ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei   giudizi   di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 6,  comma
secondo,  della legge 11 gennaio 1943, n. 138 (Costituzione dell'Ente
«Mutualita'  fascista  -  Istituto  per  l'assistenza  di malattia ai
lavoratori»),   promossi   con  ordinanze  dell'8 marzo  2004  e  del
6 ottobre  2005  dal  Tribunale  di  Bolzano  nei procedimenti civili
vertenti  tra Metro Italia Cash and Carry S.p.a., filiale di Bolzano,
e l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ed altri e tra
Azienda  energetica S.p.a. - Etschwerke AG e INPS, iscritte al n. 139
del  registro ordinanze 2005 ed al n. 2 del registro ordinanze 2006 e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11 - 1ª serie
speciale, dell'anno 2005 e n. 2 - 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Visti  gli atti di costituzione della Metro Italia Cash and Carry
s.p.a.,   filiale   di  Bolzano,  dell'Azienda  energetica  S.p.a.  -
Etschwerke AG, dell'INPS, nonche' l'atto di intervento del Presidente
del Consiglio dei ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  16 maggio  2006  il  giudice
relatore Romano Vaccarella;
    Uditi gli avvocati Tullio Tranquillo e Giorgio Albe' per la Metro
Italia  Cash and Carry s.p.a., filiale di Bolzano, Maurizio Cinelli e
Massimo  Luciani  per  l'Azienda  energetica  S.p.a. - Etschwerke AG,
Fabrizio  Correra  e Antonietta Coretti per l'INPS e l'avvocato dello
Stato Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio dei ministri;
    Ritenuto  che,  con  due  ordinanze,  l'una in data 8 marzo 2004,
l'altra in data 6 ottobre 2005, il Tribunale di Bolzano ha sollevato,
in  riferimento  agli  articoli 2,  3,  38  e  41 della Costituzione,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma secondo,
della   legge   11 gennaio   1943,   n. 138  (Costituzione  dell'Ente
«Mutualita'  fascista  -  Istituto  per  l'assistenza  di malattia ai
lavoratori»),  nell'interpretazione fornitane dalla sentenza n. 10232
del  2003  delle  sezioni unite della Corte di cassazione, e pertanto
nella  parte  in  cui  non  esonera  dal versamento del contributo di
malattia  il  datore di lavoro che si sia obbligato, con il contratto
collettivo,  a  continuare a corrispondere la retribuzione durante la
malattia del lavoratore;
        che  il dubbio e' stato prospettato nel corso di due giudizi,
l'uno di opposizione a una cartella di pagamento emessa dall'Istituto
nazionale  della previdenza sociale (INPS), e l'altro di accertamento
negativo  della  pretesa  creditoria  avanzata, per lo stesso titolo,
dall'Istituto;
        che  il  rimettente  precisa  che l'incidente di legittimita'
costituzionale  e'  sollevato  sulla base del rilievo che, secondo il
«diritto  vivente»,  il datore di lavoro, pur quando abbia assunto su
di  se',  come  nella  fattispecie,  il  rischio  della  malattia del
dipendente, non e' tuttavia esonerato dall'obbligo di pagare all'INPS
i contributi di malattia;
        che  la  rilevanza  della questione deriva dal fatto che, nei
giudizi  a  quibus,  e'  in  contestazione  proprio  la debenza delle
predette  somme  da  parte  di  societa'  che  - applicando contratti
collettivi che prevedono l'erogazione, a carico del datore di lavoro,
del  trattamento  economico  di  malattia  in  misura pari all'intera
retribuzione  - hanno chiesto, sulla base dell'art. 6, secondo comma,
della  legge  n. 138  del 1943, che sia dichiarato il loro diritto ad
essere esonerate dal pagamento dei contributi;
        che,  in  punto  di  non  manifesta  infondatezza, osserva il
rimettente  che la norma impugnata sarebbe in contrasto: con l'art. 3
Cost.,  sia  sotto il profilo che il contributo economico di malattia
non  e'  dovuto per i dirigenti, i quadri e gli impiegati del settore
