IL GIUDICE DI PACE Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento di convalida n. 1624/05 R.G., parte sig. Savin Tudorel Ionut. Il dott. Maurizio Giovanforte, addetto all'Ufficio stranieri del Giudice di pace di Roma, rilevata la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 7, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, cosi' come modificato dalla legge 12 novembre 2004, n. 27l, per contrasto con gli artt. 3, 13 e 24, secondo comma, della Costituzione della Repubblica italiana, nella parte in cui non contempla che al momento dell'emissione del decreto prefettizio di espulsione sia prevista la nomina di un difensore di ufficio iscritto ne1le liste speciali; Solleva censura sotto il profilo della legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 7, decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, per i seguenti motivi. L'art. 13, comma 7, della «Bossi Fini» si pone in contrasto con principi cardine del nostro ordinamento ed in particolare con le previsioni dettate dagli artt. 3, 13 e 24, secondo comma Cost. L'argomento sottoposto all'attenzione di codesta illustrissima Corte si pone su un piano di tutela sostanziale dei diritti degli stranieri extracomunitari. Viene in considerazione il principio affermato dalla giurisprudenza costituzionale secondo cui il controllo di legittimita' delle norme che incidono su valori, come la liberta' personale, che la Costituzione garantisce come diritti inviolabili dell'Uomo, sia esso cittadino o straniero, deve avvenire in modo da garantire che il sacrificio sia giustificato dall'effettiva realizzazione di altri valori costituzionali, o non vada incontro a ostacoli insormontabili costituiti dalla protezione di altri valori costituzionali (sent. Corte cost. n. 58 del 1995). Le censure mosse riguardano, infatti, le garanzie che circondano l'adozione del provvedimento di espulsione, le quali possono produrre conseguenze rilevanti su diritti fondamentali dei cittadini stranieri. L'art. 13 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), cosi' come modificato dal decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, convertito in legge 12 novembre 2004, n. 271, stabilisce, al comma 2, lett. b), che l'espulsione dello straniero e' disposta dal Prefetto qualora la persona si sia trattenuta «nel territorio dello Stato senza aver chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno e' stato revocato o annullato, ovvero e' scaduto da piu' di sessanta giorni e non e' stato chiesto il rinnovo»; mentre, al comma 3, che «l'espulsione e' disposta in ogni caso con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato». L'espulsione viene eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (art. 13, comma 4, decreto legislativo cit.). Il questore e' tenuto a comunicare immediatamente e, comunque, entro le quarantotto ore dalla sua adozione, al giudice di pace territorialmente competente il provvedimento con il quale e' disposto l'accompagnamento alla frontiera (art. 13, comma 5-bis, decreto legislativo cit.). Il decreto rimane sospeso fino alla decisione sulla convalida. Soltanto all'udienza all'uopo disposta e' prevista la partecipazione necessaria di un difensore; tuttavia, nelle more del procedimento finalizzato alla convalida, «lo straniero espulso e' trattenuto in uno dei centri di permanenza temporanea ed assistenza di cui all'art. 14» (artt. 13, comma 5-bis e 14 del decreto legislativo cit.). Nell'ambito del predetto quadro normativo, a parere di questo giudice, la previsione contenuta nell'art. 13, comma 7, decreto legislativo cit., viola, in primo luogo, il diritto alla difesa (art. 24, secondo comma, Cost.) laddove non prevede, tra gli elementi di garanzia, l'indicazione nominativa di un difensore, non essendo sufficiente a tal fine la mera informativa del diritto di essere assistito da un difensore di fiducia. E' ben vero che la normativa introdotta nel 1998, nell'ambito delle attivita' preordinate all'emissione del decreto di espulsione, prevede a carico dell'amministrazione una serie di obblighi la cui inosservanza viene sanzionata con la nullita' del provvedimento medesimo, ma nulla dice in ordine alla nomina di un difensore determinato. La lacuna normativa impone l'intervento della eccellentissima Corte, non essendo dubitabile che il grado di civilta' del nostro ordinamento giuridico si misura proprio in relazione alle garanzie difensive poste a salvaguardia dei diritti di rilevanza costituzionale riconosciuti a chiunque, cittadino o straniero, risulti destinatario di un provvedimento limitativo o comunque restrittivo della liberta' personale (art. 13 Cost.). La lesione del diritto alla difesa del cittadino straniero si accentua considerando in modo particolare gli effetti del provvedimento di espulsione e di quelli connessi. Secondo la giurisprudenza costituzionale piu' recente, i provvedimenti di allontanamento producono limitazioni alla liberta' di circolazione e soggiorno dello straniero nonche' restrizioni della liberta' personale particolarmente incisivi. Compressioni che si