Ricorso  della  Regione  Lazio,  in  persona del presidente della
giunta  e  legale  rappresentante  pro tempore dott. Pietro Marrazzo,
rappresentato  e  difeso,  in  virtu'  della  procura  a  margine del
presente  atto e di delibera di giunta regionale n. 236 del 21 aprile
2006,  dal prof.avv. Gennaro Terracciano ed elettivamente domiciliato
presso  il  suo  studio  in  Roma,  alla piazza di Spagna, n. 35, nei
confronti   del   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  per  la
declaratoria  di illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127
cost.  della  legge  21  febbraio 2006, n. 49 recante «Conversione in
legge,  con modificazioni del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272,
recante  misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti
per   le  prossime  olimpiadi  invernali,  nonche'  la  funzionalita'
dell'Amministrazione   dell'interno.  Disposizioni  per  favorire  il
recupero  di  tossicodipendenti  recidivi»  pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale  n. 48  del 27 febbraio 2006 - Supplemento ordinario n. 45,
relativamente   all'art. 4-undecies  «modificazioni  all'art. 94  del
Testo  Unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309
del 1990»), all'art. 4-quaterdecies «Modifica dell'art. 113 del Testo
Unico  di  cui  al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del
1990») e all'art. 4-quinquiesdecies «modifica dell'art. 116 del testo
unico  di  cui  al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del
1990.».

      La  legge  21  febbraio 2006, n. 49 concernente «Conversione in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272,
recante  misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti
per   le  prossime  olimpiadi  invernali,  nonche'  la  funzionalita'
dell'Amministrazione   dell'interno.  Disposizioni  per  favorire  il
recupero  di  tossicodipendenti  recidivi», pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale   del  27  febbraio  2006,  n. 48,  contiene  alcune  norme
introdotte  in  sede  di  conversione  e  relative  al  recupero  dei
tossicodipendenti  recidivi  che  apportano  modifiche al Testo Unico
delle  leggi  in  materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze
psicotrope,  prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza, di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
    Tali  specifiche  norme  si  pongono  in contrasto con principi e
norme  costituzionali,  sia  perche' appaiono gravemente lesive della
potesta'  legislativa  regionale costituzionalmente riconosciuta, sia
perche'  sono  state  adottate  in palese violazione del principio di
leale collaborazione.
    A)  Gli  articoli 4-undecies,  4-quaterdecies e 4-quinquiesdecies
della   legge  21  febbraio  2006,  n  49,  violano  innanzitutto  le
competenze  legislative  regionali  concorrenti in materia di «tutela
della   salute»   stabilite   dall'art. 117,   terzo   comma,   della
Costituzione,  nonche'  le competenze legislative regionali esclusive
in  materia  di  «assistenza sociale» stabilite dall'art. 117, quarto
comma, della Costituzione.
    Quanto   al   primo   aspetto,   e'   noto  che  il  nuovo  testo
dell'art. 117,  terzo  comma, come modificato dall'art. 3 della legge
costituzionale   n. 3/2001,  individua  le  materie  di  legislazione
concorrente e tra di esse vi fa rientrare la «tutela della salute».
    Nelle  materie  in  cui  lo Stato e le regioni esplicano potesta'
legislativa  concorrente,  le regioni legiferano dovendo rispettare i
soli  limiti  stabiliti  dall'art. 117,  comma  1, nonche' i principi
fondamentali  di  volta  in  volta  rilevanti ratione materiae la cui
enucleazione e' riservata alla legislazione statale.
    La  previsione  di  una  legislazione  regionale  concorrente con
quella  statale consente allo Stato, nelle materie in questione, solo
di  porre  i  principi  fondamentali  entro  i  quali la legislazione
regionale puo' muoversi nell'esplicazione di un'autonomia legislativa
graduata o conformata, adottando la normazione di dettaglio.
