ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio   di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli 1,
comma 3,  lettera c),  e  comma 5;  2,  comma 1, lettere k) ed o); 3,
comma 1,  lettera c);  16,  commi 1,  6  e  7;  20, comma 1; 21 e 22,
comma 4,  della  legge della Regione Emilia-Romagna 23 dicembre 2004,
n. 26  (Disciplina  della  programmazione  energetica territoriale ed
altre  disposizioni  in materia di energia), promosso con ricorso del
Presidente  del Consiglio dei ministri notificato il 25 febbraio 2005
depositato  in  cancelleria  il 7 marzo 2005 ed iscritto al n. 32 del
registro ricorsi 2005.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;
    Udito nell'udienza pubblica del 21 marzo 2006 il giudice relatore
Ugo De Siervo;
    Uditi  l'avvocato dello Stato Filippo Arena per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato  Giandomenico  Falcon  per la
Regione Emilia-Romagna.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale dello Stato, con atto notificato il
25 febbraio  2005  e  depositato  il successivo 7 marzo, ha impugnato
l'art. 1,   comma 3,   lettera c),   e  comma 5,  l'art. 2,  comma 1,
lettere k) e o), l'art. 3, comma 1, lettera c), l'art. 16, commi 1, 6
e  7,  l'art. 20, comma 1, l'art. 21, l'art. 22, comma 4, della legge
della  Regione  Emilia-Romagna 23 dicembre  2004,  n. 26  (Disciplina
della programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in
materia di energia).
    L'art. 1,  comma 3,  prevede  che «nel perseguire le finalita' di
cui  al  comma 1,  la  Regione e gli enti locali pongono a fondamento
della  programmazione  degli  interventi  di  rispettiva competenza i
seguenti  obiettivi  generali:  [...]  c)  definire  gli obiettivi di
riduzione  delle emissioni inquinanti e climalteranti e assicurare le
condizioni di compatibilita' ambientale, paesaggistica e territoriale
delle attivita' di cui al comma 2».
    Sostiene  il  ricorrente che la compatibilita' ambientale rientra
nella  tutela  dell'ambiente,  assegnata  alla legislazione esclusiva
dello   Stato   dall'art. 117,   secondo   comma,  lettera s),  della
Costituzione.  Le  emissioni  inquinanti  non  avrebbero  rilievo ne'
paesaggistico   ne'  territoriale,  e  dunque  non  sussisterebbe  al
riguardo alcuna competenza regionale.
    Sempre  secondo  quanto  si  espone  nel  ricorso  «se  poi fosse
individuata   una   qualche  competenza  concorrente  della  Regione,
sarebbero  stati violati i principi fissati dalla legge statale», dal
momento  che  l'art. 69, comma 1, lettera e), del decreto legislativo
31 marzo   1998,   n. 112   (Conferimento   di   funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione  del  capo I  della  legge 15 marzo 1997, n. 59), conserva
allo  Stato  la «determinazione di valori limite, standard, obiettivi
di  qualita' e sicurezza e norme tecniche necessari al raggiungimento
di  un  livello  adeguato  di  tutela  dell'ambiente  sul  territorio
nazionale».
    L'art. 1,    comma 5,    della    legge    regionale   impugnata,
nell'individuare  le  fonti  rinnovabili di energia, si discosterebbe
dalla   definizione   di   tali   fonti   contenuta  nella  direttiva
2001/1977/CE  del 27 settembre 2001 (Direttiva del Parlamento europeo
e  del  Consiglio sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da
fonti  energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita),
cosi' violando l'art. 117, primo comma, della Costituzione.
    La   disposizione   regionale   contrasterebbe,   altresi',   con
l'art. 117,   terzo   comma,   della   Costituzione,  in  quanto  non
risulterebbe  adeguata  ai principi fondamentali dettati dallo Stato,
il   quale,   nell'art. 2,   lettera a),   del   decreto  legislativo
29 dicembre  2003,  n. 387  (Attuazione  della direttiva 2001/1977/CE
relativa  alla  promozione  dell'energia  elettrica prodotta da fonti
energetiche   rinnovabili   nel  mercato  interno  dell'elettricita),
emanato  in  attuazione  della  direttiva  2001/1977/CE, avrebbe gia'
individuato   le   fonti  di  energia  rinnovabili.  La  disposizione
censurata,  inoltre,  avrebbe  «sconfinato  nell'ambito  dei principi
fondamentali».
    Con   l'art. 2,   comma 1,  lettera k),  la  Regione  si  sarebbe
attribuita  le  competenze  in  ordine al rilascio dell'intesa di cui
all'art. 1,  comma 1, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 (Misure
urgenti  per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale);
tale  intesa,  invece,  in  base alla suddetta disposizione, dovrebbe
intervenire con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le  Regioni  e  le  Province  autonome di Trento e di Bolzano. In tal
modo,   risulterebbe  violato  il  terzo  comma  dell'art. 117  della
Costituzione,  perche'  la  norma statale richiamata costituirebbe un
principio  fondamentale, in quanto rivolta ad assicurare la fornitura
di energia elettrica su tutto il territorio nazionale.
    La  medesima  disposizione  oggetto di censura, inoltre, richiama
gli  indirizzi definiti dalla Giunta regionale, ai sensi del comma 3,
vale  a  dire  «gli  indirizzi  di  sviluppo  del  sistema  elettrico
regionale   volti   a   garantire,   anche   nel  medio  termine,  il
raggiungimento   ed  il  mantenimento  di  condizioni  di  sicurezza,
continuita'  ed  economicita'  degli  approvvigionamenti in quantita'
commisurata al fabbisogno interno».
    La  norma,  per  questa  parte,  violerebbe  i  principi  fissati
dall'art. 1,  comma 3,  della  legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino
del  settore  energetico,  nonche' delega al Governo per il riassetto
delle   disposizioni   vigenti  in  materia  di  energia),  il  quale
attribuisce   allo   Stato  la  competenza  a  «garantire  sicurezza,
flessibilita'  e  continuita'  degli  approvvigionamenti  di energia»
(lettera a)  e ad «assicurare la economicita' dell'energia offerta ai
clienti finali», e cioe' proprio le finalita' in vista delle quali la
norma impugnata avrebbe assegnato la competenza alla Regione.
    Sarebbe  violato  anche il comma 4, in particolare la lettera d),
della  citata  legge  statale,  che  attribuisce sempre allo Stato le
competenze  per assicurare la adeguatezza delle attivita' energetiche
strategiche  di  produzione,  trasporto  e  stoccaggio in modo che si
raggiungano  standard  di  sicurezza e di qualita' del servizio nella
distribuzione  e  disponibilita'  di  energia  su tutto il territorio
nazionale.
    Sarebbero  infine  violati  anche i commi 7 e 8 dell'art. 1 della
medesima legge n. 239 del 2004 «nelle molteplici disposizioni rivolte
a  garantire,  insieme alla programmazione di settore, l'efficienza e
l'equilibrio della rete nazionale».
    E' impugnato, inoltre, l'art. 2, comma 1, lettera o), della legge
regionale   n. 26   del  2004,  il  quale  attribuisce  alla  Regione
«l'adozione  di  indirizzi di sviluppo delle reti di distribuzione di
energia    e   di   misure   a   sostegno   della   sicurezza   degli
approvvigionamenti per le aree e gli utenti disagiati».
    Ad avviso del ricorrente, tale disposizione contrasterebbe con il
principio  fondamentale  posto  dall'art. 14  del decreto legislativo
23 maggio  2000,  n. 164 (Attuazione della direttiva 98/30/CE recante
norme  comuni  per  il  mercato  interno  del  gas  naturale, a norma
dell'articolo 41  della  legge  17 maggio  1999,  n. 144),  il  quale
attribuisce  agli enti locali l'attivita' «di indirizzo, di vigilanza
e di programmazione e controllo sulle attivita' di distribuzione».
    Inoltre,  l'art. 3,  comma 1,  lettera c),  della legge regionale
assegnando   alle   Province  la  competenza  per  le  autorizzazioni
all'installazione   e   all'esercizio   delle  reti  di  trasporto  e
distribuzione dell'energia, violerebbe anch'esso un principio sancito
dall'art. 14  del  d.lgs.  n. 164  del  2000,  il  quale, al comma 2,
stabilisce che «per enti locali, ai sensi del primo comma, si debbono
intendere i comuni, unioni di comuni e comunita' montane».
    Il   ricorrente   censura,   altresi',   l'art. 16,  della  legge
regionale,  il  quale,  se al comma 6, correttamente attribuisce agli
enti  locali la potesta' regolamentare in ordine alla «organizzazione
ed  allo svolgimento delle funzioni ad essi attribuite ai sensi della
presente  legge»,  tuttavia, al comma 7 dispone che «sino all'entrata
in vigore dei regolamenti locali» anche ai procedimenti autorizzativi
di competenza degli enti locali si applicano i regolamenti regionali.