industria,   e  perche'  inoltre  dal  relativo  pagamento  e'  stata
completamente  esonerata  la  RAI,  con  atto  dello stesso Istituto,
motivato   proprio  sull'assunto  che  la  predetta  azienda  si  era
addossato l'onere della corresponsione della retribuzione, in caso di
malattia   dei   dipendenti,   sia   sotto   il   profilo  della  sua
irragionevolezza,  in  quanto  non  vi  sarebbe alcuna differenza tra
datori  di  lavoro  che,  obbligandosi  nel  contratto  collettivo  a
corrispondere  la  retribuzione netta ai lavoratori malati, sollevino
l'INPS  dal  relativo  rischio,  e  datori  di  lavoro  che  cio' non
facciano;  con l'art. 2 Cost., per l'assenza di qualsivoglia logica e
razionalita' nella distribuzione degli oneri connessi al principio di
solidarieta'  economica  e sociale; con l'art. 38 Cost., perche' tale
norma,  al  secondo  comma,  si preoccupa unicamente di assicurare al
lavoratore  mezzi  adeguati  alle  sue  esigenze  di vita, in caso di
malattia  -  nella  specie  soddisfatte con un trattamento di maggior
favore  rispetto  alla  corresponsione dell'indennita' di malattia -,
senza  nulla  dire  in ordine agli strumenti con i quali va raggiunto
tale obbiettivo e, peraltro, senza sovvertire i principi fondamentali
del  sistema assicurativo, e segnatamente quello del rischio, sotteso
alla  legge  n. 138  del  1943;  con  l'art. 41  Cost.,  perche',  se
corollario  del  principio  della  liberta'  di  iniziativa economica
privata  e'  che  la  concorrenza  tra  le  imprese deve svolgersi in
condizioni  paritarie,  esigere  il  pagamento del contributo solo da
parte  di  alcune di esse, e non di tutte, porrebbe un ingiustificato
ostacolo  al  pieno dispiegarsi di quella liberta'; e cio' tanto piu'
che  l'Enel  e  l'Italgas,  aziende  operanti  nel  medesimo  settore
produttivo  di  una  delle  societa'  attrici,  godono  di  riduzioni
contributive,  proprio  in quanto obbligate alla corresponsione della
retribuzione, in caso di malattia dei dipendenti;
        che  l'irragionevolezza  della  disciplina  e'  resa evidente
dalla  circostanza,  da  un  lato,  che  essa  comporta  una sorta di
duplicazione  contributiva  per l'imprenditore, posto che questi, non
solo  e'  obbligato  a  versare  in pieno, senza alcuna riduzione, il
contributo,  ma  e' assoggettato a imponibile contributivo pure sulla
retribuzione  da lui corrisposta ai lavoratori durante la malattia e,
dall'altro  lato,  che, dai bilanci dell'INPS, risulta che le entrate
costituite dai contributi di malattia sono enormemente superiori alle
uscite imputabili al pagamento delle corrispondenti indennita';
        che   non   avrebbe   rilievo,   secondo  il  rimettente,  la
circostanza,  pur  richiamata  nella  citata  sentenza della Corte di
cassazione  n. 10232 del 2003, che l'INPS, anche laddove il datore di
lavoro  abbia assunto su di se' il rischio malattia, sarebbe tuttavia
tenuto  al pagamento della relativa indennita' in caso di superamento
del  periodo  di  comporto,  o  nei  periodi  di  disoccupazione o di
sospensione   dal   lavoro,   essendo,   queste,   ipotesi  per  vero
eccezionali;
        che,  nel  giudizio r.o. n. 139 del 2005, sono intervenuti il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello Stato, e Metro Italia Cash and Carry
S.p.a.,  chiedendo,  il  primo,  che  venga  dichiarata  la manifesta
irrilevanza,   infondatezza   e   comunque  l'inammissibilita'  della
proposta  questione  e,  la  seconda,  che  ne  venga  dichiarata  la
fondatezza;
        che,  osserva  l'Avvocatura dello Stato, la questione sarebbe
manifestamente  inammissibile  per erronea individuazione della norma
censurabile,  oggetto  della  questione,  in  quanto  l'incidente  di
