   lett.  i),  legge  costituzionale
n. 4/1948),  delle  antichita'  e belle arti (art. 3, lett. k), legge
costituzionale n. 4/1948).
      In  materia di agricoltura, turismo, assistenza e istruzione si
invoca   peraltro,   a   norma   dell'art. 10,  legge  costituzionale
n. 3/2001,  l'art. 117  (quarto  e, per quanto riguarda l'istruzione,
terzo  comma) Cost., che, in tali materie, prevede forme di autonomia
piu'  ampie  rispetto  a quelle gia' attribuite alla ricorrente dallo
Statuto.
      La  circolare  di cui in epigrafe, nel disporre che non possono
essere  accreditate,  essere  sede  di attuazione di progetto, essere
soggetto  di accordi di partenariato e iscritte agli albi regionali e
provinciali  o  all'albo  nazionale,  le  stesse  regioni  o province
autonome,  limitando  l'iscrizione delle regioni a statuto speciale e
delle  province  autonome  al  solo  fine  di  presentare progetti di
servizio  civile  nazionale nelle materie, negli ambiti e nei servizi
di  loro  competenza ai sensi degli statuti speciali e delle relative
norme di attuazione, nei quali, nel restante territorio nazionale, le
correlative  funzioni  sono svolte dalle amministrazioni dello Stato,
palesemente viola le disposizioni ed i principi costituzionali di cui
sopra.
      Piu'  in  particolare,  il divieto di iscrizione delle regioni,
nonche'  delle  province  autonome, agli albi, non solo nazionali, ma
anche  regionali  e  provinciali  -  salva  la  limitata deroga sopra
descritta  -,  degli enti di servizio civile evidentemente esclude in
radice  la  possibilita'  per la regione di partecipare all'attivita'
esecutiva  dei  progetti  di servizio civile, in totale spregio della
ratio sottesa ai principi costituzionali enucleati dagli artt. 5, 114
e  117,  secondo  comma,  lett. d), Cost., da individuarsi, alla luce
della richiamata giurisprudenza costituzionale, nella chiara volonta'
del  legislatore costituzionale di garantire uno stretto collegamento
tra  il soggetto deputato all'intervento e la realta' di riferimento,
ben  recepiti invece dal legislatore nazionale. Quest'ultimo infatti,
con  la  legge  n. 64/2001  ed  il  relativo  d.lgs.  n. 77/2002,  ha
introdotto   una  disciplina  che  prevede  l'accesso  delle  regioni
all'accreditamento  ed all'iscrizione agli albi suddetti, consentendo
l'attivazione  delle  stesse  nello svolgimento concreto del servizio
civile  nelle  sue  diverse  estrinsecazioni, nell'ambito, per quanto
riguarda  la ricorrente, delle numerose competenze ad essa attribuite
dalle  disposizioni  statutarie  e costituzionali sopra indicate, che
l'impugnata  circolare,  nel  capoverso censurato (punto 2, paragrafo
3), apertamente viola.
      L'art. 5,   commi   1  e  2,  d.lgs.  n. 77/2002,  dispone  che
presupposto  per  l'iscrizione  agli  albi  nazionale,  provinciale e
regionale  e'  il  possesso dei requisiti previsti dall'art. 3, legge
n. 64/2001,   ossia   l'assenza  di  scopo  di  lucro,  la  capacita'
organizzativa  e  la  possibilita' di impiego in rapporto al servizio
civile  volontario, la corrispondenza tra i propri fini istituzionali
e  le  finalita'  di  cui  all'art. 1  citato,  e  lo  svolgimento di
un'attivita' continuativa da almeno tre anni.
      Ora,  la  regione  come  soggetto  istituzionale  a carattere e
finalita'  pubblicistiche  senza  dubbio  possiede  i  requisiti  per
accedere  all'accreditamento e all'iscrizione negli albi in discorso,
requisiti  indispensabili,  come gia' rilevato, per poter partecipare
all'attuazione degli interventi in materia di servizio civile.
