IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 8697/2005, proposto da Istituti paritari «Kennedy», in persona del gestore pro tempore, nonche' dai docenti presso l'Istituto sig. ri Elisabetta Maria Bertone, Antonella Stampiggioni, Silvia Del Pizzo, Vincenzina Piccolino, Daniele Ghirardi, Antonio Arcieri, Marianna Cannone Pepe, Generoso Calisti, Patrizia Pennasilico Attanasio, tutti rappresentati e difesi dal prof. avv. Carlo Rienzi ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie n. 9; Contro il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, in persona del Ministro pro tempore - Ufficio scolastico regionale per il Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore; - il Centro servizi amministrativi di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, per l'annullamento, previa sospensiva, della circolare n. 9026 del 12 luglio 2005; nonche' ove necessario della C.M. n. 77 del 21 ottobre 2004 e le O.M. e C.M. emesse in materia, nonche' di tutti gli atti presupposti, consequenziali o connessi, precedenti o successivi, ivi compreso, ove occorra, e in via subordinata, il d.P.R. n. 323/1998; Visti i motivi aggiunti presentati dall'Istituto «Kennedy» (e depositati il 23 novembre 2005), in persona del legale rappresentante pro tempore come sopra rappresentato, difeso ed elettivamente domiciliato, per l'annullamento, previa sospensiva della circolare n. 86 del 18 novembre 2005, prot. n. 10633 del Dipartimento per l'istruzione - Direzione generale per gli ordinamenti scolastici - Uff. VII, nella parte in cui intende applicare a questo anno scolastico 2005/2006 il d.lgs. n. 226 del 17 ottobre 2005 (Gazzetta Ufficiale n. 257 del 4 novembre 2005) limitatamente agli esami di Stato e al trasferimento di candidati esterni esclusivamente presso istituzioni scolastiche statali; nonche' per la trasmissione - in via solo subordinata - deg1i atti alla Corte costituzionale per violazione, da parte del d.lgs. n. 226, dei principi costituzionali di cui agli artt. 30, 31, 33, 41, 76 e 118 della Costituzione; Visti i motivi aggiunti presentati dall'Istituto «Kennedy» (e depositati il 29 novembre 2005), in persona del legale rappresentante pro tempore, come sopra rappresentato, difeso ed elettivamente domiciliato, per l'annullamento, previa sospensiva della circolare n. 12695 del 21 novembre 2005, dell'Ufficio scolastico regionale del Lazio nella parte in cui intende applicare a questo anno scolastico 2005/2006 il d.lgs. n. 226 del 17 ottobre 2005 (Gazzetta Ufficiale n. 257 del 4 novembre 2005) limitatamente agli esami di Stato e al trasferimento di candidati esterni esclusivamente presso istituzioni scolastiche statali; nonche' per la trasmissione - in via solo subordinata - degli atti alla Corte costituzionale per violazione, da parte del d.lgs. n. 226, dei principi costituzionali di cui agli artt. 30, 31, 33, 41,76 e 118 della Costituzione; Visti i motivi aggiunti presentati dall'Istituto «Kennedy» (e depositati il 29 novembre 2005), in persona del legale rappresentante pro tempore, come sopra rappresentato, difeso ed elettivamente domiciliato, per l'annullamento, previa sospensiva delle circolari n. 86 del 18 novembre 2005 e n. 12695 del 21 novembre 2005, quest'ultima dell'Ufficio scolastico regionale del Lazio, nella parte in cui impone ai candidati esterni di presentare la domanda di esami esclusivamente nel comune di residenza anagrafica. Nonche' per la trasmissione - in via solo subordinata - degli atti alla Corte costituzionale per violazione, da parte della legge n. 425/1997, dei principi costituzionali di cui agli artt. 30, 31, 33, 41, 76 e 118 della Costituzione; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato in rappresentanza delle Amministrazioni intimate; Viste le memorie difensive delle parti; Visti il ricorso e i motivi aggiunti, con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Relatore designato, per la pubblica udienza del 16 gennaio 2006, il consigliere D. Lundini; Uditi, all'udienza predetta, l'avv. Rienzi per la parte ricorrente e l'avv. dello Stato Sica per l'Amministrazione resistente; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o e d i r i t t o 1. - Gli Istituti «Kennedy», che godono di parita' scolastica ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62, e sono attivivi nel campo dell'istruzione media superiore, hanno contestato, con il ricorso introduttivo (in esso afiancati, come specificato in epigrafe, da personale docente degli Istituti stessi) la circolare n. 9026 del 12 luglio 2005, dell'Ufficio scolastico regionale per il Lazio (d'ora in avanti: USRL), nella parte in cui, occupandosi degli «Esami di Stato» conclusivi dell'a.s. 2005/2006, la circolare stessa ha statuito, in riferimento ai candidati esterni agli istituti scolastici, che le istanze di questi «in eccesso rispetto al 50% degli interni, per ogni classe terminale, devono essere consegnate al competente CSA (Centro servizi amministrativi), precisando poi che "non possono essere costituite commissioni di soli candidati esterni ne' commissioni miste nella quale (recte: nelle quali) la componente esterna superi il 50% di quella interna". La circolare suddetta e' altresi' contestata nella parte in cui, occupandosi di costituzione di c.d. classi supplementari, stabilisce che "Per la formazione delle classi non facenti parte di un corso completo le SS.LL terranno conto della nota MIUR del 20 febbraio 2002 e della C.M. n. 31 del 18 marzo 2003 ed invieranno la comunicazione di tali eventuali classi, attivate a seguito di nuove iscrizioni o ripetenze, a quest'Ufficio regionale e al C.S.A. competente territorialmente. Si ricorda che non e' prevista la costituzione di nuove classi composte interamente da alunni provenienti da esami di idoneita'"». 