    La  ratio  della  disposizione  va individuata nella volonta' del
legislatore  costituente  di  fissare un limite positivo alla potesa'
legislativa concorrente delle regioni, con conseguente obbligo per le
regioni   stesse   di  uniformarsi,  nelle  materie  di  legislazione
concorrente,  ai  principi fondamentali determinati, in tali materie,
dalla  legislazione  statale.  Ed  infatti, in tanto puo' parlarsi di
«principi fondamentali» nelle materie di legislazione concorrente, in
quanto  gli stessi siano destinati a disciplinare in maniera uniforme
determinati aspetti delle materie in questione sull'intero territorio
nazionale,  e  costituiscano,  quindi,  un  vincolo  per  la potesta'
legislativa concorrente delle regioni tenute, in ogni caso, alla loro
osservanza  per  esigenze  di  uniformita'  di disciplina sull'intero
territorio   nazionale.   E'  evidente,  invece,  che  la  disciplina
contenuta     negli     articoli 4-undecies,     4-quaterdecies     e
4-quinquiesdecies   della   legge   21   febbraio  2006,  n. 49,  non
costituisce  un  insieme di principi fondamentali, ma al contrario e'
dotata  di una forza autoapplicativa ed ha una natura sostanzialmente
eccezionale  e  derogatoria  della  disciplina  vigente in materia di
stupefacenti   e   sostanze   psicotrope  e  dei  relativi  stati  di
tossicodipendenza.
    Nel  dettaglio,  si rileva che, con la sostituzione dell'art. 116
del  d.P.R.  n. 309/l990  (recante  «Livelli essenziali relativi alla
liberta'  di  scelta dell'utente ed ai requisiti per l'autorizzazione
per     le     strutture    private»),    introdotta    dall'articolo
4-quinquiesdecies della legge n. 49/2006, il legislatore nazionale ha
disposto  che  «1.  Le  Regioni e le Province autonome di Trento e di
Bolzano  assicurano,  quale  livello  essenziale delle prestazioni ai
sensi  dell'art.  117, secondo comma, lettera m), della Costituzione,
la  liberta'  di  scelta  di  ogni  singolo utente relativamente alla
prevenzione,   cura  e  riabilitazione  delle  tossicodipendenze.  La
realizzazione  di  strutture  e  l'esercizio di attivita' sanitaria e
socio-sanitaria    a   favore   di   soggetti   tossicodipendenti   o
alcooldipendenti  e'  soggetta  ad autorizzare ai sensi del d.lgs. 30
dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni. 2. L'autorizzazione
alla  specifica  attivita'  prescelta  e'  rilasciata in presenza dei
seguenti  requisiti  minimi,  che rappresentano livelli essenziali ai
sensi  dell'art. 117,  secondo comma, lett. m) della Costituzione: a)
personalita'  giuridica  di  diritto  pubblico  o privato o natura di
associazione  riconosciuta o riconoscibile ai sensi degli articoli 12
e   seguenti  del  codice  civile;  b)  disponibilita'  di  locali  e
attrezzature  adeguate  al  tipo  di attivita' prescelta, c)personale
dotato  di  comprovata esperienza nel settore di attivita' prescelto,
d)  presenza  di  un'equipe  multidisciplinare  composta dalle figure
professionali   del   medico   con  specializzazioni  attinenti  alle
patologie  correlate  alla  tossicodipendenza  o del medico formato e
perfezionato  in  materia  di  tossicodipendenza,  dello psichiatra e
dello   psicologo   abilitato   all'esercizio  della  psicoterapia  e
dell'infermiere  professionale,  qualora  l'attivita'  prescelta  sia
quella di diagnosi della tossicodipendenza; e) presenza numericamente
adeguata di educatori, professionali e di comunita', supportata dalle
figure del medico, dello psicologo e delle ulteriori figure richieste
per  la  specifica  attivita'  prescelta di cura e riabilitazione dei
tossicodipendenti».
    La lesione delle competenze legislative regionali appare evidente
sotto  vari  profili:  innanzitutto  la  norma impone alla regione di
garantire  i  livelli  essenziali delle prestazioni previsti ai sensi
dell'art.  117,  secondo comma, lettera m) della Costituzione ma, nel
contempo, impone anche di assicurare la libera scelta di ogni singolo
utente relativamente alla prevenzione, cura e riabilitazione; inoltre
la  norma,  lungi  dall'indicare quali sono le specifiche prestazioni
rientranti  nei suddetti livelli essenziali di assistenza, disciplina
in  realta'  i  requisiti  organizzativi  delle  strutture, incidendo
quindi illegittimamente sull'autonomia organizzativa regionale.
    Non  puo'  ritenersi  che  la  disciplina  cosi'  introdotta  sia
riconducibile  tout  court  nell'alveo  della  competenza legislativa
esclusiva dello Stato di cui all'art. 117, comma 2, lett. m).
    L'art. 117, secondo comma, della Cost. stabilisce che lo Stato ha
legislazione  esclusiva nelle seguenti materie: ... m) determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e  sociali  che  devono  essere  garantiti  su  tutto  il  territorio
nazionale».