costituzionalita'  investe  l'art. 6  della  legge n. 138 del 1943, e
cioe'  una  disposizione  che  disciplina  il  regime dell'erogazione
dell'indennita'  di  malattia, e non gia' l'obbligo del pagamento del
contributo  (sancito  dall'art. 9  della  medesima  fonte  normativa,
dall'art. 2  del  decreto  legislativo 2 aprile 1946, n. 142, recante
«Disciplina provvisoria del carico contributivo per le varie forme di
previdenza  e  di assistenza sociale», e dall'art. 31, comma 5, della
legge   28 febbraio   1986,   n. 41,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 1986»);
        che, quanto alla asserita violazione del principio di parita'
di  trattamento,  il  riferimento  ai contratti collettivi, contenuto
nella  norma  censurata,  deve  intendersi limitato ai soli contratti
collettivi  vigenti  all'epoca dell'emanazione della norma, e cioe' a
quelli  corporativi  efficaci erga omnes, e non anche ai contratti di
diritto comune;
        che la regolamentazione di eventuali esoneri dall'obbligo del
versamento  del  contributo non potrebbe trovare applicazione «in via
amministrativa  o  di  autonomia imprenditoriale», ma dovrebbe essere
legittimata   da   apposita  norma,  mentre  il  diverso  trattamento
praticato  al  personale  della  RAI,  nonche'  agli  impiegati  e ai
dirigenti    del   settore   industria,   deriva   da   provvedimenti
dell'Istituto,  adottati  in  virtu'  della regolamentazione speciale
disposta dai contratti collettivi corporativi;
        che,   osserva   ancora  l'Avvocatura,  la  questione  appare
sollevata  al  solo  fine  di dirimere un contrasto giurisprudenziale
sull'interpretazione della legge ordinaria, di modo che, in base alla
costante  giurisprudenza  di questa Corte - secondo la quale le leggi
si  dichiarano  incostituzionali  solo  quando non e' possibile darne
un'interpretazione   conforme   alla   Costituzione  -,  la  proposta
questione   andrebbe,   anche   sotto   questo  riguardo,  dichiarata
inammissibile;
        che  la  Metro  Italia  Cash  and Carry S.p.a. - ricapitolata
l'evoluzione  del  quadro  normativo  di riferimento, all'esito della
quale le prestazioni sanitarie, una volta erogate dall'INAM, sono ora
rese  dal Servizio sanitario nazionale, mentre il pagamento di quelle
di carattere economico e' demandato all'INPS - sottolinea che oggetto
di  contestazione nel giudizio a quo e' esclusivamente la debenza dei
contributi  volti  ad  assicurare  queste  ultime,  e  non  gia'  del
contributo   sociale   di   malattia   che,  destinato  a  finanziare
l'assistenza  sanitaria,  e'  posto  a  carico  della generalita' dei
cittadini;
        che  i  molteplici casi in cui - in forza dell'erogazione, da
parte  del  datore  di  lavoro  (o  di altri enti), di un trattamento
economico  sostitutivo,  e  del  conseguente venire meno dell'obbligo
dell'INPS  di corrispondere l'indennita' di malattia - l'imprenditore
e'   esonerato   dal   versamento  del  contributo  relativo  rendono
innegabile il contrasto della norma censurata con l'art. 3 Cost;
        che,  quanto  alla  violazione dell'art. 38 Cost., tale norma
non  ha  certo  inteso sovvertire i principi fondamentali del sistema
assicurativo,  mentre  la lesione dell'art. 41 Cost. costituirebbe la
ricaduta, sul piano delle relazioni economiche, di quella dell'art. 3
Cost.,  essendo  inevitabile  che  il  malgoverno  del  principio  di
uguaglianza,  tra gli imprenditori, si ripercuota, negativamente, sul
corretto svolgimento della concorrenza;
        che, nel giudizio r.o. n. 2 del 2006, sono intervenuti l'INPS
e l'Azienda Energetica S.p.a - Etschwerke AG, il primo insistendo per
la  declaratoria di inammissibilita' o di infondatezza della proposta
questione, la seconda per il suo accoglimento;