2. - Con motivi aggiunti l'istante ha poi investito la circolare MIUR n. 86 del 18 novembre 2005 e la nota USRL n. 12695 del 21 novembre 2005, nella parte in cui, ha rilevato l'Istituto ricorrente, esse impongono «ai candidati esterni di presentare la domanda di esami esclusivamente nel comune di residenza anagrafica». 3. - Con ulteriori motivi aggiunti, depositati il 23 e il 29 novembre 2005, l'Istituto Kennedy ha infine contestato le sopra citate circolari MIUR n. 86 del 18 novembre 2005 e USRL n. 12695 del 21 novembre 2005 nella parte in cui intendono applicare all'anno scolastico 2005/2006 il d.lgs. n. 226 del 17 ottobre 2005 in tema di esami di Stato e di trasferimento di candidati esterni esclusivamente presso istituzioni scolastiche statali. 4. - Con sentenza a parte, decisa in Camera di consiglio contestualmente alla presente ordinanza, questo tribunale si e' pronunciando sul complesso contenzioso introdotto con ricorso e motivi aggiunti citati, in parte dichiarando improcedibile il ricorso introduttivo; in parte sullo stesso sospendendo ogni pronuncia; in parte respingendo i motivi aggiunti. Con riferimento, peraltro, all'impugnativa delle circolari e note ministeriali n. 86 del 18 novembre 2005 e n. 12695 del 21 novembre 2005, limitatamente alla parte di esse in cui recepiscono l'ultimo periodo del comma 5 dell'art. 14 del d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 (possibilita' di costituzione di commissioni apposite di soli candidati esterni esclusivamente presso gli istituti statali), il tribunale, nella sentenza predetta, non ha assunto alcuna decisione nel merito, ritenendo infatti che con separata ordinanza e previa sospensione, in parte qua, del giudizio in corso, debba essere sollevata, dal tribunale stesso, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5, del citato d.lgs. n. 226/2005, nella parte in cui, sostituendo il terzo periodo dell'art. 4, comma 4, della legge n. 425 del 10 dicembre 1997, l'art. 14, comma 5, del d.lgs. n. 226/2005 dispone che per l'eventuale configurazione di commissioni di esami di Stato formate di soli candidati privatisti, tali commissioni «possono essere costituite soltanto presso gli istituti statali». 5. - Premesso quanto sopra, e passando dunque alla questione che si deve trattare, il Collegio prospetta come segue i termini della questione stessa. Parte ricorrente censura l'erroneita' dei provvedimenti impugnati nel ritenere di poter dare attuazione, gia' con l'anno scolastico 2005-2006, al decreto legislativo n. 226/2005 sulla riforma del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione, che dovra' invece interessare gli anni scolastici successivi dal 2007-2008 in poi; con la conseguenza che le novita' introdotte dal testo normativo, ivi comprese quelle riguardanti la disciplina degli esami di Stato, non potrebbero che riguardare il futuro. Opinare diversamente significherebbe, a parere dell'Istituto ricorrente, conferire alle disposizioni del decreto legislativo un'illegittima portata retroattiva con ricadute pregiudizievoli sia per le scelte degli studenti, gia' operate sin dal 1° settembre, sia per le scuole paritarie che hanno dovuto pianificare per tempo la relativa programmazione aziendale. Ove peraltro dovesse ritenersi che le circolari impugnate correttamente diano immediata operativita' all'art. 14 del decreto legislativo n. 226/2005, imponendo limiti del 50% alla possibilita' di accoglimento di candidati esterni e con previsione di divieto di costituire commissioni per gli esterni eccedentari presso le scuole paritarie, la norma legislativa delegata, assume il ricorrente stesso, sarebbe suscettiva di censura sul piano della legittimita' costituzionale per contrasto con gli artt. 30, 31, 33, 41, 76 e 118 della Costituzione. 