    Si  tratta  di  una  competenza  che presenta notevoli aspetti di
difficolta'  per  la trasversalita' da cui e' caratterizzata. Infatti
il  catalogo  dei  diritti  civili  e  sociali  s'innesta con diversa
gradualita'  tra  la  competenza  concorrente regionale della «tutela
della  salute»  e  la  competenza primaria regionale dell'«assistenza
sociale».
    Per   dimostrare  che  le  norme  censurate  non  si  limitano  a
determinare  i  livelli  essenziali  delle  prestazioni concernenti i
diritti  civili  e  sociali,  ma  invadono  la  sfera  di  competenza
legislativa  sia  concorrente  che  esclusiva  delle Regioni, occorre
anzitutto  chiarire  cosa debba intendersi per «livelli essenziali di
assistenza»  nella  materia  della prevenzione, cura e riabilitazione
degli stati di tossicodipendenza.
    L'espressione «livelli essenziali» e' comparsa nella legislazione
ordinaria  degli  ultimi  anni,  prima nell'ambito sanitario e poi in
quello socio assistenziale.
    L'art. 1,  comma  2,  del  decreto  legislativo 30 dicembre 1992,
n. 502,  come  modificato  dal  decreto legislativo n. 229 del 1999 e
dalla  legge  n. 405  del  2001,  prevede  che  il Servizio sanitario
nazionale  assicuri  «attraverso  le  risorse  finanziarie pubbliche»
individuate  ai  sensi  del comma 3 del medesimo articolo, i «livelli
essenziali  di  assistenza»  (LEA)  definiti dal PSN nel rispetto dei
principi  della  dignita'  della  persona,  del  bisogno  di  salute,
dell'equita'  nell'accesso dell'assistenza, della qualita' delle cure
e  della  loro  appropriatezza,  dell'economicita' dell'impiego delle
risorse.
    Detti  livelli  rappresentano  le  garanzie  del  S.s.n., cioe' i
limiti  quantitativi,  qualitativi  e  tipologici,  che  il  servizio
pubblico offre ed eroga.
    Essi  costituiscono,  in altri termini, il contenuto necessario e
sufficiente  dell'obbligo  di  servizio  pubblico che la legge pone a
carico  di  ciascuna  regione  nel  proprio  ambito territoriale, nei
confronti dei destinatari del servizio.
    Le  regioni sono quindi chiamate ad assicurare, nelle varie forme
che  puo' assumere l'erogazione del servizio, i livelli di assistenza
previsti  dalla  normativa  vigente  e  solo  entro  questi limiti il
servizio puo' considerarsi obbligatorio.
    La  previsione  di obblighi specifici di servizio pubblico per il
sistema  sanitario e la conseguente definizione dei LEA rappresentano
l'attuazione   concreta  di  quella  interpretazione,  conforme  alla
Costituzione  ed  alla giurisprudenza della Corte costituzionale, che
ha  affermato  il  concetto  di nucleo minimo ed essenziale di tutela
della  salute,  ovvero  il  livello di base comunque da tutelare, che
oggi  viene  precisato nelle «griglie» di prestazioni da garantire ai
cittadini su tutto il territorio nazionale.
    La  vicenda  della  definizione  normativa  dei  LEA  si presenta
tuttavia lunga e tormentata.
    In  base  alla normativa di rango primario, spetta infatti al PSN
indicare   le   liste  di  prestazioni  erogabili,  ma  gli  atti  di
programmazione  intervenuti  negli  anni  novanta si sono limitati ad
offrire  definizioni  di carattere generale dei LEA e ad indicare «in
negativo»  ed  in  via esemplificativa le prestazioni non erogate dal
S.s.n.,  tra le quali venivano gia' incluse la chirurgia estetica non
conseguente   ad   incidenti   o   malformazioni,   le  medicine  non
convenzionali,  le  vaccinazioni  non  obbligatorie  in  occasione di
soggiorni all'estero.
    Dopo  la  loro  protratta  mancata  definizione, le regioni hanno
chiesto  insistentemente  di  definire le regole sulle prestazioni da
garantire a tutti sul territorio nazionale.
    La  definizione  dei  LEA  e'  diventata  pero' improrogabile con
l'avvio  del «federalismo sanitario» e di conseguenza, con l'articolo
6  della  legge  n. 405  del 2001 si disponeva finalmente l'immediata
predisposizione di un provvedimento ministeriale da assumere d'intesa
con la Conferenza Stato-regioni.
