Ricorso  della  Regione  Lazio,  in  persona del presidente della
giunta,  dott.  Pietro Marrazzo, rappresentato e difeso, in virtu' di
procura a margine del presente atto e di delibera di giunta regionale
n. 237  del  21 aprile  2006,  dal  prof. avv. Gennaro Terracciano ed
elettivamente  domiciliato  presso il suo studio in Roma, alla piazza
di Spagna, n. 35;

    Nei  confronti  del  Presidente del Consiglio dei ministri per la
declaratoria  di illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127
Cost.  della  legge  20 febbraio  2006,  n. 96,  recante  «Disciplina
dell'agriturismo»  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 63  del
16 marzo 2006, relativamente all'art. 5 («Norme igienico-sanitarie»),
all'art. 7   («Abilitazione  e  disciplina  fiscale»)  e  all'art. 11
(«Programmazione    e    sviluppo   dell'agriturismo»),   all'art. 12
(«Attivita'   assimilate»),   all'art. 13   («Osservatorio  nazionale
dell'agriturismo»).

                              F a t t o

    Nella  Gazzetta  Ufficiale  del  16 marzo  2006,  n. 63  e' stata
pubblicata  la legge 20 febbraio 2006, n. 96, concernente «Disciplina
dell'agriturismo»,  che si propone come «testo unico», accogliendo in
se'  tutta  una  serie  di  norme  che,  nel  tempo, hanno riguardato
l'agriturismo,  determina i principi fondamentali a cui le regioni si
devono  uniformare ed abroga la precedente legge sull'agriturismo del
5 dicembre 1985, n. 730.
    Tale   legge   reca   una   disciplina  incidente  sulla  materia
dell'agricoltura  - cui appartiene la disciplina dell'agriturismo - e
del  turismo  -  cui sono riconducibili taluni aspetti dell'attivita'
agrituristica - che, a seguito della riforma del Titolo V della Parte
II   della   Costituzione   rientrano  nella  competenza  legislativa
residuale  esclusiva  delle  regioni  ai  sensi dell'art. 117, quarto
comma Cost.
    In  particolare  tale  legge,  laddove detta criteri in ordine ai
requisiti   igienico-sanitari   per   lo  svolgimento  dell'attivita'
agrituristica  (art. 5),  prevede  che  le  regioni  disciplinino  le
modalita'   per   il   rilascio   del   certificato  di  abilitazione
all'esercizio  (art. 7), riserva al Ministro delle politiche agricole
e  forestali  la  programmazione in materia di agriturismo (art. 11),
assimila all'attivita' agrituristica quella dei pescatori che offrono
ospitalita'    e   somministrano   pasti   con   prodotti   derivanti
dall'attivita'   di  pesca  (art. 12)  ed  istituisce  l'Osservatorio
nazionale dell'agriturismo (art. 13) reca una disciplina incidente su
materie  di competenza regionale, ponendosi in contrasto con principi
e  norme costituzionali, sia perche' gravemente lesive della potesta'
legislativa  regionale  costituzionalmente  riconosciuta, sia perche'
adottate in palese violazione del principio di leale collaborazione.
    Un  siffatto  intervento,  per  la  segnalata  portata  e  per  i
contenuti   della   previsione,   concreta   una  serie  di  vizi  di
legittimita'  costituzionale,  con violazione delle prerogative della
Regione  Lazio,  che  inducono alla proposizione del presente ricorso
per i seguenti

                             M o t i v i

    1.  -  Illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 117
Cost.
    A)   Si  deve  preliminarmente  rilevare  che  nel  quadro  della
ripartizione delle competenze normative fra Stato e regioni derivante
dalla  modifica  costituzionale di cui alla legge costituzionale n. 3
del  2001, la materia agriturismo ricade nell'ambito delle materie di
cui al comma quarto dell'art. 117 Cost., che attribuisce alle regioni
la  competenza  generale residuale (c.d. «esclusiva»). In tale ambito
ricadono,  del  resto,  tutte le materie relative allo sviluppo delle
attivita'   produttive  non  menzionate  nel  comma  terzo  di  detto
articolo, ivi comprese quelle concernenti l'agricoltura ed il turismo
(delle  quali l'«agriturismo» rappresenta una specifica interazione).
La  legge  in  esame  risulta,  inoltre,  totalmente  scoordinata con
l'evoluzione  del  quadro  dei  rapporti  istituzionali  fra  Stato e
regioni.
    B)  Non  puo' non rilevarsi come prima della riforma del Titolo V
della  Costituzione,  la materia dell'agricoltura era contemplata nel
testo  antecedente  dell'art. 117  Cost.  tra  quelle  di  competenza
concorrente.
    Era  considerata nella sua oggettivita' come «fenomeno produttivo
di  prodotti alimentari per uomini ed animali» e qualificata come una
materia  «complessa»,  in  quanto  composta da piu' oggetti capaci di
autonoma considerazione (quali, a titolo esemplificativo, il «mercato
dei prodotti gricoli» o il «lavoro agricolo»).
    A seguito della entrata in vigore della legge cost. n. 3 del 2001
l'«agricoltura» non risulta contemplata nel nuovo testo dell'art. 117
Cost. ne' negli elenchi delle materie di competenza esclusiva statale
ne'  di quelle di competenza concorrente, sicche' si ritiene che essa
sia riconducibile alla competenza residuale delle regioni.
    Nel  2004,  la  Corte  costituzionale,  con la sentenza n. 12, ha
confermato   tale   interpretazione   stabilendo   espressamente  che
l'«agricoltura», il cui nocciolo duro e' costituito dalla «produzione
di  vegetali  e animali destinati all'alimentazione», appartiene alla
competenza   residuale   delle  regioni,  sottratta  alla  competenza
legislativa statale.