    La  norma  contrasterebbe  con  l'art. 117,  sesto  comma,  della
Costituzione,  che attribuisce ai comuni la potesta' regolamentare in
ordine  alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle
funzioni  loro  attribuite.  Secondo quanto affermato dalla Corte, il
riparto  del  potere  regolamentare sarebbe strutturato rigidamente e
l'enumerazione tassativa delle competenze porterebbe «ad escludere la
possibilita'  di dettare norme suppletive, da chi non e' titolare del
potere   corrispondente,   in  attesa  che  provveda  chi  ne  ha  la
competenza».
    E'  impugnato  anche l'art. 20, comma 1, della legge regionale il
quale  disciplina  direttamente  la possibilita' di mettere fuori uso
gli  impianti di generazione di energia elettrica superiori a 10 MVA,
in  modo  non  conforme  alla  normativa  statale di principio, cosi'
violando  l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. La messa fuori
uso  degli  impianti,  infatti,  sarebbe  disposta  in funzione della
sicurezza  della rete nazionale e secondo tempi e procedimenti che ne
debbono  garantire  l'equilibrio  e  l'efficienza,  i quali sarebbero
necessariamente di competenza statale in quanto dovrebbero essere gli
stessi    su    tutto    il   territorio   nazionale.   Ed   infatti,
l'art. 1-quinquies   del   decreto-legge   29 agosto   2003,   n. 239
(Disposizioni  urgenti  per  la  sicurezza  e lo sviluppo del sistema
elettrico   nazionale  e  per  il  recupero  di  potenza  di  energia
elettrica),  convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 27 ottobre
2003,  n. 290, disciplina il procedimento di competenza statale a tal
fine necessario.
    L'Avvocatura  censura,  poi,  l'art. 21, della legge regionale il
quale  prevede  la  stipulazione  di  intese  con lo Stato al fine di
assicurare   l'integrazione  ed  il  coordinamento  tra  la  politica
energetica regionale e quella nazionale.
    Il   ricorrente  sostiene  che,  se  alla  norma  dovesse  essere
attribuito  «il solo effetto di autorizzare gli organi regionali alla
stipulazione,    non    sorgerebbero    problemi    di   legittimita'
costituzionale».  Se, invece, la stessa norma fosse interpretata come
disciplina sostanziale della materia, essa sarebbe costituzionalmente
illegittima  per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera g),
«poiche' interferisce sull'ordinamento [...e...] sulla organizzazione
dello Stato ponendo norme di procedimento per l'esercizio di funzioni
statali».
    Essa  violerebbe,  altresi',  il  principio  fondamentale fissato
nell'art. 1,  commi 1  e  2,  del  decreto-legge n. 7 del 2002, «dove
l'intesa e' prevista con la Conferenza permanente per quanto riguarda
la  sicurezza e la garanzia della necessaria copertura del fabbisogno
nazionale,   e   con  la  Regione  interessata  solo  per  i  singoli
procedimenti di autorizzazione».
    Per  ragioni  analoghe  e' impugnato, infine, l'art. 22, comma 4,
della  legge regionale. Secondo il ricorrente, «se il suo effetto non
fosse   solo   quello   di  autorizzare  gli  organi  regionali  alla
stipulazione  delle  intese che vi sono previste, la norma violerebbe
gli    stessi    principi   richiamati   sopra   perche',   incidendo
sull'ordinamento  e  la  organizzazione  dell'Autorita' per l'energia
elettrica  ed il gas, che ha competenza nazionale, attribuirebbe alla
Regione  competenza  in  una  materia che investe l'intero territorio
nazionale,  quale  e'  quella  individuata attraverso il richiamo del
primo  comma  dello  stesso  art. 22,  materia che e' necessariamente
sottratta alla singola Regione».
    2.  -  In prossimita' della data fissata per la pubblica udienza,
la  Regione  Emilia-Romagna  ha  depositato  una  memoria nella quale
contesta  le  censure  formulate  dal  Presidente  del  Consiglio dei
ministri  avverso  talune  disposizioni della propria legge n. 26 del
2004.
    In   particolare,   la  difesa  regionale  sostiene  che  sarebbe
infondata  la  censura  relativa  all'art. 1, comma 3, lettera c) per
violazione  dell'art. 117,  secondo comma, lettera s), e terzo comma,
della  Costituzione  dal  momento  che  la disposizione regionale non
assegnerebbe  alla  Regione il compito di fissare valori-limite delle
emissioni,  ne'  definire condizioni di compatibilita' ambientale, ma
si   limiterebbe   ad  individuare  l'obiettivo  di  riduzioni  delle
emissioni  inquinanti  e  di  assicurare condizioni di compatibilita'
ambientale.
    Inoltre,   secondo   la   costante  giurisprudenza  della  Corte,
l'art. 117,  secondo  comma,  lettera s),  della Costituzione riserva
allo  Stato il potere di fissare standard uniformi di tutela su tutto
il  territorio nazionale, ma non esclude la competenza regionale alla
cura  di  interessi  funzionalmente  collegati  a quelli propriamente
ambientali.  Con la disposizione censurata la Regione, esercitando le
proprie  competenze  in  materia  di  energia,  tutela della salute e
governo del territorio, perseguirebbe anche fini di tutela ambientale
che  integrerebbero  le  finalita'  di  tutela  minima  di competenza
statale.
    D'altra  parte,  alla  riduzione  delle  emissioni  inquinanti  e
climalteranti,  concorrerebbero  «misure  e politiche che sicuramente
rientrano nel campo di iniziativa della Regione e degli enti locali»,
quali, ad esempio, «le azioni di informazione ed educazione in ordine
al  razionale  utilizzo dell'energia; gli strumenti di pianificazione
territoriale ed urbanistica al fine di assicurare il contenimento dei
consumi energetici; i piani urbani del traffico».
    Per  le  medesime  ragioni  sarebbe  infondata  anche  la dedotta
violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
    In ordine alla censura avente ad oggetto l'art. 1, comma 5, della
legge regionale n. 26 del 2004, la Regione sostiene che l'elencazione
delle  fonti  di  energia  rinnovabili contenuta in tale disposizione
corrisponderebbe perfettamente a quella della direttiva 2001/1977/CE,
ad  eccezione  dell'energia  maremotrice,  la quale non sarebbe stata
inclusa nell'elenco regionale in quanto ritenuta compresa all'interno
dell'energia  idraulica  e  del  moto  ondoso.  Pertanto  la  dedotta
violazione  dell'art. 117,  primo  comma,  della Costituzione sarebbe
insussistente.
    Le  stesse  considerazioni  sono  svolte  anche con riguardo alla
elencazione  delle  fonti di energia rinnovabili contenuta nel d.lgs.
n. 387  del  2003,  di  tal  che  anche  la  censura  prospettata per
violazione  dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.  sarebbe  infondata.
Quanto  al  dedotto  «sconfinamento»  dai  principi  fondamentali, si
osserva   che   ben   potrebbe   la  Regione  riprodurre  in  proprie
disposizioni  normative i principi determinati da leggi statali senza
percio' esorbitare dalle proprie competenze.
    Con riguardo, infine, alle ulteriori fonti di energia individuate
dalla legge regionale e assimilate alle fonti rinnovabili, la Regione
osserva  come  esse  riproducano  la  definizione di fonti assimilate
contenuta  nella  legge 9 gennaio 1991, n. 10 (Norme per l'attuazione
del   Piano   energetico   nazionale  in  materia  di  uso  razionale
dell'energia,  di  risparmio  energetico  e  di  sviluppo delle fonti
rinnovabili  di  energia).  L'inclusione, poi, quale ulteriore fonte,
dell'idrogeno,  conseguirebbe  al fatto che l'art. 1, comma 71, della
legge  n. 239  del 2004 avrebbe esteso all'energia elettrica prodotta
dall'utilizzo  di  tale  elemento  il regime di favore accordato alle
altre fonti rinnovabili.
    Inammissibile  sarebbe  la  censura  avente  ad oggetto l'art. 2,
comma 1,  lettera k),  della  legge  regionale,  dal  momento  che il
ricorrente  avrebbe mal interpretato la disposizione regionale. Essa,
infatti,  farebbe  riferimento  «all'unica  intesa  che  nell'art. 1,
decreto-legge n. 7 del 2002 riguarda direttamente la singola Regione,
e  cioe' l'intesa di cui al comma 2», vale a dire l'intesa rilasciata
dalla  singola  Regione  in  relazione ad uno specifico impianto. Non
riguarderebbe,  invece,  l'intesa  di  cui  al  comma 1,  la quale e'
demandata  alla  Conferenza  unificata  ed  e' relativa al fabbisogno
complessivo di impianti a livello nazionale.