    L'accordo   sui   LEA  e'  stato  quindi  raggiunto  in  sede  di
concertazione  il  22 novembre 2001 e subito dopo e' stato emanato il
d.p.c.m.  29  novembre 2001, che e' entrato in vigore nel 2002 e che,
ad  oggi, risulta contenere la «Definizione dei livelli essenziali di
assistenza» del Servizio sanitario nazionale.
    Il d.P.C.m. 29 novembre 2001 contiene:
        l'elencazione   generale   delle   tipologie  di  prestazioni
obbligatorie  del  Servizio  sanitario  nazionale, articolate nei tre
macrolivelli dell'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita
e di lavoro (la prevenzione), dell'assistenza distrettuale (i servizi
di   assistenza   distribuiti   sul   territorio)  e  dell'assistenza
ospedaliera;
        La   riproposizione   «in   negativo»  delle  prestazioni  da
considerarsi escluse dai LEA, totalmente (indicate nell'allegato 2A),
o  parzialmente (indicate nell'allegato 2B) e di quelle inappropriate
secondo     l'attuale    organizzazione    assistenziale    (indicate
nell'allegato 2C).
    Il    provvedimento    ministeriale    costituisce   in   effetti
l'applicazione  della  lettera m) del nuovo art. l 17, comma secondo,
della  Costituzione,  in  base  al  quale  spetta  appunto allo Stato
determinare  i  livelli  essenziali  delle  prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali.
    Esso  costituisce  quindi  la  garanzia  che  i  sistemi sanitari
regionali  non differiscano tra loro per le prestazioni espletate, ma
solo  quanto  ad  organizzazione  nell'erogazione  delle  prestazioni
suddette.
    Quindi   la   ratio   dell'impostazione  voluta  dal  legislatore
costituente  e' che la definizione dei LEA da parte dello Stato debba
comunque  lasciare  ampi  margini  all'autonomia  organizzativa delle
Regioni,  e  cio'  e' reso possibile proprio dalla circostanza che le
modalita'  di  erogazione  delle prestazioni non vengono decise dalla
normativa statale.
    In  altri  termini  la  determinazione  da  parte dello Stato dei
livelli  essenziali  delle  prestazioni  concernenti  i  diritti deve
essere  riferita piu' al risultato che al mezzo e alle regole con cui
questo  viene  raggiunto,  sulle  quali  vale  invece  il  titolo  di
competenza (primaria o concorrente) regionale.
    Cio'  e'  tanto  piu'  vero quando la «determinazione dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali»,
demandata  alla legislazione esclusiva dello Stato ex art. 117, comma
secondo,  lett.  m),  riguarda materie come la «tutela della salute»,
affidata  alla  competenza concorrente, o l'«assistenza sociale», ora
regionale-residuale  (art. 117,  commi  terzo  e  quarto: cfr. in tal
senso sent. Corte cost. n. 282 del 26 giugno 2002, n. 88 del 27 marzo
2003).
    Deve  quindi  ritenersi  che  in  una  materia  come quella della
prevenzione,  cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza,
che  rientra  per  alcuni  profili  nella  «tutela  della  salute» di
competenza  concorrente ex art. 117, terzo comma, della Costituzione,
e  per  altri  nella  materia dell'«assistenza sociale» di competenza
esclusiva  regionale ex art. 117, quarto comma della Costituzione, in
ogni   caso   la   determinazione   dei  «livelli  essenziali»  delle
prestazioni   da  parte  della  normativa  statale  non  possa  anche
prefissare in toto gli aspetti organizzativi e gestionali dei servizi
di  assistenza  sanitaria  ed ospedaliera ed essere comprensiva delle
modalita' di conformazione e di resa dei servizi.
    La  Corte  ha avuto occasione di pronunziarsi in argomento con la
citata  sentenza  n. 282  del  2002.  In tale decisione, premesso che
quella ex art. 117, comma secondo, lett. m) Cost. «non e' una materia
in  senso stretto, ma una competenza del legislatore statale idonea a
investire  tutte  le materie» (ed ha, percio', natura «trasversale»),
la  Corte chiarisce che tale competenza consiste nel potere di «porre
le  norme  necessarie  per assicurare a tutti, sull'intero territorio
nazionale,  il  godimento  di  prestazioni  garantite, come contenuto
essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa
limitarle o condizionarle».