    C)  Anche  nel  settore  del  turismo, rientrante anch'esso nella
potesta'  residuale  esclusiva  della  regione, deve ritenersi venuta
meno  la  legittimazione  statale, in quanto, spetta ora alle regioni
legiferare  in  materia, nel rispetto della Costituzione e con i soli
limiti   derivanti   dall'Ordinamento  comunitario  e  del  ritrovato
interesse nazionale.
    Tanto  che e' apparsa anacronistica ed in controtendenza rispetto
ai  principi del dettato costituzionale la legislazione del turismo a
carattere  nazionale  (di  cui  alla legge n. 135/2001), impugnata da
molte  regioni  perche'  ritenuta invasiva delle proprie competenze e
sulla quale si e' raggiunto un accordo solo a seguito del regolamento
di  attuazione  d.P.C.m. del 13 settembre 2002) adottato d'intesa con
la  Conferenza Stato-regioni, al fine di assicurare l'unitarieta' del
comparto. Va specificato inoltre che proprio nell'ambito del suddetto
tra  l'altro,  si  e'  espressamente  concordato tra le parti che «il
turismo e' materia di esclusiva competenza regionale».
    La  stessa  Corte  costituzionale dopo aver confermato piu' volte
che la materia del turismo appartiene alla competenza residuale delle
regioni (n. 90 del 6 marzo 2006; n. 459 del 14 dicembre 2005; si veda
anche  Cons.  Stato, sez. IV, 23 settembre 2004, n. 6213) ha chiarito
che  «si  tratta  di un'ulteriore conferma del fatto che, a decorrere
dall'entrata  in  vigore  del  nuovo  Titolo V della Costituzione, le
regioni  ben  possono  esercitare  in materia di turismo tutte quelle
attribuzioni  di  cui  ritengono  di  essere  titolari approvando una
disciplina  legislativa,  che  ben  puo'  anche essere sostitutiva di
quella  statale  (cfr.  sentenza n. 510 del 2002), fatto naturalmente
salvo  il potere governativo del ricorso previsto dall'art. 127 della
Costituzione» (n. 197 del 23 maggio 2003).
    D)   Proprio   perche'   la   materia   relativa  all'agriturismo
costituisce  la  necessaria  e  specifica  interazione tra la materia
dell'agricoltura  e  quella del turismo, una legge nazionale organica
in   questa   materia   risulta,  gia'  nel  suo  impianto  generale,
contrastante  con  il Titolo V della parte seconda della Costituzione
perche'  non  e'  ricompresa nell'elenco delle materie riservate allo
Stato,  ai  sensi  dell'art. 117,  secondo comma Cost., ne' in quello
delle materie soggette alla potesta' legislativa concorrente (il solo
che legittimerebbe ugualmente un intervento dello Stato).
    E) A questo proposito risulta ormai definitivamente acclarato che
per  la potesta' legislativa residuale valgono solo i limiti generali
derivanti  dalla  prima  parte della Costituzione e i limiti indicati
all'art. 117,  comma  1.  Vale,  altrettanto  sicuramente,  il limite
territoriale.  Una  prima  differenza  fra  i  due  tipi  di potesta'
legislativa regionale sta proprio in questo: che mentre nelle materie
di  legislazione concorrente la regione deve muoversi entro il quadro
definito  dai  principi  fondamentali dettati dallo Stato, o comunque
desumibili   dalla   legislazione   statale,  nelle  materie  di  cui
all'art. 117, quarto comma, la potesta' legislativa regionale si puo'
estendere  anche alla determinazione dei principi fondamentali, nella
misura   in   cui  ve  ne  sia  necessita'.  Mentre  nel  caso  della
legislazione concorrente la riserva alla regione impedisce allo Stato
di  porre  una  disciplina  di  dettaglio,  nel  caso  della potesta'
legislativa  residuale  e'  precluso qualsiasi intervento legislativo
statale.  Nel  primo  caso  lo  Stato  ha  un  titolo  di  intervento
aggiuntivo  rispetto  a quelli elencati nell'art. 117, secondo comma,
nel  secondo  caso non dispone di titoli abilitativi ulteriori. Nelle
materie   di   potesta'  legislativa  residuale,  inoltre,  lo  Stato
sicuramente  non  dispone  di  potesta'  regolamentare,  che  gli  e'
attribuita  solo  in  corrispondenza  della  legislazione  esclusiva.
Ugualmente, nelle stesse materie, il potere di attribuire le funzioni
amministrative  non  spetta  allo Stato, ma alla regione, con l'ovvia
esclusione  delle  funzioni fondamentali degli enti locali (art. 117,
secondo comma, lett. p).
    In   alcun   modo,   dunque,   sussiste  il  potere  legittimante
l'intervento  statale,  in  quanto l'agriturismo attiene ad un ambito
materiale  di competenza esclusiva regionale, ai sensi dell'art. 117,
quarto  comma  Cost., nel quale il legislatore centrale non ha alcuna
potesta' legislativa.
    F)  La  formulazione  dell'art. 117, quarto comma non ha comunque
impedito  che  lo  Stato  si  ritagliasse  dei  settori di competenza
nell'ambito  delle  materie  elencate  nell'art. 117 Cost., adducendo
«l'interesse  nazionale»  ed  «esigenze  di  unita» a giustificazione
dell'imposizione di una legislazione uniforme su tutto il territorio.