    Con  riguardo alla ulteriore censura proposta avverso il medesimo
art. 2,  comma 1, lettera k), laddove richiama gli indirizzi definiti
dalla  Giunta  di  cui  al  comma 3,  secondo  la difesa regionale si
tratterebbe  di  censura  «inammissibile  per  contraddittorieta». Il
ricorrente, infatti, pur contestando la norma che richiama i suddetti
indirizzi,  non  avrebbe  impugnato  il  comma 3 che attribuisce alla
Giunta il potere di definirli. Ne' l'illegittimita' costituzionale di
tale  disposizione  potrebbe  essere  pronunciata dalla Corte facendo
applicazione  dell'art. 27  della  legge  11 marzo 1953, n. 87 (Norme
sulla  costituzione  e sul funzionamento della Corte costituzionale),
dal   momento   che  -  osserva  la  Regione  -  il  comma 3  sarebbe
«norma-presupposto»  rispetto a quella di cui al comma 1, lettera k),
di  modo  tale  che  mancherebbero  «le  condizioni  per annullare il
comma 3 in via di illegittimita' consequenziale».
    La  censura sarebbe comunque infondata in quanto proprio la norma
indicata quale parametro interposto violato, cioe' l'art. 1, comma 3,
della  legge  n. 239  del  2004,  riconoscerebbe  che  tutti gli enti
territoriali  devono  concorrere  al  perseguimento  degli  obiettivi
indicati  dall'art. 2, comma 3, della legge regionale n. 26 del 2004.
D'altra   parte,   la  legge  regionale  attuerebbe  tale  previsione
limitando  l'azione  di  indirizzo della Giunta al sistema energetico
regionale.
    Inoltre,  la  disposizione  impugnata,  a  differenza  di  quanto
sostenuto  dal  ricorrente, prenderebbe in adeguata considerazione il
sistema  nazionale, prescrivendo alla Giunta regionale di tener conto
dello   sviluppo   di  tale  rete.  Del  resto,  a  seguire  la  tesi
dell'Avvocatura,  sostiene  la  Regione, non vi sarebbe alcuno spazio
per  la programmazione regionale, espressamente prevista, invece, sia
dall'art. 29,  comma 1,  del d.lgs. n. 112 del 1998, sia dall'art. 1,
comma 8, della legge n. 239 del 2004.
    Insussistente sarebbe, altresi', la asserita lesione dell'art. 1,
comma 4,   lettera d)   di   tale   legge,  poiche'  essa  «contempla
espressamente  anche  le  Regioni  come  responsabili  del compito di
garantire  l'adeguatezza  delle  attivita' energetiche strategiche di
produzione,  trasporto  e stoccaggio per assicurare adeguati standard
di   sicurezza  e  di  qualita'  del  servizio».  L'art. 2,  comma 1,
lettera k),  della  legge regionale n. 26 del 2004 darebbe attuazione
alla disposizione statale.
    La  difesa regionale sostiene, poi, che la censura concernente la
asserita  violazione dell'art. 1, commi 7 e 8, della legge n. 239 del
2004 sarebbe inammissibile per genericita', dato che l'Avvocatura non
avrebbe   indicato   quali  delle  complesse  disposizioni  contenute
nell'articolo  citato  sarebbero  state  violate.  In  ogni  caso, la
censura  sarebbe infondata poiche' il potere della Giunta di definire
gli  indirizzi di sviluppo del sistema regionale non pregiudicherebbe
le   funzioni   attribuite  allo  Stato  dalla  disposizione  statale
richiamata.
    La censura avente ad oggetto l'art. 2, comma 1, lettera o), della
legge   regionale,  oltre  ad  essere  generica,  sarebbe  infondata.
Infatti,  l'art. 14 del d.lgs. n. 164 del 2000 asseritamente violato,
riguarderebbe  l'affidamento  del  servizio  di distribuzione del gas
naturale  ed  i  rapporti fra enti locali e gestori di tale servizio.
Dunque  avrebbe  un  oggetto  diverso  da  quello  della disposizione
impugnata,  la  quale disciplinerebbe gli indirizzi di sviluppo delle
reti  di distribuzione dell'energia (e non l'indirizzo dell'attivita'
di  distribuzione)  ed  inoltre  si riferirebbe solo al gas naturale,
laddove la norma regionale riguarderebbe genericamente le «reti».
    Inoltre,  la  disposizione  statale  richiamata risalirebbe ad un
periodo  in  cui  le Regioni non avevano competenza costituzionale in
materia di energia.
    Le  medesime  considerazioni  sono svolte dalla Regione anche con
riguardo  alle  censure  concernenti  l'art. 3,  comma 1, lettera c),
della   legge  regionale,  il  quale  attribuisce  alle  Province  la
competenza  a  rilasciare  le  autorizzazioni  alla  installazione ed
esercizio delle reti di trasporto e distribuzione dell'energia. Anche
in tal caso, infatti, la lamentata violazione dell'art. 14 del d.lgs.
n. 164  del  2000  sarebbe  infondata,  dal momento che tale norma si
occuperebbe  solo dell'affidamento del servizio ed avrebbe un oggetto
piu'  limitato  rispetto  alla  disposizione regionale. In ogni caso,
secondo  la giurisprudenza costituzionale, nell'ambito della potesta'
legislativa    concorrente   lo   Stato   potrebbe   solo   prevedere
«l'assegnazione  di  una  funzione amministrativa agli enti locali in
generale,  non  ad un preciso livello istituzionale [...]. Del resto,
la  competenza  della  legge  regionale  ad  assegnare le funzioni ai
diversi  livelli  locali  risulta  chiaramente dall'art. 118, secondo
comma, Cost.».
    La Regione ritiene poi che l'impugnazione dell'art. 16, commi 1 e
6,  della  legge  regionale  sarebbe  inammissibile  dal  momento che
avverso di essi non e' svolta alcuna censura.
    Infondata,   invece,   sarebbe   la  censura  avente  ad  oggetto
l'art. 16, comma 7.
    L'art. 117,  sesto  comma,  della  Costituzione  nelle materia di
competenza  concorrente  e  residuale  attribuisce  alla  Regione  la
potesta'  regolamentare  e  dunque non varrebbe nei suoi confronti il
divieto, che grava invece su chi non sia titolare di tale competenza,
di  dettare  norme regolamentari suppletive. D'altra parte, agli enti
locali non sarebbe «garantita una potesta' regolamentare esclusiva in
determinate  materie»,  ma  soltanto  «un  certo margine di autonomia
normativa in relazione alle funzioni» ad essi attribuite.
    L'art. 16,  commi 6  e  7,  della  legge regionale n. 26 del 2004
rispetterebbe  e  valorizzerebbe  tale  autonomia  degli  enti locali
limitando  il  valore  dei regolamenti regionali al periodo anteriore
all'entrata in vigore dei regolamenti locali.
    La  disposizione  contenuta  nell'art. 20,  comma 1,  della legge
regionale, censurata nella parte in cui disciplina la messa fuori uso
degli  impianti  di  generazione  di  energia  elettrica  di  potenza
nominale  superiore  a  10  MVA,  sarebbe  del  tutto  conforme  alla
normativa  statale  di  cui  all'art. 1-quinquies  del  decreto-legge
n. 239  del  2003, salva la precisazione, in essa contenuta, di quale
sia   l'«amministrazione   competente»   cui   tale  disposizione  si
riferisce. La censura, secondo la difesa regionale, sarebbe infondata
in  quanto  frutto  di un'equivoca interpretazione della disposizione
impugnata, la quale non disciplinerebbe direttamente la materia della
messa  fuori servizio degli impianti, richiamando invece la normativa
statale.
    Ad  analoga  conclusione  perviene  la  Regione con riguardo alla
censura relativa all'art. 21, della legge regionale, il quale prevede
la   stipulazione   di   intese  tra  la  Regione  e  lo  Stato  «per
l'integrazione   ed  il  coordinamento  tra  la  politica  energetica
regionale e nazionale». Tali intese costituirebbero un possibile modo
di   coordinare  le  competenze  statali  e  regionali,  ma  la  loro
previsione  da  parte  della  disposizione  regionale non inciderebbe
sulla  organizzazione  statale  ne'  regolerebbe le funzioni statali.
Neppure  sarebbe violato l'art. 1 del decreto-legge n. 7 del 2002 dal
momento  che  l'art. 21  non  escluderebbe affatto la possibilita' di
stipulare intese diverse rispetto a quelle da esso previste.
    La  censura  avente  ad  oggetto  l'art. 22, comma 4, della legge
regionale  n. 26 del 2004 - il quale prevede che «la Regione promuove
intese  con  l'Autorita' per l'energia elettrica ed il gas al fine di
definire   le   modalita'  organizzative  e  procedimentali  volte  a
coordinare   le   attivita'   di  rispettiva  competenza»  -  sarebbe
innanzitutto   inammissibile  perche'  oscura.  Nel  merito,  sarebbe
infondata   dal   momento   che   la   disposizione   regionale   non
disciplinerebbe  l'organizzazione e le funzioni dell'Autorita', ma si
limiterebbe ad attuare il principio di leale collaborazione.
