ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei giudizi per conflitto di attribuzione sorti a seguito dell'avviso
di   conclusione  delle  indagini  preliminari  della  Procura  della
Repubblica  presso  il  Tribunale  di  Venezia  del  29 aprile 2003 e
dell'ordinanza   del  Tribunale  di  Venezia  del  21 dicembre  2004,
promossi  con ricorsi della Regione Lombardia notificati il 20 maggio
2004  e il 14 marzo 2005, depositati in cancelleria l'8 giugno 2004 e
il  30 marzo  2005 ed iscritti ai nn. 9 del registro conflitti 2004 e
15 del registro conflitti 2005;
    Udito nell'udienza pubblica del 4 aprile 2006 il giudice relatore
Giovanni Maria Flick;
    Udito  l'avvocato  Beniamino  Caravita  di Toritto per la Regione
Lombardia.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  il  primo dei ricorsi indicati in epigrafe la Regione
Lombardia  ha  proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello
Stato,   in   relazione  all'avviso  di  conclusione  delle  indagini
preliminari  di  cui all'art. 415-bis del codice di procedura penale,
notificato  dalla  Procura  della  Repubblica  presso il Tribunale di
Venezia  ai  consiglieri  regionali Daniele Belotti, Carlo Saffioti e
Pietro Macconi.
    Al   consigliere   Belotti,   attraverso  l'atto  citato,  veniva
contestato il reato di diffamazione aggravata e continuata (artt. 81,
595,  comma 3,  del  codice  penale), per avere - in relazione ad una
complessa  indagine  relativa allo spaccio di stupefacenti, nel corso
della  quale erano stati dapprima tratti in arresto e successivamente
liberati,  a  seguito  di  udienza  di  convalida, numerosi cittadini
extracomunitari  - piu' volte offeso la reputazione dei giudici della
sezione  per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale  di  Bergamo,
rilasciando  due  interviste,  entrambe al Giornale di Bergamo, nelle
edizioni del 26 marzo e del 20 aprile 2002.
    Nella prima di esse, in particolare, si attribuiva al consigliere
Belotti - che criticava la decisione dei magistrati di scarcerare gli
indagati  extracomunitari  -  la  testuale  dichiarazione: «Non e' la
prima  volta  che  a  Bergamo  si  butta  all'aria  per  dei  cavilli
burocratici un lavoro di mesi delle forze dell'ordine [...]; a questo
punto  certi  magistrati,  anziche'  pensare a «resistere, resistere,
resistere»,  dovrebbero  pensare  a  «lavorare, lavorare, lavorare»»;
quanto  alla seconda intervista, gli si contestava di avere offeso la
reputazione  del  presidente  e dell'intera sezione dei giudici delle
indagini  preliminari del Tribunale di Bergamo, per avere invitato il
primo  «tra uno sciopero e l'altro» a riflettere sullo «stato d'animo
dei  residenti  della  zona  interessata  al fenomeno dello spaccio»,
insinuando «una sostanziale inerzia dello stesso organo giudicante».
    Ai  consiglieri  Saffioti  e Macconi, con l'avviso di conclusione
delle  indagini,  si contestava il reato di diffamazione aggravata in
concorso   con  altri  soggetti  non  identificati  (artt. 110,  595,
comma 3,  cod.pen.),  in  relazione all'invio, al Giornale di Bergamo
del  13 aprile 2002, di una lettera aperta (intitolata «Grazie Signor
giudice»)  ritenuta  offensiva della reputazione dei magistrati della
sezione  per  le  indagini  preliminari  del Tribunale di Bergamo. In
particolare,  si  contestava  loro  di  aver  censurato l'operato dei
giudici,  in  relazione alla medesima vicenda della liberazione degli
extracomunitari  indagati per spaccio di stupefacenti, ironizzando ed
esprimendo  giudizi  offensivi  ed  «insinuando  una  connivenza  dei
magistrati con gli stessi indagati».