E'  stato  in  base  a tali presunte istanze unitarie che lo Stato e'
andato  ben  oltre la mera individuazione di «principi fondamentali»,
giungendo  ad  emanare  la normativa di dettaglio anche nelle materie
che la Costituzione riservava alla legislazione regionale.
    Ebbene  la  norma  in  esame  appare incostituzionale anche sotto
questo ulteriore aspetto.
    La  finalita'  unitaria  di  assicurare  un coordinamento stabile
delle  politiche  del  settore  non  rende  legittime le disposizioni
contestate, secondo i parametri di cui all'art. 117 (e 118 Cost.).
    Come   piu'   volte   e'   stato  rilevato  dalla  giurisprudenza
costituzionale,  a  seguito della riforma del Titolo V, la dimensione
dell'interesse  non  e'  piu'  di  per se un criterio per ancorare la
competenza  legislativa  dello  Stato  ovvero  della  regione (tra le
tante, in tal senso, sentenze n. 303/2003; 370/2003; 16/2004); dunque
l'interesse  nazionale  non  e'  piu'  oggi  un limite autonomo della
legislazione regionale, ne' puo' costituire autonomo fondamento di un
intervento  legislativo  statale  in materie di competenza regionale,
quale e' quella dell'agriturismo.
    Questo non esclude, naturalmente, che lo Stato possa disciplinare
quelle materie - rilevanti nell'ambito dell'attivita' agrituristica -
che  sono  demandate  alla propria competenza normativa esclusiva (ad
esempio  alcuni  aspetti  fiscali)  o  per le quali esso conserva una
potesta'   legislativa   limitata   alla   previsione   di   principi
fondamentali:  e'  il caso, ad esempio, delle disposizioni in materia
di  tutela  della  salute o di alimentazione (considerato il notevole
rilievo dei requisiti igienici e gli specifici risvolti relativi alla
preparazione  e  somministrazione  degli alimenti), nonche' di alcune
disposizioni  che  possono  interessare  il  governo  del territorio.
Tuttavia,  da  un  lato,  questi  aspetti  non possono consentire una
normazione  statale  che  vada  oltre  gli  specifici  limiti di ogni
materia  (se  il  legislatore  statale  deve  dettare  solo «principi
fondamentali»  non  puo'  scendere  nel  dettaglio)  e, d'altro lato,
comunque  l'insieme dei modesti interventi legislativi che allo Stato
competono  rispetto  a questo settore non puo' in nessun modo portare
all'adozione  di un intervento organico in materia di agriturismo, ma
semmai a limitate misure legislative.
    E'  evidente,  invece,  che  con la legge impugnata questi limiti
sono  stati  superati.  In effetti, il testo si apre con enunciazioni
che  non  competono  al  legislatore  statale (facendo riferimento al
«sostegno  all'agricoltura»,  alla  «qualificazione  e valorizzazione
delle   risorse   di  ciascun  territorio»,  al  «mantenimento  delle
attivita'  umane  nelle  aree  rurali»  e ad altri vari ambiti che la
costituzione assegna all'intervento legislativo regionale) e prosegue
con  una  serie di articoli che vanno a disciplinare con un dettaglio
indubbiamente eccessivo - e questo rappresenta il vizio piu' evidente
- la materia agrituristica.
    Un   aspetto   e'  quello  che  concerne  l'individuazione  delle
attivita'  agrituristiche  e  la  disciplina dei relativi requisiti e
procedimenti  amministrativi.  Dopo  una  definizione  di  «attivita'
agrituristica»  che  si  specifica  in  eccessivi  dettagli (art. 2),
l'articolato  contiene,  infatti,  varie  disposizion  dettagliate di
carattere  procedurale  che  ledono  la  competenza  normativa  delle
regioni.   Ad  esempio,  l'art. 4,  nel  demandare  alle  regioni  la
fissazione  di  «criteri  limiti»  per  lo svolgimento dell'attivita'
agrituristica  si  dilunga  poi  in  una  serie di specificazioni che
costituiscono un limite alla potesta' regionale e si spingono fino ad
una  minuziosa  disciplina riguardo al tema della somministrazione di
pasti e bevande (eloquente il caso delle norme sui prodotti impiegati
che arrivano a richiedere l'individuazione di «zone omogenee contigue
di regioni limitrote»).
    Anche  la  disciplina  del  procedimento  di  autorizzazione  per
l'esercizio  dell'attivita'  agrituristica  rientra  certamente nella
potesta'  legislativa  delle regioni, mentre invece e' minuziosamente
disciplinata  dagli  articoli 6 e 8 (quest'ultimo relativo ai periodi
di  apertura  ed alle tariffe). Particolarmente delicati appaiono poi
gli  aspetti  relativi  al  previsto  requisito  della  «connessione»
(art. 10) con l'attivita' e con le risorse agricole nell'azienda.
    Alcuni  aspetti  di  dettaglio  che  vanno  oltre  la  competenza
legislativa  statale  riguardano  poi i locali adibiti alle attivita'
agrituristiche,  oltre  a  norme  di carattere urbanistico e norme di
carattere  sanitario  facilmente  individuabili  nel testo normativo.
Infatti, va oltre la competenza legislativa dello Stato l'art. 3, che
disciplina   i   locali  che  possono  essere  adibiti  all'attivita'
agrituristica  e  demanda alle regioni gli interventi di recupero del
patrimonio edilizio.