    Anche  l'Avvocatura  dello  Stato ha depositato una memoria nella
quale ribadisce le censure svolte nel ricorso.
    Osserva  il  ricorrente  che la legge regionale n. 26 del 2004 si
rivolgerebbe  al  sistema  energetico  regionale  presupponendone «la
separabilita'   dal   sistema   nazionale,   tanto  da  poter  essere
disciplinato  in  modo  autonomo da una legge regionale». Ma sarebbe,
tuttavia, necessario verificare che gli interventi su scala regionale
siano  compatibili  con  l'unitarieta'  della  rete e con i possibili
interventi delle altre Regioni.
    Sostiene,  inoltre,  che  la  Regione  per  poter intervenire «in
sovrapposizione»  sulla materia «trasversale» dell'ambiente, dovrebbe
indicare «su quale materia, attribuita alla sua legislazione, intenda
intervenire». Tenuto conto della formulazione dell'art. 1 della legge
regionale  impugnata,  tale materia dovrebbe ravvisarsi in quella del
territorio, di tal che la legge regionale avrebbe potuto disciplinare
solo interventi concernenti le strutture necessarie alla rete, non le
sue  caratteristiche  funzionali  che non avrebbero alcun impatto sul
territorio.
    Il  ricorrente  afferma di non contestare, invece, che la Regione
possa  disciplinare interventi per assicurare un equilibrio tra l'uso
dell'energia  nel  territorio  regionale e l'energia prodotta in tale
ambito.
    Con   specifico   riguardo   all'art. 3,   comma 1,   lettera c),
l'Avvocatura  oltre  a  contestare  che  la disposizione attenga alla
tutela  dell'ambiente, sottratta alla potesta' legislativa regionale,
osserva  che  laddove si ritenesse che l'obiettivo di riduzione delle
emissioni inquinanti rientri nella materia della tutela della salute,
la  Regione si sarebbe dovuta attenere ai principi fondamentali posti
dall'art. 69,  del  d.lgs. n. 112 del 1998 che conserva allo Stato il
potere  di determinare i valori limite e gli standard. La Regione ben
potrebbe  elevarli,  ma  solo  nell'ambito  del  proprio  territorio.
Poiche' l'art. 1 non contiene tale «limitazione o condizione a tutela
degli  interessi  che si spingono al di la' del suo territorio», esso
sarebbe incostituzionale.
    L'Avvocatura, poi, ribadisce, le censure prospettate in relazione
alla   elencazione  delle  fonti  di  energia  rinnovabili  contenuta
nell'art. 1,  comma 5, sostenendo che la Regione non avrebbe avuto la
potesta'  di  individuarle  a  sua  volta e neppure di aggiungerne di
diverse  rispetto  a  quelle  contenute nella direttiva comunitaria e
nella normativa statale.
    Per  quanto attiene agli indirizzi fissati dalla Giunta regionale
ai  sensi dell'art. 2, comma 3, e richiamati dal comma 1, lettera k),
essi sarebbero rivolti alla tutela di interessi regionali senza alcun
raccordo  con  quelli  delle  altre  Regioni  e  dell'intero  Paese e
presupporrebbero   una   configurazione  della  rete  regionale  come
separabile  da  quella  nazionale.  Evidente  sarebbe,  pertanto,  il
pregiudizio  che  la funzionalita' di quest'ultima risentirebbe dalla
disciplina  regionale,  la  quale non si sarebbe attenuta ai principi
fondamentali della materia.
    L'art. 2,    comma 1,    lettera o)    della   legge   regionale,
discostandosi  dalla  previsione di cui all'art. 14 del d.lgs. n. 164
del  2000, il quale affida agli enti locali l'attivita' di indirizzo,
vigilanza   e   programmazione   e   controllo   delle  attivita'  di
distribuzione,  oltre  a  contrastare  con un principio fondamentale,
contrasterebbe  con  il  principio  di  sussidiarieta' di cui sarebbe
espressione   la   disposizione  statale,  violando  «indirettamente»
l'art. 118 della Costituzione.
    Anche  l'art. 3,  comma 1,  lettera c) della legge regionale, che
attribuisce   alle   Province   la   competenza   al  rilascio  delle
autorizzazioni   all'installazione  e  all'esercizio  delle  reti  di
trasporto   e   distribuzione  dell'energia,  contrasterebbe  con  il
principio di sussidiarieta' di cui sarebbe espressione l'art. 14, del
d.lgs.  n. 164  del  2000, il quale avrebbe investito gli enti locali
del   servizio   di   distribuzione   del  gas  naturale.  Dunque  la
disposizione  impugnata  violerebbe non solo l'art. 117, terzo comma,
ma anche l'art. 118 della Costituzione.
    L'art. 20, comma 1, della legge regionale, attraverso il richiamo
all'art. 2,  comma 1,  lettera j), e all'art. 3, comma 1, lettera b),
disciplinerebbe  un  procedimento  diverso  da  quello previsto dalla
legge statale per la messa fuori uso degli impianti di generazione di
energia elettrica, violando cosi' i principi fondamentali.
    Quanto   all'art. 21,  della  legge  regionale,  che  prevede  la
stipulazione di intese con lo Stato, ove esso sia inteso nel senso di
autorizzare  gli  organi  competenti  a  concludere  tali intese, non
presenterebbe profili di incostituzionalita' perche' inciderebbe solo
sull'organizzazione   regionale.Ove,  invece,  rendesse  obbligatoria
l'intesa, la norma sarebbe illegittima.
    L'Avvocatura    individua,   poi,   un   ulteriore   profilo   di
illegittimita' della disposizione, da ravvisarsi nella violazione del
principio    fondamentale    espresso   dall'art. 1,   comma 1,   del
decreto-legge  n. 7  del  2002  il  quale, per evitare il pericolo di
interruzione  della  fornitura  di  energia  elettrica  su  tutto  il
territorio   nazionale,  richiede  l'intesa  in  sede  di  Conferenza
permanente.   La  disposizione  impugnata,  prevedendo  che  l'intesa
intervenga   solo   con  la  Regione  Emilia-Romagna,  violerebbe  un
principio fondamentale della materia.
    Analoghe   considerazioni   sono   infine   svolte  in  relazione
all'art. 22, comma 4.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri ha impugnato
numerose      disposizioni      della     legge     della     Regione
Emilia-Romagna 23 dicembre     2004,    n. 26    (Disciplina    della
programmazione  energetica  territoriale  ed  altre  disposizioni  in
materia  di  energia),  con  la quale la Regione, «in armonia con gli
indirizzi della politica energetica nazionale e dell'Unione europea»,
ha   disciplinato  «gli  atti  di  programmazione  e  gli  interventi
operativi della Regione e degli enti locali in materia di energia, in
conformita'  a  quanto  previsto  dall'art. 117,  comma  terzo, della
Costituzione,  al  fine  di  promuovere  lo  sviluppo sostenibile del
sistema energetico regionale garantendo che vi sia una corrispondenza
tra  energia  prodotta, il suo uso razionale e la capacita' di carico
del territorio e dell'ambiente» (art. 1, comma 1).
    2.  -  Il  ricorrente censura, in primo luogo, l'art. 1, comma 3,
lettera c),  della  legge  regionale. Il comma 3, dell'art. 1 prevede
che  «nel perseguire le finalita' di cui al comma 1, la Regione e gli
enti   locali   pongono   a  fondamento  della  programmazione  degli
interventi  di  rispettiva  competenza i seguenti obiettivi generali:
(...)   c)  definire  gli  obiettivi  di  riduzione  delle  emissioni
inquinanti   e   climalteranti   e   assicurare   le   condizioni  di
compatibilita'   ambientale,   paesaggistica   e  territoriale  delle
attivita'   di   cui   al  comma 2».  Ad  avviso  del  ricorrente  la
disposizione   richiamata   violerebbe   l'art. 117,  secondo  comma,
lettera s),  della  Costituzione,  dal  momento che la compatibilita'
ambientale rientrerebbe nella tutela dell'ambiente, materia assegnata
alla legislazione esclusiva dello Stato. Contrasterebbe, inoltre, con
l'art. 117,  terzo comma, della Costituzione, in quanto violerebbe il
principio  fondamentale  posto dall'art. 69, comma 1, lettera e), del
d.lgs.  31 marzo  1998,  n. 112  (Conferimento  di funzioni e compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione  del  capo I  della  legge 15 marzo 1997, n. 59), il quale
conserva  allo  Stato  la «determinazione di valori limite, standard,
obiettivi  di  qualita'  e  sicurezza  e  norme tecniche necessari al
raggiungimento  di  un  livello  adeguato di tutela dell'ambiente sul
territorio nazionale».
    2.1. - Le questioni non sono fondate.
    L'art. 1,  comma 3,  lettera c),  della legge regionale impugnata
individua  gli  obiettivi  che  la Regione intende porre a fondamento
della  programmazione  degli interventi di competenza propria e degli
enti locali in materia di energia.
