Ricorso per la Regione Piemonte in persona della presidente pro tempore prof. Mercedes Bresso, in forza di autorizzazione della giunta regionale D.G.R. n. 48-3198 del 19 giugno 2006, con la rappresentanza e difesa dell'avv. Anita Ciavarra e dell'avv. prof. Emiliano Amato e con elezione di domicilio presso quest'ultimo in Roma, via Crescenzio n. 9 per procura speciale a margine del presente atto; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la declaratoria di illegittimita' costituzionale del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE» con riguardo all'art. 4, commi 2 e 3 ed all'art. 5, per violazione degli artt. 117, 118 della Costituzione, dei principi di leale collaborazione, sussidiarieta', adeguatezza, proporzionalita', sotto i profili di seguito specificati nei motivi di diritto. Premesso in fatto Nel Supplemento ordinario n. 107/L alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 100 del 2 maggio 2006 e' stato pubblicato il decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE». Di detto decreto con specifico riguardo all'articolo 4, commi 2 e 3 ed all'articolo 5 la Regione Piemonte ravvisa illegittimita' costituzionale e lesivita' delle proprie prerogative istituzionali e sfera di competenza per i seguenti motivi di D i r i t t o Violazione degli artt. 117, 118 della Costituzione. Violazione dei principi di leale collaborazione, sussidiarieta', adeguatezza, proporzionalita'. 1. - In seguito alla delega di cui all'art. 25 della legge 18 aprile 2005 n. 62 (Legge comunitaria 2004) il Governo ha emanato il d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE», il quale oltre al recepimento delle direttive comunitarie 2004/17/CE e 2004/18/CE, recanti rispettivamente il coordinamento delle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali e il coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, sostituisce ventinove fra leggi, decreti e regolamenti che attualmente disciplinano gli appalti delle pubbliche amministrazioni, unificando in un unico testo normativo la disciplina riguardante i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, tanto al di sopra quanto al di sotto della soglia di applicazione delle direttive comunitarie. Lo schema del decreto legislativo e' stato sottoposto alla Conferenza Stato-regioni che ha espresso il 9 febbraio 2006 parere negativo, in particolare rilevando «sul piano del metodo, che sarebbe stato opportuno ed anzi doveroso, in ossequio alle indicazioni piu' volte espresse dalla Corte costituzionale ed in continuita' con la prassi partecipativa piu' volte sperimentata in occasione dell'emanazione di precedenti normative nazionali, avviare un percorso condiviso e concertato con le regioni, attesa la valenza e la portata di un provvedimento di questa importanza», formulando rilievi sul merito ed evidenziando sulla generale impostazione del decreto legislativo che esso «contribuisce a determinare tra Stato e regioni un assetto delle competenze legislative e dei rispettivi ruoli ispirato al riconoscimento dello Stato quale unico soggetto titolato a normare il settore dei lavori, dei servizi e delle forniture pubblici, in aperta contraddizione con un'ormai consolidata interpretazione dell'art. 117 che riconosce anche alle regioni potesta' legislativa nei settori in parola». La carenza di idoneo effettivo coinvolgimento delle regioni nella fase di predisposizione del testo normativo veniva segnalata altresi' nel parere reso sullo schema di decreto legislativo dal Consiglio di Stato, che a sua volta formulava numerosi gravi rilievi, anche con specifico riguardo all'assetto costituzionale delle competenze dello Stato e delle regioni. Lo schema di decreto legislativo veniva parzialmente modificato, tuttavia tali modifiche non appaiono soddisfacenti rispetto alle problematiche evidenziate dalle regioni, con particolare rilievo delle norme di cui agli artt. 4, commi 2 e 3, e 5 del decreto emanato e che entrera' in vigore il prossimo 1° luglio. Occorre rammentare che la Regione Piemonte ha una propria disciplina sull'attivita' contrattuale regionale, l.r. 23 gennaio 1984, n. 8 «Norme concernenti l'amministrazione dei beni e l'attivita' contrattuale della regione», aggiornata rispetto alle norme comunitarie e nazionali successive ed applicantesi in particolare per gli appalti al di sotto della soglia comunitaria e si accingeva ad approvare un disegno di legge recante disciplina unitaria in materia di appalti di servizi, forniture e lavori pubblici rivolta a determinare un quadro di riferimento, coerente con le direttive comunitarie e con i principi fondanentali, che tenesse conto delle peculiarita' rilevabili per il territorio regionale, in un'ottica di semplificazione e di sostegno delle attivita' di tutte le amministrazioni locali piemontesi, per tutti quegli aspetti comunque riconducibili alla sfera di competenza regionale. Il «Codice» ora emanato esaurisce la regolamentazione della materia da parte della regione ed enuncia la competenza legislativa e regolamentare dello