    La  ricorrente  sostiene  che  le  dichiarazioni  in  questione -
costituendo  «divulgazione  di  una serie di iniziative istituzionali
intraprese  gia'  da  tempo  dai  tre  Consiglieri», nonche' da altri
componenti  del  Consiglio  regionale  lombardo, con riferimento alla
necessita'   di   interventi   «su   piu'  fronti  nella  lotta  alla
criminalita'  ad  opera  di  immigrati clandestini in Lombardia e, in
particolare,  nella  provincia di Bergamo» - risultano funzionalmente
connesse  all'attivita'  politico-consiliare  dei  predetti;  con  la
conseguenza  che  l'iniziativa  della  Procura  della  Repubblica  di
Venezia  arrecherebbe  pregiudizio  all'autonomia  costituzionalmente
garantita  alla  Regione  ed  ai  suoi  organi,  tra cui il Consiglio
regionale.
    Invero - argomenta la Regione - i consiglieri Belotti, Saffioti e
Macconi  gia'  in data 6 febbraio 2001 avevano presentato, unitamente
ad  altri  consiglieri  regionali,  una  mozione  consiliare  urgente
(n. 106),  con  la quale - denunciati diversi episodi di criminalita'
verificatisi  nella  Provincia  di  Bergamo  ad  opera  di  immigrati
clandestini - impegnavano il Presidente della Giunta regionale «da un
lato,  ad  attivarsi  presso  il  Ministero  degli Interni al fine di
ottenere   un   urgente  potenziamento  degli  organici  delle  forze
dell'ordine in servizio presso la provincia di Bergamo, dall'altro, a
sollecitare il Governo centrale a procedere all'espulsione di tutti i
clandestini».
    Inoltre - prosegue la ricorrente - in data 23 aprile 2002, vale a
dire  «poco  dopo»  il  rilascio  delle  dichiarazioni incriminate, i
consiglieri  Macconi  e  Saffioti  avevano  presentato  in  Consiglio
regionale   una  mozione  (n. 273),  con  la  quale  -  ulteriormente
denunciata  la  grave  situazione dell'ordine pubblico in Lombardia -
avevano  rilevato  lo  stato di una «farraginosa legislazione» che, a
causa  di «norme procedurali complesse ed ipergarantiste», consentiva
di  «rilasciare  anche persone gia' arrestate in flagranza di reato».
Nella  mozione, i consiglieri suddetti avevano altresi' invitato, per
un   verso,   il   Consiglio  regionale  ad  organizzare  una  seduta
interamente dedicata al tema dell'ordine pubblico e, per altro verso,
la  Giunta a sollecitare Governo e Parlamento nazionali alla modifica
dell'attuale legislazione penale, «al fine di ridurre la possibilita'
di  discrezionalita' del giudizio, per una piu' efficace repressione»
idonea a ricostituire la fiducia nelle istituzioni.
    Sottolineata,  alla luce della giurisprudenza di questa Corte, la
sussistenza   dei   presupposti   soggettivi   ed  oggettivi  per  la
ammissibilita'  del  conflitto,  la ricorrente richiama - sempre alla
stregua  di  tale  giurisprudenza  -  la  ratio  e  l'ampiezza  della
prerogativa   dell'irresponsabilita'   sancita  dall'art. 122,  comma
quarto,  della  Carta fondamentale: prerogativa estesa a tutte quelle
attivita'  che,  benche'  svolte  fuori  dalla  sede consiliare e non
rientranti  tra  gli  atti  tipici, siano comunque riconducibili alla
sfera delle funzioni consiliari. In proposito, la Regione rileva come
il  nesso  funzionale  tra dichiarazioni rese e funzione parlamentare
sussiste   -   si'   che  la  dichiarazione  puo',  conseguentemente,
qualificarsi  espressione  dell'attivita'  coperta  dalla garanzia di
immunita'   -   quando  vi  sia  una  sostanziale  corrispondenza  di
significati  tra  le  dichiarazioni  divulgate e le opinioni espresse
nell'esercizio delle funzioni tipiche svolte nel Consiglio regionale;
e quando vi sia contestualita' fra di esse.
    Queste   caratteristiche,   a  parere  della  Regione  Lombardia,
connoterebbero le dichiarazioni dei tre consiglieri, riproduttive del
contenuto  delle  due  mozioni  indicate,  costituenti atti di sicura
espressione  della  funzione  di indirizzo politico; le dichiarazioni
rese alla stampa e le mozioni rappresenterebbero, cioe', «due diverse
modalita'      di      esercizio     della     medesima     attivita'
politico-istituzionale»:   quella   di  indirizzo,  affidata  sia  al
Consiglio  regionale  nel  suo complesso, sia ai singoli consiglieri.
