IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso R.G. n. 2021/2005 sezione I, proposto da: Legambiente, Comitato regionale siciliano, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede in Palermo, rappresentato e difeso dall'avv. Fausto Calandra, presso il cui studio in Palermo, via F.sco Scaduto n. 2/d, e' elettivamente domiciliato; Contro la Presidenza del Coisiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile - Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque nella regione siciliana, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo presso i cui uffici di via A. De Gasperi 81 e' domiciliato; e nei confronti di «Palermo energia ambiente» S.C.P.A. con sede in Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore ing. Carmelo Tantillo, elettivamente domiciliata in Palermo, via Noto 12, presso lo studio dell'avv. Gaetano Armao, che la rappresenta e difende unitamente agli avv. Alberto Romano, Francesco Astone, Anna Romano, per procura a margine dell'atto di costituzione; per l'annullamento dell'ordinanza commissariale del 29 novembre 2004 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 3 del 21 gennaio 2005 con la quale il Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia ha: 1) espresso il giudizio positivo di compatibilita' ambientale sul progetto presentato dalla Societa' controinteressata; 2) approvato il progetto presentato da detta Societa' relativo al sistema di gestione integrato per l'utilizzazione della frazione residua dei rifiuti urbani al netto della raccolta differenziata - Sistema Palermo; 3) autorizzato la medesima alla realizzazione degli impianti meglio indicati nell'art. 2 dell'ordinanza impugnata; 4) autorizzato la Societa' alla gestione degli impianti detti. Visto l'atto di costituzione dalla Legambiente - Comitato regionale siciliano - con i relativi allegati, presentato dinanzi a questo Tribunale, a seguito della richiesta della controinteressata di trasposizione, ex art. 10 d.P.R. n. 1197/1971, del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dalla medesima associazione Legambiente; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato e degli avv. Alberto Romano, Francesco Astone, Anna Romano e Gaetano Armao; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Designato relatore alla pubblica udienza del 21 febbraio 2006 il primo referendario avv. Nicola Maisano; Udito l'avv. n. Giudice, in sostituzione dell'avv. F. Calandra, per il ricorrente, l'avv. dello Stato M. Rubino, per l'amm.ne intimata, l'avv. C. Castellana, in sostituzione dell'avv. G. Armao, e l'avv. A. Romano, per la controinteressata; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. F a t t o Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica l'associazione «Legambiente - Comitato regionale siciliano» ha impugnato l'ordinanza commissariale del 29 Novembre 2004 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 3 del 21 gennaio 2005 con la quale il Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia ha: 1) espresso il giudizio positivo di compatibilita' ambientale sul progetto presentato dalla Societa' controinteressata; 2) approvato il progetto presentato da detta Societa' relativo al sistema di gestione integrato per l'utilizzazione della frazione residua dei rifiuti urbani al netto della raccolta differenziata - Sistema Palermo; 3) autorizzato la medesima alla realizzazione degli impianti meglio indicati nell'art. 2 dell'ordinanza impugnata; 4) autorizzato la Societa' alla gestione degli impianti detti. La Palermo Energia Ambiente S.C.P.A. (P.E.A.), controinteressata, ha chiesto, ai sensi dell'art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971, che il ricorso venga deciso in sede giurisdizionale. Con atto di costituzione notificato in data 13 luglio 2005 e depositato il successivo 12 agosto, l'associazione Legambiente - Comitato regiona1e siciliano - ha quindi portato dinanzi a questo tribunale la controversia insorta. Nel gravame vengono articolate le censure di: 1) Violazione dell'art. 27 d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22. eccesso di potere per difetto di istruttoria. Violazione dei principi generali posti dagli artt. 4 e 5 del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 e succ. modifiche ed integrazioni, in attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio. 2) Violazione comma 4 art. 2 ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3334 del 23 gennaio 2004 in riferimento all'art. 6, legge n. 8 luglio 1986 n. 349 e art. 7 decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 dicembre 1988 e art. 5, legge 24 febbraio 1992 n. 225. 