6. - Viene anche dedotto un profilo di censura attinente a violazione di norme comunitarie che l'art. 14 suddetto porterebbe con se' nella sua portata discriminatoria tra scuola statale e scuola privata (paritaria). Ribadendo il contenuto della suddetta disposizione legislativa la circolare ministeriale n. 86 del 18 novembre 2005, impartita dalla Direzione generale per gli ordinamenti scolastici, nella parte intitolata «Limiti di accoglibilita' delle domande da parte delle scuole», cosi' in effetti recita e dispone: «L'art. 4, comma 4, della legge 10 dicembre 1997, n. 425, ripreso con il medesimo contenuto dall'art. 9, comma 3, del d.P.R 23 luglio 1998, n. 323, e' stato novellato, con integrazioni, dall'articolo 14, comma 1 del, decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 il quale stabilisce che "i candidati esterni sono ripartiti tra le diverse Commissioni degli istituti statali e paritari e il loro numero massimo non puo' superare il 50% dei candidati interni". La formulazione di tale ultima previsione normativa non e' suscettibile di interpretazioni diverse da quella letterale e, pertanto, non si presta ad alcun tipo di deroga. Pertanto, ove le istanze dei candidati esterni pervenute ad ogni singola scuola, statale o paritaria, dovessero eccedere il prescritto limite del 50%, l'istituto interessato, immediatamente dopo la scadenza del termine per la loro presentazione, dovra' trasmettere le istanze eccedenti, individuate secondo l'osservanza di uno stretto ordine cronologico di presentazione, al Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale competente per territorio. Cio' al fine di consentire al medesimo l'assegnazione degli interessati ad altre istituzioni scolastiche per una tempestiva prefigurazione del numero e della dislocazione delle Commissioni e, nel contempo, fornire ai candidati esterni certezza sulla sede nella quale dovranno sostenere gli esami». 7. - La medesima circolare n. 86/2005, nella parte relativa alla «Costituzione delle Commissioni di esame», richiama poi «l'attenzione sulla circostanza che per l'eventuale configurazione di Commissioni formate da soli candidati privatisti dovra' trovare applicazione l'art. 14, comma 5, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, con la conseguenza che tali commissioni debbono essere costituite esclusivamente presso istituzioni scolastiche statali». I contenuti della circolare n. 86, nei termini ora riportati, sono stati integralmente reiterati dalla successiva circolare prot. n. 12695 del 21 novembre 2005 emanata dall'USRL. 8. - Quanto, dunque all'esame dell'impugnativa de qua (nella parte, che in questa sede residua, riferentesi alla disposizione che prevede la costituzione di commissione per soli esterni esclusivamente «presso istituzione scolastiche statali» si rileva quanto segue. 9. - I profili di censura che prospettano violazione del diritto comunitario non sono suscettibili di favorevole apprezzamento. Occorre procedere dal dato che la norma dell'ordinamento nazionale oggetto di contestazione e' volta a disciplinare un ambito piuttosto contenuto delle modalita' di svolgimento dell'esame di Stato, individuando le commissioni esaminatrici di soli candidati privatisti in quelle funzionanti presso le scuole statali e non anche presso le scuole paritarie. Orbene, ancorche' l'ambito operativo prefigurato dalla norma (peraltro in via eventuale, considerato che esso viene in rilievo al superamento della soglia percentuale in essa stabilita) non sia privo di rilevanza sul piano della sua conformita' ad alcuni principi costituzionali (di cui si dira' oltre), non sembra predicabile che la disciplina introdotta dalla norma sia di ampiezza distorsiva tale da confliggere con gli artt. 136 e 149 del Trattato della Comunita' europea in tema di promozione dei diritti sociali fondamentali (nella specie: l'istruzione); ne' sembra che alla norma possa ascriversi un'intenzione controriformista, rispetto alla legge n. 62 del 2000 sulla parita' scolastica, favorendo un «ritorno all'indietro». Sotto altro verso non e' predicabile, nei modi sopra prospettati, la portata lesiva della norma con riguardo al diritto di stabilimento ex art. 41 del Trattato, perche' avrebbe dovuto non solo asserirsi, ma compiutamente dimostrarsi, che la regolamentazione giuridica dello Stato membro del soggetto intenzionato a impiantare in Italia un'impresa scolastica, non soffra della limitazione imposta dalla qui contestata norma dell'ordinamento nazionale. 10. - Quanto all'argomento secondo cui tutto il decreto legislativo n. 226 del 2005 prevede le varie fasi della riforma nei tempi futuri prevedendo quindi anche le novita' che ne deriveranno con riferimento agli esami di maturita', con la conseguenza quindi che solo in futuro si potrebbe prospettare il trasferimento di candidati esterni delle scuole paritarie a quelle statali, la censura va disattesa. La legge 28 marzo 2003, n. 53 (c.d. «riforma Moratti») ha delegato il Governo all'emanazione degli occorrenti decreti legislativi «per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale». Nell'attribuire alla decretazione delegata la definizione del nuovo sistema educativo, di istruzione e di formazione, la legge delega, in sede di delineazione dei «principi e criteri direttivi», ha prefissato l'articolazione di detto nuovo sistema «nella scuola dell'infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei ed il sistema dell'istruzione e della formazione professionale» (art. 2, lett. d), cit. legge n. 53). In attuazione