ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel   giudizio   di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 126-bis,
comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della   strada),   introdotto   dall'art. 7,   comma 1,  del  decreto
legislativo   15 gennaio   2002,  n. 9  (Disposizioni  integrative  e
correttive  del  nuovo  codice della strada, a norma dell'articolo 1,
comma 1,  della  legge  22 marzo  2001,  n. 85), nel testo risultante
all'esito  della modifica apportata dall'art. 7, comma 3, lettera b),
del  decreto-legge  27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni
al  codice  della strada), convertito, con modificazioni, dalla legge
1° agosto  2003, n. 214, nonche' dell'art. 180, comma 8, del medesimo
d.lgs.  n. 285  del 1992, promosso con ordinanza del 15 novembre 2005
dal  giudice  di  pace di Aosta, nel procedimento civile vertente tra
Autosalone Columbia s.n.c. e la Regione Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste,
iscritta  al  n. 20  del  registro  ordinanze 2006 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale   della  Repubblica  n. 6,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2006;
    Visto,  l'atto  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 giugno 2006 il giudice
relatore Alfonso Quaranta;
    Ritenuto  che  il giudice di pace di Aosta ha sollevato questione
di  legittimita'  costituzionale  -  in  riferimento all'art. 3 della
Costituzione  -  dell'art. 126-bis,  comma 2, del decreto legislativo
30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della  strada),  introdotto
dall'art. 7,  comma 1,  del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9
(Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada,
a  norma dell'articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85),
nel  testo risultante all'esito della modifica apportata dall'art. 7,
comma 3,   lettera b),   del  decreto-legge  27  giugno 2003,  n. 151
(Modifiche  ed  integrazioni al codice della strada), convertito, con
modificazioni,   dalla   legge   1° agosto   2003,   n. 214,  nonche'
dell'art. 180, comma 8, del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992;
        che  il  rimettente  premette  di  dover giudicare il ricorso
proposto   dalla   societa'   «Autosalone  Columbia»  s.n.c.  avverso
ordinanza-ingiunzione  prefettizia che confermava l'irrogazione della
sanzione,   contemplata  dall'art. 180,  comma 8,  del  codice  della
strada,  a  carico  della  predetta societa', per non avere la stessa
ottemperato   all'invito   a  fornire,  ai  sensi  dell'art. 126-bis,
comma 2,  del  medesimo  codice,  le generalita' del conducente della
vettura di proprieta' della societa' ricorrente;
        che,  secondo  il  giudice  di  pace  di  Aosta, il combinato
disposto  delle  norme  teste'  menzionate - nel sanzionare sul piano
pecuniario  la  mancata  comunicazione, da parte del proprietario del
veicolo,  dei  dati  personali  e  della  patente  del conducente non
identificato   al  momento  dell'accertata  infrazione  -  violerebbe
l'art. 3 della Costituzione sotto due distinti profili;
        che,  difatti, in virtu' di tali norme «si impone al titolare
di  una  ditta» - per sottrarsi all'irrogazione della sanzione di cui
all'art. 180,  comma 8,  del codice della strada - di «indicare quale
dipendente sia stato alla guida di un veicolo aziendale» in occasione
dell'accertata  infrazione, ovvero, in caso contrario, «di effettuare
il pagamento di una somma di denaro»;
        che  in  tal  modo si darebbe vita, ex lege, ad «una evidente
disparita'  di trattamento tra i cittadini, in particolare tra coloro
che  hanno  la  capacita'  patrimoniale  di assolvere all'adempimento
imposto  e  coloro  che  non  hanno  tale capacita», ponendosi questi
ultimi  nella  necessita'  di  «indicare  un  nominativo che funga da
"capro espiatorio"»;
        che  accanto  all'ipotizzato  contrasto  con  il principio di