    E'  evidente  che  le  norme  censurate appaiono sufficientemente
specifiche  tanto  da  poter essere assimilate a norme di dettaglio a
proposito  delle  quali la Corte costituzionale (sent. n. 6/2004), in
relazione  alle  materie  di  potesta'  concorrente  ha  ribadito  il
principio  per  cui  lo  Stato  non  puo'  emanare norme di dettaglio
autoapplicative, tanto piu' quando la regione abbia gia' disciplinato
la  materia  con  proprie leggi. A maggiore ragione, ovviamente, cio'
vale  nelle materie di potesta' primaria. E in materia di agriturismo
la  Regione  Lazio  ha emanato una specifica normativa, ossia la l.r.
n. 36   del   10 novembre   1997   (recante   «Norme  in  materia  di
agriturismo»)  nella  quale  viene  dettagliatamente regolamentata la
materia,  ed  ha  specificato,  nella  successiva l.r. 6 agosto 1999,
n. 14,   le  competenze  amministrative  in  materia  di  agriturismo
attribuite alle province.
    G)  E  allo  stesso modo non puo' dedursi la competenza statale a
legiferare  dall'assenza  di  sufficienti  elementi  di chiarezza sul
riparto  di  competenze, altrimenti verrebbe da chiedersi se il nuovo
ruolo  affidato  alle  regioni  sia veramente espressione di una loro
effettiva  completa  autonomia  legislativa,  ovvero resta, comunque,
consentito  allo  Stato  l'ingerenza  in  ambiti  solo  astrattamente
riservati alle regioni e agli altri enti territoriali.
    Non  sempre  e'  agevole  l'identificazione  netta dei confini di
separazione nell'ambito delle rispettive competenze, anche perche' le
materie  non  possono  considerarsi  come  compartimenti  a  chiusura
stagna;  difficolta'  queste  che  hanno  quale  conseguenza  che  la
sottrazione di una materia (quali ad esempio quella dell'agricoltura,
del  turismo e dell'agriturismo) alla sfera di competenza statale non
puo'  dirsi  radicale. Questo pero' non vuol dire che il Legislatore,
centrale, in forza dei numerosi titoli di legittimazione trasversale,
dell'interesse   nazionale   o   esigenze   di   unitarieta',   possa
condizionare  indirettamente  la  potesta' legislativa regionale, che
non puo', quindi, considerarsi di tipo esclusivo, almeno negli stessi
termini  della corrispondente competenza legislativa dello Stato, che
esclude, in radice, qualsiasi interferenza.
    Anche  la determinazione dei principi fondamentali da parte dello
Stato, nelle materie di legislazione concorrente, consente ampi spazi
di interferenza nell'ambito della potesta' legislativa delle regioni,
quando  invece il temuto rischio di eccessive differenziazioni tra le
regioni  richiede  semplicemente  delle  norme  di  coordinamento, ed
indirizzi  unitari,  che  devono trovare la loro fonte nelle forme di
intesa  tra  Stato,  regioni  e  province  autonome,  e tra regioni e
regioni, secondo il principio di leale collaborazione.
    H) Pur nella convinzione della necessita' di opportuni interventi
per favorire un settore di recente evoluzione e' molto importante per
l'agricoltura  e le zone rurali come quello dell'agriturismo, occorre
assicurare  il  rispetto delle competenze costituzionalmente sancite,
anche perche' esso significa innanzitutto rispetto della volonta' del
legislatore   costituzionale   di   attribuire  la  competenza  e  la
responsabilita'  ad  un  livello  piu' vicino a quello dei cittadini,
quello delle regioni.
    Del  resto, per tutte le suesposte motivazioni, la Conferenza dei
residenti  delle  regioni  e  delle  province  autonome  si  era gia'
espressa  in  senso negativo alla proposta di legge ancora in fase di
elaborazione, ed aveva inoltrato la nota 18 aprile 2003, con la quale
si  chiedeva al Governo di intervenire presso il Parlamento affinche'
il disegno di legge fosse ritirato.
    2.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  5  della  legge
n. 96/2006 per violazione dell'art. 117 Cost.
    L'art. 5     della     legge     n. 96/2006     recante    «Norme
igienico-sanitarie», dispone:
        1)  I  requisiti  igienico-sanitari  degli  immobili  e delle
attrezzature   da   utilizzare   per  attivita'  agrituristiche  sono
stabiliti dalle regioni. Nella definizione di tali requisiti si tiene
conto   delle   particolari   caratteristiche  architettoniche  e  di
ruralita'  degli  edifici,  specie  per quanto attiene l'altezza e il
volume dei locali in rapporto alle superfici aeroilluminanti, nonche'
delle limitate dimensioni dell'attivita' esercitata.
        2)  La  produzione,  la preparazione, il confezionamento e la
somministrazione   di  alimenti  e  di  bevande  sono  soggetti  alle
disposizioni  di  cui alla legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive
modificazioni,  nonche'  alle  disposizioni  di  cui  all'art. 9  del
decreto   legislativo   26   maggio   1997,   n. 155,   e  successive
modificazioni.
        3) L'autorita' sanitaria, nella valutazione dei requisiti dei
locali di trattamento e somministrazione di sostanze alimentari e del
relativo  piano  aziendale di autocontrollo igienico-sanitario, tiene
conto   della  diversificazione  e  della  limitata  quantita'  delle
produzioni,  dell'adozione  di  metodi  tradizionali di lavorazione e
dell'impiego di prodotti agricoli propri.
        4) Nel caso di somministrazione di pasti in numero massimo di
dieci,  per  la loro preparazione puo' essere autorizzato l'uso della
cucina domestica.
        5) Per le attivita' agrituristiche di alloggio, nei limiti di
dieci  posti  letto,  per  l'idoneita'  dei  locali e' sufficiente il
requisito dell'abitabilita'.
        6)  Per  gli  edifici  e  i manufatti destinati all'esercizio
dell'attivita'  agrituristica  la  conformita'  alle norme vigenti in
materia   di   accessibilita'   e   di   superamento  delle  barriere
architettoniche e' assicurata con opere provvisionali.