        che  l'INPS  sostiene  che,  in base alla lettura del sistema
normativo, e segnatamente della disposizione censurata, fatta propria
dalle  Sezioni  Unite  nella  sentenza  n. 10232  del 2003, eventuali
deroghe  al  regime  legale  della contribuzione potrebbero provenire
solo  da  fonti  equiordinate  alla  legge,  quali erano, nel 1943, i
contratti    collettivi    corporativi,   ma   non   da   statuizioni
dell'autonomia  privata, stante, tra l'altro, la natura solidaristica
dell'obbligazione contributiva;
        che,  avendo la Costituzione repubblicana impresso all'intero
sistema  di sicurezza sociale, originariamente improntato alla logica
mutualistico-assicurativa,  un  forte  carattere  solidaristico, deve
dirsi  che  proprio  la  solidarieta'  e' alla base del principio del
cosiddetto  automatismo  delle  prestazioni,  immanente  nel  sistema
previdenziale  e  assistenziale, principio in forza del quale resta a
carico  dell'INPS l'obbligo del pagamento dell'indennita' di malattia
nelle  ipotesi  di  mancato  pagamento  dei  contributi, da parte del
datore  di  lavoro,  e  anche  in  quelle di mancata erogazione delle
prestazioni   alle   quali  l'imprenditore  si  era  contrattualmente
obbligato;
        che  la valenza solidaristica dell'obbligazione contributiva,
che   la   sottrae  alla  disponibilita'  delle  parti  e  ai  poteri
discrezionali  dell'amministrazione  pubblica (come evidenziato dalle
Sezioni Unite nell'arresto innanzi richiamato), non viene meno per la
sussistenza  di  taluni  casi  di  esonero, disciplinati da specifici
contratti  collettivi  corporativi,  ancora  in  vigore,  per effetto
dell'art. 43  del decreto luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 389, o
da  contratti  dichiarati  efficaci erga omnes con i decreti delegati
emessi in base alla legge 14 luglio del 1959, n. 741;
        che,  lungi  dal  confliggere con le norme costituzionali, la
disposizione  impugnata  evita  che, mediante previsioni contrattuali
aziendali,  o  comunque,  mediante  contratti  collettivi  di diritto
comune,   vengano   apportate  alterazioni  al  regime  pubblicistico
contributivo,  riservate  esclusivamente  alla  discrezionalita'  del
legislatore;
        che,  nella  memoria  depositata in prossimita' dell'udienza,
l'INPS - dopo aver insistito sull'eccezione di inammissibilita' della
questione per aberratio ictus - osserva che, poiche' non sono mancate
pronunce  del  Supremo  Collegio  che  hanno  affermato l'esonero del
datore  di  lavoro,  che  abbia  assunto  su  di se' il rischio della
malattia  del  dipendente,  dall'obbligo  di corrispondere i relativi
contributi, la questione sarebbe inammissibile anche sotto il profilo
del  mancato  esperimento,  da  parte del giudice a quo, del doveroso
tentativo di pervenire a una interpretazione adeguatrice;
        che,  in ogni caso, le denunciate violazioni degli articoli 3
e    41   Cost.   sarebbero   smentite   dal   carattere   volontario
dell'assunzione    del    rischio    della    malattia    da    parte
dell'imprenditore;
        che  l'obbligo,  di  natura pubblicistica, di corrispondere i
contributi  di  malattia, lungi dal costituire violazione di precetti
costituzionali,  costituirebbe  esso  stesso pregnante applicazione -
come   ripetutamente  affermato  da  questa  Corte  -  del  principio
solidaristico  enunciato nell'art. 38 Cost., e attuato sia attraverso
la  ripartizione dell'onere contributivo anche a carico di coloro che
non  hanno  determinato  le  situazioni di bisogno, sia attraverso la
regola dell'automatismo delle prestazioni;
        che,   nella  sua  memoria,  l'Azienda  Energetica  S.p.a.  -
Etschwerke  AG rileva che le denunciate violazioni si presterebbero a
essere  composte  vuoi  con una pronuncia di accoglimento, che, senza