eguaglianza  si  assume  la violazione dell'art. 3 della Costituzione
«anche sotto il profilo della ragionevolezza»;
        che  il  rimettente  - non senza evidenziare che «la sanzione
prevista  per  il  proprietario del veicolo non e' riconducibile alla
trasgressione  di  una  specifica  norma  relativa  alla circolazione
stradale»  -  sottolinea  che  essa appare destinata ad operare anche
quando,   come   «nel  caso  in  questione»,  il  destinatario  abbia
ottemperato,  «presentandosi  o  scrivendo», all'invito a rispondere,
seppur al solo fine di esporre di non poter rivelare i dati personali
e   della   patente   del  conducente  non  identificato  al  momento
dell'infrazione,  tenuto  conto «che la richiesta perviene a distanza
di  molti  mesi  dall'avvenuta  violazione»,  e  dunque  fornendo una
motivazione «legittima e ragionevole», specie in considerazione della
inesistenza  di  norme  che impongano al proprietario del veicolo «di
prendere  nota  giornalmente  dei  dati  del  conducente, familiare o
dipendente»;
        che su tali basi, quindi, il giudice a quo ha concluso per la
declaratoria  di illegittimita' costituzionale del combinato disposto
delle norme impugnate;
        che   e'   intervenuto   in   giudizio,   con  il  patrocinio
dell'Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei
ministri, il quale ha concluso per la inammissibilita' o infondatezza
della questione sollevata;
        che,  secondo  la  difesa  dello  Stato,  la  stessa  «e'  da
ritenersi  inammissibile  in  quanto  il  giudice  a quo ha omesso di
descrivere la fattispecie sottoposta al suo esame e di motivare sulla
rilevanza»;
        che  la  difesa  erariale  evidenzia,  in  subordine, come il
prospettato  dubbio  di costituzionalita' sia comunque privo «di ogni
fondamento»;
        che,  difatti,  la  scelta  della «sanzionabilita', sul piano
patrimoniale,  della condotta del proprietario del veicolo che ometta
di  comunicare  -  ai  fini dell'applicazione delle sanzioni anche di
natura  personale previste dal codice della strada - i dati personali
e  della patente del conducente», lungi dall'essere irragionevole, si
presenta  coerente  con l'obbligo di vigilanza «posto a carico di chi
ha la disponibilita' del veicolo» dall'art. 6 della legge 24 novembre
1981,  n. 689  (Modifiche al sistema penale) e dagli artt. 196 e 214,
comma 1-bis,  del  codice della strada, non presentando alcun profilo
di  incostituzionalita',  come  avrebbe  ribadito  questa Corte nella
sentenza n. 27 del 2005;
    Considerato  che  il  giudice  di  pace  di  Aosta  ha  sollevato
questione  di legittimita' costituzionale - in riferimento all'art. 3
della   Costituzione   -   dell'art. 126-bis,  comma 2,  del  decreto
legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della strada),
introdotto  dall'art. 7,  comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio
2002,  n. 9  (Disposizioni  integrative e correttive del nuovo codice
della  strada, a norma dell'articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo
2001, n. 85), nel testo risultante all'esito della modifica apportata
dall'art. 7,  comma 3,  lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003,
n. 151   (Modifiche   ed   integrazioni   al  codice  della  strada),
convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 1° agosto 2003, n. 214,
nonche' dell'art. 180, comma 8, del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992;
        che  la censura di violazione dell'art. 3 della Costituzione,
prospettata   sotto   il   profilo   della  supposta  «disparita'  di
trattamento  tra  i cittadini, in particolare tra coloro che hanno la
capacita'  patrimoniale di assolvere all'adempimento imposto e coloro
che  non  hanno  tale  capacita»,  e'  manifestamente  inammissibile,
essendo   la   stessa  «sollevata  in  modo  astratto  ed  ipotetico»
(ordinanza n. 66 del 2005);
