ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  delibera  della  Camera  dei  deputati  del
26 settembre  2000,  relativa  alla  insindacabilita'  delle opinioni
espresse  dall'onorevole Tiziana Maiolo nei confronti del dott. Mario
Almerighi,   promosso  dal  giudice  per  l'udienza  preliminare  del
Tribunale  di  Perugia,  con  ricorso  notificato  il  6 agosto 2003,
depositato  in cancelleria il 13 agosto 2003 ed iscritto al n. 30 del
registro conflitti 2003;
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  20  giugno 2006  il  giudice
relatore Francesco Amirante;
    Udito l'avvocato Massimo Luciani per la Camera dei deputati.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  provvedimento del 16 ottobre 2000 (pervenuto a questa
Corte  il  14 dicembre 2002) il Giudice per l'udienza preliminare del
Tribunale  di  Perugia  ha  sollevato  conflitto  di attribuzione nei
confronti  della  Camera  dei  deputati  in  relazione  alla delibera
assunta  dall'Assemblea  in  data  26 settembre 2000 (doc. IV-quater,
n. 148),   in   conformita'   alla   proposta  della  Giunta  per  le
autorizzazioni  a procedere, con la quale si e' stabilito che i fatti
per  i quali e' in corso procedimento penale per il reato di calunnia
a  carico  della deputata Tiziana Maiolo concernono opinioni espresse
da  un  membro  del  Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai
sensi dell'art. 68 della Costituzione.
    Premette  in  punto di fatto il ricorrente che l'onorevole Maiolo
aveva  presentato  in  data  5 novembre  1998 un esposto alla Procura
della  Repubblica  di  Perugia,  chiedendo  di  verificare  se  nelle
dichiarazioni rese in data 19 ottobre 1998 al quotidiano «Il Corriere
della   sera»   dal   dott.  Mario  Almerighi,  all'epoca  Presidente
dell'Associazione   nazionale  magistrati,  fossero  ravvisabili  gli
estremi   del   delitto   di  cui  all'art. 414  del  codice  penale.
Nell'esposto  si faceva presente che il dott. Almerighi, in occasione
della  formazione  di  un nuovo Governo, aveva rilasciato la seguente
dichiarazione:  «Siamo  pronti  a porgere alla politica un ramoscello
d'ulivo,   ma  tutto  dipendera'  dalla  scelta  del  Ministro  della
Giustizia  da  parte  del  futuro  Governo  ...  o  confermano  Flick
appoggiandolo  politicamente perche' possa varare le riforme che sono
in  cantiere, oppure dovrebbero metterci qualcuno che sia disponibile
al  dialogo  ...  ma se invece ci mettono qualche infiltrato del Polo
nel  Partito  popolare  ...  tutto lo staff del Ministero e' pronto a
dimettersi.  E cosi' entriamo in un tunnel». L'onorevole Maiolo aveva
ritenuto di ravvisare in simili dichiarazioni gli estremi dei delitti
di  cui agli artt. 414 e 287 cod. pen., trattandosi di indicazioni di
politica giudiziaria che andavano ad interferire col potere di nomina
dei   ministri  che  la  Costituzione  riconosce  al  Presidente  del
Consiglio.
    A   seguito   dell'esposto,   il   dott.  Almerighi  smentiva  le
dichiarazioni  di  cui  sopra,  provvedendo in data 28 gennaio 1999 a
denunciare per calunnia l'onorevole Maiolo.
    Instauratosi  procedimento  penale nei confronti di quest'ultima,
la  Camera dei deputati assumeva la deliberazione di insindacabilita'
oggetto del presente conflitto.
    Cio'  posto,  il  Giudice  di  Perugia rileva che, a fronte della
delibera  di  insindacabilita'  assunta dalla Camera di appartenenza,
non esiste altro strumento che il conflitto di attribuzione davanti a
questa   Corte,   trattandosi  di  un  atto  che  lede  la  sfera  di
attribuzioni  che  la  Costituzione  riserva  al  potere giudiziario.
