IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento relativo a
Simone  Nicola  (nato a Trani il 23 gennaio 1973, detenuto nella Casa
circondariale  di  Trani),  avente ad oggetto istanza di applicazione
della  sospensione condizionata ex lege n. 207/2003 in relazione alla
pena residua, di cui al cumulo p.m. Trani del 4 novembre 2003 (anni 6
mesi  6  giorni  4  di  reclusione + mesi 6 di arresto per i reati di
rapina   aggravata,   furto,   lesioni,   violazione   di  domicilio,
inosservanza  ex  art. 650  c.p.,  violazione c.d.s., danneggiamento,
ricettazione,  possesso  ingiustificato  chiavi  alterate, violazione
misure  di  prevenzione  persone  pericolose,  armi) ed alla sentenza
emessa  dal  Tribunale  di  Trani  in  data 14 giugno 2004 (mesi 2 di
arresto  per  violazione  art. 2, legge n. 1423/1956) con inizio pena
del 29 gennaio 2001 e fine pena al 2 novembre 2006.
    Si  solleva  ex  officio questione di legittimita' costituzionale
dell'  art. 1,  terzo  comma,  legge  1°  agosto  2003,  n. 207  - in
riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma della Carta costituzionale
-   parte   in  cui  non  prevede  che  la  sospensione  condizionata
dell'esecuzione  della pena detentiva non debba essere concessa a chi
ha  gia'  beneficiato  di  una  misura  alternativa  alla  detenzione
revocatagli  -  per  condotta  colpevole  - ai sensi dell'art. 5-ter,
legge n. 354/1975.
    1) Non manifesta infondatezza della questione.
    L'individuazione  della  natura  giuridica  del  nuovo istituto -
denominato  «indultino»  -  costituisce la premessa necessaria su cui
articolare i profili di non manifesta infondatezza della questione di
legittimita' costituzionale; in tale opera ermeneutica rilevano sia i
presupposti richiesti ex ante per la concessione del beneficio che le
prescrizioni applicabili ex post nella fase esecutiva della misura di
nuovo conio.
    L'art. 1 della legge n. 207/2003 elenca una serie di condizioni e
requisiti  per  l'accesso  alla sospensione condizionata da parte del
condannato  che  ne  avanzi  pedissequa  istanza;  la sussistenza dei
medesimi,  accertata  in  sede  giurisdizionale, impone al giudice di
applicare  al  condannato  -  tout  court  ed  in via automatica - il
beneficio   richiesto   senza   poter   compiere   alcuna  preventiva
valutazione  di meritevolezza e di idoneita' dell'istante in rapporto
al   peculiare  programma  trattamentale  extramurario  da  osservare
durante l'esecuzione della misura richiesta.
    Tuttavia,  gli  articoli  2 e 4 della legge n. 207/2003 delineano
una  disciplina  secondo cui il condannato, dopo essere stato ammesso
al   beneficio,  deve  dimostrare  di  saper  e  voler  osservare  le
prescrizioni  e  gli  obblighi  contenuti nel programma trattamentale
ritagliato per lui in esternato.
    In particolare si evidenzia che il condannato:
        a)    all'atto   della   concessione   del   beneficio   deve
sottoscrivere  un  apposito  verbale,  in cui sono riportate tutte le
prescrizioni  da  osservare  in  ordine  ai  rapporti con il servizio
sociale,  al  lavoro,  alla  dimora, alla liberta' di locomozione, al
divieto  di  frequentare determinati locali e di svolgere attivita' o
di  avere  rapporti  personali che possano indurlo a commettere altri
reati (art. 47, commi quinto e sesto, legge n. 354/1975, art. 282-bis
c.p.p.,  art. 283 c.p.p., richiamati dall'art. 4, comma 1, lettera b)
e comma 2 della legge n. 207/2003);
        b)  deve  adoperarsi  per  quanto  possibile  in favore della
vittima  del  reato  e  deve  adempiere  agli  obblighi di assistenza
familiare  (art. 47,  settimo  comma,  legge  n. 354/1975  richiamato
dall'art. 4, comma 2 della legge n. 207/2003);
        c)  deve  avere costanti rapporti con il servizio sociale, il
quale ne controlla la condotta e stabilisce interventi di ausilio per
superare le difficolta' di adattamento alla vita sociale, interagendo
con  la sua famiglia e con gli ambienti di vita frequentati (art. 47,
nono comma, legge n. 354/1975, richiamato dall'art. 4, comma 2, legge
n. 207/2003);
        d)   ha   la   possibilita'   di  proseguire  -  qualora  sia
tossico/alcoldipendente   -   il   programma  terapeutico  in  corso,
sottostando  agli appositi controlli stabiliti dal giudice (art. 283,
quinto comma c.p.p. richiamato dall'art. 4, comma 1, lettera b) della
legge n. 207/2003).