      L'ingiustificata  ed irragionevole pretermissione delle regioni
dal  novero  dei  soggetti  a cio' abilitati, non fondata su principi
legislativi di riferimento ne', tanto meno, ammissibile alla luce dei
principi  posti  dalla  Costituzione,  integra  una palese violazione
altresi' dell'art. 3, nonche' dell'art. 2, Cost., in quanto escludere
dalla  possibilita'  di  partecipare  alla  concreta  erogazione  dei
servizi in cui si articola il servizio civile un soggetto in possesso
di   tutti  i  requisiti  legislativamente  previsti,  nonche'  della
facolta'  di  instaurare  un  contatto  diretto  ed  efficace  con la
collettivita'    di   riferimento,   necessariamente   danneggia   il
destinatario  finale del servizio civile stesso, arrivando a svuotare
di significato le presprizioni normative che lo disciplinano (cfr. in
particolare,  art. 1,  legge n. 64/2001), con evidenti ricadute anche
in  termini  di efficienza e buon andamento dell'agire amministrativo
(cfr. art. 97 Cost.).
      Ne'  idonea  a  sanare  la  stortura descritta e ad escludere i
dubbi  di  illegittimita'  costituzionale  della  disciplina in esame
appare  la  circostanza  che  la  circolare  in epigrafe, al punto 2,
paragrafo  3,  consenta  alle regioni a statuto speciale l'iscrizione
agli  albi  de quibus ai soli fini della presentazione di progetti di
servizio   civile,   nelle  materie  e  negli  ambiti  di  rispettiva
competenza  ai sensi degli statuti speciali e delle relative norme di
attuazione,   nei   quali,  nel  restante  territorio  nazionale,  le
correlative  funzioni  sono svolte dalle amministrazioni dello Stato,
in  quanto  tali  regioni  sono comunque escluse dalla fase attuativa
vera  e  propria,  dove  maggiormente  sono  sentite  le  esigenze di
contatto con la realta' di riferimento.
      L'art. 5,  comma  3,  d.lgs.  n. 77/2002, prevede un'ipotesi di
iscrizione  condizionata  sotto  il  profilo  teleologico,  ma limita
l'efficacia   di   tale  prescrizione  alla  sola  fase  transitoria,
necessaria alla istituzione degli albi di cui al comma 2 del medesimo
articolo,  ossia  quelli  provinciali e regionali, non smentendo, ma,
anzi, confermando, le osservazioni sopra esposte circa l'incongruenza
e   la   illegittimita'  della  circolare  all'origine  del  presente
conflitto.
      2.  - Ancora sulla violazione degli artt. 2, 3, 5, 52, 97, 114,
116,   117  e  118  Cost.,  nonche'  degli  artt. 2,  3  e  4,  legge
costituzionale  n. 4/1948,  con  riferimento agli artt. 2 e 6, d.lgs.
n. 77/2002,  agli  artt. 1  e  3,  legge  n. 64/2001, sotto ulteriori
profili.
      La  difesa  della  Patria, come gia' chiarito da codesta ecc.ma
Corte in precedenti occasioni (Corte cost., n. 431/2005; Corte cost.,
n. 228/2004;  Corte cost., n. 164/1985), «ha un'estensione piu' ampia
dell'obbligo di prestare servizio militare. [...] Infatti il servizio
militare  ha  una sua autonomia concettuale ed istituzionale rispetto
al dovere ex art. 52, primo comma, della Costituzione che puo' essere
adempiuto  anche attraverso adeguate attivita' di impegno sociale non
armato») (Corte cost., n. 228/2004).