    Le    disposizioni    dell'art. 5,   al   di   la'   della   loro
autoqualificazione   come  principi  fondamentali,  costituiscono  in
realta'  norme  dotate  di  forza  autoapplicativa  che  disciplinano
specificatamente  aspetti  organizzativi e gestionali, comprimendo di
fatto  l'autonomia  organizzativa e funzionale delle regioni, nonche'
l'attivita' programmatoria di competenza delle stesse.
    Tale  articolo  si  riferisce alle norme igienico-sanitarie degli
immobili   e  delle  attrezzature  utilizzate  e  contiene  norme  di
dettaglio  che  si spingono a definire anche la valenza del requisito
urbanistico  dell'abitabilita' nei limiti dei dieci posti letto. Cio'
comporta  che  qualsiasi intervento del legislatore regionale dovesse
intervenire, costituirebbe un mero duplicato della legge statale. Con
un  risultato  che, oltre ad essere irrazionale, sarebbe contrastante
con  un  efficiente  sistema  amministrativo, e violerebbe totalmente
l'impianto  costituzionale  delineato  dall'art. 117  Cost.  che  non
ammette  che  il  legislatore  statale  e  regionale disciplinino gli
stessi aspetti della medesima materia. E', inoltre, appena il caso di
ricordare  che  nelle materie della tutela della salute e del governo
del  territorio  -  materie  collegate  in  via  trasversale a quella
oggetto  dell'impugnata  legge - (da cui peraltro esulano gli aspetti
edilizi piu' minuti) lo Stato puo' solo dettare principi generali.
    3.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  7  della  legge
n. 96/2006 per violazione dell'art. 117 Cost.
    L'art. 7   della   legge   n. 96/2006   recante  «Abilitazione  e
disciplina fiscale» dispone:
        1)  Le  regioni disciplinano le modalita' per il rilascio del
certificato     di    abilitazione    all'esercizio    dell'attivita'
agrituristica.  Per  il  conseguimento  del  certificato,  le regioni
possono  organizzare,  attraverso  gli enti di formazione del settore
agricolo  e in collaborazione con le associazioni agrituristiche piu'
rappresentative, corsi di preparazione.
        2)  Lo  svolgimento dell'attivita' agrituristica nel rispetto
delle  disposizioni prevista dalle regioni in materia, autorizzato ai
sensi   dell'art. 6,   comporta  la  conseguente  applicazione  delle
disposizioni  fiscali di cui all'art. 5 della legge 30 dicembre 1991,
n. 413,  nonche'  di  ogni  altra  normativa previdenziale o comunque
settoriale  riconducibile  all'attivita' agrituristica. In difetto di
specifiche  disposizioni,  si  applicano  le  norme  previste  per il
settore agricolo.
    Nello stesso senso appaiono invasive della competenza legislativa
regionale  le  norme che disciplinano il «certificato di abilitazione
all'esercizio dell'attivita' agrituristica». E' evidente che anche la
disciplina  contenuta  in tale articolo non costituisce un insieme di
principi  fondamentali,  in quanto, come affermato dalla stessa Corte
costituzionale (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 177 del 1988),
«non  si  possono  considerare principi fondamentali le norme che non
siano   espressive  di  scelte  politico-legislative  fondamentali  o
quantomeno,  di  criteri  o  modalita' generali tali da costituire un
saldo  punto  di  riferimento  costante  nel  tempo  ed  in  grado di
orientare l'esercizio del potere legislativo regionale».
    Le norme censurate appaiono sufficientemente dettagliate tanto da
poter essere assimilate a norme di dettaglio. Anche in questo caso si
deve  prendere  atto  che il principio per cui, in materie attribuite
alla competenza regionale (sia concorrente che primaria) lo Stato non
puo'  emanare  norme  di dettaglio autoapplicative, soprattutto se la
regione  abbia  gia'  disciplinato  la  materia con proprie leggi, e'
stato riconosciuto dalla Corte costituzionale (sent. n. 6/2004). E in
materia  di  agriturismo  la Regione Lazio ha disciplinato la materia
dell'agriturismo con la l.r. n. 36 del 10 novembre 1997.
    4.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  11  della legge
n. 96/2006 per violazione dell'art. 117 Cost.
    L'art. 11   della  legge  n. 96/2006  recante  «Programmazione  e
sviluppo dell'agriturismo» dispone:
        1)  Il  Ministro  delle  politiche  agricole  e forestali, di
intesa   con   le  regioni  e  le  province  autonome  e  sentite  le
associazioni  nazionali agrituristiche maggiormente rappresentative a
livello  nazionale,  predispone  un  programma  di  durata  triennale
aggiornabile annualmente, finalizzato alla rimozione dell'agriturismo
italiano sui mercati nazionali e internazionali.
        2) Allo scopo di promuovere le attivita' di turismo equestre,
le  regioni possono incentivare l'acquisto e l'allevamento di cavalli
da  sella, nell'ambito delle aziende agrituristiche, e l'allestimento
delle  relative  attrezzature  di  ricovero  e  di esercizio. Possono
essere  altresi'  incentivati  gli  itinerari  di  turismo  equestre,
opportunamente   segnalati   in   collaborazione   con   le   aziende
agrituristiche e i circoli ippoturistici.
        3)  Le  regioni,  in  collaborazione con le associazioni piu'
rappresentative  di  operatori  agrituristici, sostengono altresi' lo
sviluppo  dell'agriturismo  attraverso  attivita' di studio, ricerca,
sperimentazione, formazione professionale e promozione.