operare  alcuna scelta di carattere discrezionale, operi un'addizione
secca  al  dettato  normativo,  vuoi  con  una  pronuncia  che avalli
un'interpretazione adeguatrice;
        che, in punto di violazione degli artt. 2 e 3 Cost., la parte
privata,  evidenziato  che  il  carattere omnipervasivo del dovere di
solidarieta'  non  esclude  la  sua  finalizzazione  alla  tutela dei
diritti  inviolabili dell'uomo e della sua personalita', sostiene che
la  categoria  delle  imprese alla quale essa appartiene assolverebbe
gia',   e   in   misura   pienamente  satisfattiva  dei  diritti  dei
beneficiari, il proprio debito solidaristico, posto che le aziende ex
municipalizzate  del  settore  energetico non solo sono per contratto
obbligate   a   corrispondere  un  trattamento  di  gran  lunga  piu'
favorevole   rispetto  a  quello  previsto  dalla  legge,  ma,  sulle
retribuzioni   corrisposte   nei   periodi   di   malattia,   versano
all'Istituto  la  stessa contribuzione fissata per la retribuzione in
genere,  e cioe' il 35,84 per cento dell'imponibile, per il personale
con  iscrizione  pensionistica  INPS, e il 7,43 per cento, per quello
con iscrizione pensionistica INPDAP;
        che, esclusa ogni dannosa ricaduta sugli equilibri finanziari
della    gestione    previdenziale    dell'invocato   esonero   dalla
contribuzione,  e'  innegabile  che  gli  oneri  imposti  dalla norma
impugnata,  nella lettura assurta a «diritto vivente», risulterebbero
irragionevoli  anche  rispetto  allo standard di solidarieta' imposto
dal  vigente  sistema previdenziale, profondamente inciso da riforme,
come quella che ne ha comportato la ristrutturazione in senso binario
(decreto legislativo 21 aprile 1993 n. 124, recante «Disciplina delle
forme  pensionistiche  complementari,  a  norma dell'art. 3, comma 1,
lettera v),  della  legge 23 ottobre 1992, n. 421») e quella relativa
al calcolo contributivo delle pensioni e all'abolizione dell'istituto
dell'integrazione  al  minimo  (legge  8 agosto  1995 n. 335, recante
«Riforma  del  sistema  pensionistico obbligatorio e complementare»),
del  tutto  mortificando  il  principio  di  corrispettivita', che e'
regola  basilare  dell'ordinamento  di  diritto  privato,  al  quale,
ancorche'  impregnata  di  elementi pubblicistici, continua ancora ad
appartenere la materia delle assicurazioni sociali;
        che  il  rapporto previdenziale non potrebbe, almeno sotto il
profilo  genetico,  sottrarsi  alla  logica  della corrispondenza tra
oneri   e   benefici,   logica   in  forza  della  quale  il  vincolo
dell'assicurazione  sociale  (e con esso l'obbligo contributivo) puo'
nascere  solo laddove il legislatore identifichi un evento generatore
di  un  bisogno  socialmente rilevante, mentre nella specie questo e'
gia' stato integralmente soddisfatto in forme concordate dalle parti;
        che  la  circostanza,  per  la  quale  i datori di lavoro che
erogano  la prestazione di malattia, in forza di legge o di contratto
collettivo  corporativo,  godono  dell'esenzione  dal  pagamento  del
contributo,  e'  indice  della  valutazione del legislatore in ordine
alla  cancellazione de iure del corrispondente obbligo, in assenza di
un  rischio  da assicurare, sicche' del tutto irrilevanti a tale fine
sono  il  diverso  regime  e  la  diversa  forza,  rispetto  a quelli
corporativi,  dei  contratti collettivi di diritto comune, venendo la
clausola pattizia a costituire, ora come allora, solo il «presupposto
fattuale»  per  la produzione di un effetto - l'esonero dal pagamento
del contributo - ad esso collegato dall'ordinamento;
        che l'illegittimita' costituzionale della norma risulta anche
dalla  circostanza  che, per circa quarant'anni, l'INAM, il Ministero
del  lavoro  e  lo  stesso  INPS  l'avevano  interpretata  nel  senso