      Il  d.lgs.  n. 77/2002,  recependo correttamente lo spirito del
disposto costituzionale, considera il servizio civile nazionale quale
modalita'  operativa  concorrente  ed  alternativa  alla difesa dello
Stato, con mezzi non militari (art. 1, comma 1, d.lgs. n. 77/2002):
          «la suddetta ricostruzione si riflette sulla individuazione
del  titolo  costituzionale  di legittimazione all'intervento statale
che,  con specifico riferimento al d.lgs. n. 77 del 2002, puo' essere
rinvenuto nell'art. 117, secondo comma, lett. d), della Costituzione,
che  riserva  alla  legislazione  esclusiva  dello  Stato non solo la
materia  "forze armate" ma anche la "difesa". Quest'ultima previsione
deve   essere   letta   alla   luce   delle  evoluzioni  normative  e
giurisprudenziali  che  gia'  avevano  consentito di ritenere che "la
difesa   della  Patria"  non  si  risolvesse  soltanto  in  attivita'
finalizzate  a  contrastare  e  prevenire  una  aggressione  esterna,
potendo  comprendere  anche  attivita'  di impegno sociale non armato
(sentenza  n. 164  del  1985). Accanto alla difesa "militare", che e'
solo  una  forma  di  difesa della Patria, puo' dunque ben collocarsi
un'altra  forma  di  difesa,  per cosi' dire "civile", che si traduce
nella  prestazione  dei gia' evocati comportamenti di impegno sociale
non  armato. La riserva allo Stato della competenza a disciplinare il
servizio  civile nazionale, forma di adempimento del dovere di difesa
della  Patria, non comporta pero' che ogni aspetto dell'attivita' dei
cittadini   che  svolgono  detto  servizio  ricada  nella  competenza
statale.   Vi   rientrano  certamente  gli  aspetti  organizzativi  e
procedurali   del   servizio.   Questo,   in  concreto,  comporta  lo
svolgimento   di  attivita'  che  investono  i  piu'  diversi  ambiti
materiali,  come  l'assistenza  sociale,  la tutela dell'ambiente, la
protezione  civile:  che, per gli aspetti di rilevanza pubblicistica,
restano  soggette  alla  disciplina dettata dall'ente rispettivamente
competente, e dunque, se del caso, alla legislazione regionale o alla
normativa  degli  enti  locali,  fatte  salve  le  sole  specificita'
direttamente  connesse  alla  struttura  organizzativa del servizio e
alle regole previste per l'accesso» (Corte cost., n. 228/2004).
      Tali    specificita',    tuttavia,   non   giustificano   certo
l'estromissione  dalla  fase  esecutiva di un ente come la regione in
base  all'assunto  paradossale, sotteso alla circolare impugnata, per
cui   la   titolarita'   di   funzioni   di   controllo  e  vigilanza
precluderebbe,  nel  settore delle attivita' interessate dal servizio
civile, qualsiasi ruolo attivo della regione medesima.
      «Inoltre,    nell'esercizio   delle   funzioni   amministrative
spettanti   agli   organi   centrali   deve   essere   garantita   la
partecipazione  degli  altri livelli di governo coinvolti, attraverso
strumenti  di  leale collaborazione o, comunque, attraverso strumenti
di  cooperazione.  A  questo  del  resto  provvede  lo stesso decreto
legislativo n. 77 del 2002, che attribuisce alla cura delle regioni e
delle   province   autonome,   secondo   le   rispettive  competenze,
l'attuazione  degli  interventi  di  servizio  civile»  (Corte cost.,
n. 431/2005, cit.).
      Posta   l'inevitabile  sovrapposizione  di  ambiti  di  diversa
competenza  in  sede  di  concreta  esecuzione  delle  prestazioni di
servizio  civile,  che,  come visto, possono avere ad oggetto settori
tradizionalmente   rientranti  nella  competenza  regionale,  in  via
concorrente  od  esclusiva, «rientra nei poteri delle regioni e delle
province  autonome  orientare  [...]  lo  sviluppo  delle  iniziative
attinenti  al  servizio  civile nazionale da svolgersi sul territorio
regionale  o  provinciale  in  senso conforme alle linee di indirizzo
seguite dalle stesse nei vari settori interessati dall'attuazione dei
progetti,   purche'   non   in  contrasto  con  gli  indirizzi  e  le
caratteristiche   risultanti   dalla  normativa  statale,  come  pure
stabilire  ordini  di priorita' e criteri ulteriori, ma specificativi
di  quelli  nazionali,  cui attenersi nell'approvazione dei progetti,
vigilando  sull'attuazione  degli  stessi» (Corte cost., n. 431/2005,
cit.).