Infine,  secondo  la  ricorrente,  la  nozione di contestualita' deve
essere intesa come riferibilita' delle dichiarazioni rese alla stampa
«ad opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni consiliari quanto
meno  nell'arco  della medesima legislatura nella quale si esplica il
mandato  consiliare», perdurando, in tale ipotesi, il collegamento da
nesso funzionale tra le prime e le seconde.
    Da  cio'  discenderebbe  -  secondo la Regione - l'illegittimita'
dell'atto   giudiziario  notificato,  esorbitando  dai  poteri  della
magistratura  la  facolta' di ingerirsi nell'esercizio delle funzioni
di  indirizzo  politico  dei  consiglieri regionali e di sottoporre a
giudizio  le  opinioni  espresse  nell'esercizio  delle  stesse;  con
conseguente  richiesta  di annullamento dell'atto medesimo, a seguito
di declaratoria di non spettanza del relativo potere.
    2.  -  Con  il  secondo  ricorso indicato in epigrafe, la Regione
Lombardia   ha  proposto  ulteriore  conflitto  di  attribuzione  nei
confronti  dello  Stato,  in relazione all'ordinanza del Tribunale di
Venezia,  ufficio  del  giudice  monocratico  penale  di Mestre, resa
all'udienza del 21 dicembre 2004, nell'ambito del procedimento penale
a  carico  dei consiglieri regionali Belotti, Saffioti e Macconi, con
la  quale  era  stata rigettata la richiesta - avanzata dai difensori
degli  imputati,  sul  presupposto dell'applicabilita', nella specie,
dell'art. 122,  comma quarto, della Costituzione - di declaratoria di
non punibilita' ai sensi degli artt. 129 o 469 cod. proc. pen.
    La  ricorrente  -  dopo aver richiamato il precedente ricorso per
conflitto  di  attribuzione,  proposto  in  relazione  alla emissione
dell'avviso  di  conclusione  delle  indagini preliminari nell'ambito
della  medesima  vicenda processuale - evidenzia che, successivamente
alla  notifica di tale avviso, il giudice per le indagini preliminari
aveva disposto il rinvio a giudizio dei consiglieri Belotti, Saffioti
e Macconi per i medesimi reati gia' contestati; e che, nel frattempo,
la  Regione  Lombardia,  in  attuazione  dell'art. 122, comma quarto,
della  Costituzione,  aveva  approvato  la legge regionale 28 ottobre
2004,  n. 26,  recante  «Norme  in  materia  di  insindacabilita' dei
consiglieri   regionali   ai   sensi  dell'art. 122,  comma 4,  della
Costituzione».  In attuazione di tale normativa - prosegue la Regione
-   il   Consiglio  regionale  aveva  deliberato,  nella  seduta  del
23 novembre  2004,  di  «esprimersi  favorevolmente»  in  ordine alla
sussistenza  della  causa  di insindacabilita' di cui agli artt. 122,
comma  quarto,  della  Costituzione  e  7 dello statuto della Regione
Lombardia;   tale   delibera   (n.   VI/108)   era   stata  trasmessa
all'Autorita'  giudiziaria  procedente,  la  quale,  all'udienza  del
21 dicembre   2004,   pronunciando  sulla  conseguente  richiesta  di
assoluzione  avanzata dai difensori dei consiglieri regionali - o, in
subordine,  di sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Corte
costituzionale  -  aveva disatteso l'istanza difensiva, disponendo il
rinvio  ad  una  successiva  udienza  per l'audizione dei testi e per
l'esame degli imputati.
