IL TRIBUNALE In composizione monocratica, nel proc. pen. N. 21/06 R.G.T. contro Souda Habib Ben Salem, imputato del reato p. e. p. dall'art. 14, comma 5-ter del d.lgs. 286/1998 (inserito dall'art. 13, comma 1, lett. d) della legge 30 luglio 2002, n. 189, come modificato dall'art. 1, comm 5-bis del d.l. 14 settembre 2004, n. 241, conv. con modificazioni nella legge 12 novembre 2004, n. 271) perche', essendo stato espulso ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis, d.lgs. citato con ordine dato con provvedimento scritto dal questore della Provincia di Matera - susseguente a decreto di espulsione (per ingresso clandestino) del prefetto di Matera emesso in data 17 novembre 2005 - con intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni dalla notifica (avvenuta nella stessa data del 17 novembre 2005) e con indicazione delle conseguenze penali derivanti dalla trasgressione, senza giustificato motivo si tratteneva nel territorio dello Stato, fatto accertato in Villapiana il 19 gennaio 2006; Ritenuto di dover sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter del d.lgs. 286/1998 (inserito dall'art. 13, comma 1, lett. d) della legge 30 luglio 2002, n. 189, come modificato dall'art. 1, comma 5-bis del d.l. 14 settembre 2004, n. 241, conv. con modificazioni nella legge 12 novembre 2004, n. 271), per violazione degli artt. 3 e 27, comma terzo, Cost; O s s e r v a L'imputato, tratto in arresto il 19 gennaio 2006 per violazione del citato art. 14, comma 5-ter del d.lgs. 286/1998, veniva presentato all'udienza del 20 gennaio 2006 dal pubblico ministero per la convalida ed il contestuale giudizio direttissimo ed il nulla osta all'espulsione. A tanto si provvedeva nel corso della medesima udienza. Veniva inoltre disposta la immediata liberazione dell'imputato, non avendo il p.m. richiesto l'adozione di alcuna misura cautelare e, avendo chiesto il difensore di avvalersi dei termini a difesa. Il procedimento veniva rinviato all'udienza odierna. Il tribunale ritiene di dover sollevare questione di legittimita' costituzionale relativa all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 268/1998, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore, per violazione degli articoli 3 e 27 della Costituzione. Essa si appalesa medesima rilevante giacche', ove si pervenga ad un giudizio di colpevolezza dell'imputato, sarebbe comminata la pena prevista dalla norma della cui legittimita' costituzionale si dubita. La condotta dello straniero che permanga nel territorio dello Stato «senza un giustificato motivo» contravvenendo al provvedimento del questore di lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni, ha subito vari trattamenti sanzionatori. Essa era sprovvista di specifica sanzione nella originaria formulazione dell'art. 14 del d.lgs. n. 286/1998. Successivamente, la legge n. 189/2002 introdusse una fattispecie contravvenzionale punibile con l'arresto da sei mesi ad un anno. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 223 del 15 luglio 2004, dichiaro' la illegittimita' costituzionale della norma per contrasto con gli artt. 3 e 13 Cost. «nella parte in cui stabilisce che per il reato previsto dal comma 5-ter del medesimo articolo 14 e' obbligatorio l'arresto in flagranza dell'autore del fatto». A seguito di tanto, un nuovo intervento legislativo - legge n. 271/2004 - reintroduceva l'arresto obbligatorio in flagranza, trasformando la fattispecie in delitto punibile con la reclusione uno a quattro anni. La condotta ascritta all'imputato risente, quanto al trattamento sanzionatorio, del notevole inasprimento di pena di cui si e' dato conto e che si sottopone a vaglio di costituzionalita' in riferimento ai citati articoli della Costituzione. A tal proposito, costituisce orientamento costante del Giudice delle leggi quello per cui il sindacato delle scelte sanzionatorie del legislatore e' possibile solo ove «l'opzione normativa del legislatore contrasti con il principio di uguaglianza, sotto il profilo dell'assoluta arbitrarieta' o della manifesta irragionevolezza» (sentt. nn. 203/2003, 287/2001, 313/1995). La sentenza n. 5/2000 richiede che si indaghi «sul perche' una determinata disciplina operi, all'interno del tessuto egualitario dell'ordinamento, quella specifica equiparazione (oppure, a seconda dei casi, quella specifica distinzione), traendone, quindi, le debite conclusioni in punto corretto uso del potere normativo. Solo nel caso in cui siffatta verifica dovesse evidenziare una carenza di causa o ragione della disciplina introdotta potra' dirsi realizzato un vizio di legittimita' costituzionale della norma, proprio perche' fondato sulla irragionevole omologazione di situazioni diverse». Tale giudizio presuppone l'individuazione di un tertium comparationis ovvero di fattispecie analoghe ricavabili da norme incriminatici poste a tutela degli stessi interessi e nelle quali la condotta si connota secondo modalita' identiche o, quantomeno, analoghe. Nel caso che occupa sono ipotizzabili due raffronti: uno con le diverse fattispecie previste dall'art. 15, comma ter del d.lgs. 286/1998 e l'altro con fattispecie che non rientrano nella disciplina dell'immigrazione. Quanto al primo aspetto, si rileva che alcune ipotesi di irregolare permanenza (stranieri espulsi dal Ministero dell'interno per ragioni di ordine e sicurezza pubblica) con configurano alcun reato. Altre condotte che consistono nella inosservanza di omologhi provvedimenti del questore, sono puniti in modo del tutto differenziato nonostante ledano gli stessi interessi (si veda il caso dello straniero con regolare permesso di soggiorno, il cui permesso sia scaduto senza che sia stato richiesto il rinnovo nei sessanta giorni successivi alla scadenza; fattispecie punita con l'arresto da sei mesi ad un anno). Sotto differente prospettiva, la comparazione appare altresi' possibile con la fattispecie prevista dall'art. 650 C.P. (inottemperanza ad un provvedimento legalmente dato per ragioni di sicurezza pubblica o di ordine pubblico) nonche' dall'art. 2 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (violazione del provvedimento di rimpatrio emesso dal questore). Esiste stretta correlazione fra il principio di proporzionalita' della pena (ricava dall'art. 3 Cost.) e quello della finalita' rieducativa della pena (di cui all'art. 27, terzo comma, Cost.). Come e' stato affermato, «la palese sproporzione del sacrificio della liberta' personale produce ... una vanificazione del fine rieducativo della pena prescritto dall'art. 27, comma 3, della Costituzione, che di quella liberta' costituisce una garanzia istituzionale in relazione allo stato di detenzione» (sent. n. 343/1993). L'inasprimento della sanzione, inoltre, appare giustificato esclusivamente dalla necessita' di ripristinare l'arresto obbligatorio ritenuto illegittimo dalla Corte, scollegandola dall'effettiva offensivita' della condotta.