Ricorso della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 144 del 28 aprile 2006 (all. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 2 maggio 2006, n. rep. 2990 (all. 2), rogata dall'avv. Edith Engl, ufficiale rogante della regione - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, in via Confalonieri 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione che non spetta allo Stato di fissare, anche in relazione alle regioni a statuto speciale, ed in particolare alla ricorrente regione, criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato da parte delle camere di commercio, e per l'annullamento dell'art, 1, comma 2, e degli artt. 4 e 5 del decreto del Ministro delle attivita' produttive 8 febbraio 2006, Definizione, ai sensi dell'articolo 1, comma 98, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e per l'Unioncamere, degli indicatori di equilibrio economico-finanziario, volti a fissare criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato, per il triennio 2005-2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 11 marzo 2006, n. 59, nella parte in cui essi si riferiscono alla ricorrente regione, per violazione dell'art. 4, n. 8, nonche' dell'art. 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670; degli articoli 2, 3 e 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266. F a t t o La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e' dotata di potesta' legislativa primaria in materia di ordinamento delle Camere di commercio, in forza dell'art. 4, n. 8, Statuto (attuato con d.P.R. n. 1017/1978). Il d.m. 8 febbraio 2006, qui impugnato in parte qua, reca Definizione, ai sensi dell'art. 1, comma 98, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e per l'Unioncamere, degli indicatori di equilibrio economico-finanziario, volti a fissare criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato, per il triennio 2005-2007. Tale decreto e' rivolto a dare attuazione all'art. 1, comma 98, ultima frase della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005), secondo il quale «per le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e l'Unioncamere, con decreto del Ministero delle attivita' produttive, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell'economia e delle finanze, sono individuati specifici indicatori di equilibrio economico-finanziario, volti a fissare criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato, nel rispetto delle previsioni di cui al presente comma». La stessa legge n. 311/2004 contiene anche una clausola di salvaguardia delle competenze delle autonomie speciali, stabilendo che «le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti» (art. 1, comma 569, enfasi aggiunta). Ciononostante, l'art. 1, comma 2, del decreto impugnato stabilisce espressamente che «le disposizioni del presente decreto, ai sensi del comma 569 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 si applicano anche nelle regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano». Quanto al contenuto specifico, l'art. 2 fissa specifici limiti alle assunzioni da parte delle camere di commercio, correlati all'indice di equilibrio economico-finanziario di cui all'art. 5. L'art. 3 prevede l'assegnazione delle eventuali quote residue e fissa i criteri da utilizzare a tal fine. L'art. 4 costituisce «un gruppo di lavoro presso il Ministero delle attivita' produttive» (composto da due rappresentanti del Ministero dell'attivita' produttive, uno del Ministero dell'economia e finanze, uno del Dipartimento della funzione pubblica ed uno dell'Unioncamere) e affida ad esso il compito di formulare pareri sulle richieste di utilizzo delle «quote residue» presentate dalle singole camere di commercio, cioe' sulla possibilita' per le camere di commercio di assumere personale avvalendosi di tali quote. Il provvedimento di riassegnazione e' di competenza del Ministero (art. 4, comma 3). L'art. 5 affida al gruppo di lavoro anche il compito di determinare l'indice generale di equilibrio economico-finanziario di ciascuna camera di commercio, e specifica i criteri di tale determinazione. Ad avviso della ricorrente regione, in virtu' della clausola di cui al comma 569, l'articolo 1, comma 98, ultima frase si doveva intendere come non applicabile alla Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol. Tale interpretazione era del resto suggerita ed