ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 87 e 88 del
decreto    legislativo   1° agosto   2003,   n. 259   (Codice   delle
comunicazioni  elettroniche),  promosso con ordinanza del 16 dicembre
2004  dal  Tribunale  amministrativo regionale del Lazio, sul ricorso
proposto  dalla Ericsson Telecomunicazioni S.p.a. contro il Comune di
Ripi,  iscritta  al  n. 131  del registro ordinanze 2005 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 11, 1ª serie speciale,
dell'anno 2005.
    Visto  l'atto  di  costituzione  della  Vodafone  Omnitel n. V. e
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 5 aprile 2006 il giudice
relatore Giuseppe Tesauro.
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con
ordinanza  del  16 dicembre  2004,  ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3,  76,  97 e 117 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale  degli artt. 87 e 88 del decreto legislativo 1° agosto
2003,  n. 259  (Codice delle comunicazioni elettroniche), nella parte
in  cui  equiparano gli impianti di telecomunicazione agli interventi
edilizi minori soggetti a mera denuncia di inizio di attivita';
        che  il  giudice  rimettente  premette  di essere stato adito
dalla  Ericcson  S.p.a.  allo  scopo  di  ottenere:  in  primo luogo,
l'annullamento  di una serie di deliberazioni, con le quali il Comune
di  Ripi  avrebbe  illegittimamente  disciplinato la localizzazione e
l'installazione delle stazioni radio sul territorio comunale, nonche'
degli   atti   asseritamente  applicativi  delle  medesime,  relativi
all'installazione,  da  parte della ricorrente, di una stazione radio
base  per  rete radiomobile senza il permesso di costruire prescritto
dagli  artt. 3  e  10  del  d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico
delle  disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia -
Testo  A);  in  secondo  luogo,  la  condanna  del medesimo comune al
risarcimento dei danni;
        che, in ordine alla rilevanza, il Tar del Lazio deduce che la
procedura  di  rilascio  dell'autorizzazione  all'installazione della
stazione  radio  base  e'  stata  avviata  nella  vigenza del decreto
legislativo 4 settembre 2002 n. 198 (Disposizioni volte ad accelerare
la    realizzazione   delle   infrastrutture   di   telecomunicazioni
strategiche  per  la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma
dell'articolo 1,  comma 2,  della legge 21 dicembre 2001, n. 443), ma
che,  a  seguito della dichiarazione di illegittimita' costituzionale
di  detto decreto legislativo (sentenza n. 303 del 2003) ed in virtu'
dell'art. 4  del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315 (Disposizioni
urgenti  in tema di composizione delle commissioni per la valutazione
di   impatto  ambientale  e  di  procedimenti  autorizzatori  per  le
infrastrutture  di  comunicazione  elettronica),  convertito in legge
16 gennaio  2004,  n. 5, essa e' ora disciplinata dagli artt. 87 e 88
del d.lgs. n. 259 del 2003, i quali stabiliscono, per l'installazione
di  infrastrutture per impianti radioelettrici, il rilascio, in forma
espressa  o  tacita,  di un unico titolo abilitativo qualificato come
autorizzazione;
        che,  ad avviso del rimettente, le predette disposizioni - in
conformita'   agli  intenti  di  semplificazione  perseguiti  con  la
legge-delega  -  disciplinano in modo esaustivo l'installazione degli
impianti    in   questione   e,   conseguentemente,   anche   secondo
l'orientamento  prevalente  della  giurisprudenza,  non  e'  per essi
necessario, come invece ha ritenuto il comune di Ripi, il permesso di
costruire  prescritto  dagli  artt. 1,  3  e 10 del d.P.R. n. 380 del
2001,    il    quale    peraltro    stabilisce    che   il   silenzio
dell'amministrazione  entro il termine indicato dalla legge va inteso
come silenzio rifiuto;
        che,   secondo   il  Tar,  le  norme  impugnate  violerebbero
l'art. 76  della  Costituzione,  in quanto definirebbero «con diversa
struttura  e  diverse  garanzie la disciplina del titolo abilitativo,
richiesto  per  gli  impianti di telecomunicazione, rispetto a quanto
previsto  per  ogni altra modalita' di trasformazione del territorio»
dal  testo  unico  dell'edilizia  di  cui  al d.P.R. n. 380 del 2001,
sebbene  la delega contenuta nell'art. 41 della legge 1° agosto 2002,
n. 166  (Disposizioni  in materia di infrastrutture e trasporti), non
abbia  attribuito al legislatore delegato il potere di procedere alla
revisione   della  disciplina  urbanistico-edilizia  e,  comunque,  -
qualora  si  ritenga conferita la facolta' di intervenire anche sullo
schema  relativo  al  permesso  di  costruire,  ai sensi del predetto
art. 41,  comma 2,  lettera a), numero 3 e numero 4 - avrebbe imposto
l'abrogazione   espressa   (nella   specie   non   effettuata)  delle
disposizioni incompatibili;
        che,  secondo  il  Tar  del  Lazio, le norme censurate, nella
parte   in   cui  stabiliscono  per  l'installazione  degli  impianti
ricetrasmittenti  la  mera  autorizzazione o la denuncia di inizio di
attivita'  ed  il  silenzio-assenso dell'amministrazione, sottraggono
questa  fattispecie  alla  disciplina  dell'art. 44  del  testo unico
dell'edilizia  per l'esecuzione di opere senza permesso di costruire,
sanzionata penalmente, e, in tal modo, incidono nella materia penale,
eccedendo  i  limiti della delega, che permetteva siffatto intervento
limitatamente   alle   fattispecie   di   cui  all'art. 41,  comma 2,
lettera c),  della  legge n. 166 del 2002, e dell'art. 195 del d.P.R.