    Tali  obiettivi  sono individuati nella riduzione delle emissioni
inquinanti   e   climalteranti   ed  inoltre  nel  garantire  che  lo
svolgimento  delle  attivita'  di  ricerca, coltivazione, produzione,
trasformazione,  stoccaggio,  trasporto  e distribuzione dell'energia
sia   effettuato   in   condizioni   di   compatibilita'  ambientale,
paesaggistica e territoriale.
    La   giurisprudenza  costituzionale  e'  costante  nel  senso  di
ritenere  che  la  circostanza  che  una  determinata  disciplina sia
ascrivibile  alla materia «tutela dell'ambiente» di cui all'art. 117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione, se certamente comporta
il  potere  dello  Stato  di  dettare standard di protezione uniformi
validi  su  tutto  il  territorio nazionale e non derogabili in senso
peggiorativo da parte delle Regioni, non esclude affatto che le leggi
regionali  emanate  nell'esercizio  della potesta' concorrente di cui
all'art. 117,   terzo   comma,   della   Costituzione,  o  di  quella
«residuale» di cui all'art. 117, quarto comma, possano assumere fra i
propri  scopi anche finalita' di tutela ambientale (si vedano, tra le
molte,  le  sentenze  numeri  336  e  232 del 2005; n. 259 del 2004 e
n. 407 del 2002).
    La  disposizione  impugnata  si inserisce senza dubbio nel quadro
della  disciplina  dell'energia  che,  ai  sensi dell'art. 117, terzo
comma,  della  Costituzione,  e' attribuita alla potesta' legislativa
concorrente dello Stato e delle Regioni. Essa, se pure individua, tra
gli  obiettivi  che intende perseguire attraverso i propri interventi
in  campo  energetico, quello di ridurre le emissioni inquinanti e di
assicurare   le   condizioni   di   compatibilita'  ambientale  nello
svolgimento   di   determinate  attivita',  non  invade  l'ambito  di
competenza riservato al legislatore statale dall'art. 117, lettera s)
della  Costituzione  e  non  viola  alcun principio fondamentale, dal
momento  che  non  determina  l'effetto  di derogare agli standard di
protezione  minima  degli equilibri ambientali stabiliti dallo Stato,
ne'   tanto   meno   assegna  alla  Regione  il  compito  di  fissare
valori-limite per le emissioni o standard di protezione dell'ambiente
e del paesaggio.
    D'altra  parte,  come  rileva  la  Regione, alla «riduzione delle
emissioni»  concorrono  misure  e politiche che sicuramente rientrano
anche  nel  campo  proprio  delle  competenze  regionali,  quali,  ad
esempio,  l'azione  di  informazione  ed  educazione per il razionale
utilizzo   dell'energia;   la   elaborazione   degli   strumenti   di
pianificazione  territoriale  e  urbanistica  volte  ad assicurare il
contenimento  energetico;  la  predisposizione  dei  piani urbani del
traffico.
    3.  -  Il  ricorrente  impugna  l'art. 1,  comma 5,  della  legge
regionale n. 26 del 2004, il quale, nell'elencare le fonti di energia
rinnovabili,  violerebbe l'art. 117, primo comma, della Costituzione,
in  quanto  si  sarebbe  discostato  dalla  definizione di tali fonti
contenuta   nella   direttiva   2001/1977/CE  del  27 settembre  2001
(Direttiva  del  Parlamento  europeo e del Consiglio sulla promozione
dell'energia  elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel
mercato  interno  dell'elettricita).  La  disposizione  in questione,
violerebbe, inoltre, l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, sia
in  quanto non risulterebbe adeguata ai principi fondamentali dettati
dallo   Stato,   il   quale  -  nell'art. 2,  lettera a)  del  d.lgs.
29 dicembre  2003,  n. 387  (Attuazione  della Direttiva 2001/1977/CE
relativa  alla  promozione  dell'energia  elettrica prodotta da fonti
energetiche  rinnovabili  nel  mercato  interno  dell'elettricita)  -
avrebbe  individuato  le  fonti di energia rinnovabili, sia in quanto
avrebbe «sconfinato nell'ambito dei principi fondamentali».
    Nella    memoria    depositata   in   prossimita'   dell'udienza,
l'Avvocatura   dello  Stato  sembra,  altresi',  censurare  l'art. 1,
comma 5,  anche  sotto  un  ulteriore profilo, e cioe' in quanto esso
individuerebbe anche fonti energetiche rinnovabili «diverse da quelle
riportate nei principi fondamentali».
    3.1. - Le questioni sono inammissibili.
    Il ricorrente, nel prospettare la violazione dell'art. 117, primo
comma,  della  Costituzione, si limita ad affermare che i due elenchi
di  fonti  rinnovabili  posti a raffronto, cioe' quello comunitario e
quello  regionale,  non  corrispondono,  senza tuttavia individuare i
tratti   concreti   di   questa   mancata  corrispondenza  dai  quali
discenderebbe  la  violazione  del  parametro  evocato; omettendo, in
particolare,  di specificare se l'elenco contenuto nella disposizione
regionale  sia  piu'  o  meno  comprensivo rispetto a quello previsto
dalla   direttiva   2001/1977/CE.  Il  ricorrente,  inoltre,  neppure
specifica  quale  sarebbe l'obbligo comunitario asseritamente violato
dalla disposizione regionale.
    Dall'esame  comparato  della  disciplina  regionale  e  di quella
comunitaria  emerge che la disposizione censurata, nella prima parte,
riproduce  l'elencazione delle fonti di energia rinnovabili contenuta
nella  direttiva (e riprodotta nel d.lgs. n. 387 del 2003), omettendo
tuttavia,   solo   l'energia   «maremotrice».   La  difesa  regionale
giustifica tale esclusione, ritenendo compresa questa fonte in quella
idraulica e del moto ondoso.
    In  realta',  a  prescindere  dalla  considerazione che alla base
della  mancata  previsione di tale fonte energetica e' verosimile che
vi  sia  la  notoria  irrilevanza  del  fenomeno delle maree nel mare
prospiciente  la  Regione  Emilia-Romagna, la censura e' formulata in
modo  del  tutto generico, in contrasto con l'esigenza, ripetutamente
affermata  da  questa  Corte,  che  il  ricorrente  svolga specifiche
argomentazioni  a sostegno delle proprie doglianze (v., tra le molte,
le sentenze n. 51 del 2006, numeri 360 e 336 del 2005).
    Analoghe  considerazioni  valgono  con  riguardo alla prospettata
violazione   dell'art. 117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  dal
momento  che  anche  tale  censura  e'  priva  di  qualsiasi sostegno
argomentativo.  A  cio'  si  aggiunga  che  il  ricorrente neppure ha
individuato   il   principio   fondamentale   del  quale  lamenta  la
violazione,  e  la  cui  specificazione, secondo la giurisprudenza di
questa  Corte,  e' richiesta a pena di inammissibilita' della censura
(v. sentenza n. 73 del 2004).
    Quanto alla censura concernente l'art. 1, comma 5, nella parte in
cui  prevede,  accanto alle fonti di energia rinnovabili, anche fonti
energetiche  assimilate, essa e' stata prospettata per la prima volta
nella  memoria  depositata  in  prossimita'  dell'udienza, risultando
pertanto inammissibile perche' tardivamente formulata.
    4.  -  Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna l'art. 2,
comma 1, lettera k), della legge regionale n. 26 del 2004, in quanto,
nell'attribuire alla Regione il compito di rilasciare l'intesa di cui
all'art. 1,  comma 1, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 (Misure
urgenti  per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale),
convertito  con  modificazioni  nella  legge  9 aprile  2002,  n. 55,
violerebbe   l'art. 117,   terzo   comma,   della   Costituzione.  La
disposizione  censurata,  infatti,  si  porrebbe  in contrasto con il
principio  fondamentale espresso nel citato art. 1 del decreto-legge,
secondo   il  quale  l'intesa  deve  intervenire  con  la  Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano.
    4.1. - La questione non e' fondata.
    L'art. 2,  comma 1,  lettera k),  della legge regionale n. 26 del
2004,  stabilisce  che  «la Regione esercita le funzioni concernenti:
[...]  il rilascio dell'intesa di cui alla legge 9 aprile 2002, n. 55
(Conversione   in   legge,   con   modificazioni,  del  decreto-legge
7 febbraio  2002,  n. 7,  recante  misure  urgenti  per  garantire la
sicurezza  del  sistema  elettrico  nazionale),  in  conformita' agli
indirizzi di cui al comma 3».
    L'art. 1  del  citato  decreto-legge  n. 7  del 2002, al comma 1,
prevede  che,  al  fine  di  evitare  il  pericolo di interruzione di
fornitura  di  energia  elettrica su tutto il territorio nazionale, e
comunque  non  oltre  il  31 dicembre  2003,  «previa  intesa  con la
Conferenza  permanente»,  la costruzione e l'esercizio degli impianti
di  energia  elettrica  di  potenza  superiore  a 300 MW termici, gli
interventi  di  modifica  o  ripotenziamento,  le opere connesse e le
infrastrutture   indispensabili  all'esercizio  degli  stessi,  siano
dichiarati   opere   di   pubblica   utilita'   e   soggetti  ad  una
autorizzazione   unica,  rilasciata  dal  Ministero  delle  attivita'
produttive.