della delega, e' stato quindi emanato il d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 226, con il quale sono state poste le norme generali e i livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione. Tale secondo ciclo «e' costituito dal sistema dei licei e dal sistema dell'istruzione e formazione professionale» e individua «il secondo grado in cui si realizza in modo unitario, il diritto-dovere all'istruzione e alla formazione di cui al decreto legislativo 5 aprile 2005, n. 76». I Capi II e III del decreto legislativo n. 226/2005 disciplinano «I percorsi liceali» e «I percorsi di istruzione e formazione professionale», delineandone rispettivamente le tipologie e i livelli essenziali delle prestazioni, mentre il successivo Capo V, che contiene le «Norme transitorie e finali», fissa le sequenze temporali per il passaggio graduale dall'attuale al nuovo ordinamento e fissa l'avvio di quest'ultimo «a decorrere dall'anno scolastico e formativo 2007- 2008» (art. 27, comma 4). Nel precitato Capo II, l'art. 14 si occupa dell'esame di Stato conclusivo dei percorsi liceali, cosi' disponendo al suo quinto comma: «All'art. 4, comma 4, della legge 10 dicembre 1997, n. 425, il terzo periodo e' sostituito dal seguente: "I candidati esterni sono ripartiti tra le diverse commissioni degli istituti statali e paritari ed il loro numero massimo non puo' superare il cinquanta per cento dei candidati interni; nel caso non vi sia la possibilita' di assegnare i candidati esterni alle predette commissioni possono essere costituite, soltanto presso gli istituti statali, commissioni apposite"». Tanto premesso, e alla luce di una piana interpretazione, anche in via sistematica, di tale norma delegata, non puo' trovare spazio l'argomento difensivo secondo cui quest'ultima, innestandosi con carattere di necessita' sulla riforma del secondo ciclo di istruzione prefigurata dal decreto legislativo n. 226, differisca la sua operativita' al momento di messa a regime del nuovo sistema dei licei. Per vero, nessun elemento logico e/o testuale consente di far ritenere che la norma de qua, per profili peculiarmente innovativi organicamente connessi alla riforma del predetto ciclo d'istruzione, non possa entrare in vigore se non contestualmente alla concreta attuazione del nuovo ordinamento. In realta', e diversamente da quanto asserito, non appare dubbio che il legislatore delegato abbia ritenuto di dovere con immediatezza intervenire in una delicata materia - quella della disciplina, limitatamente ai candidati esterni, della formazione delle commissioni d'esame di Stato e dell'individuazione della sede dell'esame, che alla stregua della regolamentazione previgente, anche di dettaglio, ha dato luogo ad interpretazioni contrastanti ed anche ad un nutrito contenzioso, come testimoniato dalle stesse citazioni contenute nel ricorso principale. In particolare, dunque, la norma in questione, sostituendo la pregressa disciplina dettata con l'art. 4, comma 4, della legge n. 425/1997, ha ribadito, quanto all'assegnazione dei candidati esterni alle commissioni d'esame di Stato funzionanti presso gli Istituti statali e quelli paritari, che il numero di detti candidati non puo' superare il cinquanta per cento dei candidati interni, statuendo pero' che il superamento dell'anzidetta percentuale consente di procedere ad apposite commissioni di candidati esterni solo preso gli Istituti statali. In relazione a tale ultimo profilo normativo, nel quale si condensa il novum della disciplina introdotta in subjecta materia, occorre opportunamente ricordare che la pregressa regolamentazione (dettata dal precitato art. 4, comma 4, della legge n. 425/1997) era nel senso di prevedere, al superamento della summenzionata percentuale numerica, la costituzione di «commissioni apposite» tout court di candidati esterni, cosi' prefigurando la possibilita' di insediare tali commissioni non solo presso gli istituti statali, ma anche (dopo l'emanazione della legge 10 marzo 2000, n. 62 sulla parita' scolastica) presso gli istituti paritari. Orbene, sospendendo per il momento ogni giudizio sulla intentio legis della norma e sulla coerenza di quest'ultima con il quadro costituzionale, non puo' qui che ribadirsi quanto anticipato dalla Sezione con la propria ordinanza n. 6879 del 24 novembre 2005, emessa nella sede cautelare, e cioe' che all'art. 14, comma 4, del decreto legislativo n. 226/2005, «in ragione della sua portata organizzatoria», e' immediatamente operativo, con la conseguente sua applicabilita' agli esami di Stato del corrente anno scolastico 2005-2006. Alla luce di tali considerazioni non hanno pregio le argomentazioni che, censurando le circolari impugnate, fanno leva sull'impossibilita' «di attuare nel giro di un mese una intera riforma». Infatti, per le considerazioni sopra esposte, l'art. 14 non si presta ad essere letto in necessaria correlazione con la riforma attuata dal decreto legislativo n. 226; certamente ne prescinde, essendo chiaramente mirato a introdurre da subito una