      D'altro canto, in conformita' alle esigenze di collegamento con
la   realta'   di   riferimento   ed  alle  istanze  di  autonomia  e
decentramento  di  cui  agli  artt. 5 e 118 Cost., ben evidenziate da
codesta  ecc.ma  Corte  nella  giurisprudenza  richiamata,  il d.lgs.
n. 77/2002,  all'art. 6,  comma  6,  attribuisce a regioni e province
autonome  «nell'ambito  delle rispettive competenze, il monitoraggio,
il  controllo  e  la verifica dell'attuazione dei progetti», cio' che
non  esclude  certo  un  coinvolgimento di organi ed uffici regionali
nella fase attuativa.
      Il  panorama  legislativo  in  cui va ad inserirsi la circolare
sottoposta  a  sindacato  di  legittimita'  costituzionale  e' dunque
perfettamente  in linea con i principi che ispirano il Titolo V della
Parte  II  della  Costituzione, nel senso di garantire, conformemente
alle  esigenze  unitarie che accompagnano l'espletamento del servizio
civile  in  termini di organizzazione e procedure generali, che siano
rispettate  le competenze interessate nella concreta esecuzione delle
prestazioni che rientrano nel «servizio civile».
      Solo   in   tal   modo,   infatti,  puo'  essere  garantito  il
perseguimento «dell'ampia finalita' di realizzazione del principio di
solidarieta'  espresso  dall'art. 2 della Costituzione» (Corte cost.,
n. 431/2005, cit.).
      Il  coinvolgimento  di  organi  di  Governo  diversi  da quelli
centrali  nell'esercizio  delle  funzioni  amministrative relative al
servizio   civile   e'  quindi  assicurato,  nell'ambito  del  d.lgs.
n. 77/2002, attraverso una pluralita' di strumenti, tra i quali vanno
in  particolare  annoverati  il  conferimento  alle  regioni  ed alle
province  autonome  della  cura  dell'attuazione  degli interventi di
servizio  civile  secondo le rispettive competenze (art. 2, comma 2),
la  previsione  del potere delle regioni e delle province autonome di
esaminare   ed   approvare   i  progetti  presentati  dagli  enti  ed
organizzazioni  che  svolgono  attivita' nell'ambito delle competenze
regionali  o  provinciali  sul  loro  territorio  (art. 6,  comma 5),
l'attribuzione anche alle regioni e alle province autonome del potere
di curare nell'ambito delle rispettive competenze il monitoraggio, il
controllo  e  la verifica dell'attuazione dei progetti (art. 6, comma
6) (Corte cost., n. 431/2005, cit.).
      Il  decreto  legislativo in esame, quindi, ripropone un disegno
di  servizio  civile che, pur facendo capo allo Stato per gli aspetti
necessitanti  di  un coordinamento unitario, valorizza il ruolo delle
regioni, assegnando ad esse l'attuazione degli interventi, secondo le
materie di rispettiva competenza.
      La  circolare  impugnata  si  pone  in  aperto contrasto con il
delineato  quadro  legislativo  e  costituzionale,  precludendo  alla
ricorrente  di esercitare il ruolo attuativo ad essa riconosciuto dal
sistema  di  riferimento:  alla  stessa,  infatti,  oltre  ad  essere
preclusa  l'iscrizione agli albi degli enti che svolgono attivita' di
servizio  civile,  e' altresi' impedito l'accesso all'accreditamento,
ed e' inoltre escluso che la medesima possa essere sede di attuazione
di progetto o soggetto di accordi di partenariato.
      E  cio',  va  ribadito,  in  palese  violazione,  altresi', del
principio  di  leale  collaborazione,  in  considerazione del diretto
contrasto con l'intesa sancita in sede di Conferenza Stato-regioni in
data  26  gennaio  2006,  basata  sulla  seguente,  gia'  richiamata,
fondamentale  premessa:  «Considerato  che  le  regioni, nell'odierna
seduta di questa Conferenza, hanno espresso il loro avviso favorevole
al  conseguimento  dell'intesa  con  la  richiesta  di  stralciare il
seguente  secondo  comma  dell'art. 5  del  Protocollo:  "i  soggetti
coinvolti   nell'attuazione   del  SNC  (Ufficio,  regioni,  province
autonome),  non  potendo  rivestire  contemporaneamente  il  ruolo di
controllori  e  controllati,  non  potranno gestire progetti di SNC",
richiesta che e' stata accolta dal Governo» (enfasi aggiunta).