        4) Dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
    Un  altro  aspetto  che non si puo' condividere si rinviene nella
previsione  di  uno  strumento  programmatorio  per  le  regioni  (il
programma  di  durata  triennale)  che  costituisce palese violazione
dell'autonomia  regionale,  non  essendovi  dubbio  sul  fatto che le
regioni  possano  disciplinare  come  meglio  ritengono  gli  aspetti
relativi alle materie di propria competenza.
    Inoltre   che   lo  strumento  programmatorio  sia  di  esclusiva
competenza  regionale  e'  confermato  anche  dall'art. 50  del nuovo
statuto    della    Regione   Lazio   (approvato   con   legge   n. 1
dell'11 novembre  2004)  il  quale  espressamente  stabilisce  «1) La
regione  assume  quale  criterio  generale  ispiratore  della propria
attivita'   il   metodo   della   programmazione   nell'ambito  della
collaborazione   istituzionale  tra  i  diversi  livelli  di  governo
presenti  nel  proprio  territorio e della concertazione con le forze
sociali ed economiche nonche' con le organizzazioni sindacali al fine
di   consentire   l'apporto   sinergico   di   risorse   progettuali,
organizzative,  di  capitali  e imprenditoriali, pubbliche e private,
compatibilmente  con  le  esigenze  di  salvaguardia  del paesaggio e
dell'ambiente. 2) La regione, in particolare:
        a)   concorre   alla   formazione   degli   strumenti   della
programmazione nazionale;
        b)   provvede,   in   armonia   con   gli   indirizzi   della
programmazione   statale,   alla   formazione  dei  propri  programmi
assicurando  la  parteciazione  degli  enti  locali  e  acquisendo  i
contributi   delle  categorie  interessate.  3)  La  legge  regionale
disciplina  gli  atti  generali e settoriali della programmazione, le
relative procedure e le modalita' di raccordo con gli strumenti della
programmazione locale».
    5.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  12  della legge
n. 96/2006 per violazione dell'art. 117 Cost.
    L'art. 12  della  legge n. 96/2006 recante «Attivita' assimilate»
dispone:
        1)  Sono assimilate alle attivitita' agrituristiche e sono ad
esse  applicabili  le  norme  della presente legge, quelle svolte dai
pescatori  relativamente  all'ospitalita',  alla somministrazione dei
pasti costituiti prevalentemente da prodotti derivanti dall'attivita'
di  pesca,  nonche'  le  attivita'  connesse  ai  sensi  del  decreto
legislativo  18 maggio  2001, n. 226, e successive modificazioni, ivi
compresa la pescaturismo.
    Ebbene,  appare  estemporanea  e  quasi avulsa dal contesto della
legge  la  disposizione  dell'art. 12,  che estende in parte le nuove
norme  all'attivita'  della  pesca  ed  alla  relativa  ospitalita' e
somministrazione  di  alimenti:  trattasi  di  un  altro  settore  di
competenza normativa regionale.
    Anche la pesca non e' ricompresa nell'elenco di materie soggette,
ai  sensi dell'art. 117, terzo comma Cost., alla potesta' legislativa
concorrente,  con  ovvia e conseguente potesta' legislativa regionale
di  tipo  residuale-esclusivo,  ai sensi dell'art. 117, quarto comma,
Cost.  A  cio' si aggiunga che in materia di pesca le regioni avevano
gia'  competenze trasferite dal d.P.R. n. 616/1977, nella vigenza del
precedente  Titolo V, parte seconda della Costituzione. La disciplina
della  pesca  inoltre  presenta  molteplici  interferenze  con  altre
materie  sempre  di  competenza  delle regioni (quali, ad esempio, il
commercio  e  le  attivita'  produttive)  e,  quindi,  anche per tale
motivo,  e'  rilevante il riconoscimento delle attribuzioni regionali
per quanto riguarda la pesca.
    Si  tratta  quindi  di  un  altro settore di competenza normativa
regionale  rispetto al quale sussistono evidenti peculiarita', che la
disciplina delle regioni puo' e deve affrontare.
    Tenendo  comunque  conto  che  la  Regione Lazio, anche in questo
caso,  ha disciplinato la materia con la l.r. n. 16 del 2 maggio 1995
recante  «Norme  per  la  tutela  del  patrimonio  ittico  e  per  la
disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque interne del Lazio».
    6.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  13  della legge
n. 96/2006 per violazione dell'art. 117 Cost.
    L'art. 13  della legge n. 96/2006 recante «Osservatorio nazionale
dell'agriturismo» dispone:
        1)  Al  fine di fornire informazioni utili per lo svolgimento
delle  attivita'  di  indirizzo  e di coordinamento di competenza del
Ministero delle politiche agricole e forestali, nonche' allo scopo di
favorire  la  comunicazione e lo scambio di esperienze sul territorio
nazionale, le regioni inviano annualmente allo stesso Ministero delle
politiche  agricole  e  forestali una relazione sintetica sullo stato
dell'agriturismo  nel territorio di propria competenza, integrata dai
dati  sulla  consistenza  del  settore  e  da  eventuali disposizioni
emanate in materia.
        2)  Presso  il Ministero delle politiche agricole e forestali
e'  istituito  l'Osservatorio  nazionale  dell'agriturismo,  al quale
partecipano   le   associazioni   di   operatori  agrituristici  piu'
rappresentative a livello nazionale.
        3) L'Osservatorio nazionale dell'agriturismo cura la raccolta
e  la  elaborazione  delle  informazioni  provenienti dalle regioni e
dalle  associazioni  di  cui  al  comma 2, pubblicando annualmente un
rapporto  nazionale  sullo  stato dell'agritrismo e formulando, anche
con  il contributo di esperienze estere, proposte per lo sviluppo del
settore.