    Ad  avviso  della ricorrente, tale statuizione del giudice penale
costituirebbe illegittimo sindacato sull'attivita' consiliare, lesivo
dell'autonomia  costituzionalmente  garantita alla Regione ed ai suoi
organi; e la proposizione di un nuovo conflitto trova ragion d'essere
nella  circostanza  che  -  entrata  in  vigore, successivamente alla
proposizione del primo conflitto, la menzionata legge regionale n. 26
del  2004,  la  quale  disciplina  le procedure per la valutazione di
insindacabilita',  in  attuazione  dell'art. 122, comma quarto, della
Costituzione - il Consiglio regionale si era appunto espresso con una
delibera  di  insindacabilita'  per  i consiglieri regionali Belotti,
Saffioti   e   Macconi,   relativamente   ai   fatti   oggetto  della
contestazione.  Pertanto  -  argomenta  la  Regione - l'ordinanza del
Tribunale di Venezia risultava lesiva delle prerogative del Consiglio
regionale  e  dei suoi membri, proprio in quanto alla citata delibera
di  insindacabilita'  -  ed  in  forza della garanzia di cui al comma
quarto  dell'art. 122  della  Costituzione  -  si  collega un effetto
inibitorio   per   l'Autorita'   giudiziaria  procedente,  la  quale,
conseguentemente,   risulterebbe  «spogliata  della  possibilita'  di
giudicare  il  caso  in questione». Secondo la Regione ricorrente, la
guarentigia  di  cui al comma quarto dell'art. 122 della Costituzione
si  atteggerebbe,  per  i  consiglieri regionali, secondo il medesimo
modello   giuridico  e  concettuale  elaborato  dalla  giurisprudenza
costituzionale per l'art. 68, comma primo, della Costituzione: con la
conseguenza   che,   a   fronte   di   una   delibera  consiliare  di
insindacabilita' favorevole all'applicazione della guarentigia per il
consigliere  regionale,  qualora  l'autorita'  giudiziaria  decida di
procedere  comunque,  il Presidente della Giunta regionale e' onerato
della proposizione di conflitto davanti alla Corte costituzionale.
    Alla luce di tali premesse - conclude la ricorrente - l'ordinanza
del  Tribunale di Venezia, mostrando di «non tener conto dell'effetto
inibitorio   della   delibera  consiliare»,  costituisce  illegittima
invasione  nella sfera di autonomia costituzionalmente garantita alla
Regione,  in  violazione  dell'art. 122,  comma 4 della Costituzione;
pertanto,  anche  di tale atto si chiede l'annullamento, a seguito di
declaratoria di non spettanza del relativo potere.
    3. - Con successive memorie, depositate in entrambi i giudizi, la
Regione  ricorrente,  richiamata  ancora  la giurisprudenza di questa
Corte, ha ulteriormente ribadito come tutte le dichiarazioni rese dai
tre consiglieri regionali alla stampa ed oggetto dell'accertamento in
sede   penale   dovessero   ritenersi   coperte   dalla  guarentigia,
trattandosi  di esternazioni costituenti divulgazione di atti tipici,
con  una  sostanziale corrispondenza di significati ed in un contesto
temporale di assoluta omogeneita'.

                       Considerato in diritto

    1. - Va, preliminarmente, disposta la riunione dei giudizi, avuto
riguardo alla sostanziale coincidenza dell'oggetto dei due ricorsi.
    La   Regione   Lombardia   ha  proposto  un  primo  conflitto  di
attribuzione  nei  confronti  dello  Stato, deducendo che l'avviso di
conclusione  delle  indagini  preliminari  emesso dalla Procura della
Repubblica   presso   il  Tribunale  di  Venezia  nei  confronti  dei
consiglieri  regionali  Daniele  Belotti,  Carlo  Saffioti  e  Pietro
Macconi integrerebbe atto invasivo della sfera di garanzia presidiata
dall'art. 122,  comma quarto, della Costituzione: cosi' pregiudicando
l'autonomia  assicurata  dalla  Carta fondamentale alla Regione ed ai
suoi  organi.  La  ricorrente  ha evidenziato, in particolare, che la
contestazione del reato di diffamazione a mezzo stampa - cui l'avviso
in  questione si riferisce - trarrebbe origine, quanto al consigliere
Belotti,  da due interviste rilasciate, al medesimo quotidiano, nelle
date  del  26 marzo  e  del  13 aprile 2002, nelle quali esso avrebbe
espresso delle valutazioni sull'operato dei componenti la sezione del
giudice  per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale  di  Bergamo:
valutazioni  ritenute diffamatorie, aventi ad oggetto la liberazione,
in   esito   all'udienza   di   convalida,   di   numerosi  cittadini
extracomunitari  gia'  tratti  in  arresto  per  reati concernenti lo
spaccio  di  sostanze  stupefacenti. Quanto ai consiglieri Saffioti e
Macconi,  la  contestazione  del  reato trarrebbe origine da una loro
lettera  aperta  ad  un  quotidiano,  il cui contenuto, censurando la
medesima  decisione  dei giudici ed ironizzando su di essa, era stato
ritenuto offensivo della reputazione dei magistrati stessi.