      Che  con  atto  amministrativo statale si possa porre nel nulla
quanto  convenuto  in  sede di Conferenza Stato-regioni, quindi nella
sede   prioritariamente   deputata  all'attuazione  del  fondamentale
principio di leale collaborazione, e' stato ancora di recente escluso
da  codesta  ecc.ma  Corte, la quale, tra l'altro, ha chiarito quanto
segue:  «Una delle sedi piu' qualificate per l'elaborazione di regole
destinate  ad  integrare  il  parametro della leale collaborazione e'
attualmente  il  sistema  delle Conferenze Stato-regioni ed autonomie
locali.  Al  suo  interno  si  sviluppa il confronto tra i due grandi
sistemi   ordinamentali  della  Repubblica,  in  esito  al  quale  si
individuano  soluzioni  concordate  di  questioni controverse» (Corte
cost., sent. n. 31/2006).
      Ora,  se  si considera che nella sede di attuazione di progetto
si   identifica   l'unita'   operativa  di  base  dell'ente  deputato
all'espletamento   del   servizio   civile   nelle   sue   molteplici
estrinsecazioni   -  quindi  il  soggetto  che,  a  contatto  con  la
collettivita'  di  riferimento, maggiormente influisce sulle concrete
modalita'  di  prestazione  del  servizio de quo - e che l'accordo di
partenariato  costituisce  lo  strumento  attraverso il quale un ente
privo  di  accreditamento  affida  ad un ente capofila accreditato la
presentazione  e  la  gestione  per suo conto di progetti di servizio
civile  nazionale,  si comprende facilmente come il ruolo di soggetto
attuativo che spetta alle regioni innanzi tutto in forza del disposto
costituzionale,  nonche' del quadro legislativo nazionale che di tali
principi  costituzionali costituisce diretto riflesso, sia totalmente
frustrato dalla disciplina oggetto di censura.
      In   particolare,   le   conseguenze   dell'applicazione  della
circolare  impugnata  in  termini  di  compressione  delle competenze
regionali   appaiono   con  palmare  evidenza  avendo  riguardo  allo
strumento  specifico  degli  accordi  di partenariato. La circolare 2
febbraio  2006,  infatti,  nel disporre che le regioni, e le province
autonome,  non  possano essere soggetto di accordi di tale contenuto,
esclude  in  radice  ogni  possibilita'  della regione di partecipare
attivamente  all'attuazione  di  progetti  di  servizio civile, anche
nell'ipotesi  in  cui  siffatti  progetti  afferissero  a  materie di
propria competenza ed avessero diretto collegamento con il territorio
di  riferimento:  essa,  infatti, non solo non potra' essere soggetto
«attivo»  di  partenariato,  in quanto dalla stessa circolare privata
della  possibilita'  di  accreditarsi, ma nemmeno soggetto «passivo»,
poiche'   esclusa   dall'accesso  a  tale  strumento  alternativo  di
realizzazione,  seppur indiretta e mediata, dei progetti in discorso,
che  consentirebbe  alla  stessa  di  delegare  la gestione di propri
progetti a soggetti dotati del titolo necessario.
      Nessuna  funzione  attuativa  residua,  quindi,  in  capo  alle
regioni  a  seguito  dell'emanazione  della  circolare  impugnata, in
contrasto  con  la  valorizzazione  del ruolo regionale derivante sia
dall'art. 116  Cost.  e dal quadro statutario, sia dalle disposizioni
del Titolo V della Costituzione introdotte con legge cost. n. 3/2001,
per  le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto
a quelle gia' attribuite alla ricorrente dallo statuto speciale.