        4) Dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
    Le   disposizioni   censurate  attribuiscono  all'amministrazione
statale un esteso e generale ruolo di indirizzo e coordinamento delle
politiche    nel   settore   dell'agriturismo   che,   per   la   sua
indeterminatezza,  puo'  legittimare  ogni intervento statale. Creano
inoltre   -   per  tali  fini  -  un  apposito  organismo  statale  -
l'Osservatorio nazionale dell'agriturismo. Si prevede, infine, che le
disposizioni  dell'art. 13 non comporteranno nuovi o maggiori oneri a
carico  della  finanza  pubblica  con  la  conseguenza  che  tutte le
incombenze  attribuite  dalla  menzionata  norma  alle  regioni  («le
regioni  inviano  annualmente  ... una relazione sintetica» integrata
dai  «dati  sulla consistenza del settore e da eventuali disposizioni
emanate  in  materia»)  saranno finanziate da contributi propri delle
regioni  stesse.  Cio'  lede le attribuzioni regionali perche', nelle
materie  di competenza, le regioni devono poter utilizzare le proprie
risorse  per  le  finalita'  da  esse  determinate  e  non  gia'  per
finanziare  le  spese  relative  a  funzioni ad esse attribuite dallo
Stato.
    Non  sono  individuabili  neppure  esigenze di sussidiarieta' che
rendano  necessario istituire un organismo statale a cui si finiscono
per  attribuire  poteri  amministrativi  in una materia di competenza
regionale.
    La  giurisprudenza  costituzionale ha chiarito, a tale proposito,
che  l'attrazione  di  competenze  regionali  in  capo allo Stato per
esigenze di sussidiarieta', stante la rilevanza dei valori coinvolti,
puo'  essere  giustificata  «solo  se  la  valutazione dell'interesse
pubblico  sottostante  all'assunzione  di funzioni regionali da parte
dello    Stato    sia   proporzionata,   non   risulti   affetta   da
irragionevolezza   alla   stregua   di   uno   scrutinio  stretto  di
costituzionalita'  e  sia  oggetto  di  un  accordo  stipulato con la
regione  interessata», (sentenza n. 303/2003). Sono dunque necessarie
la    ragionevolezza,    la    proporzionalita'   dell'intervento   e
l'evidenziazione delle esigenze di esercizio unitario delle funzioni:
percio'   occorre   che   la  normativa  risulti  limitata  a  quanto
strettamente indispensabile per tali fini. Inoltre la normativa «deve
risultare   adottata   a  seguito  di  procedure  che  assicurino  la
partecipazione  dei livelli di Governo coinvolti attraverso strumenti
di   leale   collaborazione  o,  comunque,  deve  prevedere  adeguati
meccanismi  di  cooperazione  per l'esercizio concreto delle funzioni
amministrative  allocate  in  capo  agli  organi  centrali» (sentenza
n. 6/2004). Circostanze tutte affatto ravvisabili nel caso di specie.
    Cosi'  come non vi sono meccanismi di leale cooperazione idonei a
salvaguardare le attribuzioni regionali. Infatti e' prevista soltanto
la  partecipazione delle associazioni di operatori agrituristici piu'
rappresentativi   a   livello   nazionale  in  seno  all'Osservatorio
nazionale  dell'agriturismo:  si tratta, pertanto, di un organismo in
cui  le  regioni sono scarsamente rappresentate, pur essendo titolari
di competenze costituzionalmente garantite.
    7. - Violazione del principio di leale collaborazione.
    Infine  deve  rilevarsi  che  con la normativa censurata e' stato
violato  il  principio  di  leale collaborazione tra Stato e regioni,
principio  che implica il «contemperamento dei rispettivi interessi»,
e  che  e'  stato  espressamente  costituzionalizzato  con la riforma
dell'art. 120  Cost.  operata  dalla  legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3. La giurisprudenza, diffusa, della Corte costituzionale ha
delimitato  il  principio  di  leale  collaborazione (a volte facendo
riferimento  ad  un  concetto  di  collaborazione  «concordata» tra i
diversi  livelli  di Governo) facendo richiamo all'art. 5 della Cost.
(decisione  n. 151 del 1986, n. 482 del 1995, n. 341 del 1996, n. 242
del 1997, n. 19 del 1997, n. 55 del 2001).
    Tra  l'altro,  detto principio era gia' presente e ribadito nella
giurisprudenza  comunitaria,  naturalmente  con  applicazione tra gli
organismi  comunitari  e  quelli  degli Stati membri (Corte Giustizia
Comunita'  europee,  4  luglio  1996,  n. 50/94/1996; Corte Giustizia
Comunita'  europee,  10 giugno  1993,  n. 183/91/1993).  Il principio
appare  violato  dalle  numerose  disposizioni di dettaglio contenute
nella  legge  oggetto del ricorso ed in particolare negli artt. 5, 7,
11, 12 e 13, in quanto la regione non ha espresso il proprio parere e
non  ha partecipato in altro modo al procedimento di formazione della
volonta'    legislativa.    Anzi,   dette   disposizioni   finiscono,
indipendentemente   se  intese  di  dettaglio  o  di  principio,  per
mortificare  ogni politica di programmazione, pianificazione e tutela
in  materia  di  agriturismo da parte della regione, minando l'azione
pubblica  diretta al perseguimento di interessi territoriali che sono
nella  disponibilita'  esclusiva  della  regione,  e che in ogni caso
pretendono  la  funzionalizzazione  di  ogni  intervento normativo ed
amministrativo  di  qualsiasi  livello  in  un  quadro  di coerenza e
condivisione di obiettivi. Nella fattispecie tutto cio' non e' stato,
rimanendo  la  disciplina  contestata incoerente, e resa senza alcuna
forma di partecipazione o contributo da parte della regione.