sostanziano nell'obbligo di lasciare il territorio dello Stato, nel divieto di farvi rientro per un determinato numero di anni ovvero, nelle ipotesi piu' frequenti, nell'accompagnamento coattivo alla frontiera o, se cio' e' impossibile, nella permanenza nei centri di assistenza disponibili a riceverlo ove il trattenuto rimane, in condizioni di privazione della propria liberta' di movimento per trenta giorni, prorogabili per ulteriori trenta. La misura del trattenimento pur trattandosi di misura incisiva sullo status libertatis (Corte cost., 10 aprile 2001, n. 105) riceve, solamente nel successivo giudizio di convalida, un controllo giurisdizionale munito delle garanzie difensive. Infatti, nell'ottica di un piu' ampio riconoscimento delle garanzie a favore dello straniero, sia pur irregolare, le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza costituzionale (sent. Corte cost. n. 222 del 2004), sono state recepite dal legislatore che ha introdotto la disposizione secondo la quale il provvedimento di accompagnamento coattivo alla frontiera «e' sospeso fino alla decisione sulla convalida». Solo in questa ultima sede, e dunque tardivamente, viene prevista la partecipazione necessaria di un difensore (art. 13, comma 5-bis, decreto legislativo cit.). Nulla e' previsto in ordine alla presenza difensiva nel momento iniziale dell'intera procedura rappresentato dall'emissione del decreto di espulsione redatto dall'autorita' prefettizia. Sotto questo profilo, non si ritiene sufficiente l'indicazione contenuta nel relativo modulo prestampato il quale reca la formula contenente la menzione di un generico diritto ad essere assistito da un difensore di fiducia. Ne' vale richiamare il disposto dell'art. 13, comma 8, del citato decreto legislativo, giacche' tale previsione si ricollega ad una futura ed eventuale possibilita' di tutela, e cioe' quella di proporre gravame avverso il decreto del Prefetto. Non si puo' ragionevolmente pretendere che l'effettivita' del diritto alla difesa resti confinato nel successivo giudizio di convalida dal momento che in questa sede si ritiene gia' verificata e perfezionata la lesione denunciata. A parere del rimettente la mancata previsione dell'indicazione di un difensore nel decreto di espulsione non solo resta avulsa dalle logiche costituzionali ma svilisce in modo apprezzabile le garanzie proprie dello Stato di diritto. La normativa che occupa impone, per la molteplicita' e la conflittualita' dei diritti e degli interessi coinvolti, un'opera interpretativa atta ad ancorare a solide garanzie la procedura coattiva in esame, affinche' l'esercizio del diritto di difesa assurga ad effettiva realta' anche nella dinamica espulsiva. Vero e' che la lesione del diritto alla difesa si manifesta allorquando il Prefetto emette il provvedimento di espulsione, dal momento che, nello stesso, manca il nome del difensore al quale l'atto deve essere notificato, e cio' in considerazione degli effetti immediatamente lesivi prodotti nella sfera di liberta' dello straniero. In quest'ottica le garanzie difensive previste in sede di convalida dei provvedimenti esecutivi dell'espulsione non si reputano appaganti sia la ristrettezza del tempo concesso all'avvocato per improntare un'idonea difesa, anche per la mancanza di possibilita' di entrare nel possesso di idonea documentazione, sia perche' il controllo giurisdizionale si colloca in un momento successivo rispetto alla limitazione della possibilita' di movimento avvenuta di fatto gia' al momento di emissione del provvedimento prefettizio. E' sotto questo aspetto che emerge in tutta la sua evidenzia la violazione del dettato costituzionale, come sopra meglio evidenziato, perpetrata dalla c.d. «Bossi-Fini». Da ultimo appare utile evidenziare che la mancata previsione della nomina di un difensore per il cittadino extracomunitario colpito dal decreto di espulsione entri in contrasto anche con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. Vi e' un trattamento irragionevolmente diverso di situazioni giuridiche uguali. Secondo questo rimettente, il decreto di espulsione pur avente natura di atto amministrativo, in virtu' degli effetti che produce - quali l'obbligo di lasciare il territorio dello Stato; il divieto di farvi rientro; la limitazione della liberta' di movimento, ecc. - deve essere equiparato agli atti aventi natura penale (si riporta l'esempio dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p. con il quale vengono richiamati gli artt. 97, 369 e 369-bis c.p.p.) e, per questo motivo, per la sua emissione devono essere previste, in favore del destinatario, robuste garanzie tra le quali la nomina di un difensore. E' illogico ed irragionevole fornire l'autorita' amministrativa di un potere, quale quello di emettere il decreto di espulsione, riconducendo l'emanando provvedimento tra gli atti amministrativi quando gli effetti che questo andra' a produrre vanno ad incidere su diritti garantiti a livello costituzionale senza che la legge preveda il rispetto di una garanzia fondamentale quale il diritto alla difesa.