avvalorata la precedente specifico costituito dall'interpretazione, ad opera del d.m. 27 maggio 2003 (recante Definizione, ai sensi dell'art. 34, comma 11 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e per l'Unioncamere, degli indicatori di equilibrio economico-finanziario, volti a consentire forme di reclutamento del personale a tempo indeterminato), della disposizione della finanziaria per il 2003 corrispondente per contenuto all'art. 1, comma 98, della legge finanziaria per il 2005. Tale corrispondente disposizione - l'art. 34, comma 11, legge n. 289/2002 - stabiliva anch'essa che «con decreto del Ministero delle attivita' produttive, sono individuati per le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e l'Unioncamere specifici indicatori volti a definire le condizioni di equilibrio economicofinanziario»: essa era dunque strutturalmente identica a quella del comma 98 della legge n. 311 del 2004. Anche la corrispondente clausola di salvaguardia era identica: l'art. 95, comma 2 stabiliva anch'esso che «le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti». Su tale base, il d.m. 27 maggio 2003 non prevedeva affatto - al contrario di quello qui impugnato - la propria applicabilita' alle regioni speciali. Invece, l'art. 1, comma 2, d.m. 8 febbraio 2006, inopinatamente, dispone l'applicazione del decreto stesso «anche nelle regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano», cioe', per quel che interessa la ricorrente regione, anche alle Camere di commercio di Trento e Bolzano. Addirittura, esso asserisce che le disposizioni del decreto si applicano alle regioni speciali ed alle province autonome «ai sensi del comma 569 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311», cioe' proprio della norma che ne giustifica la non applicazione. Ma tale estensione dell'ambito di applicazione del d.m. 8 febbraio 2006 risulta illegittima e lesiva delle prerogative costituzionali della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol per le seguenti ragioni di Diritto 1. - Illegittimita' delle disposizioni impugnate, e in particolare dell`art. 1, comma 2, per violazione generale dell'autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria regionale in relazione all'ordinamento delle Camere di commercio, nella parte in cui si riferiscono alla applicazione nella Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol. Il decreto ministeriale qui impugnato risulta ad avviso della ricorrente regione illegittimo ed invasivo delle sue prerogative costituzionali - quali risultano dalle disposizioni citate in epigrafe ed in premessa - per la ragione assorbente che esso non poteva includere nel proprio ambito di applicazione le camere di commercio della regione, in ragione delle predette competenze statutarie, la cui salvaguardia non solo si imponeva da se', ma era espressamente richiesta dal comma 569 dell'art. 1 della legge n. 311 del 2004. Benche' si tratti di un vincolo posto apparentemente alle camere di commercio, e' evidente che esso si traduce in una sovrapposizione della competenza amministrativa statale a quella legislativa ed amministrativa spettante alla ricorrente regione. Infatti, dato che le camere di commercio rientrano nella potesta' legislativa regionale, il vincolo posto ad esse si traduce in primo luogo in una limitazione posta alla legge regionale, sia in relazione al profilo ordinamentale sia in relazione al profilo finanziario. E' paradossale che, come detto in narrativa, il decreto stabilisca che le proprie disposizioni si applicano alle regioni speciali ed alle province autonome «ai sensi del comma 569 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311», cioe' proprio della norma che stabilisce invece la non applicazione delle disposizioni incompatibili con le competenze statutarie delle regioni speciali. Tale incompatibilita' risulta evidente, in primo luogo, in relazione alla potesta' legislativa primaria spettante nella materia alla regione. Tale competenza puo' essere limitata soltanto dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, e tale non e' certamente ne' la norma del comma 98 della legge n. 311 del 2004, ne' (ovviamente) il contenuto dello stesso decreto ministeriale. Cio' se pure si ritenesse ancora sussistente tale limitazione, in relazione a quanto disposto dall'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Si noti che l'interferenza