29 marzo   1973,   n. 156   (Approvazione   del   testo  unico  delle
disposizioni  legislative  in  materia  postale,  di  bancoposta e di
telecomunicazioni);
        che,  peraltro,  anche ritenendo necessario nel caso in esame
il   permesso   di   costruire,  sussisterebbe  egualmente  il  vizio
denunciato,   in  quanto  la  legge-delega  imponeva  al  legislatore
delegato  di  stabilire una disciplina uniforme per il rilascio delle
autorizzazioni  relative  alle installazioni in questione, prevedendo
il coinvolgimento di tutte le amministrazioni interessate;
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  le  norme  in  questione,
ridefinendo   l'ambito   degli   interventi   edilizi   c.d.  minori,
realizzabili  previa  denuncia  di  inizio di attivita', vulnerano la
competenza legislativa regionale, in quanto e' riservata alla Regione
la  riduzione  o  l'ampliamento  dell'ambito  di detti interventi, in
virtu'  del  «ruolo alla medesima riconosciuto in tema di governo del
territorio,  secondo  l'art. 117  della  Costituzione  ed  i principi
recepiti nella legge costituzionale n. 3 del 2001»;
        che,  infine,  le  disposizioni  impugnate recano vulnus agli
artt. 3  e  97  della  Costituzione,  in  quanto  non  realizzano gli
obiettivi,  fissati dalla legge-delega, di snellire le procedure e di
garantire  certezza  e trasparenza degli adempimenti necessari per la
realizzazione  di  impianti di telecomunicazione, ma determinano anzi
una   situazione  di  incertezza  in  ordine  ai  titoli  abilitativi
richiesti  ed  al  contenuto  della  potesta'  di controllo dell'ente
locale;
        che,  nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   il   quale  ha  chiesto  che  la  questione  sia  dichiarata
inammissibile e comunque infondata;
        che  la  difesa  erariale,  in linea preliminare, ha eccepito
l'inammissibilita'  della  questione,  in quanto essa consiste in una
censura  della scelta riservata alla discrezionalita' del legislatore
delegato  in ordine alle plurime possibilita' di intervento normativo
consentite   dalla   norma  delegante,  e,  nel  merito,  ha  dedotto
l'infondatezza  delle  censure,  osservando  che  le norme del Codice
delle  comunicazioni  elettroniche  sono  norme  speciali  rispetto a
quelle   recate  dal  testo  unico  dell'edilizia,  risultando  detto
carattere proprio dall'art. 41 della legge n. 166 del 2002, la quale,
recependo   le   direttive   2002/19/CE,   2002/20/CE,  2002/21/CE  e
2002/22/CE,  ha  delegato al Governo il potere di adottare uno o piu'
decreti  legislativi  riguardanti,  tra  l'altro,  la redazione di un
codice  delle  disposizioni legislative e regolamentari in materia di
telecomunicazioni,     prevedendo    «procedure    tempestive,    non
discriminatorie  e  trasparenti  per  la  concessione  del diritto di
installazione di infrastrutture»;
        che, nel giudizio innanzi a questa Corte, si e' costituita la
Vodafone  Omnitel  N.V.  -  intervenuta  nel  giudizio  principale  -
chiedendo,  nell'atto  di  costituzione e nella memoria depositata in
prossimita'   della   camera  di  consiglio,  che  la  questione  sia
dichiarata inammissibile e comunque infondata.