    L'art. 4  legge  n. 207/2003  prevede  altresi'  che  l'ordinanza
concessiva  della  misura  contenga  anche  particolari  obblighi  di
presentazione   alla   polizia   giudiziaria   in   orari   e  giorni
prestabiliti, nonche' il divieto di allontanarsi dal comune di dimora
abituale e quello di espatriare.
    L'attenta  verifica  dell'andamento  del programma trattamentale,
recepito  nell'apposito  verbale  sottoscritto per accettazione anche
dal  condannato, e' demandata al magistrato di sorveglianza, il quale
la  effettua  in modo penetrante avvalendosi dell'apporto dei servizi
sociali  e  degli uffici di polizia territorialmente competenti; e il
tribunale  di  sorveglianza,  qualora  accerti  che il condannato non
abbia  ottemperato  -  senza  giustificato motivo - alle prescrizioni
applicate  e/o abbia commesso (nei 5 anni successivi all'applicazione
della  sospensione)  un  reato  non  colposo  per  il quale sia stata
inflitta una pena detentiva non inferiore a 6 mesi, dispone la revoca
della  sospensione  condizionata  e  nel  contempo  determina la pena
detentiva residua da espiare, tenendo massimamente conto della durata
delle  limitazioni  patite  da condannato e della condotta serbata da
costui durante il periodo trascorso in «indultino».
    Dal  quadro  normativo  teste' tratteggiato emerge in modo palese
che  mentre  la  concessione  della  misura  costituisce un atto c.d.
«dovuto»  -  per  il  magistrato  di  sorveglianza  - in presenza dei
presupposti  tassativamente  previsti  dalla  legge,  invece  la fase
esecutiva e' peculiarmente strutturata come mezzo di recupero sociale
del  condannato nel senso che la legge prevede un autentico programma
trattamentale e demanda al tribunale ed al magistrato di sorveglianza
di  seguirne lo sviluppo e di verificarne l'osservanza da parte della
persona  beneficiata,  monitorandone  in particolare la condotta e la
conformita' della stessa alle prescrizioni ed ai divieti stabiliti.
    Si   tratta,   in  buona  sostanza,  di  una  particolare  misura
trattamentale  volta a creare - per il condannato - un percorso serio
ed  occasioni reali nella direzione del recupero, dell'allontanamento
da   mentalita'   criminose   e   da   circuiti  delinquenziali,  del
reinserimento   e  dell'integrazione  sociale;  tale  percorso  viene
costantemente  verificato  dai  servizi  sociali,  dall'Autorita'  di
Polizia  e  dalla magistratura di sorveglianza e viene interrotto nel
caso  in  cui  si  accerti  che  il  condannato abbia posto in essere
condotte   inidonee   o   colpevoli   e,   cioe',  abbia  serbato  un
comportamento   sintomatico   dell'impraticabilita'  del  trattamento
extramurario peculiarmente intrinseco al c.d. «indultino».
    Orbene,  alla  luce  di  tali rilievi si dubita che la disciplina
normativa,  di  cui  all'art. 1, comma 3 della legge n. 207/2003, sia
conforme ai parametri contenuti negli artt. 3 e 27, terzo comma della
Costituzione per tre ordini di ragioni.
    In  primo  luogo si evidenzia la palese contraddittorieta' tra la
disposizione  dell'art. 1  relativa  ai  requisiti per l'accesso alla
misura   e   la  disciplina  positiva  degli  artt. 2  e  4  relativa
all'esecuzione  della  stessa. Infatti, si e' gia' evidenziato che la
prima  norma  elenca una serie di condizioni, in presenza delle quali
il   magistrato   di   sorveglianza  deve  concedere  la  sospensione
condizionata, la quale percio' costituisce un «atto dovuto» sganciato
da  ogni  preventiva valutazione di meritevolezza e di idoneita'; per
converso,  le  altre  due  norme  in  parola  impongono di verificare
discrezionalmente   se   il  trattamento  extramurario  -  consacrato
nell'apposito  verbale  contenente le prescrizioni e sottoscritto dal
condannato  - venga o no rispettato da costui e possa o no proseguire
nel  caso  in  cui  il  beneficiato  abbia  colpevolmente assunto una
condotta  difforme,  contrastante  o inidonea rispetto alle finalita'
trattamentali della misura concessa.