3) Violazione e falsa applicazione direttive 85/337/CEE - 92/43/CEE e 79/409/CEE e del decreto del Presidente della Repubblica n. 357/1997 - art. 6 legge 8 luglio 1986 n. 349 - decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 dicembre 1988 - d.P.R. 12 aprile 1996 - Vio1azione legge 16 marzo 2001 n. 108. Violazione dei principi di trasparenza e pubblicita' dell'azione amministrativa. 4) Violazione art. 6 e d.P.R. 24 maggio 1988 n. 203. Violazione della direttiva 2000/1976/CEE. Incompetenza per materia. 5) Violazione di legge per inosservanza delle Direttive CEE n. 79/409 e 92/43, nonche' della legge di attuazione delle stesse, d.P.R. 8 settembre 1997 n. 357, cosi' come modificato ed integrato dal d.P.R. 12 marzo 2003 n. 120. eccesso di potere per difetto d'istruttoria e travisamento dei fatti. Violazione art. 6 paragrafo 2 della direttiva 92/43/CEE. Principio di prevenzione. Mancata valutazione di incidenza di cui all'allegato G del d.P.R. n. 357/1997 e successive modifiche ed integrazioni. Violazione della Direttiva 92/43/CEE. Difetto assoluto di motivazione. 6) Eccesso di potere per manifesta illogicita' e irrazionalita' e difetto di istruttoria. 7) Violazione dell'art. 174 del Trattato istitutivo dell'Unione europea, paragrafo 2 e della risoluzione del Parlamento europeo adottata il 14 dicembre 2000 sul principio di precauzione, gli Studi di Impatto ambientale ed i pareri espressi dalla Commissione VIA. Si e' costituita l'amministrazione intimata, nonche' la societa' controinteressata, che, con memoria, ha replicato alle argomentazioni contenute nel ricorso e chiesto il suo rigetto. Successivamente all'entrata in vigore delle norme contenute negli artt. 2-bis, ter e quater della legge 27 gennaio 2006, n. 21, la difesa della stessa societa' controinteressata ha sollevato eccezione di incompetenza territoriale di questo Tribunale amministrativo regionale, in favore del Tribunale amministrativo regionale - Lazio, sede di Roma. Alla pubblica udienza di discussione l'avv. Nicola Giudice ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale delle sopracitate norme della legge n. 21/2006, intervenute nel corso del giudizio, che attribuiscono in via esclusiva al Tribunale amministrativo regionale del Lazio la competenza a decidere sulle controversie rientranti nelle ipotesi ivi previste - alle quali e' riconducibile anche la presente -, disponendo altresi' che la incompetenza del territoriale eventualmente adito debba essere rilevata d'ufficio. L'avv. Anna Romano si e' opposta a tale questione ritenendola priva di fondamento. Il ricorso e' stato quindi posto in decisione. D i r i t t o 1. - Preliminarmente il Collegio deve darsi carico della incidenza, nella presente controversia, delle norme contenute nell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del d.l. 30 novembre 2005 n. 245, introdotte con la legge di conversione del 27 gennaio 2006 n. 21. Prevede il comma 2-bis di tale art. 3 che «In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma». In definitiva tale recente disposizione di legge introduce una deroga all'ordinario criterio di riparto della competenza territoriale dei tribunali amministrativi regionali, dettato dalla legge 6 dicembre 1971 n. 1034, in favore del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, prevedendo altresi', un'ipotesi di competenza funzionale, inderogabile e rilevabile d'ufficio (comma 2-ter). Pertanto, in forza del regime di competenza introdotto dal riportato comma 2-bis, applicabile anche ai processi in corso, secondo quanto espressamente indicato al successivo comma 2-quater, questo tribunale, nella presente controversia, dovrebbe limitarsi a dichiarare la propria incompetenza, in favore del Tribunale amministrativo regionale del Lazio. 2. - Ritiene tuttavia il Collegio che le richiamate disposizioni di, legge non vadano esenti da dubbi di costituzionalita'. Tali dubbi si pongono in primo luogo con riferimento all'art. 3 della Costituzione, per la disparita' di trattamento che la deroga alle ordinarie regole di riparto delle competenze comporta, per la tutela giurisdizionale delle rispettive posizioni giuridiche, tra soggetti in situazioni eguali (destinatari delle ordinanze adottate dagli organi governativi o dai commissari delegati, nelle situazioni di dichiarata emergenza, aventi efficacia limitata al territorio di una regione, rispetto ai destinatari dei provvedimenti, aventi lo stesso ambito di efficacia, adottati, in via ordinaria - in genere dagli organi esponenziali di enti territoriali regionali o sub regionali). Invero la disposizione in esame prevede, in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5 comma primo della legge 24 febbraio 1992 n. 225, l'attribuzione di competenza al Tribunale amministrativo regionale del Lazio