    La  Corte,  nella  sentenza in esame, ha dovuto affrontare per la
prima  volta  la  problematica  distinzione  tra  «determinazione dei
livelli  essenziali» in materia sanitaria e «tutela della salute». Il
caso   non   coinvolgeva  aspetti  organizzativi,  ma  una  attivita'
terapeutica,  vista sotto il profilo della sua efficacia. La Corte ha
evidenziato  che valutare l'appropriatezza ed efficacia di una azione
terapeutica  nei  confronti  di  determinate  patologie  e' attivita'
diversa   da   quella  di  stabilire  se  -  una  volta  verificatane
l'appropriatezza - quella o altra terapia siano o meno da considerare
anche  prestazione  essenziale  a tutela della salute, da garantire a
tutti  i  membri  della  collettivita'  in  modo uniforme a mezzo del
Servizio sanitario nazionale.
    In  modo  lineare  e  chiaro,  nel caso in questione, la Corte ha
ascritto  la  legge  della  Regione  Marche  sulla  sospensione delle
terapie  dell'elettroschock e di alcuni interventi di psico-chirurgia
(nella  quale  «..  Sono  coinvolti bensi' fondamentali diritti della
persona,  come il diritto ad essere curati e quello al rispetto della
integrita'    psico-fisica    e   della   personalita'   del   malato
nell'attivita' di cura, ma, piu' che in termini di "determinazione di
livelli  essenziali"  sotto  il  profilo  dei  principi  generali che
regolano  l'attivita'  terapeutica»)  alla  legislazione  concorrente
(sulla  «tutela  della  salute»),  -  invece  che  a  quella  statale
esclusiva  dell'art. 117, comma secondo, lett. m), come pretendeva il
Governo  ricorrente - e ha poi sancito la necessita' di assoggettarla
(proprio in quanto materia di legislazione concorrente) alla verifica
di conformita' con i «principi fondamentali» di origine statale.
    Altra  pronuncia  significativa  in  materia  e' stata resa dalla
Corte  con  la  sentenza  27  marzo 2003 n. 88, emessa su un giudizio
riguardante  due conflitti di attribuzione, sollevati rispettivamente
dalla  Provincia di Trento e dalla Regione Emilia-Romagna e aventi ad
oggetto  un  decreto  del  Ministro  della Salute del 14 giugno 2002,
recante   «Disposizioni   di   principio   sull'organizzazione  e  il
funzionamento  dei  servizi  per  le  tossicodipendenze delle aziende
sanitarie  locali-SERT  di  cui  al  decreto ministeriale 30 novembre
1990, n. 444».
    Nel  dispositivo viene dichiarata la non spettanza allo Stato del
potere di «determinare ulteriori limiti organizzativi e funzionali in
materia di SERT con forme e modalita' non riconducibili alla speciale
procedura  di  determinazione  dei "livelli essenziali" di assistenza
nel   settore  sanitario  legislativamente  stabilita».  La  sentenza
inoltre  descrive  le  caratteristiche  della  competenza  statale ex
art. 117,  comma  secondo,  lett.  m)  sottolineandone  la  natura di
«strumento  per garantire il mantenimento di una adeguata uniformita'
di  trattamento  sul  piano  dei  diritti  di tutti i soggetti» in un
sistema  improntato  ad  un  grado  «di  autonomia regionale e locale
decisamente accresciuto».
    Cosi'  come  l'art. 4-quinquiesdecies,  anche l'art. 4-undecies e
l'art. 4-quaterdecies,  al  di la' della loro autoqualificazione come
principi fondamentali, costituiscono in realta' norme dotate di forza
autoapplicativa    che    disciplinano    specificatamente    aspetti
organizzativi   e   gestionali,   comprimendo  di  fatto  l'autonomia
organizzativa   e   funzionale  delle  regioni,  nonche'  l'attivita'
programmatoria di competenza delle stesse.
    In   particolare   l'art.   4-undecies  della  legge  n. 49/2006,
modificando l'art. 94 del d.P.R. n. 309/1990 (affidamento in prova di
casi   particolari),   attribuisce   l'attivita'   di   diagnosi   di
tossicodipendenza   o   di  alcooldipendenza  ed  il  rilascio  della
certificazione attestante il relativo stato, non soltanto all'azienda
unita'  sanitaria  locale  anche  alle strutture private accreditate,
sancendo  di  fatto  una  equiparazione  ai  fini certificatori delle
tossicodipendenze   tra   strutture  pubbliche  e  strutture  private
accreditate.  Cio' inevitabilmente comportera', come si vedra' meglio
piu'  avanti,  un  innalzamento  incontrollato  della spesa sanitaria
regionale in relazione alle tossicodipendenze.