statale nella materia non potrebbe essere giustificata neppure sulla base di una competenza statale in materia di coordinamento della finanza pubblica. Infatti, per le regioni ad autonomia speciale le esigenze di coordinamento trovano espressione nella speciale disciplina del patto di stabilita'. Conviene infatti ricordare che gia' nella legge n. 289/2002 il comma 18 dell'art. 29 disponeva che «le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano concordano, entro il 31 marzo di ciascun anno, con il Ministero dell'economia e delle finanze, per gli esercizi 2003, 2004 e 2005, il livello delle spese correnti e dei relativi pagamenti»; e che la legge n. 311 del 2004 corrispondentemente dispone (al comma 38 dell'art. 1) che «per gli esercizi 2005, 2006 e 2007, le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano concordano, entro il 31 marzo di ciascun anno, con il Ministero dell'economia e delle finanze, il livello delle spese correnti e in conto capitale, nonche' dei relativi pagamenti, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il periodo 2005-2007». Nelle regioni a statuto speciale, ed in ogni caso nella Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, le camere di commercio sono parte del sistema complessivo della finanza regionale, tanto che parte considerevole delle spese correnti delle camere di commercio (comprese quelle per il personale) e' a carico del bilancio regionale. La stessa incompatibilita' emerge anche dalla specifica considerazione delle regole generali sui rapporti tra legislazione statale e legislazione locale stabilite dall'art. 2 delle norme di attuazione dello statuto di cui al decreto legislativo n. 266/1992. Esse stabiliscono, come e' ben noto, un regime di separazione fra fonti statali e fonti regionali-provinciali nelle materie di competenza regionale-provinciale: in virtu' del quale le normative statali in tali materie non sono applicabili in via diretta nel territorio della regione ma - in quanto contengano principi suscettibili di vincolare l'autonomia regionale - debbono essere tradotte in nonne regionali (o, a seconda della materia, provinciali). Dunque, sarebbe in ogni caso spettato al legislatore regionale di introdurre nell'ordinamento locale quei vincoli alle locali camere di commercio che il legislatore statale - e in via integrativa il decreto ministeriale - pongono nelle rimanenti regioni. A questa stregua, dunque, se pure il comma 98 dell'art. 1 della legge n. 311 del 2004 contenesse un principio suscettibile di vincolare l'autonomia regionale, tale vincolo non potrebbe che operare secondo il predetto meccanismo, spettando comunque alla regione di dettarne la disciplina. Anche sotto questo profilo il decreto qui impugnato risulta illegittimo ed invasivo. Ancora, l'applicazione del comma 98 alla regione risulta incompatibile con l'art. 3 del decreto legislativo n. 266 del 1992, nella parte in cui questo dispone che in ogni modo gli atti di indirizzo e coordinamento che potessero essere rivolti alla regione la potrebbero vincolare «solo al conseguimento degli obiettivi o risultati in essi stabiliti» e mai a minute regole specifiche (art. 3, comma 2). Tali invece essendo quelle previste dal comma 98, ne risulta evidente la incompatibilita' con il sistema statutario. Ancora, il vincolo posto dal comma 98 risulta incompatibile con lo statuto in quanto intrinsecamente incompatibile con l'autonomia finanziaria della regione. In effetti, si deve constatare, alla luce della ormai consolidata giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale, che i limiti specifici posti alle assunzioni (che nel caso, benche' riguardino le camere di commercio, si traducono in vincoli alla potesta' legislativa, amministrativa e finanziaria regionale) sono contrari alle regole costituzionali - ed in questo caso statutarie - dell'autonomia finanziaria (si vedano le sentt. n. 390/2004 e n. 88/2006; si veda altresi' la sent. n. 417/2005 sul decreto detto «taglia spese»). Infatti lo Stato, nell'esercizio della potesta' legislativa di «coordinamento della finanza pubblica», puo' bensi' dettare norme di principio rivolte a fissare limiti generali di spesa, ma non porre vincoli puntuali e specifici relativi a questa o quella singola voce. Ora, la limitazione delle assunzioni a tempo indeterminato nelle camere di commercio costituisce indubbiamente un vincolo specifico, e