Richiamando  la  giurisprudenza  costituzionale  in  materia  - ed in
particolare  le  sentenze n. 10, n. 11, n. 56 e n. 58 del 2000, oltre
alle  sentenze  n. 329  del  1999, n. 289 del 1998, n. 375 del 1997 e
n. 129  del  1996  -  il ricorrente osserva che la prerogativa di cui
all'art. 68   Cost.   presuppone   che  venga  individuato  un  nesso
funzionale  tra  le  opinioni  espresse e l'esercizio delle attivita'
parlamentari,  e che tale nesso richiede una sostanziale identita' di
contenuti  fra  le dichiarazioni rese all'esterno e quelle risultanti
dagli atti parlamentari.
    Nel  caso  specifico, invece, l'esposto inoltrato dall'on. Maiolo
alla  Procura  della  Repubblica era finalizzato esclusivamente a far
promuovere  l'azione  penale nei confronti del dott. Almerighi, senza
che  vi  fosse  alcun collegamento con l'attivita' parlamentare della
denunciante.   Il   Giudice   ricorrente  osserva  che  non  risulta,
dall'esame  degli  atti,  che il contenuto dell'esposto nei confronti
del  dott.  Almerighi  sia stato in qualche modo oggetto di attivita'
parlamentare,   trattandosi   piuttosto  di  una  manifestazione  del
pensiero  (art. 21  Cost.) riconducibile ad un contesto genericamente
politico.  D'altra  parte,  la denuncia all'Autorita' giudiziaria non
rientra  tra  le  attivita'  tipiche  collegate  con nesso funzionale
all'attivita'  parlamentare,  perche' altrimenti si verrebbe a creare
una  palese  disparita'  di  trattamento  tra  semplice  cittadino  e
parlamentare  anche  in  ordine  ad  un  atto che ha il solo scopo di
stimolare il promovimento dell'azione penale.
    Il  Giudice  di  Perugia,  pertanto,  conclude  affermando che la
delibera  di  insindacabilita'  adottata dalla Camera dei deputati il
26 settembre  2000  e'  palesemente  erronea  e lesiva della sfera di
attribuzioni   dell'Autorita'   giudiziaria,   e   pertanto  «solleva
conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della
Camera dei deputati» in relazione alla delibera medesima.
    2.  -  Il conflitto cosi' proposto e' stato giudicato ammissibile
con  ordinanza  24 luglio  2003,  n. 283,  notificata alla Camera dei
deputati, a cura del ricorrente, in data 6 agosto 2003; il ricorrente
ha  poi  provveduto al deposito presso la cancelleria di questa Corte
il successivo 13 agosto 2003.
    3.  -  A  seguito  della notifica si e' costituita in giudizio la
Camera  dei  deputati,  chiedendo  che  il conflitto venga dichiarato
inammissibile o comunque respinto nel merito.
    3.1.  - Richiamando la giurisprudenza di questa Corte in materia,
la  Camera  osserva  che  l'atto  col  quale  il  conflitto  e' stato
sollevato  non  ha  i  contenuti  sostanziali  e formali del ricorso,
poiche'  sul  ricorrente  grava  l'onere di precisare l'oggetto della
domanda,  di indicare il petitum e le ragioni del conflitto (sentenze
n. 274,  n. 363  e  n. 364  del 2001). Nel caso specifico, invece, il
Giudice  del  Tribunale  di  Perugia  si  e'  limitato a sollevare il
conflitto di attribuzione senza formulare alcuna specifica richiesta;
ne consegue, quindi, che l'atto introduttivo non puo' essere ritenuto
un  vero  ricorso,  sicche'  il  conflitto dovrebbe essere dichiarato
inammissibile (sentenze n. 15 e n. 31 del 2002). Ulteriore ragione di
inammissibilita',   inoltre,   viene   ravvisata  nel  fatto  che  il
ricorrente  «non  menziona  i  parametri  costituzionali nei quali si
radicherebbero le sue attribuzioni».
    La  severita'  della  giurisprudenza  di questa Corte relativa ai
requisiti   di  ammissibilita'  dei  conflitti  di  attribuzione  non
potrebbe  ritenersi  mitigata,  secondo la Camera, neppure dalla piu'
recente  sentenza  n. 421 del 2002, perche' in quella pronuncia si e'
precisato  che  il ricorrente aveva, comunque, formulato un'esplicita
richiesta   di   annullamento  della  delibera  di  insindacabilita',
richiesta  che  invece manca nel caso attuale, unitamente a quella di
non   spettanza;  ne  deriva,  secondo  la  Camera,  che  l'ordinanza
dell'Autorita'  giudiziaria  si  risolve  in  una  sorta di «astratta
richiesta di parere al Giudice costituzionale».