    Analogamente  l'art. 4-quaterdecies di modifica dell'art. 113 del
T.U.  di  cui  al  d.P.R. n. 309/1990 stabilisce che «le attivita' di
prevenzione  e  di intervento contro l'uso di sostanza stupefacenti o
psicotrope  siano  esercitate  secondo uniformi condizioni di parita'
dei  servizi  pubblici  per l'assistenza ai tossicodipendenti e delle
strutture private autorizzate dal Servizio sanitario nazionale».
    E'  evidente che la disciplina contenuta negli articoli censurati
non  costituisce un insieme di principi fondamentali, in quanto, come
affermato    dalla    stessa   Corte   costituzionale   (cfr.   Corte
costituzionale,   sentenza   n. 177   del   1988),  «non  si  possono
considerare  principi  fondamentali le norme che non siano espressive
di  scelte politico-legislative fondamentali o quantomeno, di criteri
o modalita' generali tali da costituire un saldo punto di riferimento
costante  nel  tempo  ed in grado di orientare l'esercizio del potere
legislativo regionale».
    B) Altro profilo di illegittimita' va ravvisato nella circostanza
che  le  disposizioni  censurate  finiscono per incidere pesantemente
sugli  interessi  finanziari  delle  regioni,  con  violazione  anche
dell'art. 119 della Costituzione.
    Infatti gli artt. 4-undecies e 4-quaterdecies affidano anche alle
strutture  sanitarie  private  autorizzate  compiti che in precedenza
erano  riservati  alle sole strutture del servizio pubblico, cioe' ai
SER.T, e prevedono l'ingresso diretto delle persone interessate nelle
strutture  private,  autorizzate e accreditate, senza alcun filtro di
medici di strutture del servizio sanitario nazionale.
    In  tal modo le strutture private vengono abilitate alla diagnosi
dello  stato di tossicodipendenza, alla programmazione riabilitativa,
all'esecuzione del programma, senza verifica da parte delle Asl sulla
necessita'    dell'intervento,    sulla    validita'   del   percorso
riabilitativo e di reinserimento.
    Tale   scelta   legislativa   comporta   una   palese  violazione
dell'autonomia  di  spesa  delle  regioni  che si vedono da una parte
comprimere  l'attivita' normativa e di programmazione delle attivita'
di  prevenzione,  cura  e  riabilitazione  delle tossicodipendenze, e
dall'altra vengono chiamate ad accollarsi le spese di prestazioni che
vengono  decise  dalle  strutture private senza alcun filtro da parte
delle Asl.
    In  tal modo si comprime e lede la sfera di autonomia finanziaria
di  bilancio  e  di  spesa costituzionalmente garantita dall'art. 119
della Cost.
    Una  compressione  resa ancora piu' grave dal fatto che una volta
stabilita  la  parita' tra strutture pubbliche e private abilitate ad
operare     in     questo     settore,     la     legge    n. 49/2006
all'art. 4-quinquiesdecies  fissa  in  modo  dettagliato i requisiti,
soggettivi ed oggettivi, che tali strutture devono possedere (secondo
comma)  per  ottenere  la  autorizzazione  alla specifica attivita' e
fissa  in  modo  altrettanto  tassativo  le  condizioni  che  possono
giustificare il diniego di autorizzazione (terzo comma).
    Cio'  significa  che le norme censurate non lasciano alle regioni
alcun  margine  di  autonomia  relativamente  alla individuazione dei
presupposti  per  l'autorizzazione  delle  strutture private e quindi
nessuna  possibilita'  di  controllo sulla spesa che queste strutture
sosterranno per l'erogazione dei servizi di assistenza e che ricadra'
sul servizio sanitario regionale.
    Cio'   rende   impossibile   l'attivita'   di   programmazione  e
regolamentazione della spesa da parte delle regioni.
    C)  Inoltre  tali  norme impediscono alle egioni di esercitare le
proprie   funzioni   gestionali   e   di   controllo   su   attivita'
socio-sanitarie   la   cui   responsabilita'   e'  costituzionalmente
attribuita ad esse, anche ai sensi dell'art. 118 Cost.