    In  proposito,  la  Regione  ricorrente  ha evidenziato come tali
dichiarazioni risultassero divulgazione di atti tipici, rappresentati
sia   da   una  mozione  consiliare  urgente,  del  6 febbraio  2001,
sottoscritta  dai  tre  consiglieri  regionali;  sia da altra mozione
urgente,  successiva  alle  esternazioni  giornalistiche,  in  quanto
datata  23 aprile 2002, e sottoscritta solo dai consiglieri Macconi e
Saffioti.  Il  contenuto  di entrambe le mozioni e la contestualita',
rispetto  ad  esse, delle dichiarazioni alla stampa, rendevano queste
ultime - a parere della Regione ricorrente - espressione di attivita'
consiliare,  in  quanto  aventi  carattere  divulgativo delle mozioni
menzionate  e,  dunque,  di  funzioni  tipiche  svolte  nel Consiglio
regionale.
    La   Regione   Lombardia   ha  proposto  ulteriore  conflitto  di
attribuzione nei confronti dello Stato in relazione all'ordinanza del
Tribunale  di  Venezia,  ufficio  del  giudice  monocratico penale di
Mestre,  resa  all'udienza  del  21 dicembre  2004,  nell'ambito  del
medesimo  procedimento  penale  a  carico  dei  consiglieri regionali
Belotti,  Saffioti  e  Macconi,  con  la quale era stata rigettata la
richiesta  -  avanzata  dai difensori degli imputati, sul presupposto
dell'immediata  applicabilita'  dell'art. 122,  comma  quarto,  della
Costituzione  -  di  declaratoria  di  non punibilita' ai sensi degli
artt. 129 o 469 codice di procedura penale.
    La  ricorrente - dopo aver sottolineato come anche tale conflitto
avesse  per  oggetto  i  medesimi  fatti e presupposti di quello gia'
proposto  -  ha  rappresentato  che,  dopo  il  rinvio a giudizio dei
consiglieri  Belotti,  Saffioti e Macconi per i reati contestati, era
intervenuta  l'approvazione  da  parte  della  Regione  Lombardia, in
attuazione  dell'art. 122,  comma  quarto,  della Costituzione, della
legge  regionale 28 ottobre 2004, n. 26, recante «Norme in materia di
insindacabilita'  dei  consiglieri  regionali ai sensi dell'art. 122,
comma quarto, della Costituzione»; e che, in applicazione di essa, il
Consiglio  regionale  aveva  deliberato, nella seduta del 23 novembre
2004, di «esprimersi favorevolmente» in ordine alla sussistenza della
causa  di  insindacabilita'  per i tre consiglieri regionali, a norma
dell'art. 122,  comma  quarto,  della  Costituzione.  Trasmessa  tale
delibera   (n.   VI/108)   al  Tribunale  di  Venezia,  quest'ultimo,
all'udienza  del  21 dicembre  2004,  pronunciando  sulla conseguente
richiesta  di  assoluzione  avanzata  dai  difensori  dei consiglieri
regionali,  aveva disatteso l'istanza difensiva, disponendo il rinvio
ad  una  successiva  udienza  per l'audizione dei testi e per l'esame
degli  imputati. Da qui la necessita', secondo la Regione ricorrente,
di   proporre   ulteriore   conflitto  di  attribuzione,  richiedendo
l'annullamento  dell'ordinanza  in  questione, previa declaratoria di
non  spettanza del relativo potere in capo all'Autorita' giudiziaria:
cio'  in  quanto  anche  l'atto  in  questione  risulterebbe - per le
medesime  motivazioni  gia'  riferite all'avviso di conclusione delle
indagini   preliminari   -   invasivo   della   sfera   di   garanzia
costituzionalmente   presidiata   per   le  funzioni  di  consigliere
regionale.