    Il  comma 2, prevede che l'autorizzazione suddetta sia rilasciata
a  seguito  di  un  procedimento  unico  al  quale  prendono parte le
amministrazioni  statali  e  locali  interessate,  «d'intesa  con  la
Regione interessata».
    Dalla  lettura delle disposizioni richiamate, emerge innanzitutto
come   il   ricorrente  muova  da  un'erronea  interpretazione  della
disposizione  impugnata.  A  differenza  di  quanto  prospettato  nel
ricorso,  l'art. 2,  comma 1, lettera k), della legge regionale n. 26
del  2004  si  limita a richiamare genericamente l'intesa di cui alla
legge  n. 55  del  2002  (recte:  del  decreto-legge  n. 7  del 2002,
convertito  nella  legge  n. 55  del  2002),  senza  alcuno specifico
riferimento a quella prevista dal comma 1 dell'art. 1 di tale legge.
    E'  tuttavia  evidente  che  la  disposizione regionale, la' dove
richiama  l'intesa, faccia riferimento a quella prevista dal comma 2,
dell'art. 1  del decreto-legge citato, in quanto si tratta dell'unica
intesa che riguarda direttamente la singola Regione.
    Ma  anche  a ritenere diversamente, interpretando la disposizione
regionale  come  riferita  anche  all'intesa di cui al comma 1, cioe'
all'intesa   con   la   Conferenza  permanente,  la  disposizione  e'
suscettibile   di  un'interpretazione  conforme  a  Costituzione,  in
quanto,  lungi  dall'appropriarsi  del potere di rilasciare l'intesa,
essa si limita a disciplinare i criteri secondo i quali il Presidente
della Regione Emilia-Romagna dovra' esprimere il proprio voto in sede
di Conferenza.
    4.2.  -  L'art. 2,  comma 1, lettera k), e' impugnato anche sotto
ulteriori profili.
    Secondo   il  ricorrente,  esso,  nel  richiamare  gli  indirizzi
definiti dalla Giunta regionale ai sensi del comma 3, vale a dire gli
«indirizzi  di  sviluppo  del  sistema  elettrico  regionale  volti a
garantire,   anche   nel  medio  termine,  il  raggiungimento  ed  il
mantenimento  di condizioni di sicurezza, continuita' ed economicita'
degli  approvvigionamenti  in  quantita'  commisurata  al  fabbisogno
interno»,  violerebbe l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. La
disposizione  regionale,  infatti,  si  porrebbe  in  contrasto con i
principi   fondamentali  di  cui  all'art. 1,  comma 3,  della  legge
23 agosto  2004,  n. 239  (Riordino  del  settore energetico, nonche'
delega  al  Governo  per  il  riassetto delle disposizioni vigenti in
materia  di energia), il quale attribuisce allo Stato la competenza a
«garantire    sicurezza,    flessibilita'    e    continuita'   degli
approvvigionamenti  di  energia»  (lettera a)  e  ad  «assicurare  la
economicita' dell'energia offerta ai clienti finali», e cioe' proprio
le  finalita' in vista delle quali la norma impugnata assegnerebbe la
competenza alla Regione.
    L'art. 2,  comma 1,  lettera k), violerebbe, inoltre, l'art. 117,
terzo  comma,  della Costituzione, in quanto si porrebbe in contrasto
con  i  principi  fondamentali  di  cui  all'art. 1, comma 4, - e, in
particolare,  alla  lettera d)  -  della  citata  legge  statale, che
«attribuisce   sempre   allo   Stato»  la  competenza  ad  assicurare
«l'adeguatezza delle attivita' energetiche strategiche di produzione,
trasporto  e stoccaggio per assicurare adeguati standard di sicurezza
e   di   qualita'   del   servizio  nonche'  la  distribuzione  e  la
disponibilita' di energia su tutto il territorio nazionale».
    La  disposizione  impugnata, infine, violerebbe l'art. 117, terzo
comma,  della  Costituzione,  dal  momento  che  contrasterebbe con i
principi  fondamentali  posti  dall'art. 1, commi 7 e 8, della citata
legge  statale,  «nelle  molteplici disposizioni rivolte a garantire,
insieme  alla  programmazione di settore, l'efficienza e l'equilibrio
della rete nazionale».
    4.3.  -  Innanzitutto  deve  essere dichiarata l'inammissibilita'
della censura prospettata in relazione all'art. 1, commi 7 e 8, della
legge  n. 239  del 2004, dal momento che essa e' formulata in termini
del tutto generici e non contiene alcuna specificazione di quali, tra
le  molteplici  disposizioni contenute nella norma statale, sarebbero
state  violate.  Valgono  al  riguardo  le  considerazioni  svolte al
precedente paragrafo 3.1.
    4.4. - Le restanti questioni non sono fondate.
    Il  ricorrente  muove da una lettura della disposizione regionale
impugnata  secondo  la  quale,  nel  fare  riferimento al «fabbisogno
interno   regionale»   senza   considerare   quello  nazionale,  essa
presupporrebbe che la rete regionale operi autonomamente, non tenendo
conto del quadro nazionale e delle esigenze della rete unica.
    In realta', la disposizione censurata richiama l'art. 2, comma 3,
della medesima legge regionale, il quale prevede espressamente che la
Giunta  regionale,  nel  predisporre  gli  indirizzi  di sviluppo del
sistema  elettrico regionale, tenga conto, tra l'altro, proprio dello
sviluppo della rete nazionale.
    Inoltre,  lo  stesso  art. 2,  comma 3,  a  differenza  di quanto
sostenuto  dal  ricorrente,  sembra dare attuazione alle disposizioni
statali   evocate   dal   ricorrente   come   parametro   interposto.
Innanzitutto,  le finalita' che devono essere perseguite dalla Giunta
regionale  nella  determinazione  degli  indirizzi  di  sviluppo  del
sistema elettrico regionale sono proprio gli obiettivi generali della
politica  energetica  del  Paese, individuati dall'art. 1 della legge
n. 239  del  2004 ed il cui conseguimento, secondo tale disposizione,
deve  essere assicurato sulla base dei principi di sussidiarieta', di
differenziazione,  di adeguatezza e di leale collaborazione sia dallo
Stato,  che  dalle  Regioni  che  dagli enti locali (art. 1, comma 3,
della legge n. 239 del 2004).
    Anche  la  asserita violazione del principio sancito dall'art. 1,
comma 4,  lettera d),  della  legge  n. 239  del  2004,  e'  priva di
fondamento. Tale disposizione, infatti, assegna non solo allo Stato -
come  sostenuto  dal ricorrente - ma espressamente anche alle Regioni
il  compito  di  garantire  l'adeguatezza delle attivita' energetiche
strategiche  di  produzione,  trasporto  e  stoccaggio per assicurare
adeguati standard di sicurezza e di qualita' del servizio.
    La disposizione regionale impugnata, pertanto, non solo non e' in
contrasto  con  i  principi  fondamentali  della  materia,  ma, anzi,
costituisce  specifica  attuazione  di  quanto  previsto  dalla norma
statale,   sia  pure  con  limitato  riferimento  al  proprio  ambito
naturale, e cioe' a quello relativo al sistema elettrico regionale.
    5. - E', altresi', impugnato l'art. 2, comma 1, lettera o), della
legge  regionale  n. 26  del  2004, il quale attribuisce alla Regione
«l'adozione  di  indirizzi di sviluppo delle reti di distribuzione di
energia    e   di   misure   a   sostegno   della   sicurezza   degli
approvvigionamenti per le aree e gli utenti disagiati».
    Il  ricorrente  lamenta  che tale disposizione contrasterebbe con
l'art. 117,   terzo   comma,  della  Costituzione,  dal  momento  che
violerebbe   il   principio   fondamentale   posto  dall'art. 14  del
decreto-legislativo   23 maggio   2000,   n. 164   (Attuazione  della
direttiva  98/30/CE  recante  norme comuni per il mercato interno del
gas  naturale,  a  norma dell'articolo 41 della legge 17 maggio 1999,
n. 144),  il  quale  attribuisce  agli  enti  locali  l'attivita' «di
indirizzo,  di  vigilanza  e  di  programmazione  e  controllo  sulle
attivita' di distribuzione».
    Nella    memoria    depositata   in   prossimita'   dell'udienza,
l'Avvocatura  ha,  altresi', censurato la disposizione in esame anche
in  relazione  all'art. 118  della  Costituzione per contrasto con il
principio  di  sussidiarieta'  di  cui  sarebbe  espressione la norma
statale richiamata.
    5.1. - Le questioni sono inammissibili.
