ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 19, comma 2,
lettera d),  del  decreto  legislativo  25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e  norme  sulla  condizione  dello straniero), promosso con ordinanza
dell'8  giugno 2005  dal  giudice  di  pace  di  Genova,  sul ricorso
proposto  da  B.  L. contro il Prefetto di Genova, iscritta al n. 527
del  registro  ordinanze  2005  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica - 1ª serie speciale - n. 44, dell'anno 2005.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio del 22 febbraio 2006 il giudice
relatore Maria Rita Saulle.
    Ritenuto  che  il  giudice  di  pace  di  Genova,  con  ordinanza
depositata   l'8  giugno 2005,  ha  sollevato,  in  riferimento  agli
artt. 2,  30  e  32  della  Costituzione,  questione  di legittimita'
costituzionale   dell'art. 19,   comma 2,   lettera d),  del  decreto
legislativo  25 luglio  1998,  n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello  straniero),  nella  parte  in  cui  prevede  che il decreto di
espulsione  debba essere eseguito anche nei confronti dello straniero
extracomunitario  legato da una relazione affettiva con una cittadina
italiana,  in  stato  di  gravidanza,  impedendo  cosi'  a  costui di
assicurare  alla  donna  stessa e al nascituro assistenza materiale e
morale;
        che  il  rimettente  solleva  la  questione  di legittimita',
relativamente  alla  tutela  della cittadina italiana, in riferimento
agli  artt. 2  e 32 Cost. e, relativamente alla tutela del nascituro,
in riferimento agli artt. 2 e 30 Cost;
        che  il giudizio a quo ha ad oggetto l'opposizione al decreto
di  espulsione  emesso dal Prefetto di Genova nei confronti di B. L.,
in  quanto questi, entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai
controlli  di frontiera, non aveva richiesto il permesso di soggiorno
entro i termini di legge;
        che  il  rimettente,  illustrati  brevemente i suoi poteri in
materia  di  opposizione  al decreto di espulsione, in punto di fatto
rileva che il B. L. risulta legato affettivamente ad M. V., cittadina
italiana,  come  da  dichiarazione  dalla stessa sottoscritta, con la
quale ha concepito un nascituro;
        che,  nel  corso  del giudizio a quo e' emerso che costei era
stata  ricoverata,  in data 14 maggio 2005, presso un Pronto soccorso
ospedaliero ove le era stato rilasciato un certificato medico con una
prognosi di tre giorni;
        che,   a   parere   del   giudice   a  quo,  l'art. 16  della
dichiarazione  universale  dei  diritti  dell'uomo  e  l'art. 8 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta'  fondamentali,  resa  esecutiva  con la legge 4 agosto 1955,
n. 848  (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali firmata a Roma il
4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa,
firmato  a  Parigi  il  20 marzo  1952),  nel  prestare  tutela  alla
famiglia,  prescindono dal fatto che la stessa sia fondata o meno sul
vincolo del matrimonio;
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  il  decreto di espulsione
impugnato  costituisce un grave nocumento per la madre del nascituro,
in  violazione  dell'art. 2  della Costituzione, nonche' dell'art. 32
della Costituzione, in quanto limita o esclude il dovere inderogabile
di solidarieta' connesso alla tutela del diritto alla salute;
        che  il  decreto  di espulsione oggetto di giudizio, a parere
del    giudice   a   quo,   vanifica,   altresi',   i   diritti   del
«nascituro-figlio  naturale»  ed  «impedisce l'adempimento dei doveri
del genitore-naturale» destinatario «del provvedimento amministrativo
opposto»,  nonostante  la tutela che il legislatore e l'art. 30 della
Costituzione accordano al figlio naturale;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, concludendo per la declaratoria di inammissibilita' o comunque
di manifesta infondatezza della questione;
        che,   ad  avviso  della  parte  pubblica,  la  questione  di
legittimita'  risulterebbe, innanzitutto, irrilevante ponendosi al di
fuori  della fattispecie procedimentale che il rimettente e' chiamato
a decidere;
        che  l'esecuzione  del  provvedimento di espulsione, a parere
della   difesa   erariale,   non  pregiudica  il  diritto-dovere  del
ricorrente  di  adempiere  ai  suoi doveri di padre del nascituro una