    Considerato  che  il Tribunale amministrativo regionale del Lazio
dubita, in riferimento agli artt. 3, 76, 97 e 117 della Costituzione,
della  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 87 e 88 del decreto
legislativo   1° agosto  2003,  n. 259  (Codice  delle  comunicazioni
elettroniche),   nella  parte  in  cui  equiparano  gli  impianti  di
telecomunicazione  agli  interventi edilizi minori, anche tacitamente
assentibili ovvero oggetto di autocertificazione di legittimita';
        che  questa  Corte ha gia' affermato che l'art. 87 del d.lgs.
n. 259 del 2003, nella parte in cui prescrive, per l'installazione di
infrastrutture  per  impianti  radioelettrici,  il rilascio, in forma
espressa  o  tacita,  di un unico titolo abilitativo qualificato come
autorizzazione,  «costituisce  attuazione  della  delega  legislativa
contenuta  nell'art. 41,  comma 2, lettera a), della legge n. 166 del
2002,  che in materia di telecomunicazioni prescrive, al numero 3, la
previsione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti
per  la  concessione del diritto di installazione di infrastrutture e
al  numero  4  la  riduzione  dei  termini  per  la  conclusione  dei
procedimenti  amministrativi  nonche'  la  regolazione  uniforme  dei
medesimi  procedimenti  anche  con  riguardo  a  quelli  relativi  al
rilascio  di autorizzazioni per la installazione delle infrastrutture
di reti mobili» (sentenza n. 129 del 2006);
        che,  in attuazione della delega, sia il predetto art. 87 sia
l'art. 88  del  medesimo Codice delle comunicazioni elettroniche - il
quale   definisce   un   procedimento   analogo  a  quello  descritto
nell'art. 87  per  l'ipotesi in cui l'installazione di infrastrutture
di  comunicazione  elettronica  presupponga la realizzazione di opere
civili o, comunque, l'effettuazione di scavi e l'occupazione di suolo
pubblico   -   stabiliscono,  infatti,  «moduli  di  definizione  del
procedimento,    informati    alle   regole   della   semplificazione
amministrativa  e  della  celerita',  espressivi in quanto tali di un
principio  fondamentale di diretta derivazione comunitaria» (sentenza
n. 336 del 2005);
        che,  pertanto, la censura sollevata in relazione all'art. 76
della   Costituzione   e'  manifestamente  infondata,  in  quanto  la
procedura  unica  disciplinata  dalle  norme  impugnate come speciale
rispetto  a  quella  prevista dal testo unico dell'edilizia «per ogni
altra  modalita'  di  trasformazione  del territorio», finalizzata al
conseguimento  dell'autorizzazione  a costruire, mira a realizzare le
esigenze   di   tempestivita'  e  contenimento  dei  termini  per  la
conclusione      dei     procedimenti     amministrativi     inerenti
all'installazione delle infrastrutture di comunicazione stabilite dai
principi  della  delega,  che  «resterebbero  vanificate  se il nuovo
procedimento  venisse ad abbinarsi ed a sostituirsi a quello previsto
in   materia   edilizia»   (sentenza  n. 129  del  2006),  risultando
manifestamente   infondato   anche   il   profilo  sollevato  in  via
subordinata, fondato sull'erroneo presupposto interpretativo, secondo
il  quale  le norme impugnate, nella fattispecie in esame, richiedono
l'ulteriore titolo abilitativo costituito dal permesso di costruire;
        che il procedimento autorizzatorio unico di cui agli artt. 87
e  88  del  d.lgs.  n. 259  del  2003  -  il quale comprende anche la
valutazione   della   compatibilita'  urbanistico-edilizia  da  parte
dell'ente  competente  -  neppure  incide  nella  materia  penale, in
violazione  dei  limiti  fissati  dalla  legge-delega,  in  quanto la
regolamentazione del titolo occorrente per realizzare l'intervento in
questione  non influisce sulla disciplina sanzionatoria penale di cui
all'art. 44  del  Testo unico dell'edilizia, che, come ha chiarito la
giurisprudenza  di  legittimita', non e' correlata alla tipologia del
titolo abilitativo ma alla consistenza concreta dell'intervento;
        che   questa   Corte   ha,   altresi',  sottolineato  che  il
legislatore   statale,   con   le   norme  impugnate,  ha  posto  «la
tempestivita'   delle  procedure  e  la  riduzione  dei  termini  per
l'autorizzazione  all'installazione delle infrastrutture di cui sopra
come  principi  fondamentali  operanti  nella  materia  "governo  del
territorio", attribuita alla competenza legislativa concorrente delle
regioni   (sentenza  n. 129  del  2006),  con  conseguente  manifesta
infondatezza della censura riferita all'art. 117 della Costituzione;
        che,  infine,  le  suesposte  considerazioni dimostrano che i
moduli  di definizione del procedimento di autorizzazione di cui agli
artt. 87  e 88 del d.lgs. n. 259 del 2003 sono informati alle «regole
della  semplificazione  amministrativa  e  della  celerita» (sentenza
n. 336  del  2005)  e  sono perfettamente coerenti con la ratio della
norma delegante, sicche' e' manifestamente infondata anche la censura
sollevata in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione.
    Visti  gli  artt. 26,  comma  secondo, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.