      La  circolare  censurata  viola peraltro anche principi cardine
del   sistema   costituzionale,  quali,  l'art. 2  e  l'art. 3  della
Costituzione:  ingiustificatamente  estromettendo  le  regioni,  e le
province  autonome,  dall'attuazione dei progetti di servizio civile,
concreta   una  evidente  discriminazione  in  danno  delle  medesime
rispetto  ad  altri soggetti che, in presenza delle stesse condizioni
(in  quanto  in  possesso  dei  requisiti  di  accreditamento  di cui
all'art. 3,  legge  n. 64/2001), sono ammessi all'attivita' predetta,
ledendo, per il tramite di tale pretermissione, altresi' la posizione
dei  destinatari  degli  interventi,  posto  che  solo  adeguatamente
valorizzando   il  ruolo  delle  regioni  puo'  essere  garantito  il
perseguimento «dell'ampia finalita' di realizzazione del principio di
solidarieta'  espresso  dall'art. 2 della Costituzione» (Corte cost.,
n. 431/2005, cit.). La lesione dell'ulteriore e connesso principio di
buon andamento dell'attivita' amministrativa di cui all'art. 97 Cost.
appare  di  immediata percezione, ove si consideri che l'esercizio di
attivita'  amministrative  di  contenuto  attuativo sono interdette a
soggetti   che   sarebbero,  invece,  perfettamente  idonei,  per  le
caratteristiche   che  sono  ad  essi  proprie  (natura  e  finalita'
istituzionalmente   pubblicistiche,   disponibilita'   di   mezzi   e
strumenti,  collegamento  con  il  territorio  e  la collettivita' di
riferimento) a dare alle stesse efficiente ed efficace esecuzione.
      La  circolare  censurata, peraltro, dimostra di avere frainteso
la  portata  stessa della materia di cui all'art. 117, comma 2, lett.
d),  Cost., procedendo ad un indebito appiattimento della medesima su
una  definizione,  peraltro  non  soddisfacente, del dovere di difesa
della Patria di cui all'art. 52 Cost., che, come codesta ecc.ma Corte
ha  avuto  modo  di  chiarire  in  diverse  occasioni,  non  consiste
«soltanto  in  attivita'  finalizzate  a  contrastare e prevenire una
aggressione  esterna,  potendo comprendere anche attivita' di impegno
sociale  non  armato»  (Corte  cost., n. 164/1985, cit.; Corte cost.,
n. 228/2004, in Giur. Cost., cit.).
      La  circostanza per cui alla difesa «militare» in senso proprio
puo' affiancarsi una diversa forma di difesa «civile» implica che «la
riserva allo Stato della competenza a disciplinare il servizio civile
nazionale,  forma  di  adempimento del dovere di difesa della Patria,
non  comporta [...] che ogni aspetto dell'attivita' dei cittadini che
svolgono detto servizio ricada nella competenza statale. Vi rientrano
certamente  gli  aspetti  organizzativi  e  procedurali del servizio.
Questo,  in  concreto,  comporta  lo  svolgimento  di  attivita'  che
investono i piu' diversi ambiti materiali, come l'assistenza sociale,
la   tutela   dell'ambiente,   la  protezione  civile  (Corte  cost.,
n. 228/2004, in Giur. Cost., cit.).
      La   riconducibilita'  alla  sfera  di  competenza  legislativa
regionale   di   materie  quali,  ad  esempio,  l'assistenza  sociale
(art. 117,  comma  4,  Cost.),  la tutela della salute, la protezione
civile,  la  valorizzazione  dei  beni  culturali  ed ambientali e la
promozione  ed  organizzazione  di  attivita' culturali, l'istruzione
(art. 117,  comma  3,  Cost.),  e,  in base allo Statuto speciale, la
tutela  del  paesaggio,  le biblioteche, l'antichita' e le belle arti
(artt. 2  e  3,  legge  cost.  n. 4/1948;  art. 116, comma 1, Cost.),
nonche'   la  tutela  dell'ambiente,  avrebbe  dovuto  comportare  il
riconoscimento alle medesime da parte della circolare censurata di un
ruolo  attivo, che al contrario risulta arbitrariamente escluso. Tale
irragionevole   esclusione   integra,   ulteriormente,   una   palese
violazione    dell'art. 4,    legge   cost.   n. 4/1948,   il   quale
esplicitamente   dispone   che  la  Regione  autonoma  Valle  D'Aosta
«esercita  le  funzioni  amministrative  sulle materie nelle quali ha
potesta' legislativa a norma degli articoli 2 e 3».