        che  l'ordinanza  di rimessione non contiene, difatti, «alcun
riferimento  alle  condizioni  economiche»  dell'attore  nel giudizio
principale,  «ne'  ad  un'eventuale  eccezione svolta dal medesimo in
relazione ad una pretesa incapacita' economica ad assolvere l'obbligo
di  pagamento»  previsto  dalle censurate disposizioni; omissioni che
comportano  «la  inammissibilita'  della  questione  per  difetto  di
motivazione sulla rilevanza» (ordinanza n. 66 del 2005);
        che  e', del pari, manifestamente inammissibile la censura di
violazione  dell'art. 3  della  Costituzione,  prospettata  sotto  il
profilo  del  difetto  di ragionevolezza che connoterebbe l'impugnato
combinato disposto normativo;
        che  tale  doglianza  - a parte il poco comprensibile rilievo
svolto  dal  rimettente,  secondo  cui  «la  sanzione prevista per il
proprietario  del  veicolo non e' riconducibile alla trasgressione di
una specifica norma relativa alla circolazione stradale», giacche' la
sanzione  ex  art. 180,  comma 8,  del codice della strada e' proprio
diretta a reprimere non gia' un'infrazione stradale, bensi' «l'omessa
collaborazione   che   il   cittadino   deve  prestare  all'autorita'
amministrativa  al  fine  di  consentirle di effettuare i necessari e
previsti  accertamenti»  (cosi',  da  ultimo,  Cass.  23 giugno 2005,
n. 13488; nello stesso senso gia' Cass. 5 marzo 2002, n. 3123 e Cass.
20 luglio  2001, n. 9924) - mira a stigmatizzare la equiparazione che
le norme impugnate stabilirebbero tra condotte del tutto differenti;
        che,  difatti,  la  sanzione  pecuniaria  de  qua  colpirebbe
indifferentemente,  secondo  il rimettente, tanto il comportamento di
chi  si  disinteressi  completamente  della richiesta di comunicare i
dati  personali e della patente del conducente, quanto il contegno di
chi,  «presentandosi  o scrivendo», espliciti, invece, le ragioni che
gli  impediscono di ottemperare all'invito a rispondere, fornendo una
giustificazione «legittima e ragionevole»;
        che il rimettente, tuttavia, non ha esplorato la possibilita'
di  pervenire  ad un'interpretazione delle norme impugnate conforme a
Costituzione;
        che  il  giudice a quo, per un verso, ha omesso di verificare
se il rinvio dell'art. 126-bis, comma 2, del codice della strada alla
«sanzione  prevista  dall'art. 180,  comma 8» del medesimo codice non
sia  esteso  anche  ai  presupposti  necessari,  ai sensi della norma
richiamata,  per l'irrogazione di tale sanzione, e dunque se sussista
in concreto un «giustificato motivo»;
        che,  inoltre,  il  giudice  rimettente neppure ha attribuito
rilievo alla circostanza che agli illeciti amministrativi contemplati
dal   codice   della   strada   si  applica  la  disciplina  generale
dell'illecito  depenalizzato  di  cui  alla  legge  24 novembre 1981,
n. 689  (Modifiche al sistema penale), il cui art. 3, nel subordinare
la  responsabilita'  all'esistenza  di un'azione od omissione che sia
«cosciente  e  volontaria»,  ha  inteso,  appunto,  prevedere il caso
fortuito  o  la  forza maggiore quali circostanze idonee ad esonerare
l'agente da responsabilita';
        che, dunque, il rimettente non ha verificato se, alla stregua
di tale duplice argomento ermeneutico (letterale e sistematico), gia'
esista  la possibilita' di discernere il caso di chi, inopinatamente,
ignori del tutto l'invito «a fornire i dati personali e della patente
del  conducente  al  momento della commessa violazione», da quello di
colui  che, «presentandosi o scrivendo», adduca invece l'esistenza di
motivi idonei a giustificare l'omessa trasmissione di tali dati;
        che,  pertanto,  la mancata verifica circa la possibilita' di
giungere  ad un'interpretazione secundum Constitutionem del combinato
disposto delle due norme censurate rende manifestamente inammissibile
la questione sollevata (ordinanze n. 64 e n. 57 del 2006).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.