a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate, nonche' dei provvedimenti dei commissari che agiscano in virtu' della delega prevista dal successivo comma quattro; e quindi per atti che possono assumere, e normalmente assumono, un'incidenza limitata a specifici ambiti territoriali. In definitiva, mentre l'impugnazione di provvedimenti adottati nell'esercizio delle ordinarie attribuzioni rientra nella competenza del Tribunale amministrativo regionale regionale del luogo ove i provvedimenti hanno incidenza (art. 3 della legge n. 1034/1971), ove sia stata dichiarata la situazione di emergenza ai sensi dell'art. 5 comma 1 della legge 24 febbraio 1992 n. 225, l'impugnazione dei provvedimenti volti alla cura dei medesimi interessi, idonei a produrre le medesime conseguenze, ed eventualmente a comprimere uguali posizioni soggettive (quale l'autorizzazione prevista dall'art. 27 del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, che viene in rilievo nella presente controversia, ordinariamente attribuita alla competenza delle regioni, con la partecipazione procedimentale degli enti territoriali locali), adottati dagli organi governativi o dai commissari all'uopo nominati (che peraltro frequentemente coincidono con le medesime persone fisiche titolari degli uffici a cui spetta in via ordinaria la cura dell'interesse preso in considerazione), rientra nella competenza funzionale ed inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, in forza della norma di legge in esame. 3. - Tale diversita' non appare giustificabile dalla eventuale maggiore rilevanza dell'interesse sotteso ai provvedimenti adottati dal governo o dai commissari nominati ai sensi dell'art. 5 comma quattro della legge 24 febbraio 1992 n. 225. In primo luogo, nel nostro sistema non esiste una distribuzione di competenza tra i diversi tribunali amminmistrativi regionali in dipendenza della maggiore o minore rilevanza dell'interesse sotteso al provvedimento impugnato; ed ove venisse in ipotesi, introdotta apparirebbe in contrasto con le disposizioni costituzionali che pongono su un piano paritario i diversi, tribunali amministrativi regionali, distribuiti su base regionale (art. 125 Cost.). Ma appare decisiva la considerazione che il rilievo dell'interesse preso in considerazione non muta a secondo che venga curato attraverso i normali strumenti ordinamentali, ovvero attraverso strumenti ed organi extra ordinem, che si vengono a sovrapporre alle ordinarie competenze e procedure, per ragioni di particolare urgenza. Invero le situazioni che giustificano lo stato di emergenza, ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992 n. 225, non si caratterizzano per il particolare rilievo dell'interesse considerato, ma per l'urgenza di provvedere nei casi «di calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensita' ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari» e che difficilmente potrebbero essere adeguatamente affrontati in assenza di agili rimedi, immediatamente efficaci. E se la straordinarieta' degli eventi che devono essere fronteggiati giustifica la straordinarieta' dei mezzi e dei poteri di carattere sostanziale all'uopo previsti, la sottoposizione degli atti adottati, nell'ambito della rilevata situazione di emergenza, a peculiari regimi di impugnazione appare del tutto irragionevole e sembra comportare un'ingiustificata lesione dell'art. 3 della Costituzione. Peraltro, che le disposizioni di legge in esame non possano, neanche in tesi, trovare fondamento in una ipotetica - ma a giudizio del Collegio inesistente - maggiore rilevanza dell'interesse curato, e' comprovato dal fatto che il regime derogatorio previsto dal comma 2-bis dell'art. 3 della legge n. 2l/2006, quale risulta chiaramente dalla formulazione letterale della norma, riguarda le ordinanze e gli atti commissariali adottati nelle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5 comma 1 della legge 24 febbraio 1992 n. 225, ma non i provvedimenti che tali situazioni di emergenza dichiarino e che, ove si riferiscano a situazioni di limitata estensione territoriale, come sovente accade, continuano a rientrare nella ordinaria competenza del Tribunale amministrativo regionale della regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza. Di tal che, ad esempio, nella fattispecie in esame, mentre il provvedimento governativo (deliberazione del Consiglio dei ministri e successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri art. 5, comma, legge 24 febbraio 1992, n. 225) concernente la dichiarazione dello stato di emergenza nell'ambito della regione Siciliana, nei settori considerati, ed il conseguente atto di nomina del commissario delegato, rimarrebbero