    In  altre  parole,  si  rinviene  una  incoerenza  logica  ed una
contraddittorieta' intrinseca nel tessuto della legge n. 207/2003 tra
la  parte  positiva (art. 1) relativa ai requisiti per la concessione
automatica  della  misura  e  quella (artt. 2 e 4) concernente la sua
esecuzione,  perche' non si riscontra alcuna coerenza razionale tra i
presupposti  tassativamente  previsti  per  l'accesso ed i successivi
sviluppi  della  misura;  cio'  e'  espressione  sintomatica del c.d.
eccesso di potere legislativo.
    Tale   incoerenza  emerge  incontrovertibilmente  a  tutto  tondo
soprattutto  nell'ipotesi  in  cui il condannato, gia' ammesso ad una
delle misure alternative alla detenzione revocata ex art. 51-ter o.p.
per  condotta  colpevole,  chieda  di li' a poco l'applicazione della
sospensione  condizionata  in parola; in tale evenienza sarebbe stato
coerente   sul   piano  logico  e  razionale  prevedere  nella  legge
n. 207/2003  il  divieto per il condannato, che abbia gia' dato prova
negativa   dell'impraticabilita'  del  trattamento  extramurario,  di
accedere al c.d. «indultino».
    In  secondo  luogo  si  osserva  che la norma censurata appare in
contrasto con l'art. 3 della Carta fondamentale.
    Invero,  si  da'  atto  che la disposizione dell'art. 1, comma 3,
lettera  d),  legge  n. 207/2003, secondo cui al beneficio in oggetto
non poteva accedere la persona condannata ammessa ad una delle misure
alternative  alla  detenzione, e' stata dichiarata costituzionalmente
illegittima  dalla Corte con sentenza 15 luglio 2005, n. 278, sicche'
ora e' possibile concedere il c.d. «indultino» anche a chi usufruisca
di misura alternativa alla detenzione in corso.
    Tuttavia,  si  rileva che il condannato - in caso di revoca della
misura  alternativa  per condotta colpevole ai sensi dell'art. 51-ter
o.p.  -  deve espiare in regime detentivo la pena residua relativa al
titolo  in  esecuzione e non puo' accedere nuovamente ad altra misura
alternativa  nei  successivi  3  anni  in  virtu' del chiaro disposto
ostativo  dell'art. 58-quater o.p.; per converso, si evidenzia che il
medesimo  condannato,  benche'  sia stato attinto da provvedimento di
revoca  di misura alternativa alla detenzione per condotta colpevole,
potrebbe inopinatamente accedere al piu' ampio e favorevole beneficio
trattamentale   extramurario   introdotto  dalla  legge  n. 207/2003,
perche'  questa non prevede alcun divieto di concedere la sospensione
condizionata nell'ipotesi teste' indicata.
    In  altri termini, nel corpus della legge n. 207/2003 si rinviene
un  palese  profilo  di  stringente irragionevolezza, laddove non sia
previsto  il  divieto  per  il  condannato, che ha gia' dato prova di
impraticabilita'  del trattamento extramurario in virtu' della revoca
ex  art. 51-ter  o.p. per condotta colpevole della misura alternativa
applicatagli  e  che  -  per  l'effetto  -  non  puo'  accedere per i
successivi  3  anni  alle misure alternative alla detenzione ai sensi
dell'art. 58-quater  o.p.,  di conseguire la sospensione condizionata
ex  lege  n. 207/2003  che  e'  certamente  una  misura trattamentale
extramuraria  meno severa e gravosa, nonche' ben piu' ampia, blanda e
favorevole di ogni altra misura alternativa alla detenzione.
    In  terzo  luogo  si ritiene che l'art. 1 della legge n. 207/2003
non  sia  conforme  al  parametro stabilito dall'art. 27, terzo comma
della Costituzione.