    2. - I ricorsi sono infondati.
    2.1.  -  Va,  preliminarmente,  rilevato  che  - come esattamente
affermato  dalla  Regione  ricorrente  nella  memoria  depositata  in
prossimita'  dell'udienza pubblica - la legge della Regione Lombardia
28 ottobre  2004,  n. 26,  con  cui  e' stata introdotta normativa in
materia  di  insindacabilita'  dei  consiglieri  regionali  ai  sensi
dell'art. 122,  comma  quarto, della Costituzione, non puo' assumere,
in  questa sede, rilievo alla stregua di norma interposta, atteso che
tale  disciplina  regionale  ha  soltanto  la funzione di regolare le
cadenze   procedurali   interne,  inerenti  lo  scrutinio  consiliare
relativo  alla  deliberazione sulla insindacabilita' (quali: l'onere,
per  il  consigliere  regionale  di  investire  l'organo  consiliare;
l'obbligo  per  il  Consiglio  di  procedere  alla  valutazione della
sussistenza  della  garanzia entro un termine definito; e cosi' via).
La fonte normativa della guarentigia rimane l'art. 122, comma quarto,
della  Costituzione,  cui soltanto si connette l'effetto «inibitorio»
della delibera consiliare di insindacabilita'.
    Tale  prerogativa,  nella specie, e' invocata dalla Regione quale
garanzia   connessa   all'esercizio   di   un'attivita'   costituente
esplicazione  di  funzione  consiliare  tipica:  cio'  per l'evidente
collegamento  funzionale sussistente, ad avviso della ricorrente, tra
le dichiarazioni rese alla stampa e l'attivita' consiliare svolta dai
tre   consiglieri   attraverso   le   due   mozioni   richiamate.  Le
dichiarazioni  avrebbero  funzione  divulgativa  di queste ultime, in
ragione  sia  della  contestualita'  con esse, sia di una sostanziale
corrispondenza  di  significati;  di  tal l'opinione resa al di fuori
dell'esercizio delle attivita' parlamentari risulterebbe in simmetria
a  quella  espressa  nell'ambito di tali attivita' e, dunque, ad esse
riconducibile.
    In  proposito,  va  tuttavia specificato che gli atti di funzione
invocati   dalla   regione   a   «copertura»  della  insindacabilita'
risultano,  innanzitutto,  soggettivamente diversificati: infatti, la
mozione  del  23 aprile  2002 risulta sottoscritta esclusivamente dai
consiglieri  Saffioti  e  Macconi,  ma  non  dal consigliere Belotti;
rispetto a quest'ultimo, dunque, l'unica scriminante funzionale - nei
confronti  della  quale  le  interviste  apparse  sulla  stampa nelle
edizioni del 26 marzo e del 13 aprile 2002 dovrebbero costituire mera
divulgazione  -  e'  rappresentata dalla mozione n. 106 presentata in
data 6 febbraio 2001. A tal fine, viene in rilievo una prima verifica
inerente il requisito della contestualita' tra l'opinione espressa in
sede consiliare e la sua successiva divulgazione: il nesso funzionale
che, in ipotesi, le collega non puo' evidentemente tollerare segmenti
temporali  di  tale ampiezza da risultare incompatibile con la stessa
finalita'   divulgativa;   da   cio'   la   nozione  di  «sostanziale
contestualita»,  con  cui questa Corte ha rappresentato l'esigenza di
un  medesimo  contesto  temporale tra atto tipico e sua divulgazione,
pena   la   stessa  interruzione  del  nesso  funzionale.  Ora,  tale
contestualita'  -  lungi  dall'abbracciare, secondo la prospettazione
della   ricorrente,   l'arco   temporale   dell'intera  durata  della
consiliatura   -   non   puo'   ritenersi,  invece,  sussistente  per
dichiarazioni  rese  alla  stampa  (nelle  date  del  26 marzo  e del
13 aprile  2002)  oltre  un  anno dopo la presentazione della mozione
n. 106 (6 febbraio 2001).