misura organizzatoria in tema di partecipazione dei candidati esterni all'esame di Stato. Non conferenti sono poi le perplessita' sollevate con riferimento «all'abrogazione di tutte le norme relative agli esami integrativi e di idoneita' disposta dal decreto 226 all'art. 31». A prescindere infatti dalla circostanza che qui e' in questione l'organizzazione dell'esame di Stato e non quella degli esami di idoneita' e integrativi, deve comunque osservarsi che il menzionato art. 31, comma 2, detta una disciplina transitoria per tali esami stabilendo che la regolamentazione per essi prevista dall'art. 193 del Testo unico sull'istruzione approvato con d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297) continua «ad applicarsi limitatamente alle classi di istituti e scuole di istruzione secondaria superiore ancora funzionanti secondo il precedente ordinamento» ed e' abrogata «a decorrere dall'anno scolastico successivo al completo esaurimento delle predette classi». Per le considerazioni svolte risulta quindi accelerato che le circolari impugnate correttamente danno immediata operativita' all'art. 14, comma 5, del decreto legislativo n. 226/2005 nella parte in cui introduce il divieto di costituire commissioni d'esame di Stato per i candidati esterni eccedentari presso le scuole paritarie. 11. - Nella ricorrenza di tale premessa, deve quindi esaminarsi la proposta questione di legittimita' costituzionale della norma legislativa in questione (nella parte, ripetesi, in cui riserva agli istituti statali le commissioni d'esame per soli «esterni», sulla cui base sono state emanate le circolari impugnate. Premette al riguardo la parte ricorrente che il divieto di costituire commissioni di soli candidati esterni nelle scuole paritarie, ove sia superata la soglia dei cinquanta per cento dei candidati interni, porterebbe famiglie e studenti a preferire inevitabilmente la piu' rassicurante e completa offerta di servizio scolastico degli istituti statali. Inoltre, per le scuole paritarie, «la programmazione delle spese da affrontare in termini di contratti di lavoro da stipulare e di strutture da mantenere sarebbe appesa all'incognita delle iscrizioni degli studenti sempre piu' dubbia davanti a una disciplina legislativa cosi' sfavorevole ed iniqua». L'incostituzionalita' della norma in questione consisterebbe nell'aver ecceduto la delega di cui alla legge n. 53/2003, nella violazione del principio dell'equipollenza delle scuole, della liberta' di scelta delle famiglie e degli studenti, della liberta' dell'iniziativa economica, del principio di sussidiarieta'. Si sottolinea, in particolare, che la disciplina della parita' delle scuole non statali, proclamato dall'art. 33, comma 4, della Costituzione, impone l'obbligo di assicurare un trattamento scolastico equipollente rispetto alle istituzioni statali, che non si esaurisce nella possibilita' per le scuole paritarie di rilasciare titoli di studio aventi valore legale, ma include tutta una serie di profili tra i quali la piena condizione di competitivita' con le scuole statali. Ed invero, si prospetta tra l'altro che con la legge n. 62/2000 sulla parita' scolastica: e' stato istituito un sistema nazionale integrato di istruzione che colloca, accanto alle scuole statali, quelle private paritarie con una sostanziale identita' di funzione e di ruolo nel perseguimento di fondamentali obiettivi di rilevanza costituzionale; e' stato disegnato un sistema di prestazione dei servizi articolato, pluralistico e concorrenziale, individuando le famiglie come soggetti operativi nella scelta; e' stata apprestata una varieta' di strutture scolastiche che consentono, in armonia con i principi del pluralismo e della sussidiarieta' (art. 118, u.c., Cost.), diversi modi per godere un diritto sociale quale quello all'istruzione; in adeguamento dei principi di libera concorrenza, di libero mercato e di mobilita' nelle prestazioni dei servizi stabiliti nei Trattati dell'Unione europea, e' stata assicurata l'istituzione di un sistema nazionale di istruzione che permetta l'espansione dell'offerta formativa, aprendosi alla partecipazione di tutti i soggetti operativi qualificati che, non solo italiani, ma anche di provenienza europea, intendano concorrere alla realizzazione delle finalita' che la legge stabilisce. 12. - La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 comma 5 del d.lgs. n. 226/2205, nella parte in cui prevede la possibilita' di costituire commissioni apposite per candidati esterni solo presso gli istituti statali e non anche presso quelli paritari, appare rilevante e non manifestamente infondata, alla stregua delle seguenti considerazioni. 13. - In punto di rilevanza e' agevole osservare come le circolari impugnate con i motivi aggiunti di cui trattasi costituiscano applicazione della norma del decreto legislativo sospettata di incostituzionalita'. Di conseguenza, la declaratoria di non conformita' della norma ai parametri costituzionali priverebbe di fondamento legale dette circolari, determinandone in parte qua la caducazione. 14. - Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, che giustifica il vaglio di costituzionalita' della norma legislativa, valgano le seguenti considerazioni. l5. - Come si e' premesso, in attuazione della delega conferita con la legge 28 marzo 2003, n. 53, e' stato emanato il d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 226, con il quale sono state poste le norme generali e i livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione. L'art. 14 di detto decreto legislativo, intitolato «Esame di Stato», dispone al suo quinto comma: «All'art. 4, comma 4, della legge 10 dicembre 1997, n. 425, il terzo periodo e' sostituito dal seguente: "I candidati esterni sono ripartiti tra le diverse commissioni degli istituti statali e paritari ed il loro numero massimo non puo' superare il cinquanta per cento dei candidati interni; nel caso non vi sia la possibilita' di assegnare i candidati esterni alle predette commissioni possono essere costituite, soltanto presso gli istituti statali, commissioni apposite"». La norma in questione ha, in parte, ribadito la pregressa disciplina dettata con l'art. 4, comma 4, della legge n. 425/1997 (contenente la riforma dell'esame di Stato dei corsi di studi di istruzione secondaria superiore), e cioe' che il numero dei candidati esterni (c.d. privatisti) alle commissioni d'esame di Stato funzionanti presso gli Istituti statali e quelli paritari, non puo' superare il cinquanta per cento dei candidati interni; ha anche disposto che il superamento dell'anzidetta percentuale consente la costituzione di apposite commissioni di candidati esterni, ma - e in cio' si concreta il profilo innovativo della norma - «so1tanto presso gli istituti statali». Sembra al Collegio che quest'ultima parte dell'anzidetta disposizione (riguardante la costituzione di commissioni per soli candidati esterni presso gli istituti statali), possa porsi in contrasto con la direttrice fondamentale dell'art. 1 della legge delega n. 53/2003, che individua l'obiettivo della formazione delegata in quello di «favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei limiti dell'eta' evolutiva, delle differenze e dell'identita' di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione». Ed invero, se tra i valori-obiettivo prefissati dalla legge delega viene indicata la liberta' di scelta dello studente, quale espressione qualificante della liberta' di autodeterminazione del giovane cittadino, (identita' di ciascuno), nonche' la liberta' di scelta delle famiglie (scelte educative della famiglia), implicante la valutazione della sede (Istituto) piu' idonea per frequentare i corsi scolastici e sostenere gli esami, deve ritenersi che la norma risulti dissonante rispetto a tali principi ispiratori. In tale situazione, infatti, il vincolo posto dalla norma, al verificarsi del superamento nella commissione d'esame di Stato della prevista percentuale numerica calcolata sui candidati interni, di far svolgere al candidato esterno l'esame presso un istituto statale, comprime la liberta' di scelta dello studente, negandone quell'autonomia decisionale che pure, in special modo nell'eta' della formazione della personalita', assurge a condizione imprescindibile per la realizzazione del valore del pieno sviluppo della persona umana sancito nell'art. 3, cpv., Cost. 16. - Oltre che per eccesso di delega, nel profilo ora prospettato (con possibile contrasto quindi con l'art. 76 Cost.), la norma censurata non appare aderente al sistema costituzionale sotto piu' versi. 17. - Essa sembra anzitutto confliggere con l'art. 41 della Costituzione che afferma e tutela la liberta' dell'iniziativa economica privata. Occorre procedere dal dato che le scuole paritarie hanno un'indubbia connotazione imprenditoriale. Per effetto del riconoscimento della parita', queste scuole sono legittimate all'erogazione del servizio pubblico di istruzione. Cio' non toglie che, a differenze delle scuole statali, che sono enti pubblici non economici, le scuole paritarie sono gestite da soggetti e da enti privati che svolgono un'attivita' tipicamente d'impresa, come tale volta a ricavare vantaggi, economici o di altro tipo. Orbene, una norma, quale quella oggetto del vaglio costituzionale, che discrimina le scuole paritarie, sia pure al superamento delle soglie numeriche fissate per la composizione della commissione dell'esame di Stato, escludendole dalla possibilita' di costituire commissioni di soli candidati esterni, e' certamente idonea ad offuscarne la considerazione presso la pubblica opinione, in termini di efficienza e di qualita' del servizio pubblico erogabile da queste istituzioni scolastiche, con possibili e significative ricadute sul piano della loro sfera imprenditoriale. Questo non tanto per la perdita di introiti, dato che non e' qui in questione la perdita di profitti direttamente legata al divieto di costituire le commissioni de quibus, essendo noto che la partecipazione agli esami di Stato, da parte dei candidati privatisti, implica