Stato anche in ambiti propriamente riconducibili alla competenza concorrente o residuale - esclusiva delle regioni. Come e' noto, l'art. 117 della Costituzione nella sua attuale formulazione conseguente alla modifica operata con la legge costituzionale n. 3/2001 non contempla piu' espressamente la materia dei lavori pubblici, ne' nell'elencazione degli oggetti della potesta' esclusiva statale di cui al comma 2 ne' nell'elencazione degli oggetti della potesta' concorrente di Stato e regioni di cui al comma 3. Tuttavia, come statuito dall'ecc.ma Corte, la mancanza di enunciazione espressa non comporta che la disciplina dei lavori pubblici rientri nella potesta' legislativa residuale esclusiva delle regioni poiche' «si tratta di ambiti di legislazione che non integrano una vera e propria materia ma si qualificano a seconda dell'oggetto al quale afferiscono e pertanto possono essere ascritti di volta in volta a potesta' legislative esclusive dello Stato ovvero a potesta' legislative concorrenti» (sent. n. 303/2003). A sua volta l'attivita' contrattuale della pubblica amministrazione per l'acquisizione di beni e di servizi secondo procedure di evidenza pubblica, pure non espressamente individuata nell'elencazione dell'art. 117, commi 2 e 3, tuttavia costituisce ambito materiale su cui e' legittimato l'intervento del legislatore statale in relazione a competenze aventi natura funzionale quali quella della «tutela della concorrenza» di cui al comma 2, lett. e) art. 117 Cost. (sent. n. 345/2004), ma pur sempre entro i limiti individuati dai canoni di adeguatezza e proporzionalita' onde non costituire illegittima compressione della potesta' legislativa e regolamentare regionale nelle materie di competenza nonche' dell'ambito di autonomia regolamentare, organizzativa e di spesa delle amministrazioni pubbliche regionali e locali nell'esplicazione della propria attivita'. La disciplina dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture oggetto del decreto legislativo n. 163/2006 va riguardata pertanto, nei suoi molteplici variegati aspetti, sotto piu' materie considerate dall'art. 117 Cost., distinguendosi comunque fra i contratti di amministrazioni od enti statali ed i contratti di interesse regionale. Si vuole qui in primo luogo evidenziare che la compresenza e l'intreccio di competenze statali a regionali nell'ambito oggetto del decreto legislativo richiede necessariamente un modus operandi improntato al canone della leale collaborazione. «La Corte ha costantemente affermato che il principio di leale collaborazione deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono fra Stato e regioni (...). Una delle sedi piu' qualificate per l'elaborazione di regole destinate ad integrare il parametro della leale collaborazione e' attualmente il sistema della Conferenza Stato-regioni ed autonomie locali. Al suo interno si sviluppa il confronto tra i due grandi sistemi ordinamentali della Repubblica, in esito al quale si individuano soluzioni concordate di questioni controverse» (sent. n. 31/2006). L'assenza di adeguato confronto sulle disposizioni emanande lamentata, come si e' sopra rammentato, dalle regioni si riverbera su tutta l'impostazione del decreto legislativo ed ha particolare evidenza negli artt. 4 e 5. 2. - L'art. 4 reca la definizione delle rispettive competenze legislative di Stato, regioni e province autonome nell'ambito dei contratti pubblici considerato. Pur tenendo conto di una eventuale finalita' orientativa generale per i soggetti che entrano in rapporto con le pubbliche amministrazioni, rimane il fatto che il legislatore statale si e' attribuito il compito, anziche' di puramente porre in essere le norme ravvisate rientranti nel proprio ambito di competenza, distinguendo altresi' quelle a carattere cedevole rispetto all'attuazione della normativa comunitaria, di definire le materie e gli ambiti di esercizio legittimo della competenza legislativa rispettivamente statale e regionale. Tale operato di preventivo riparto delle competenze appare di per se' non corretto, stante che le attribuzioni costituzionalmente fissate sono presupposto dell'attivita' del legislatore ordinario e non oggetto delle sue determinazioni. Inoltre cio' conferma il difetto di adeguata considerazione di criteri di leale cooperazione, gia' sopra evidenziato, dal momento che ad una caratterizzazione dei rispettivi ambiti statale e regionale si sarebbe potuto semmai pervenire unicamente attraverso procedure di effettiva concertazione e codeterminazione fra Stato e regioni e province autonome. A parte il generico richiamo del comma 1, le disposizioni dell'art. 4, commi 2 e 3, costituiscono vincolo alla legislazione regionale negli ambiti di sua competenza che si ravvisa costituzionalmente illegittimo. Il comma 2, pur utilizzando dizione («in particolare») foriera di difficolta' e suscettibile di diverse opzioni interpretative, anziche' di chiarezza del dettato legislativo, puo' ritenersi nei limiti del generico richiamo al rispetto dei principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente. In esse pero' include anche l'organizzazione amministrativa. Si dispone infatti che «le regioni esercitano la potesta' normativa nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nelle norme del presente codice, in particolare in tema di (...) organizzazione amministrativa (...)». L'organizzazione amministrativa viene dunque ricondotta alla potesta' legislativa concorrente e quindi subordinata al rispetto dei principi fondamentali contenuti nelle norme del codice. Invece la competenza in materia di ordinamento ed organizzazione amministrativa - tranne che per lo Stato e gli enti pubblici nazionali - rientra nella potesta' normativa regionale di cui al quarto comma dell'art. 117 (sent. n. 17/2004). Non sono peraltro affatto ravvisabili nel campo considerato dei contratti e sotto l'aspetto dell'organizzazione amministrativa esigenze di tipo unitario che possano giustificare enunciazione generale quale quella in questione, che si traduce nella alterazione delle competenze fissate dall'art. 117 Cost. Il comma 3 in modo categorico definisce l'ambito riservato alla legislazione esclusiva statale, vietando alle regioni l'emanazione di disciplina diversa da quella posta dalle norme del codice su una serie di oggetti ivi individuati. La fonte della potesta' statale e' indicata genericamente nel secondo comma dell'art. 117 Cost., senza specificazione di quali precise materie elencate al detto art. 117, comma 2 abbiano rilievo a fondare l'individuazione degli oggetti, con esse non coincidenti, operata dalla norma in esame. Si deve quindi procedere per ipotesi. Viene in primo luogo in considerazione la «tutela della concorrenza». Riprendendo quanto gia' sopra rammentato, sulla scorta dell'insegnamento dell'ecc.ma Corte, la tutela della concorrenza e' competenza «trasversale» che coinvolge piu' ambiti materiali e si caratterizza per la natura funzionale, e pero' non puo' assorbire ogni ambito della disciplina, intrecciandosi con una pluralita' di altri interessi rientranti anche nella sfera di competenza concorrente e residuale delle regioni, cosi' che l'intervento dello Stato deve essere inteso secondo criterio di adeguatezza-proporzionalita' nei limiti di quanto necessario ad unificare in capo allo Stato strumenti di politica economica che attengono allo sviluppo dell'intero Paese, mentre una disciplina tanto dettagliata da risultare non proporzionata rispetto all'obbiettivo della tutela della concorrenza costituirebbe illegittima compressione della sfera di autonomia regionale (sent. n. 14/2004, n. 272/2004). Come puntualmente e' stato rilevato nel parere del Consiglio di Stato, «non vi e' dubbio che la tutela della concorrenza incida nel settore in esame, ma la sua stessa trasversalita' comporta che essa si inserisca nelle altre materie senza consumarne, per definizione, tutto l'ambito, cosicche' rimangono di regola spazi non sensibili a tale problematica nei cui confronti resta fermo il normale riparto di competenze. E' quanto avviene nel caso in esame in cui, accanto ai profili della concorrenza, sussistono profili non marginali organizzativi, procedurali, economici e di altro tipo, tra i quali la progettazione dei lavori, servizi e forniture, la direzione dei lavori, servizi e forniture, il collaudo, i compiti ed i requisiti del responsabile del procedimento (... che) a seconda dell'oggetto possono rientrare sia nella competenza concorrente che in quella esclusiva delle regioni». La disposizione dell'art. 4, comma 3, non soddisfa ai canoni di ragionevolezza e proporzionalita' in quanto determina l'assoggettamento indiscriminato alla normativa anche di dettaglio del codice in relazione a tutti gli oggetti individuati dalla norma, per ciascuno dei quali e' ravvisabile invece spazio in cui legittimamente puo' esprimersi intervento normativo regionale. Vanno altresi' certamente considerati i vincoli derivanti dalla normativa comunitaria (operanti tanto per il legislatore statale quanto per il legislatore regionale) anch'essi imperniati sulla tutela della concorrenza. Tuttavia l'estensione ed il grado di dettaglio della normativa di recepimento, laddove sia espressione di ineludibili obblighi di uniformita' di disciplina nei paesi della comunita', non sono automaticamente riferibili anche alla regolazione degli appalti «sotto soglia». In questi casi gli enti autonomi non sono sottoposti all'applicazione di puntuali modalita' (sent. n. 345/2004). Dunque anche per gli ambiti della qualificazione e selezione dei concorrenti, procedure di affidamento, criteri di aggiudicazione, subappalto, ove il principio di tutela della concorrenza trova piu' importante esplicazione, sono pur sempre riscontrabili aspetti ove la piu' puntuale soddisfazione di peculiarita' differenziate dei territori regionali o di esigenze dell'autonomia organizzativa dei diversi enti pubblici puo' legittimamente ed utilmente fondare l'esplicazione di normativa regionale. E cio' particolarmente rispetto ai contratti pubblici «sotto soglia». Va