    3.2. - Nel merito, il ricorso dovrebbe essere respinto.
    Premette,  innanzitutto,  la difesa della Camera che l'intervista
rilasciata  dal  dott.  Almerighi,  e dalla quale scaturisce l'intera
vicenda,  fu  oggetto  di  specifica  discussione  parlamentare, come
emerge dall'intervento del deputato Marino nel corso della seduta del
2 novembre  1998.  La  resistente rileva che l'on. Maiolo ha sempre e
costantemente  tenuto  al  centro  della propria attivita' politica e
parlamentare  la  questione  del  rispetto  dei reciproci confini tra
giurisdizione  e  politica, come risulterebbe da una serie di atti di
funzione.  A  tale  proposito  la  Camera  richiama  l'interrogazione
presentata   in  data  10 dicembre  1997,  nella  quale  la  deputata
lamentava  l'indebito  rapporto  del  Procuratore della Repubblica di
Palermo,   dott.  Giancarlo  Caselli,  con  l'allora  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  in  relazione  ad  una vicenda gia' nota al
Ministro della giustizia; l'interpellanza del 16 dicembre 1998, nella
quale  la deputata contestava un'indebita interferenza dei magistrati
della  Procura della Repubblica di Milano con l'attivita' legislativa
del  Parlamento; ed infine l'interpellanza del 9 novembre 1999 con la
quale  l'on.  Maiolo,  in  riferimento alle dimissioni presentate dal
Procuratore  generale  della  Repubblica presso la Corte d'appello di
Cagliari,  dott.  Francesco Pintus, criticava con vigore l'operato di
certi  magistrati,  ritenuti  responsabili di determinare correnti di
opinione tali da influenzare la stessa vita politica.
    Dai  predetti  documenti dovrebbe dedursi, secondo la difesa, che
il comportamento che l'on. Maiolo ha contestato al dott. Almerighi e'
sostanzialmente  il medesimo da lei censurato negli atti di funzione;
non  vi  sarebbe,  quindi, soltanto «una mera coincidenza di contesto
politico»,  bensi'  una «vera e propria identita' di contenuti tra le
opinioni   manifestate   intra  ed  extra  moenia»,  con  conseguente
applicabilita'  della  prerogativa  di  cui all'art. 68, primo comma,
della Costituzione.
    Sostiene  a  questo  proposito  la  Camera  dei  deputati che non
avrebbe  alcuna  importanza,  ai  fini  della  soluzione del presente
conflitto,  il  fatto che le opinioni manifestate in aula siano state
materialmente  esternate  da  un  diverso  parlamentare, perche', una
volta accertata l'identita' di contenuto sostanziale, l'ammissione di
un  sindacato sulle dichiarazioni «esterne» si tradurrebbe, comunque,
in  un  sindacato  su  quelle  «interne»,  il che e' in contrasto col
dettato  costituzionale.  Parimenti  irrilevante  sarebbe  che taluni
degli  atti  di  funzione  sopra  richiamati  siano  successivi  alla
manifestazione  delle  opinioni,  da  parte della deputata, fuori del
contesto    parlamentare.    Anche   prescindendo   dal   fatto   che
l'interrogazione  del 10 dicembre 1997 e' precedente, la difesa della
Camera  dei  deputati  rileva  che  nella  sentenza n. 10 del 2000 di
questa  Corte non si fa alcuna differenza tra atti successivi ed atti
precedenti alle dichiarazioni avvenute extra moenia, perche' cio' che
conta  e'  la  corretta  comprensione del concetto di contestualita'.
Deve  ritenersi  contestuale,  a  questi fini, «l'atto tipico che sia
intervenuto   in   un  momento  non  separato  da  una  soluzione  di
continuita'  da  quello  delle  dichiarazioni  rese  extra moenia»; e
poiche',  nella  specie,  le  critiche  dell'on. Maiolo nei confronti
dell'intromissione  da  parte  dei magistrati nella vita politica non
sono  mai  venute  meno,  ne  consegue che tutti gli atti di funzione
richiamati dovrebbero essere considerati contestuali.