il solo pagamento di un tassa governativa, peraltro di modesta entita', che affluisce nelle casse dell'erario. E' invece in questione, in cio' con piu' decisiva incidenza sulla qualita' imprenditoriale delle scuole paritarie, il fatto che le iscrizioni degli studenti alle scuole paritarie o statali, sia pure nel limitato ambito della partecipazione all'esame di Stato da parte di candidati esterni, non dipenda da variabili tipicamente correlate al «servizio istruzione» (piano dell'offerta formativa, programmi scolastici seguiti, modalita' esplicative dell'autonomia scolastica, ect.), ma sia esclusivamente correlato a un mero dato numerico (il superamento della soglia percentuale ipotizzata dalla norma) senza peraltro alcuna considerazione della ricettivita' delle strutture scolastiche. 18. - La norma non sembra poi rispettosa dell'art. 33, comma 4, della Costituzione che ha introdotto l'istituto della parita' scolastica, imponendo al legislatore, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parita', di assicurare ad esse piena liberta' e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. Come e' noto, il sistema scolastico nazionale e' storicamente transitato da un originario regime di separazione tra scuola pubblica e privata (rinvenibile fino ai primi due decenni del secolo scorso) a un regime di integrazione tra i due tipi di scuola (che ha riguardato specificamente la scuola privata paritaria), in linea peraltro con il disegno costituzionale prefigurato dall'art. 33, comma 4, della Costituzione. E' peraltro noto che solo con la legge 10 marzo 2000, n. 62 (legge di assoluto rilievo storico, che ha introdotte le «Norme per la parita' scolastica» sono state concretamente attuate le condizioni per il superamento del c.d. «regime di giustapposizione» (cosi' definito dalla dottrina) tra l'istruzione fornita dalle scuole pubbliche e quella fornita dalla scuole private, e per il definitivo approdo all'integrazione tra scuola pubblica e paritaria privata, come prefigurato dalla norma costituzionale. La creazione di un sistema nazionale integrato di istruzione comporta, come ben evidenziato dal ricorrente, che le scuole private paritarie si pongono accanto alle scuole pubbliche con una sostanziale identita' di funzione e di ruolo nel perseguimento del fondamentale obiettivo dell'istruzione, obiettivo che e' anche valore di assoluta rilevanza costituzionale. Un sistema scolastico fondato sulla necessaria compresenza di scuola pubblica e privata, anzi, come si e' detto, sulla loro integrazione, e' un sistema coerente a un modello pluralistico che e' autenticamente tale ove possa predicarsi una posizione di sostanziale parita' (nel precitato significato di parita' di identita' di funzione e di ruolo) tra le distinte istituzioni scolastiche deputate all'erogazione dei servizio pubblico dell'istruzione. In tale quadro si iscrive e acquista significato il precetto costituzionale dell'art. 33 Cost. che, ponendo al legislatore ordinario il vincolo di assicurare agli alunni delle scuole paritarie «un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali», sancisce una funzionale equivalenza tra le scuole statali e quelle paritarie. Sicche' e' affatto pertinente la considerazione difensiva che, per vincolo costituzionale, «la disciplina statale non puo' collocarsi al di sotto di un livello minimo di garanzia dell'equipollenza tra le scuole statali e quelle non statali». Va poi significativamente soggiunto, quanto all'ambito concettuale della riferita locuzione costituzionale «trattamento scolastico equipollente», che di essa non va patrocinata un'interpretazione riduttivamente letterale nel senso che l'equipollenza consista nella sola legittimazione delle scuole non statali a rilasciare titoli di studio aventi valore legale. Come condivisibilmente si sottolinea da parte del ricorrente, il livello di rilevanza delle scuole paritarie attiene a tutta una serie di profili, tra i quali la condizione di piena competitivita' con le scuole non statali. Il trattamento scolastico equipollente non si arresta pertanto al mero riconoscimento del titolo di studio, ma implica anche un riconoscimento della qualita' del servizio di istruzione erogato dall'istituzione scolastica paritaria da considerarsi alla stregua, e quindi ne' inferiore, a quello proveniente dalla scuola statale. A conferma dell'assunto che precede, e' significativa la circostanza che, nel contesto dell'art. 1, comma 4, della legge n. 62/2000, la parita' scolastica viene in rilievo, al di la' di situazione di status che abilita al rilascio di titoli di studio aventi valori legali, per i contenuti dell'attivita' prestata e per la soggezione della scuola non statale che ne chiede il riconoscimento ai requisiti di qualita' e di efficacia previsti dalla legge medesima. Nella delineata situazione, dalla quale e' possibile desumere che l'inserimento delle scuole paritarie private nel sistema nazionale di istruzione determina l'equivalenza di trattamento nel servizio di istruzione degli