    Dal semplice raffronto della disposizione regionale censurata con
quella  statale  richiamata  dal  ricorrente,  emerge  che esse hanno
ambiti di applicazione ed oggetti diversi.
    Il  d.lgs.  n. 164  del  2000, evocato dal ricorrente a parametro
interposto, disciplina una specifica fonte energetica, e cioe' il gas
naturale, in attuazione della normativa europea di cui alla direttiva
98/30/CE.
    La  disposizione  regionale censurata, invece, si riferisce, alle
reti  di  distribuzione  dell'energia  senza altra specificazione, di
modo   che  essa  deve  intendersi  riferita  alle  reti  concernenti
qualunque fonte energetica.
    Inoltre,   l'art. 14   del  d.lgs.  n. 164  del  2000  disciplina
l'affidamento   da   parte   degli   enti  locali  dell'attivita'  di
distribuzione  del  gas,  qualificata come servizio pubblico, e, piu'
precisamente,  i rapporti tra gli enti locali e i soggetti affidatari
del  servizio,  disponendo  appunto  che  gli  enti  locali  svolgono
attivita'   di  indirizzo,  di  vigilanza,  di  programmazione  e  di
controllo sulle attivita' di distribuzione.
    L'art. 2,  comma 1,  lettera o), della legge regionale impugnata,
invece,  ha  ad  oggetto  la  determinazione  degli  obiettivi  della
politica   energetica  con  riguardo  allo  sviluppo  delle  reti  di
distribuzione,   ed  anche  in  relazione  alle  esigenze  locali  di
garantire    lo    scopo    sociale    del    servizio,   assicurando
l'approvvigionamento delle aree e degli utenti disagiati.
    Il  parametro interposto evocato dall'Avvocatura risulta, dunque,
inconferente   rispetto   alla   norma  impugnata  e  rende  pertanto
inammissibile la questione sollevata nel ricorso.
    Parimenti  inammissibile  e'  la censura prospettata in relazione
all'art. 118 della Costituzione, in quanto formulata tardivamente.
    6.   -  Il  ricorrente  ha  impugnato  anche  l'art. 3,  comma 1,
lettera c), della legge regionale in questione, il quale assegna alle
Province    la    competenza   al   rilascio   delle   autorizzazioni
all'installazione   e   all'esercizio   delle  reti  di  trasporto  e
distribuzione dell'energia.
    Lo  Stato lamenta la violazione dell'art. 117, terzo comma, della
Costituzione,   stante   il   contrasto   con   il   principio  posto
dall'art. 14, comma 2, del d.lgs. n. 164 del 2000, ai sensi del quale
«per  enti  locali,  ai sensi del primo comma, si debbono intendere i
comuni,  unioni  di  comuni  e  comunita'  montane» e, dunque, non le
Province.
    Nella  successiva  memoria  l'Avvocatura  ha  prospettato,  quale
ulteriore  profilo  di  illegittimita'  della  norma,  la  violazione
dell'art. 118 della Costituzione e del principio di sussidiarieta' di
cui  sarebbe  espressione la disposizione statale evocata a parametro
interposto.
    Anche  tale  questione  e' inammissibile, per le medesime ragioni
sopra evidenziate.
    Il  parametro  evocato,  anche in questo caso, non e' pertinente,
dal  momento  che  il  d.lgs.  n. 164 del 2000 disciplina solo il gas
naturale  e,  soprattutto,  in  quanto  l'art. 14  del citato decreto
regola l'affidamento del servizio di distribuzione del gas, mentre la
disposizione regionale si riferisce all'installazione e all'esercizio
delle reti di trasporto e distribuzione dell'energia.
    Inammissibile  e'  altresi'  la  questione formulata in relazione
all'art. 118  della  Costituzione,  trattandosi  di  censura proposta
tardivamente.
    7.  -  Anche l'art. 16, commi 1, 6 e 7, della legge della Regione
Emilia-Romagna n. 26 del 2004 e' oggetto di impugnazione da parte del
Governo.
    Il   comma 1  di  tale  disposizione  stabilisce  che  la  Giunta
regionale  «emana,  entro  dodici  mesi  dall'entrata in vigore della
presente  legge,  uno  o  piu'  regolamenti  volti  a disciplinare le
procedure   autorizzative   di  propria  competenza».  Ai  sensi  del
successivo   comma 6,   «gli   enti   locali   esercitano  il  potere
regolamentare in ordine alla organizzazione ed allo svolgimento delle
funzioni ad essi attribuite ai sensi della presente legge», mentre il
comma 7  prevede che fino a quando tali regolamenti non siano entrati
in  vigore,  anche  ai procedimenti autorizzativi di competenza degli
enti  locali si applichino i regolamenti regionali di cui al comma 1,
i  quali cesseranno di avere efficacia non appena entrino in vigore i
regolamenti locali.
    Il  ricorrente  lamenta che le suddette disposizioni violerebbero
l'art. 117,  sesto comma, della Costituzione, il quale attribuendo ai
comuni   la   potesta'   regolamentare   in  ordine  alla  disciplina
dell'organizzazione  e  dello  svolgimento delle funzioni attribuite,
escluderebbe che la Regione possa dettare norme suppletive.
    Occorre,    preliminarmente,   osservare   che,   benche'   siano
espressamente  impugnati anche i commi 1 e 6 dell'art. 16, le censure
del  ricorrente  si appuntano unicamente sul comma 7 ed e' pertanto a
tale  disposizione  che  deve  intendersi  circoscritta  la questione
sollevata.
    7.1. - La questione e' fondata.
    Conformemente   al  dettato  dell'art. 117,  sesto  comma,  della
Costituzione,  l'art. 16,  comma 6,  della  legge impugnata riconosce
agli enti locali il potere regolamentare concernente l'organizzazione
e  lo  svolgimento  delle  funzioni  che  la medesima legge regionale
attribuisce loro in materia di energia; tuttavia, quanto disposto dal
successivo comma 7 illegittimamente contraddice questa normativa.
    Infatti,  la disposizione impugnata in realta' amplia, seppure in
via  suppletiva, l'oggetto del regolamento quale definito dal comma 1
dell'art. 16  («disciplinare  le  procedure  autorizzative di propria
competenza»),  estendendolo  alla  disciplina  dell'organizzazione  e
dell'esercizio  delle funzioni attribuite ai comuni e agli altri enti
locali territoriali.
    Tuttavia,  se  il legislatore regionale nell'ambito delle proprie
materie  legislative  dispone discrezionalmente delle attribuzioni di
funzioni  amministrative  agli  enti  locali, ulteriori rispetto alle
loro  funzioni  fondamentali, anche in considerazione dei principi di
sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza di cui al primo comma
dell'art. 118 della Costituzione, non puo' contestualmente pretendere
di  affidare ad un organo della Regione - neppure in via suppletiva -
la  potesta'  regolamentare  propria  dei  comuni o delle Province in
riferimento  a quanto attribuito loro dalla legge regionale medesima.
Nei  limiti, infatti, delle funzioni attribuite dalla legge regionale
agli  enti  locali,  solo  quest'ultimi  possono - come espressamente
affermato  nell'ultimo  periodo del sesto comma dell'art. 117 Cost. -
adottare  i  regolamenti relativi all'organizzazione ed all'esercizio
delle funzioni loro affidate dalla Regione.
    La   previsione   oggetto   di   censura   non  potrebbe  neppure
giustificarsi  nell'ambito  dei  poteri  sostitutivi  ordinari  della
Regione sugli enti locali; ammesso, infatti, che i poteri sostitutivi
siano configurabili in relazione ai regolamenti degli enti locali, si
tratterebbe   comunque,   nel   caso  di  specie,  di  un  intervento
preventivo,  configurato  oltretutto  in  assenza  di  una  qualunque
ipotesi  di  inadempimento  da  parte dell'ente locale rispetto ad un
obbligo  a  provvedere,  come  e'  confermato  sia  dal  primo  comma
dell'art. 16,  che  prevede  un termine di dodici mesi per l'adozione
degli stessi regolamenti regionali, sia dal quarto comma dello stesso
art. 16,  che  prevede  che  in  attesa dei regolamenti regionali «si
applichino le norme e le procedure vigenti».
    8.  - Il ricorrente impugna, poi, l'art. 20, comma 1, della legge
della  Regione Emilia-Romagna n. 26 del 2004, il quale, nel prevedere
direttamente  la  possibilita'  di  mettere fuori uso gli impianti di
generazione  di  energia  elettrica  superiori  a  10 MVA, violerebbe
l'art. 117,   terzo   comma,   della  Costituzione.  La  disposizione
censurata,  infatti,  ad  avviso  dell'Avvocatura,  disciplinerebbe i
criteri  di  messa  fuori  servizio dei suddetti impianti in modo non
conforme alla normativa statale, la quale soltanto sarebbe competente
a  determinarli, dovendo esserne assicurata l'omogeneita' su tutto il
territorio  nazionale  al  fine  di garantire la sicurezza della rete
nazionale.