    La difesa della Camera si sofferma, a questo punto, sul contenuto
della  denuncia  avanzata  nei confronti del dott. Almerighi, negando
che in questa vi sia un quid pluris - costituito da un'imputazione di
responsabilita'  nei confronti di uno specifico magistrato - rispetto
al  contenuto  degli  atti di funzione citati. Al riguardo la memoria
osserva che la giurisprudenza di questa Corte richiede che vi sia una
«corrispondenza   sostanziale   di   significato»   tra  le  opinioni
manifestate  in  sede  parlamentare e quelle manifestate all'esterno;
nel  caso  di  specie,  essendo  l'intervista  rilasciata dal giudice
Almerighi  di  contenuto  integralmente  politico,  anche la risposta
della  parlamentare  si  connota  per  i  medesimi  caratteri.  Nelle
esternazioni dell'on. Maiolo manca, secondo la difesa, quella valenza
di  carattere  esclusivamente  personale  che  ha  indotto  in  altra
circostanza  questa  Corte  a negare l'esistenza del nesso funzionale
(sentenza n. 421 del 2002). Allo scopo di decidere se sussista o meno
tale  nesso,  in  altre  parole,  cio' che conta e' la sostanza delle
affermazioni   valutata   nel   suo  contesto,  tenendo  conto  della
politicita'  delle  affermazioni  stesse;  la  critica  alla presunta
invasione  di  campo da parte del dott. Almerighi si colloca, dunque,
sullo  stesso piano delle numerose critiche avanzate nei confronti di
altri  magistrati  e  della  magistratura  nel  suo complesso. E cio'
sarebbe confermato dall'intervento tenuto dall'on. Maiolo alla Camera
nel corso della seduta del 15 luglio 1999, dal quale si evince che la
denuncia  sporta nei confronti del magistrato romano altro non era se
non  la  continuazione,  fuori  del Parlamento, della costante azione
svolta  in  difesa  delle prerogative della Camera dei deputati e del
potere  esecutivo  nei  confronti  di  asserite  ingerenze  da  parte
dell'ordine giudiziario.
    L'evoluzione    della    giurisprudenza    costituzionale   sulla
prerogativa  dell'insindacabilita',  del  resto, anche dopo la svolta
impressa  dalle  citate sentenze n. 10 e n. 11 del 2000, va letta nel
senso  che  non  puo' considerarsi coperta dall'art. 68, primo comma,
Cost.  la  semplice  attivita'  politica  del parlamentare; tuttavia,
altro  e'  l'attivita'  «politica»  pura  e  semplice,  altro  e'  la
«politica  parlamentare».  Se  e'  vero  che  non tutto quello che e'
oggetto   di  dibattito  politico  lo  e'  anche  di  discussione  in
Parlamento,   e'  pur  vero  che  non  vi  e'  alcun  privilegio  nel
riconoscere  copertura  costituzionale  alle dichiarazioni connesse a
quelle  rese nel contesto parlamentare. A questo proposito, la difesa
della  Camera  divide le opinioni manifestate fuori del Parlamento in
tre  categorie:  quelle del tutto estranee alla sfera della politica;
quelle  connesse  alla  sfera  politica,  ma  estranee  alla politica
parlamentare; quelle, infine, connesse alla politica parlamentare. E'
chiaro   che   queste   ultime   debbono   godere  della  prerogativa
dell'insindacabilita',   indipendentemente   dal  luogo  ove  vengono
manifestate;  una volta riconosciuto il principio per cui le opinioni
dei  parlamentari sono tutelate anche se manifestate extra moenia, il
discrimine  fra  cio'  che  puo'  e cio' che non puo' essere tutelato
risiede  necessariamente  nella oggettiva connessione tra le opinioni
ed il contenuto della politica parlamentare.
    La  difesa  della Camera si dichiara consapevole del fatto che la
giurisprudenza   di   questa  Corte  si  e'  evoluta  nel  senso  che
l'insindacabilita'  puo'  essere  riconosciuta soltanto quando vi sia
«una    corrispondenza   sostanziale   tra   l'opinione   manifestata
all'esterno e quella manifestata in singoli atti tipici»; tuttavia la
memoria auspica - richiamando anche le sentenze costituzionali n. 320
e  n. 321  del  2000,  che  avrebbero chiarito come la corrispondenza
sostanziale  sia  soltanto  una delle ipotesi in cui la dichiarazione
puo'   ricondursi   alla   funzione   parlamentare   -  che  siffatto
orientamento  venga  almeno  in  parte  rivisto, tenendo presente che
l'attivita' dei componenti del Parlamento e' per sua natura destinata
a   proiettarsi  fuori  delle  aule  parlamentari.  Ridurre,  quindi,
l'applicabilita'   della   prerogativa   in   questione   alle   sole
dichiarazioni   rese  intra  moenia  significa,  secondo  la  Camera,
«trascurare del tutto la realta' del mandato rappresentativo, che non
si  esaurisce  nel  compimento  di atti "tipici", ma si manifesta nel
raccordo costante tra rappresentante e rappresentato».