    Ed invero l'art. 4-undecies della legge n. 49/2006 stabilisce che
«All'articolo 94 del testo unico delle leggi in materia di disciplina
degli   stupefacenti  e  sostanze  psicotrope,  prevenzione,  cura  e
riabilitazione  dei  relativi  stati  di tossicodipendenza, di cui al
decreto  del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono
apportate  le seguenti modificazioni: a) il comma 1 e' sostituito dal
seguente. «1. Se la pena detentiva deve essere eseguita nei confronti
di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un
programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, l'interessato
puo' chiedere in ogni momento di essere affidato in prova al servizio
sociale  per proseguire o intraprendere l'attivita' terapeutica sulla
base  di  un  programma  da  lui  concordato  con  un'azienda  unita'
sanitaria  locale  o  con  una struttura privata autorizzata ai sensi
dell'articolo  116.  L'affidamento  in prova in casi particolari puo'
essere  concesso  solo quando deve essere espiata una pena detentiva,
anche residua e congiunta a pena pecuniaria, non superiore a sei anni
od  a  quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente reato
di  cui  all'articolo  4-bis  della  legge  26 luglio 1975, n. 354, e
successive modificazioni.
    Alla   domanda   e'   allegata,   a   pena  di  inammissibilita';
certficazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da una
struttura  privata  accreditata  per l'attivita' di diagnosi prevista
dal  comma  2,  lettera  d), dell'articolo 116 attestante lo stato di
tossicodipendenza o di alcooldipendenza, la procedura con la quale e'
stato accertato l'uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o
alcoliche,  l'andamento  del  programma  concordato  eventualmente in
corso e la sua idoneita', ai fini del recupero del condannato.
    Affinche'  il  trattamento  sia  eseguito  a  carico del Servizio
sanitario nazionale, la struttura interessata deve essere in possesso
dell'accreditamento  istituzionale  di  cui all'articolo 8-quater del
decreto   legislativo   30   dicembre   1992,  n. 502,  e  successive
modificazioni,  ed  aver  stipulato  gli  accordi contrattuali di cui
all'articolo 8-quinquies del citato decreto legislativo».
    L'invasione  delle  competenze e' palese laddove la norma prevede
che  la  certificazione  per  ottenere la sospensione dell'esecuzione
della  pena  e l'affidamento in prova al servizio sociale puo' essere
rilasciata   anche   dalle   strutture   private  accreditate  e  non
esclusivamente  dai  SERT,  come  previsto in precedenza. Prima della
legge  n. 49/2006, la certificazione dello stato di tossicodipendenza
era  prerogativa  dei  servizi  pubblici,  sia  per  la  complessita'
diagnostica di alcune situazioni, sia per evitare abili manipolazioni
da  parte  di  utenti  che  potrebbero cercare contemporanei benefici
farmacologici  presso  piu'  sedi  di trattamento, per cui si rendeva
necessario  un  unico riferimento centralizzato. Con le modificazioni
introdotte  dalla  legge  n. 49/2006, invece, la certificazione dello
stato  di  tossicodipendenza  non  e'  piu' appannaggio esclusivo del
servizio  pubblico,  potendo  essere rilasciata anche dalle strutture
private.
    Cio'  apre  un conflitto di interessi, in quanto la struttura che
certifica  la  tossicodipendenza  e'  la  stessa  che  effettuera' il
trattamento, potendo dar luogo ad abusi, non solo per il reclutamento
diretto   della   propria   utenza,   ma   anche   per  le  possibili
semplificazioni diagnostiche.
    Le  norme  censurate  generano  quindi una situazione di notevole
rischio,  posto che dalla certificazione dipendera' la possibilita' o
meno  per  la  persona  accusata  di detenzione o spaccio di droga di
poter evitare il carcere e usufruire delle pene alternative.
    Vi   e'   poi  il  rischio  ulteriore  che  si  crei  una  grande
variabilita'  di criteri diagnostici ed una conseguente disparita' di
trattamento  non  in relazione alle reali condizioni del soggetto, ma
in   funzione  dell'organizzazione  del  trattamento  previsto  dalla
struttura privata autorizzata a cui il tossicodipendente si rivolge.
    D)  Infine  deve  rilevarsi  che  con  la  normativa censurata il
Governo  ha  violato il principio di leale collaborazione tra Stato e
regioni,  principio  che  implica  il «contemperamento dei rispettivi
interessi»,  ai  sensi  degli  artt. 5 e 117, 118 e 120 Costituzione,
come modificati dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
    Il   legislatore   statale   ha   escluso   le  regioni  da  ogni
coinvolgimento,  in  violazione del principio di leale collaborazione
piu'  volte  richiamato  dalla Corte e specificatamente con la citata
sentenza  n. 88  del  2003  in  materia di tossicodipendenze. Cio' e'
tanto  piu'  grave se si considera che le norme censurate operano una
compressione dell'autonomia organizzativa e funzionale delle regioni.