    Inoltre,   le  dichiarazioni  oggetto  della  incriminazione  non
possono considerarsi come divulgazione del contenuto della mozione in
questione,  difettando la sostanziale corrispondenza di contenuto fra
le une e l'altra. Con la mozione del 6 febbraio 2001 si stigmatizzava
la  carenza  degli  organici  di  polizia della provincia di Bergamo,
ritenuti    inadeguati   rispetto   all'incremento   del   tasso   di
criminalita':   tanto   che   il  Consiglio  regionale  impegnava  il
presidente  della  Giunta  a  richiedere  al Ministro dell'interno un
potenziamento  degli organici delle forze dell'ordine in provincia di
Bergamo  ed  a  sollecitare  il Governo a procedere all'espulsione di
tutti i clandestini. Le dichiarazioni rese alla stampa - vale a dire,
sia  le  due  interviste  rilasciate  dal consigliere Belotti, sia la
«lettera  aperta» a firma dei consiglieri Saffioti e Macconi - hanno,
invece, ad oggetto non gia' l'inefficacia dell'operato delle forze di
polizia  o  l'insufficiente  dotazione  di  organico, quanto l'azione
della  magistratura,  che  ne  avrebbe vanificato il risultato. Anzi,
nelle  reiterate  affermazioni circa l'esistenza di una valida azione
preventiva  delle  forze  di  polizia,  che  e'  dato  cogliere nelle
dichiarazioni   in   questione   («la   prevenzione  c'e',  manca  la
repressione», «i giudici si coordino con le forze dell'ordine per far
si'  che  i  risultati  di  lunghi  mesi  di  indagini  non risultino
vanificati»),  appare  persino rovesciata - o, quantomeno, totalmente
superata  -  l'opinione  espressa nella mozione citata, che lamentava
proprio   l'impossibilita'   di   una   efficace   prevenzione,   per
insufficienza  degli organici di polizia. Nel caso di specie, dunque,
atto  funzionale  tipico  e  dichiarazioni risultano legati, al piu',
solo  da una generica comunanza di argomento - la sicurezza pubblica,
in  senso  lato - idonea a ricondurre entrambi ad un generico, comune
contesto politico; ma del tutto inadeguata a prospettarsi quale nesso
funzionale  tra quanto oggetto di atto tipico e quanto riprodotto, in
chiave  divulgativa, dagli organi di informazione, secondo i principi
ripetutamente  affermati  da  questa Corte (v., ex plurimis, sentenze
n. 276 del 2001; n. 391 del 1999).
    Quanto  all'ulteriore  mozione  n. 273  del  23 aprile  2002,  ed
inerente  soltanto  ai  consiglieri  Saffioti  e  Maccone,  non  puo'
ritenersi la sussistenza di un utile collegamento temporale, rispetto
alla pubblicazione, in data 13 aprile 2002, sulla stampa locale della
«lettera  aperta»  a  firma  dei  due citati consiglieri regionali ed
oggetto  della contestazione del reato loro ascritto. Questa Corte ha
effettivamente  riconosciuto  la  possibilita'  che l'atto funzionale
segua alle dichiarazioni esterne, entro un arco talmente compresso di
tempo  da  poter affermare la «sostanziale contestualita» fra l'uno e
le  altre  (v.  sentenze  n. 10  del 2000 e n. 276 del 2001); ma tale
ipotesi  non  ricorre  nella specie, sussistendo uno iato temporale -
dieci  giorni  -  considerevole  tra  la  dichiarazione apparsa sulla
stampa  e  la  mozione  proposta:  cosi' da invertire, evidentemente,
l'ordine  logico,  prima  che  giuridico,  tra  atto consiliare e sua
divulgazione.
    2.2.  -  Si  deve,  quindi,  concludere  che le dichiarazioni dei
consiglieri della Regione Lombardia Daniele Belotti, Carlo Saffioti e
Pietro  Macconi  non  possono  ritenersi  rese  nell'esercizio  della
funzione  consiliare regionale, ne', pertanto, coperte dalla speciale
immunita' di cui all'art. 122, quarto comma, della Costituzione.