    3.3   -   Approssimandosi   la   data  dell'udienza  pubblica  di
discussione,  la  Camera  dei  deputati  ha  depositato un'articolata
memoria,   insistendo   per  l'accoglimento  delle  conclusioni  gia'
rassegnate.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Giudice  per  l'udienza  preliminare  del Tribunale di
Perugia  ha  sollevato  conflitto  di  attribuzione  tra poteri dello
Stato,  in  relazione  alla  deliberazione  adottata dalla Camera dei
deputati nella seduta del 26 settembre 2000 (doc. IV-quater, n. 148),
con la quale l'Assemblea ha approvato la proposta della Giunta per le
autorizzazioni  a  procedere  di  dichiarare  che i fatti per i quali
pende procedimento penale nei confronti della deputata Tiziana Maiolo
concernono   opinioni   espresse  dalla  suddetta  quale  membro  del
Parlamento  nell'esercizio delle proprie funzioni e ricadono pertanto
nell'ipotesi di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Il  ricorrente  ha  premesso, in fatto, che la deputata Maiolo e'
imputata  del  delitto  di  calunnia  in  danno  del magistrato Mario
Almerighi,  per  averlo  accusato, sapendolo innocente, in un esposto
presentato alla Procura della Repubblica di Perugia, di aver commesso
i reati di istigazione a delinquere previsto dall'art. 414 del codice
penale  e  di  usurpazione  di potere politico previsto dall'art. 287
cod. pen.
    L'on.  Maiolo nell'esposto aveva riferito che il dott. Almerighi,
in  qualita' di Presidente dell'Associazione nazionale magistrati, in
un'intervista  ad  un  quotidiano  rilasciata  in concomitanza con la
formazione  di  un  nuovo  governo,  aveva testualmente detto: «Siamo
pronti  a  porgere  alla  politica  un  ramoscello  d'ulivo, ma tutto
dipendera'  dalla  scelta  del  ministro della Giustizia da parte del
futuro  governo  ...  se confermano Flick appoggiandolo politicamente
perche'  possa  varare  le  riforme  che  sono in cantiere..., oppure
dovrebbero metterci qualcuno che sia disponibile al dialogo ... ma se
invece  ci  mettono  qualche infiltrato del Polo nel Partito Popolare
...  tutto  lo  staff  del  Ministero e' pronto a dimettersi. E cosi'
entriamo in un tunnel».
    La  deputata  nella  denuncia  aveva  chiesto di accertare se nel
suddetto  comportamento  potessero  essere  ravvisati gli estremi dei
delitti suindicati, dal momento che la nomina dei ministri compete al
Presidente  della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio
ed  al  Parlamento  ed  al  Governo  compete  la politica concernente
l'amministrazione della giustizia.
    Secondo il giudice ricorrente le opinioni espresse dalla deputata
Maiolo non hanno alcun rapporto con l'attivita' parlamentare, sicche'
la  deliberazione  suindicata  costituisce  invasione  nella sfera di
competenza propria.
    2.  -  In  via  preliminare,  si  conferma  l'ammissibilita'  del
conflitto gia' dichiarata con l'ordinanza n. 283 del 24 luglio 2003.
    E',  infatti, principio ormai consolidato nella giurisprudenza di
questa Corte quello per cui occorre che l'atto introduttivo, valutato
nel  suo complesso ed indipendentemente dalla sua autoqualificazione,
abbia i requisiti di sostanza del ricorso.
    Nel  caso  in  esame,  il  giudice  per  l'udienza preliminare ha
enunciato chiaramente le ragioni del conflitto e ha indicato la norma
violata,  affermando  che  «la  valutazione  operata dalla Camera dei
deputati con la deliberazione 26 settembre 2000 circa la sussistenza,
nel  caso di specie, dei presupposti per l'applicazione dell'art. 68,
primo  comma,  della  Costituzione  si presenta palesemente erronea e
come  tale  lesiva  della  sfera  di  attribuzione costituzionalmente
riservata a questo giudice, legittimato a sollevare conflitto...».