volta   che   quest'ultimo,  venuto  al  mondo,  venga  dallo  stesso
riconosciuto;
        che,   secondo   l'Avvocatura,   l'ordinamento   non  prevede
situazioni  soggettive  tutelabili  in  capo al presunto padre, prima
della   nascita  del  concepito,  «fino  al  punto  di  sottrarlo  al
trattamento sanzionatorio derivante dalla violazione di leggi»;
        che,   a   parere   della  difesa  erariale,  in  favore  del
ricorrente,  in  quanto  convivente  e non unito in matrimonio con la
madre   del   nascituro,   non   si  puo'  invocare  l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 19,  comma 2, lettera d), del d.lgs. n. 286
del  1998  sulla  base  della  sentenza n. 376 del 2000, con la quale
questa Corte, al fine di assicurare un'adeguata tutela alla famiglia,
ha  dichiarato  illegittima  la  norma  citata nella parte in cui non
prevedeva   il   divieto  di  espulsione  nei  confronti  del  marito
convivente con donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi
alla nascita del figlio;
        che,    comunque,    i   valori   dell'unita'   familiare   e
dell'interesse  dei  figli  minori devono essere bilanciati con altri
valori  aventi uguale dignita' costituzionale, quali quelli garantiti
e  protetti  dalla normativa in materia di ingresso e soggiorno degli
stranieri nel territorio nazionale;
        che,  infine,  la  parte  pubblica ritiene non applicabile al
caso  sottoposto  al  rimettente la legge 8 marzo 2000, n. 52 (recte:
n. 53)  (Disposizioni  per  il  sostegno  della  maternita'  e  della
paternita',  per  il  diritto  alla  cura  e alla formazione e per il
coordinamento   dei   tempi  delle  citta),  che  ha  introdotto  una
disciplina   a   tutela  della  funzione  genitoriale  a  prescindere
dall'esistenza   del   rapporto   di  coniugio,  attesa  la  presenza
irregolare nel territorio dello Stato del ricorrente;
    Considerato  che  il  giudice di pace di Genova, ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 2,  30 e 32 della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 19,  comma 2, lettera d), del
decreto   legislativo  25 luglio  1998,  n. 286  (Testo  unico  delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione dello straniero), nella parte in cui prevede che il
decreto di espulsione debba essere eseguito anche nei confronti dello
straniero  extracomunitario legato da una relazione affettiva con una
cittadina  italiana, in stato di gravidanza, impedendo cosi' a costui
di assicurare alla donna stessa e al nascituro assistenza materiale e
morale;
        che, premesso che l'art. 19, comma 2, lettera d), del decreto
legislativo  25 luglio  1998,  n. 286,  prevede  non  gia' un divieto
assoluto,  ma  una temporanea sospensione del potere di espulsione (o
di  respingimento) «delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi
successivi  alla  nascita del figlio cui provvedono», l'estensione di
tale   disciplina   (operata  dalla  sentenza  n. 376  del  2000)  al
rispettivo  marito  convivente  presuppone  una certezza dei rapporti
familiari  che  non  e'  dato  riscontrare  -  e  tanto  meno e' dato
verificare  nel  giudizio  a quo - nel caso di una relazione di fatto
che, come tale, non puo' che essere affermata dagli interessati;
        che,   conseguentemente,   la   questione   di   legittimita'
costituzionale,  sebbene  prospettata  in  termini  di  tutela  della
famiglia  di  fatto e dei conseguenti diritti-doveri, pone in realta'
in  comparazione  trattamenti  riservati  a  situazioni profondamente
diverse  -  e  cioe'  quella del marito di cittadina extracomunitaria
incinta  e  quella  dell'extracomunitario che afferma di essere padre
naturale   di   un  nascituro  -  e,  quindi,  non  irragionevolmente
disciplinate in modo diverso dal legislatore;
        che,  quanto  alla  censura relativa alla asserita violazione
del  dovere  inderogabile  di solidarieta', collegata al diritto alla
salute  tutelato  dall'art. 32  della  Costituzione, le ragioni della
solidarieta'  umana non sono di per se' in contrasto con le regole in
materia  di  immigrazione  previste in funzione di un ordinato flusso
migratorio   e  di  un'adeguata  accoglienza  ed  integrazione  degli
stranieri;
        che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.