suscettibili di impugnativa nell'ordinaria sede territoriale periferica competente (Tribunale amministrativo regionale - Sicilia), i provvedimenti adottati dall'autorita' straordinaria per ultimo citata rientrerebbero nella esclusiva cognizione del Tribunale amministrativo regionale - Lazio, sede di Roma. L'irragionevolezza del disegno complessivo che ne consegue, oltre ad elidere qualsiasi possibilita' di individuare valide ragioni a supporto della deroga introdotta, tali da non portare alla conclusione che le disposizioni in esame determinano, puramente e semplicemente, un'ingiustificata disparita' di trattamento, non puo' non essere autonomamente valutata anche per la lesione al principio costituzionale di ragionevolezza, che deve presiedere alla redazione dei testi di legge. 4. - Il Collegio ha ben presente la sentenza della Corte costituzionale n. 189/1992, con la quale e' stato ritenuto compatibile con il dettato costituzionale l'art. 4 della legge 12 aprile 1990 n. 74, che attribuisce al Tribunale amministrativo regionale Lazio la competenza esclusiva sull'impugnazione degli atti del C.S.M. Ma in quella circostanza, a giustificazione della deroga alla ordinaria competenza prevista dalla legge n. 1034/1971, e' stata posta in rilievo la particolare posizione che il Consiglio Superiore della Magistratura occupa nell'ordinamento costituzionale, oltre che la peculiare funzione svolta dai magistrati ordinari, che li rendono non assimilabili o comparabili ad altre categorie di pubblici dipendenti; circostanze del tutto estranee alle vicende per le quali trova applicazione la norma in esame. Peraltro non sembra secondario rilevare che il foro previsto per i pubblici dipendenti dal comma secondo dell'art. 3 della legge n. 1034/1971, costituisce gia' una deroga, seppur di carattere generale, alla prioritaria regola prevista dal medesimo comma, che individua, quale principio cardine della distribuzione di competenza tra i diversi tribunali amministrativi regiona1i, l'ambito di efficacia del provvedimento impugnato. Da cio' consegue che, in dipendenza del particolare ruolo costituzionale rivestito dal C.S.M. e della particolare funzione svolta dai magistrati ordinari, non appare irragionevole che, rispetto a provvedimenti che hanno efficacia sull'intero territorio nazionale, il Legislatore ritenga piu' opportuno seguire il criterio prioritario di distribuzione di competenza tra i diversi tribunali, piuttosto che il criterio derogatorio costituito dal foro speciale per i pubblici dipendenti. Ma anche tale linea argomentativa sarebbe del tutto inutilizzabile rispetto alla vicenda in esame, nella quale viene derogato proprio il criterio principale di distribuzione della competenza tra i diversi tribunali amministrativi regionali, fondato sulla incidenza territoriale del provvedimento impugnato. Invero, la deroga prevista dai commi 2-bis e seguenti dell'art. 3 del d.l. 30 novembre 2005 n. 245, introdotti con la legge di conversione del 27 gennaio 2006 n. 21, rispetto alle regole generali di distribuzione della competenza indicate dall'art. 3 della legge n. 1034/1971, non appare supportata da alcuna plausibile ragione, dotata di copertura costituzionale, idonea a giustificare la disparita' di trattamento che indubbiamente si viene ad operare tra situazioni eguali, con conseguente lesione dei principi desumibili dall'art. 3 della Costituzione. 5. - Le disposizioni di legge in esame appaiono inoltre in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, in quanto l'attrazione delle controversie ivi previste alla competenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio indiscutibilmente comporta un ingiustificato aggravio organizzativo e di costi a cui devono andare incontro i soggetti incisi dai provvedimenti adottati dagli organi governativi e dai commissari, nelle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, che intendano tutelare in giudizio le loro posizioni soggettive, con riguardo ai provvedimenti localizzati in ambiti territoriali non ricadenti nella regione Lazio. La lesione al principio desumibile dall'art. 24 della Costituzione risulta ancor piu' significativa se si tiene conto della molteplicita' e della varieta' dei provvedimenti che rientrano nella previsione di legge, tali pertanto da toccare interessi idonei a frazionarsi in molteplici ed eterogenee posizioni soggettive. 