    8.1. - La questione non e' fondata.
    L'art. 20,  che  disciplina  le  condizioni  di  esercizio  degli
impianti,  al  comma 1  stabilisce:  «Gli  impianti di generazione di
energia  elettrica  di  potenza  nominale  maggiore  di  10  MVA sono
mantenuti  in  stato  di  perfetta  efficienza  dai proprietari o dai
titolari  dell'autorizzazione  e possono essere messi definitivamente
fuori    servizio    secondo    termini   e   modalita'   autorizzati
dall'Amministrazione   competente   ai  sensi  dell'art. 2,  comma 1,
lettera j),   e  dell'art. 3,  comma 1,  lettera b),  secondo  quanto
disposto dall'art. 1-quinquies della legge 27 ottobre 2003, n. 290».
    L'art. 1-quinquies    della   legge   27 ottobre   2003,   n. 290
(Conversione  in  legge,  con modificazioni, del d.l. 29 agosto 2003,
n. 239,  recante  disposizioni  urgenti  per la sicurezza del sistema
elettrico   nazionale  e  per  il  recupero  di  potenza  di  energia
elettrica.  Deleghe  al  Governo  in  materia  di remunerazione della
capacita'  produttiva  di  energia  elettrica e di espropriazione per
pubblica  utilita),  a  sua  volta,  dispone  che  «gli  impianti  di
generazione  di  energia elettrica di potenza nominale maggiore di 10
MVA  sono mantenuti in stato di perfetta efficienza dai proprietari o
dai    titolari    dell'autorizzazione   e   possono   essere   messi
definitivamente   fuori   servizio   secondo   termini   e  modalita'
autorizzati  dall'Amministrazione  competente, su conforme parere del
Ministero  delle  attivita'  produttive,  espresso sentito il gestore
della rete di trasmissione nazionale in merito al programma temporale
di messa fuori servizio».
    Anche  tale  disposizione,  dunque,  fa riferimento, per la messa
fuori  servizio degli impianti, a quelli di potenza nominale maggiore
di  10  MVA  e  prevede  che  essa  sia  autorizzata  dall'«autorita'
competente», senza ulteriori specificazioni.
    La   legge  regionale,  nell'impugnato  art. 20,  individua  tale
autorita'  innanzitutto  in  quella  indicata  dall'art. 2,  comma 1,
lettera j),  e  cioe'  la  Regione  che,  ai  sensi  di  tale  ultima
disposizione,   e'   competente   a   rilasciare   le  autorizzazioni
concernenti  gli  «impianti  di  produzione  di  energia  di  potenza
superiore  a  50  MW  termici  alimentati  da  fonti  convenzionali e
rinnovabili».  Tale  articolo, peraltro, fa salve, espressamente, «le
competenze   riservate  allo  Stato  dalle  disposizioni  legislative
vigenti».
    L'art. 20   della   legge  regionale,  inoltre,  individua  quale
autorita'  competente  anche  quella  indicata  dall'art. 3, comma 1,
lettera b),  e  cioe'  le  Province,  le quali provvedono al rilascio
delle   autorizzazioni   «all'installazione   e  all'esercizio  degli
impianti   di  produzione  di  energia  previste  dalla  legislazione
vigente, non riservate alle competenze dello Stato e della Regione».
    Per  il  resto,  l'art. 20  della  legge regionale n. 26 del 2004
richiama   «quanto  disposto  dall'articolo 1-quinquies  della  legge
27 ottobre  2003, n. 290». Tale richiamo deve intendersi operato alla
necessita'  del  previo  parere conforme del Ministro delle attivita'
produttive,  espresso  dopo  aver  sentito  il  Gestore della rete di
trasmissione nazionale.
    Dagli  elementi  evidenziati  emerge  che  l'art. 20  della legge
regionale  impugnata  fa  riferimento  unicamente  agli  impianti  di
produzione  di  energia  che  rientrano  nell'ambito delle competenze
provinciali e regionali, mentre fa espressamente salve «le competenze
riservate allo Stato dalle disposizioni legislative vigenti» (art. 2,
comma 1, lettera j).
    Dunque  essa  non  prevede  alcun  criterio  per  la  messa fuori
servizio  degli  impianti  limitandosi  solo  a specificare quale sia
l'autorita' competente al riguardo.
    9.   -   E'   impugnato   l'art. 21  della  legge  della  Regione
Emilia-Romagna  n. 26  del  2004,  il  quale  prevede che «la Regione
stipula  con  lo Stato intese al fine di assicurare l'integrazione ed
il  coordinamento  tra  la politica energetica regionale e nazionale,
concorrere  ad elevare la sicurezza, l'affidabilita' e la continuita'
degli  approvvigionamenti  in  quantita'  commisurata  al  fabbisogno
energetico regionale, garantire l'esercizio coordinato delle funzioni
di  rispettiva competenza, sulla base dei principi di sussidiarieta',
differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione».
    Sostiene  l'Avvocatura  dello  Stato  che  tale disposizione, ove
fosse   interpretata   come  disciplina  sostanziale  della  materia,
violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione,
«poiche'  interferisce  sull'ordinamento e sulla organizzazione dello
Stato  ponendo  norme  di  procedimento  per  l'esercizio di funzioni
statali».   Violerebbe   altresi'   l'art. 117,  terzo  comma,  della
Costituzione,  ponendosi  in  contrasto con il principio fondamentale
fissato  nell'art. 1,  commi 1  e 2, del decreto-legge n. 7 del 2002,
«dove  l'intesa  e'  prevista con la Conferenza permanente per quanto
riguarda  la  sicurezza  e la garanzia della necessaria copertura del
fabbisogno nazionale, e con la Regione interessata solo per i singoli
procedimenti di autorizzazione».
    9.1. - Le questioni non sono fondate.
    Proprio  il  tenore  letterale dell'art. 21 della legge regionale
n. 26  del  2004 esclude che esso imponga allo Stato il compimento di
determinate  attivita',  e,  in  particolare,  la  stipulazione delle
intese  da  essa  previste.  La  disposizione  impugnata, infatti, si
rivolge   unicamente   alla   Regione,  mentre  non  contiene  alcuna
disciplina  unilaterale  di  funzioni statali (v. sentenza n. 429 del
2004).
    Priva  di  fondamento e' anche la asserita violazione dell'art. 1
del  decreto-legge  n. 7  del  2002, il quale, come si e' visto sopra
(paragrafo   4.1),   disciplina   specificamente   la  costruzione  e
l'esercizio  degli impianti di energia elettrica di potenza superiore
a  300  MW  termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, le
opere connesse e le infrastrutture indispensabili all'esercizio degli
stessi,  prevedendo la stipula di una previa intesa con la Conferenza
permanente.
    La  disposizione  regionale ha, invece, un ambito di applicazione
diverso  e  piu'  ampio  rispetto  alla  norma  statale,  riferendosi
genericamente  alle  intese  che  la  Regione  potra'  stipulare  per
finalita'  di integrazione e coordinamento della politica regionale e
nazionale   in   materia   di   energia,   per  garantire  sicurezza,
affidabilita' e continuita' degli approvvigionamenti e per assicurare
l'esercizio coordinato delle diverse funzioni.
    Non  e'  pertanto  configurabile  alcuna  violazione dei principi
fondamentali della materia.
    10.  -  Infine,  e'  censurato  l'art. 22,  comma 4,  della legge
regionale,  il  quale  dispone  che  «la  Regione promuove intese con
l'Autorita'  per l'energia elettrica ed il gas al fine di definire le
modalita'  organizzative  e  procedimentali  volte  a  coordinare  le
attivita'  di  rispettiva competenza riferite agli obblighi di cui al
comma 1,  anche  attraverso  lo scambio di informazioni riguardo alle
inottemperanze riscontrate ed alle sanzioni applicate».
    Sostiene  il  ricorrente  che tale disposizione, ove interpretata
nel   senso   di   incidere  «sull'ordinamento  e  la  organizzazione
dell'Autorita'  per  l'energia elettrica ed il gas, che ha competenza
nazionale»,  violerebbe  l'art. 117, secondo comma, lettera g), della
Costituzione,  poiche'  attribuirebbe alla Regione competenza «in una
materia  che  investe  l'intero  territorio nazionale, qual e' quella
individuata  attraverso  il  richiamo  del  primo  comma dello stesso
art. 22,  materia  che  e'  necessariamente  sottratta  alla  singola
Regione».
    10.1. - La questione non e' fondata.
    A   prescindere,   infatti,   da   una   certa   oscurita'  delle
argomentazioni   svolte   dal   ricorrente,   valgono   le   medesime
considerazioni svolte al paragrafo 9, dal momento che la disposizione
impugnata   non   incide   sull'ordinamento   e   sull'organizzazione
dell'Autorita'  per l'energia elettrica, limitandosi a contemplare un
potere della Regione di sollecitare la conclusione di intese con tale
Autorita'.