    Pure  in  assenza  di  una  esplicita  e formale richiesta di non
spettanza   del   potere   e   di   annullamento  della  delibera  di
insindacabilita',  quindi,  l'atto  introduttivo individua in maniera
sufficientemente  chiara  i  termini del giudizio (v. sentenza n. 249
del 2006).
    3. - Nel merito, il conflitto e' fondato.
    Non si puo' condividere la tesi della difesa della Camera secondo
la  quale, poiche' ogni singolo parlamentare rappresenta la nazione e
poiche'  la  giustizia e' amministrata in nome del popolo, presentare
una denuncia penale e' atto tipico della funzione di deputato.
    E'   sufficiente   osservare  che  spetta  direttamente  ad  ogni
cittadino  la facolta' di denunciare all'autorita' competente i fatti
che  egli  ritenga  -  assumendosi  la  responsabilita'  del relativo
giudizio  -  costituire  reato.  L'esercizio  di  tale  facolta'  non
richiede l'intermediazione della rappresentanza parlamentare.
    Ne consegue che una denuncia penale non ha i connotati di un atto
tipico  della  funzione  parlamentare  per  il  solo fatto che ne sia
autore un deputato.
    Occorre  allora  esaminare  le  ulteriori  deduzioni della difesa
della  Camera  dirette a dimostrare che le opinioni espresse dall'on.
Maiolo  nell'esposto-denuncia  sono  la  sostanziale,  ancorche'  non
testuale,  riproduzione  di  opinioni espresse in atti della funzione
parlamentare.
    A  tal  proposito  vengono  invocate alcune frasi pronunciate dal
deputato  Giovanni  Marino  nel corso del suo intervento nella seduta
della  Camera  del  2 novembre  1998, nonche' una serie di atti della
stessa   deputata  Maiolo:  l'interrogazione  a  risposta  orale  del
10 dicembre  1997,  le  interpellanze  del  16 dicembre  1998  e  del
9 novembre  1999  ed  un  intervento  nella  seduta  della Camera del
15 luglio 1999.
    Anche tali deduzioni non possono essere accolte.
    Esse  sono  in contrasto con orientamenti di questa Corte, ancora
di recente argomentati e ribaditi.
    Sono,  infatti, principi ripetutamente affermati quelli secondo i
quali l'immunita' non sussiste qualora l'atto tipico di cui si assume
la   mera  riproduzione  all'esterno  sia  stato  compiuto  da  altro
parlamentare   oppure   dallo   stesso  parlamentare  successivamente
all'episodio  in  questione (v. sentenze n. 347 del 2004 e n. 249 del
2006).  Sono  pertanto  irrilevanti  sia  l'intervento  del  deputato
Marino,  sia  gli  atti compiuti dalla deputata Maiolo nel 1998 e nel
1999, tutti successivi alla presentazione della denuncia.
    Riguardo  all'interrogazione  a risposta orale del dicembre 1997,
anche  a  non considerare le argomentazioni concernenti la carenza di
contestualita' con la denuncia atteso il lungo tempo trascorso, tra i
due  atti  esiste  soltanto  l'identita'  del  riferimento ad un tema
politico,  quale l'esorbitanza dei comportamenti di alcuni magistrati
dalle  funzioni  proprie dell'ordine giudiziario. L'interrogazione in
questione si riferiva ad un episodio di contiguita' collaborativa tra
Procura  della  Repubblica  di  Palermo  e  Presidente  del Consiglio
(trasmissione     di    alcuni    documenti),    ritenuto    sospetto
dall'interrogante,  vicenda  che  non  ha  nulla a che vedere con gli
addebiti mossi al dott. Almerighi.
    Si  deve  pertanto  dichiarare  che  non spettava alla Camera dei
deputati  affermare  che i fatti per i quali e' in corso procedimento
penale  per  il  reato  di  calunnia  a carico della deputata Tiziana
Maiolo  concernono  opinioni  espresse  da  un  membro del Parlamento
nell'esercizio  delle  sue  funzioni,  ai  sensi  dell'art. 68, primo
comma, della Costituzione.