6. - Viene altresi' vistosamente conculcato anche il principio, enunciato in Costituzione, del decentramento territoriale della giurisdizione amministrativa, attuato, fin dal 1971 (legge 6 dicembre 1971, n. 1034), con l'attribuire ai tribunali amministrativi regionalil la cognizione di tutte le controversie scaturenti dalla contestazione di atti della p.a. destinati ad esaurire i propri effetti «in loco». Sotto questo aspetto, le norme in esame risultano quindi in contrasto anche con l'art. 125, comma 2, della Costituzione. Ritiene invero questo giudice remittente che, con la previsione di organi di giustizia amministrativa di primo grado in ambito regionale, il Costituente abbia inteso garantire una distribuzione territoriale dei tribunali amministrativi regiona1i tale da agevolare il ricorso alla giustizia amministrativa, in sostanziale coerenza e continuita' logica con i principi desumibili dall'art. 24 della Costituzione. Se e' vero che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio fa comunque parte del complesso della giustizia amministrativa di primo grado, articolata su base regionale, e' pur vero che l'attribuzione a tale Tribunale amministrativo regionale di controversie in nessun modo connesse a criteri di distribuzione territoriale, finisce per svuotare di contenuto la previsione dell'art. 125 della Costituzione, violando il senso del principio in esso espresso, e creando una sorta di gerarchia tra i Tribunale amministrativo regionale territoriali, incompatibile con il dettato e lo spirito della Costituzione e realizzando anche un non irrilevante vulnus del principio generale del «giusto processo», quale desumibile dal testo novellato dall'art. 111 della Costituzione. 7. - In fine le norme di legge in esame risultano in contrasto con l'art. 23 dello Statuto speciale della regione siciliana - regio decreto legislativo 15 maggio 1946 n. 455, convertito il legge cost. 26 febbraio 1948, n. 2 e s.m.i. - che prevede che «Gli organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la regione»; norma di rango costituzionale, in attuazione della quale, con il decreto legislativo 6 maggio 1948 n. 654 e s.m.i., e' stato istituito il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, che svolge funzioni di giudice d'appello per tutte le impugnazioni proposte avverso i provvedimenti giurisdizionali adottati dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia. Invero non appare discutibile che i provvedimenti adottati da organi dello Stato centrale, nelle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, con efficacia territoriale limitata alla regione siciliana, costituiscano «... affari concernenti la Regione», e rientrino pertanto nel novero di quelli attribuiti alla competenza del C.G.A. dall'art. 23 dello statuto della regione siciliana, cosi' come si verifica per gli analoghi provvedimenti adottati dagli organi ordinari dello Stato, aventi efficacia limitata al territorio della regione siciliana. Lo spostamento di competenza per le controversie di primo grado, dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, comporta conseguentemente anche il mutamento del giudice d'appello, e quindi la sottrazione al C.G.A. di alcune delle controversie ad esso attribuite dalla richiamata disposizione di rango costituzionale, con inevitabile violazione del suo disposto. Non sembra superfluo ricordare, a questo riguardo, come ormai costituisca jus receptum, sia in giurisprudenza che in dottrina, che il plesso giurisdizionale «Tribunale amministrativo regionale - Sicilia, C.G.A. per la regione siciliana» costituisca, per effetto delle norme statutarie citate, un vero e proprio comparto dotato di competenza funzionale a conoscere di tutte le controversie insorgenti nell'ambito territoriale della regione siciliana e nello stesso ambito esaurentisi, sicche' una eventuale deroga - come nella specie - non assistita da adeguato supporto parimenti di rango costituzionale, allo stato inesistente, non puo' sfuggire alle censure qui ipotizzate. Senza dire che appare quanto meno in controtendenza, rispetto ad un momento caratterizzato da una avanzata elaborazione di significative riforme nell'assetto costituzionale della Repubblica, tendente ad accentuare il carattere «pluralistico» (federale) della medesima, introdurre in materia di giurisdizione amministrativa modifiche di segno vistosamente accentratore. 8. - Si rileva, infme, come, susciti dubbi di costituzionalita' anche il regime transitorio previsto dalle disposizioni di legge in esame, che trova applicazione alla controversia oggetto del presente giudizio. Invero, lo spostamento di competenza che comporta il comma 2-quater dell'art. 3 anche per i giudizi in corso al momento della entrata in vigore delle disposizioni in esame, legittimamente instaurati presso i diversi territoriali, secondo le disposizioni di legge vigenti al momento della loro proposizione, appare in contrasto con l'art. 25 della Costituzione, determinando la sottrazione del giudizio al «giudice naturale precostituito per legge».