inoltre considerato che la emanazione di norme operanti nell'ambito di discrezionalita' rimesso alle scelte del legislatore interno offerto dalla normativa comunitaria, sempreche' si tratti di misure volte a rafforzare la tutela della concorrenza (sent. n. 482/1995), puo' trovare espressione tanto nella legislazione statale quanto nella legislazione regionale secondo la rispettiva competenza in relazione alle attivita' che vengoro disciplinate. Pertanto la drastica ed indiscriminata perimetrazione compiuta dalla disposizione in esame («le regioni non possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice in relazione ...») segna un aprioristico confine costituzionalmente illegittimo. A non diversa conclusione si perviene laddove l'individuazione del terzo comma in esame sia riguardata sotto il profilo della materia dell'«ordinamento civile». Anche nell'ambito della stipulazione ed esecuzione dei contratti, oltre agli aspetti di direzione dei lavori, contabilita' e collaudo che attengono massimamente all'organizzazione degli enti, sono ravvisabili spazi significativi che vanno ascritti all'ordinamento ed organizzazione amministrativa, materia che compete allo Stato unicamente per se' e per gli enti pubblici nazionali, mentre rientra, come gia' s'e' detto, nella competenza legislativa regionale di cui al comma 4 dell'art. 117 Cost, per la restante parte. Invero la stessa previsione di norme particolari per l'attivita' contrattuale pubblica distinte dalle norme propriamente civilistiche postula la compresenza di interessi pubblici attinenti all'ordinamento delle pubbliche amministrazioni, i quali trovano idonea soddisfazione nella regolamentazione a livello regionale. Nell'individuazione degli ambiti di asserita competenza esclusiva statale appare infine del tutto ingiustificata ed irragionevole l'inclusione di «attivita' di progettazione e piani di sicurezza». E' del utto arbitraria ed implausibile la scissione operata per i piani di sicurezza dalla materia della «sicurezza del lavoro» considerata al secondo comma dell'art. 4 fra le materie di potesta' concorrente, conformemente all'art. 117, terzo comma, Cost. I piani di sicurezza debbono garantire ai lavoratori impiegati nell'appalto le necessarie misure antinfortunistiche, il che attiene alla sicurezza del lavoro. Circa l'attivita' di progettazione, essa e' massimamente riconducibile per quanto attiene ai lavori pubblici nella materia del «governo del territorio» - che comprende «tutto cio' che attiene all'uso del territorio e alla localizzazione di impianti ed attivita» (sent. n. 307/2003), comprensiva, quindi delle materie dell'urbanistica e dell'edilizia (sent. n. 362/2003 e n. 196/2004) - e dunque nella potesta' legislativa concorrente. Mentre la progettazione riferibile a forniture e servizi non puo' che appartenere all'ente titolare della competenza sostanziale e quindi ricade per i profili non riguardanti lo Stato e gli enti pubblici nazionali nella competenza legislativa regionale in materia di ordinamento ed organizzazione amministrativa. 3. - L'art. 5 stabilisce che «lo Stato detta con regolamento la disciplina attuativa ed esecutiva delle disposizioni del codice in relazione ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di amministrazioni ed enti statali e limitatamente agli aspetti di cui all'art. 4, comma 3, in relazione ai contratti di ogni altra amministrazione o soggetto equiparato». Il regolamento e' adottato su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri delle politiche comunitarie, dell'ambiente, per i beni culturali e ambientali, delle attivita' produttive, dell' economia e delle finanze, sentiti i Ministri interesati e previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Il regolamento riguardera', secondo la disposizione del quarto comma, tutta una lunga serie di aspetti specifici, parte coincidenti parte differenti dalle individuazioni dell'art. 4. Poiche' la potesta' regolamentare puo' essere esercitata dallo Stato unicamente nelle materie attribuite alla sua competenza esclusiva, i rilievi sopra esposti relativamente all'art. 4, comma 3, si riflettono sulla previsione dell'art. 5 con riguardo all'emanazione di disposizioni regolamentari da parte dello Stato in ambiti che attengono invece alla competenza concorrente o residuale delle regioni, oltreche' alla potesta' regolamentare degli enti locali per quanto attiene allo svolgimento delle funzioni ad essi attibuite a norma dell'art. 117, comma 5. Oltre a cio', anche relativamente a quelle parti di disciplina che siano individuabili quali aspetti ascritti alla competenza statale aventi applicazione generale per tutte le amministrazioni pubbliche o soggetti equiparati, stante l'intreccio e l'intersecazione con competenze regionali nonche' con l'ambito di autonomia organizzativa degli enti come sopra piu' volte ricordato, la formazione del regolamento statale non puo' essere sottratta a procedura di intesa con la Conferenza unificata, in ossequio al principio di leale collaborazione.