inopinatamente  smentito  dalle  Sezioni Unite, nonche' dal raffronto
con  la  disciplina dettata per i cosiddetti «fondi esonerati», cioe'
per  i  fondi aziendali che, ove riconosciuti idonei ad assicurare ai
lavoratori  dipendenti  una  tutela  almeno  equivalente a quella del
regime    generale    obbligatorio,    sono   liberati   dall'obbligo
dell'assicurazione sociale;
        che    la    disposizione    censurata   determinerebbe   una
ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra  le  fattispecie  in
relazione  alle quali essa e' destinata ad operare e altre situazioni
in  cui,  sia  prima che dopo l'entrata in vigore della Costituzione,
l'accollo  del rischio della malattia, a carico del datore di lavoro,
ne  ha comportato la liberazione dall'obbligazione contributiva, come
e'  stato  ed  e'  per  gli impiegati, per i quadri, per i dirigenti,
nonche'  in  ipotesi quali «quelle di cui all'art. 1, legge n. 33 del
1980»  (Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 30 dicembre
1979,  n. 663,  concernente  provvedimenti  per  il finanziamento del
Servizio  sanitario  nazionale, per la previdenza,per il contenimento
del  costo  del lavoro e per la proroga dei contratti stipulati dalle
pubbliche  amministrazioni  in  base  alla  L. 1 giugno 1977, n. 285,
sull'occupazione  giovanile), all'art. 31, comma 5, della legge n. 41
del   1986   e   all'art. 14   della  legge  23 aprile  1981,  n. 155
(Adeguamento  delle  strutture  e delle procedure per la liquidazione
urgente  delle  pensioni  e  per  i  trattamenti di disoccupazione, e
misure  urgenti in materia previdenziale e pensionistica), norme che,
disponendo  il  pagamento  dei  contributi  soltanto  «per gli aventi
diritto»,  inequivocabilmente legano col nesso della corrispettivita'
prestazioni e contribuzione;
        che  la  circostanza,  infine,  che  le  differenziazioni  di
disciplina attengano a imprese, quali ad esempio l'Enel, operanti nel
medesimo  settore  merceologico  della  deducente,  comporterebbe una
alterazione  delle  regole  della  concorrenza, e, dunque, una palese
violazione anche dell'art. 41 Cost.
    Considerato  che  il  Tribunale di Bolzano dubita, in riferimento
agli  articoli 2,  3,  38 e 41 della Costituzione, della legittimita'
costituzionale  dell'art. 6,  comma  secondo,  della legge 11 gennaio
1943,  n. 138 (Costituzione dell'Ente «Mutualita' fascista - Istituto
per  l'assistenza  di  malattia ai lavoratori»), nella parte in cui -
secondo  l'interpretazione  fornitane dalle Sezioni Unite della Corte
di  cassazione  e  costituente  «diritto  vivente»  - non esonera dal
pagamento  del  contributo di malattia il datore di lavoro che si sia
obbligato,  con contratto collettivo, a continuare a corrispondere la
retribuzione durante la malattia del lavoratore;
        che,  avendo  ad oggetto la medesima questione, i due giudizi
devono essere riuniti;
        che la questione e' manifestamente inammissibile, dal momento
che   oggetto  della  censura  di  illegittimita'  costituzionale  e'
esclusivamente  la  norma  che  si  limita  ad  esonerare  l'Istituto
nazionale   della   previdenza   sociale   (INPS)  dalla  prestazione
assistenziale  alla cui erogazione, altrimenti, sarebbe tenuto, senza
nulla disporre quanto all'obbligo contributivo gravante sul datore di
lavoro;
        che,   conseguentemente,   la  sollecitata  dichiarazione  di
illegittimita'   costituzionale   inciderebbe   esclusivamente  sugli
effetti che, nei confronti dell'INPS, produce la assunzione, da parte
del  datore  di  lavoro,  dell'obbligo  contrattuale di continuare ad
erogare al lavoratore in malattia la retribuzione e non risolverebbe,
pertanto, il dubbio di costituzionalita' sollevato dal rimettente.