    Il  progetto  legislativo  in  questione,  essendo  di iniziativa
parlamentare  e  non  governativa,  non e' stato sottoposto all'esame
della  Conferenza Stato-regioni che, quale organismo di concertazione
tra  il  Governo,  le  regioni  e le province autonome, garantisce il
confronto  sui  processi decisionali di interesse regionale e, tra le
diverse   attivita',  sancisce  intese  ed  accordi,  finalizzati  al
raggiungimento  di  una  volonta' comune dello Stato e delle regioni.
Costituisce,   quindi,  la  «sede  privilegiata»  della  negoziazione
politica tra le Amministrazioni centrali e il sistema delle autonomie
regionali  ed  e'  la  sede dove il Governo acquisisce l'avviso delle
regioni  sui  piu'  importanti  atti  amministrativi  e  normativi di
interesse  regionale; ed e' il solo mezzo che persegue l'obiettivo di
realizzare  la  leale  collaborazione  tra amministrazioni centrali e
regionali.
    La   deliberazione   legislativa   e'   stata  adottata,  in  via
definitiva,  dalla commissione agricoltura della Camera dei deputati,
riunita in sede deliberante in data 8 febbraio 2006, senza che si sia
espressa,  sul  progetto di legge, la commissione parlamentare per le
questioni  regionali,  nonostante  espresse  previsioni regolamentari
della  Camera  e  del  Senato  in  tal senso. L'art. 40, comma 9, del
regolamento  del Senato (che disciplina i pareri obbligatori) prevede
che  i  progetti  di  legge  contenenti  disposizioni  sulle  materie
indicate  dall'art. 117  della  Costituzione,  o  di competenza delle
regioni  a statuto speciale, o che riguardino l'attivita' legislativa
ed  amministrativa delle regioni, siano trasmessi, oltre che a quelle
di   merito,  anche  a  questa  Commissione;  analoga  previsione  e'
contenuta nell'art. 102, comma 3, del regolamento della Camera.
    La  gravita'  riguardante  la mancata pronuncia della Commissione
parlamentare  appare  ancora  piu' evidente alla luce del nuovo ruolo
della  Commissione parlamentare ad essa attribuito dall'art. 11 della
legge Cost. n. 3/2001 (che e' una applicazione speciale del principio
di   leale   collaborazione   che   si  aggiunge  a  quello  generale
costituzionalmente  previsto),  la  quale ha stabilito che «Sino alla
revisione  delle  norme  del  Titolo  I  della  parte  seconda  della
Costituzione,  i  regolamenti  della Camera dei deputati e del Senato
della    Repubblica    possono   prevedere   la   partecipazione   di
rappresentanti  delle  regioni,  delle province autonome e degli enti
locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali».
    Va  rammentato che il principio cooperativo, oramai vincolante in
eguale   misura  Stato  e  regioni  e'  riconosciuto  come  idoneo  a
conformare   ogni  rapporto  tra  Stato  ed  autonomie  territoriali,
indipendentemente  da  formali distinzioni tra competenze legislative
esclusive;  concorrenti  e  esecutive e tra competenze amministrative
proprie  o  delegate,  impone  la  partecipazione  delle regioni alle
decisioni  statali  che  possano  incidere  in  maniera  rilevante su
interessi  regionali,  attribuendo  un  fondamento  costituzionale al
sistema di garanzie procedurali, previsto a livello normativo.
    Va anche sottolineato che il principio della leale collaborazione
non comporta un mero rituale politico mediante il quale il Parlamento
e/o il Governo possono, in modo assolutamente discrezionale, decidere
se  e  come  rendere  partecipe  l'autonomia  regionale  alle proprie
decisioni.  Anche  se  il suddetto principio non determina in maniera
espressa  alcun vincolo giuridico che impedisca all'organo di Governo
di  agire in maniera arbitraria, impone comunque una serie di vincoli
comportamentali  a  carico  dello  stato  a  cui  corrispondono delle
situazioni  giuridiche  soggettive  attive  delle  regioni,  che  ben
possono  essere  azionabili, a seconda dei casi, avanti gli organi di
giustizia costituzionale.
    Il  principio  di leale cooperazione ha avuto appunto lo scopo di
rafforzare  la  posizione delle regioni nei confronti dello Stato non
solo   riconoscendo   un   carattere   imprescindibile  agli  apporti
partecipativi di queste, ma fornendo a tali partecipazioni i relativi
mezzi  di  tutela.  Non  e', infatti, sufficiente rendere formalmente
possibile  l'intervento collaborativo, ma occorre dotare questo di un
sostanziale grado di effettivita'.
    In  base  a  tale  principio  e'  necessario  che  lo  Stato e le
autonomie   regionali  collaborino  lealmente,  senza  costituire  un
semplice  e  generico  parametro  di  riferimento, con la funzione di
fornire una copertura alla configurazione di mera ausiliarieta' della
autonomia  regionale  rispetto  a  decisioni  fondamentalmente  dello
Stato. Come ribadito dalla Corte costituzionale il suddetto principio
e' quello di garantire un'effettiva ed efficace integrazione di ruoli
distinti  costituzionalmente riconosciuti. Ne' puo' essere attribuito
al  principio  di  leale  cooperazione  il significato di obbligo, da
parte  delle  regioni,  di  perseguire gli obiettivi definiti in sede
centrale.