    La   giurisprudenza,   diffusa,  della  Corte  costituzionale  ha
delimitato  il  principio  di  leale  collaborazione (a volte facendo
riferimento  ad  un  concetto  di  collaborazione  «concordata» tra i
diversi  livelli  di governo) facendo richiamo all'art. 5 della Cost.
(decisione n. 151 del 1986, 482 del 1995, 341 del 1996, 242 del 1997,
19 del 1997, 55 del 2001).
    Tra   l'altro,   detto   principio   era   gia'   presente  nella
giurisprudenza  comunitaria,  naturalmente  con  applicazione tra gli
organismi  comunitari  e  quelli  degli Stati membri (Corte Giustizia
comunita'  europee,  4  luglio 1996, n. 50/1994/1996; Corte Giustizia
comunita europee, 10 giugno 1993, n. 183/91/1993).
    Il  principio  appare  violato  dalle  numerose  disposizioni  di
dettaglio   contenute   negli   artt. 4-undecies,   4-quaterdecies  e
4-quinquiesdecies  oggetto di ricorso, in quanto la regione non ha in
alcun  modo  partecipato al procedimento di formazione della volonta'
legislativa.
    Cio'  e' tanto piu' grave laddove si consideri che il Testo Unico
delle  leggi in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope, di cui
al  d.P.R.  9 ottobre 1990, n. 309, prevede all'art. 118, comma 1, la
necessita'  della  Conferenza  Stato  regioni  e Province autonome di
Trento  e  di Bolzano per determinare l'organico e le caratteristiche
organizzative  e  funzionali  dei servizi per le tossicodipendenze da
istituire presso ogni azienda sanitaria locale.
    Infatti,  come  gia'  illustrato, nel casc di prestazioni di tipo
sanitario   e  socio-assistenzia1e  -  appunto  nelle  ipotesi  degli
interventi  connessi  all'uso non terapeutico degli stupefacenti - le
gia'  intricate  potesta'  statali  e  regionali  che  incidono sugli
aspetti  sanitari  si  debbono coordinare con la competenza regionale
esclusiva in tema di assistenza sociale.
    Proprio  perche'  i  problemi  di interferenza sono molteplici il
legislatore  ha  sancito  la necessita' in queste materie di pratiche
collaborative  tra  Governo  regioni  e  province autonome in sede di
Conferenza Stato-Regioni.
    Le  disposizioni  censurate finiscono invece per mortificare ogni
politica  di  programmazione, pianificazione e tutela della salute da
parte   della   regione,   minando   l'azione   pubblica  diretta  al
perseguimento di interessi territoriali che sono nella disponibilita'
esclusiva   della   regione,   e  che  in  ogni  caso  pretendono  la
funzionalizzazione  di ogni intervento normativo ed amministrativo di
qualsiasi  livello  in  un  quadro  di  coerenza  e  condivisione  di
obiettivi.  Nella  fattispecie  tutto cio' non e' stato, rimanendo la
disciplina  contestata  incoerente  e  resa  senza  alcuna  forma  di
partecipazione o contributo di parte delle regioni.
    Il  principio  di  leale  cooperazione  ha  appunto  lo  scopo di
rafforzare  la  posizione delle regioni nei confronti dello Stato non
solo   riconoscendo   un   carattere   imprescindibile  agli  apporti
partecipativi di queste, ma fornendo a tali partecipazioni i relativi
mezzi di tutela.
    In  base  a  tale  principio  e'  necessario  che  lo  Stato e le
autonomie   regionali   collaborino   lealmente,   dal   momento  che
partecipano  allo  stesso  procedimento  decisionale, e cio' non deve
costituire  un  semplice  e generico parametro di riferimento, con la
funzione  di  fornire  una  copertura  alla  configurazione  di  mera
ausiliarieta'   delle   autonomie   regionali  rispetto  a  decisioni
fondamentalmente  dello  Stato. Come ribadito dalla Corte il suddetto
principio   e'   quello   di   garantire   un'effettiva  ed  efficace
integrazione  di  ruoli distinti costituzionalmente riconosciuti. Ne'
puo'   essere  attribuito  al  principio  di  leale  cooperazione  il
significato  di  obbligo - da parte delle regioni - di perseguire gli
obiettivi definiti in sede centrale.