    Invero,  giova  evidenziare  che  ogni  tipologia (intramuraria o
extramuraria)  di  esecuzione  della  pena - in ossequio al principio
sancito  dalla  norma  costituzionale  in rilievo - deve tendere alla
rieducazione  del  condannato  nel  senso  che  deve  prevedere reali
occasioni,  concrete opportunita' e seri percorsi che possano indurre
il  reo  a  rivedere  criticamente,  consapevolmente e liberamente le
condotte  illecite poste in essere ed a prendere le dovute distanze -
anche  sul  piano psicologico - da quella mentalita' criminosa e/o da
quei  circuiti  ambientali  di  riferimento, in cui eventualmente sia
rimasto invischiato e sia maturata la volonta' di delinquere.
    Ora,  appare  chiaro  che  l'art. 1  della legge n. 207/2003, non
prevedendo alcun divieto di accesso alla sospensione condizionata per
chi  sia  stato  ammesso  ad  una  misura alternativa alla detenzione
revocata  per  condotta  colpevole,  legittima  la  concessione di un
beneficio  trattamentale  extramurario  (il  c.d.  «indultino») a chi
abbia  gia'  dato  ampia  dimostrazione  di non voler intraprendere e
portare  a  termine un programma in esternato finalizzato al recupero
ed  ai  reinserimento  sociale, nonche' alla rivisitazione critica in
ordine  ai  reati  commessi;  in tale evenienza il condannato ha gia'
posto   in   essere   una   condotta  chiaramente  ed  oggettivamente
sintomatica  dell' impraticabilita' di ogni trattamento extramurario,
sicche' gli dovrebbe essere precluso per legge di accedere nuovamente
a misure trattamentali in esternato fra le quali puo' tranquillamente
annoverarsi la sospensione condizionata dell'esecuzione della pena ai
sensi della legge n. 207/2003.
    2)  Rilevanza  della questione nella fattispecie concreta per cui
e' procedura.
    Il  condannato  con ordinanza, emessa in data 5 dicembre 2002 dal
Tribunale  di  Sorveglianza  di  Bari,  e'  stato ammesso alla misura
alternativa  dell'affidamento in prova al servizio sociale ex art. 94
d.P.R.  n. 309/1990,  tale  misura  alternativa e' stata revocata per
condotta  colpevole  ai  sensi dell'art. 51-ter o.p. dal Tribunale di
Sorveglianza di Bari con ordinanza del 28 ottobre 2003.
    Successivamente   il   Simone  ha  conseguito  con  provvedimento
provvisorio  del  7  aprile  2004  dal  Magistrato di Sorveglianza di
Modena  la detenzione domiciliare, la quale poi e' stata revocata dal
Tribunale di Sorveglianza di Bologna con ordinanza del 29 giugno 2004
a decorrere dal 2 maggio 2004.
    Ora,  il  medesimo  condannato  con  istanza del 27 marzo 2006 ha
chiesto  la concessione della sospensione condizionata ai sensi della
legge  n. 207/2003  in  relazione alla pena residua, di cui al cumulo
p.m.  Trani del 4 novembre 2003 (anni 6 mesi 6 giorni 4 di reclusione
+ mesi 6 d arresto) ed alla sentenza emessa dal Tribunale di Trani in
data  14  giugno 2004, irrevocabile in data 27 maggio 2005 (mesi 2 di
arresto);  l'espiazione  della  pena  complessivamente  irrogata p.m.
iniziata il 29 gennaio 2001 e terminera' in data 2 novembre 2006.
    Si  fa presente che la pena, comminata per i reati ostativi e con
la  sentenza  passata  in  giudicato  i 27 maggio 2005 e, cioe', dopo
l'entrata  in vigore della legge n. 207/2003, puo' essere computata a
parte  della  pena  sino  ad  ora  espiata,  sicche'  allo  stato  il
condannato  e'  in  possesso  di  tutti  i  requisiti  previsti dalla
normativa  vigente  per  l'accesso  alla  sospensione condizionata ai
sensi della legge n. 207/2003.
    Sulla  base  di queste emergenze procedurali appare chiaro che la
questione  di legittimita' costituzionale sopra indicata rileva nella
presente procedura di sorveglianza.
    Infatti,  se  la  questione  venga ritenuta fondata e percio' sia
dichiarata  l'illegittimita' costituzionale della norma censurata, il
condannato   in   parola  non  puo'  conseguire  il  beneficio  della
sospensione  condizionata  ex  lege  n. 207/2003; per converso, se la
questione  sia  ritenuta  inammissibile o rigettata, al condannato in
parola   va   riconosciuto   il   diritto  di  accedere  alla  misura
trattamentale in esternato introdotta dalla legge n. 207/2003.