dunque risulterebbe illegittima: ed e' evidente che un vincolo illegittimo risulta di per se' incompatibile con lo Statuto di autonomia. Del resto, come ricordato in narrativa, la non applicabilita' di norme quali quella del comma 98 dell'art. 1 della legge n. 311 del 2004 era stata pacificamente riconosciuta dallo Stato in occasione della emanazione del d.m. 27 maggio 2003, che dava attuazione alla corrispondente norma di cui all'art. 34, comma 11, della legge n. 289 del 2002. Ne' vi e' ragione testuale o extratestuale alcuna per mutare l'interpretazione gia' pacificamente acquisita, mentre tutte le ragioni sopra esposte convergono nel senso di confermarla. 2. - Specifica illegittimita' degli articoli 4 e 5. L'articolo 4 del decreto impugnato prevede: che sia costituito un «gruppo di lavoro presso il Ministero delle attivita' produttive», che tale gruppo sia composto «da due rappresentanti del Ministero delle attivita' produttive, di cui uno con funzioni di presidente, uno del Dipartimento della funzione pubblica ed uno dell'Unioncamere» (comma 1); che tale gruppo esamini «le richieste di accesso all'utilizzo delle quote residue, presentate dalle singole camere di commercio entro il 30 novembre di ciascun anno»; che tali quote siano «riassegnate, con provvedimento del Ministero delle attivita' produttive». L'art. 5 prevede la competenza dello stesso gruppo ad elaborare, ai fini dell'applicazione delle regole poste dal decreto, diversi «indici medi» di equilibrio dimensionale. Tali disposizioni - se dovessero risultare applicabili nel territorio della ricorrente regione - risulterebbero affette da illegittimita' per lesione delle prerogative statutarie sotto due diversi profili. In primo luogo, risulta evidente che il decreto impugnato non si e' limitato a fissare criteri ed indici, ma istituisce un intero sistema di gestione amministrativa delle camere di commercio, e che dunque, nel quadro di tale sistema, le stesse camere di commercio della regione sarebbero per una parte significativa soggette al potere amministrativo del Ministero delle attivita' produttive: con violazione sia dell'art. 16 dello Statuto, che afferma la titolarita' regionale delle funzioni amministrative nelle materie di potesta' legislativa, sia dell'art. 4 del decreto legislativo n. 266 del 1992, che nelle stesse materie vista l'assegnazione allo Stato di funzioni amministrative da esercitare con riferimento al territorio regionale o provinciale. In secondo luogo, se pure tali funzioni amministrative fossero legittimamente affidate al centro, esse dovrebbero svolgersi secondo procedure di leale collaborazione, di cui non vi nel decreto neppure la minima traccia: il «gruppo di lavoro» e' composto di funzionari esclusivamente statali, ne' si prevede l'intesa con la regione interessata o con la Conferenza Stato-regioni. 3. - Ulteriore specifica illegittimita' del decreto quale atto di indirizzo e coordinamento, per violazione dell'art. 3 del decreto legislativo n. 266 del 1992. Infine, persino ove il decreto ministeriale previsto dall'art. 1, comma 98, della legge n. 311 del 2004 dovesse, in denegata ipotesi, applicarsi anche nel territorio della ricorrente regione, esso rimarrebbe illegittimo sia per vizio procedurale che per vizio di contenuto. Infatti, il potere di determinare «indicatori di equilibrio economico-finanziario, volti a fissare criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato», dovrebbe necessariamente essere qualificato come espressione della funzione di indirizzo e coordinamento. Cio' comporta in primo luogo, in relazione alla ricorrente regione, l'applicazione della garanzia procedurale di cui all'art. 3, comrna 3, del d.lgs. n. 266/1992, il quale richiede che sia chiesto il parere della regione su tale tipo di atti: parere che non e' stato invece chiesto affatto, con evidente lesione delle prerogative statutarie della regione stessa. In secondo luogo, il comma 2 dello stesso art. 3, gia' ricordato, prevede che l'atto vincoli «la regione e le province autonome solo al conseguimento degli obiettivi o risultati in essi stabiliti». L'atto dunque, non poteva essere in ogni caso rivolto alla regione ricorrente con il contenuto che lo caratterizza, cioe' con contenuto puntuale ed esaustivo, e per giunta con gestione ministeriale (v. la gia' lamentata violazione dell'art. 4 dello stesso decreto legislativo).