studenti tra le scuole private e quelle statali, una norma legislativa, quale quella all'esame, che impone, al verificarsi della condizione in essa prevista, la costituzione di «commissioni apposite» per i candidati esterni all'esame di Stato «soltanto presso gli istituti statali» (con esclusione quindi degli istituti paritari) e' idonea a infrangere la disciplina costituzionale posta dal precitato quarto comma dell'art. 33 della Costituzione ed a stridere con la legge n. 62 del 2000 che ha dato attuazione al precetto costituzionale sulla parita' scolastica; e' altresi' idonea a violare il principio di uguaglianza posto dall'art. 3 della Costituzione, non ravvisandosi profili di razionalita' atti a giustificare, nella sussistenza del sistema di integrazione tra scuola pubblica e paritaria privata, la limitazione del servizio di istruzione nei riguardi di quest'ultima; e' altresi' idonea, infine, a determinare un vulnus anche all'art. 118 della Costituzione, in cui si afferma il principio della sussidiarieta', del quale la norma in questione comporta un aspetto di inattuazione, in considerazione del fatto che la configurazione della scuola paritaria, quale istituzione privata volta a soddisfare interessi considerati di carattere generale e pubblico dallo stesso legislatore, si inserisce armonicamente nel recente assetto di competenze in cui e' prevista appunto la valorizzazione del principio di sussidiarieta'. In effetti, la perentoria statuizione della norma - che prescinde da ogni considerazione circa le capacita' ricettive dell'istituzione paritaria e affida comunque, nel caso di candidati privatisti eccedentari la soglia percentuale indicata dalla norma stessa, lo svolgimento dell'esame di Stato alle commissioni funzionanti presso le scuole statali - e' espressiva di un atteggiamento di sfiducia, o quanto meno di perplessita', da parte del legislatore statale nei riguardi delle istituzioni paritarie private, nel senso di reputare che solo presso le scuole statali l'esame di Stato, da parte di commissioni che abbiano a occuparsi di soli candidati esterni, possa svolgersi in rispondenza a canoni di efficienza e di qualita'. Una siffatta intentio legis sembra svelare pero' un eccesso di potere del legislatore atteso che questi ometterebbe di considerare che il riconoscimento della parita' scolastica implica, per necessita' giuridica riveniente dal quadro costituzionale che ipotizza un sistema nazionale integrato di istruzione, che il servizio pubblico reso dalle scuole paritarie sia, sotto il profilo qualitativo, comparabilmente adeguato a quello prestato dalle scuole pubbliche. Del resto, anche alla stregua di precedente pronuncia della Corte costituzionale (cfr. ordinanza n. 423 del 18 ottobre 2002), la legge n. 62/2000, costituendo attuazione dell'art. 33, comma 4, della Costituzione, determina piena parita' tra istituzioni scolastiche statali e private, nell'ambito di un servizio nazionale di istruzione, ed e' tale quindi da non consentire diversificazioni tra le attivita' scolastiche consentite alle une e alle altre, a danno delle scuole private e con pregiudizio delle possibilita' di scelta degli utenti. Su tali premesse, insomma, non ha fondamento logico prima che giuridico inclinare a posizioni di valutazione pregiudiziale sul servizio ascrivibile alle scuole paritarie, sia pure nel ridotto ambito operativo qui esaminato. La sezione ritiene di dovere in proposito evidenziare - a ulteriore conferma del dubbio di costituzionalita' sopra esposto in ordine allo specifico intervento del legislatore nazionale - che l'anzidetta valutazione vada adeguatamente operata ex ante, e cioe' in sede di riconoscimento della parita' scolastica, accertando, in capo alle istituzioni private richiedenti, il possesso dei requisiti appositamente prescritti dall'art. 1, comma 2, della legge n. 62/2000 (tra i quali, in particolare, i requisiti di «qualita' ed efficacia» del servizio erogabile) e, all'esito dell'intervenuto riconoscimento, sottoponendo a verifica la permanenza di detti requisiti a mezzo di una costante e capillare attivita' di vigilanza, pure prevista dal comma sesto del medesimo art. 1. 19. - Alla stregua delle considerazioni che precedono, si solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5, del d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 225 nella parte in cui, sostituendo il terzo periodo dell'art. 4, comma 4, della legge 10 dicembre 1997, n. 425, dispone che per l'eventuale configurazione di commissioni di esame di Stato formate di soli candidati privatisti, tali commissioni «possono essere costituite soltanto presso gli istituti statali», per contrasto con i principi costituzionali desumibili dagli artt. 76, 41, 3 e 33, comma 4, e 118 della Costituzione. Si dispone, pertanto, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con conseguente sospensione in parte qua del presente giudizio, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la pronuncia sulla legittimita' costituzionale della predetta norma.